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Autore: Clary F    19/05/2014    10 recensioni
Clary è nata e cresciuta come una Cacciatrice di Idris e lei e suo fratello Jonathan, alla vigilia dei nuovi Accordi, sono costretti a vivere nell'appariscente tenuta dei Lightwood, dove si sta tenendo la più ridicola delle competizioni mai organizzate nella storia dei Nephilim, coordinata da Magnus Bane, maestro del bon ton. Cacciatrici e Nascoste affronteranno varie prove per accaparrarsi il cuore del giovane Jace Wayland. Tra incubi e bagni notturni, la ragazze inizieranno a scomparire misteriosamente ... Chi sarà il colpevole?
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Magnus Bane, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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CHAPTER 7
DARK SIDE OF LOVE
 
 
Un bussare insistente fece alzare la testa di Magnus dal libro che stava leggendo.
«Avanti. È aperto.» Sbuffò, posando il libro aperto a metà sulla scrivania. Alec si richiuse la porta alle spalle, con aria trafelata e cospiratoria. L'umore di Magnus migliorò nettamente non appena vide il giovane Nephilim. «Sei tu. Prego, vieni pure.» Disse indicando la stanza.
«Scusami, non volevo disturbare -» iniziò lui, portandosi una mano alla nuca.
«Non disturbi affatto, tesoro.»
Alec arrossì. «È che mia madre è fuori di sé per tutto quello che sta succedendo. Cerco un posto sicuro in cui nascondermi.» Sorrise leggermente, ancora con le guance arrossate.
«Non c'è niente di meglio della stanza di uno stregone.» Disse Magnus, con gli angoli della bocca sollevati.
«O uno stanzino delle scope.» Fece Alec, abbassando lo sguardo.
«Esattamente, Alexander. Vieni, siediti, mi casa es su casa.»
«Eh?»
«Significa, casa mia è anche casa tua.» Tradusse Magnus, alzandosi in piedi. «In spagnolo.»
«Beh, tecnicamente questa è casa mia.» Disse Alec, senza riflettere.
«Giusto,» ribatté Magnus, con un sopracciglio alzato in segno di disappunto. «Quindi sei libero di sederti dove vuoi, suppongo.»
Alec prese a camminare avanti e indietro per la stanza. Magnus lo fissò per qualche istante. «Qualcosa ti turba?»
Alec non si fermò, ma alzò il viso verso Magnus. Lo stregone indossava una camicia di seta bianca e un paio di pantaloni assurdamente stretti di pelle nera lucida. «Beh, certo. Sta succedendo qualcosa di molto strano qui.»
«Sì. Marlene si riprenderà?» Chiese Magnus con voce gentile.
«Non si sa ancora niente. Ora è alla Guardia. I Blackthorn mi hanno detto che mi terranno aggiornato. Tu hai qualche … sì, insomma, qualche sospetto
«Nessun sospetto.» Rispose Magnus, con un sospiro teatrale, andando allo specchio sopra la cassettiera e aggiustandosi distrattamente i capelli neri dritti sulle punte. «Solo qualche idea … Ma non ho intenzione di accusare nessuno, né di fare congetture senza delle prove concrete. Non è nel mio stile.»
Alec fermò d'improvviso la sua inesorabile marcia lungo la stanza. Si trovava esattamente alle spalle di Magnus e poteva vedere il suo viso concentrato e abbronzato nel riflesso dello specchio.
«Vuoiuscireconme?» Chiese tutto d'un fiato.
Vide gli occhi di Magnus, riflessi nello specchio, sgranarsi, completamente scioccati. «Come?»
«Sì, vuoi uscire con me? Intendo uscire uscire.» Ripeté Alec con voce tremante, mentre osservava il suo riflesso farsi rosso d'imbarazzo. Magnus si voltò, così che Alec potesse guardarlo direttamente in faccia.
«Uscire uscire?» Ripeté Magnus, con una parvenza scioccata nella voce.
Alec distolse lo sguardo, fissando la punta dei suoi stivali. «È evidente che non vuoi. Scusami, ora devo andare ad uccidere mia sorella.» Fece per raggiungere la porta, ma Magnus lo intercettò.
«E adesso cosa c'entra Isabelle?»
«Beh, è lei che mi ha convinto a chiederti di uscire …»
«Uscire uscire.» Fece Magnus, divertito.
«Già.» Alec non si era mai sentito così mortificato in vita sua. «Adesso puoi farmi passare? Giusto il tempo di un fratricidio.» Commentò acido.
«Non credo sarebbe giusto nei confronti di Isabelle, visto che aveva ragione.» Disse Magnus, posando entrambe le mani sulle spalle muscolose di Alec.
«Cosa hai detto?» Sussurrò Alec, mentre il cuore gli batteva forte nel petto.
«Ho detto che voglio uscire uscire con te, Alec.» Rispose lo stregone, sorridendo con tutto il viso.
Alec non credeva di averlo mai visto sorridere in quel modo. «Davvero?»
«Davvero.»
«Beh, è … fantastico.» Alec credeva che, dopo essere riuscito ad invitare Magnus, le cose sarebbero andate meglio, che l'imbarazzo e l'angoscia del momento sarebbero svanite. Non era così. Si sentiva peggio di prima. Chi ha detto che avere le così dette farfalle nello stomaco è una bella sensazione?
«Puoi respirare, sai?» Gli sussurrò lo stregone in un orecchio. Il suo respiro gli solleticò la pelle e dei brividi gli percorsero la schiena, mentre Magnus stringeva la presa sulle sue spalle e lo avvicinava a sé. Alec percepì l'intero corpo del ragazzo premuto contro il suo. Le sue mani che scendevano lentamente sulla sua schiena. Le labbra a pochi centimetri dalle sue. Chiuse gli occhi e afferrò Magnus per i fianchi, schiacciandoli ancora di più contro i suoi. Appoggiò la fronte sulla sua e tornò finalmente a respirare. Sorrise, e Magnus sorrise con lui, mentre premeva le labbra contro le sue, che si schiusero immediatamente, come se non avessero aspettato altro che quello. E, in effetti, era così. Alec fece scorrere le mani sotto la camicia di seta di Magnus, accarezzando le linee del suo corpo asciutto, dei suoi addominali appena accennati, mentre le loro lingue si incontravano e scontravano, prima con leggerezza e incertezza, poi con più foga e neanche un attimo dopo, o almeno così parve ad Alec, si ritrovò steso sul letto senza la sua noiosa maglietta nera. Strinse la presa sui capelli di Magnus avvicinandolo ancora di più a sé, intrecciando le gambe con le sue e respirando a malapena. Si rotolarono sul materasso, fino a che non fu Alec a sovrastare Magnus con il suo corpo. Iniziò a baciargli il collo, percorrendo una linea immaginaria lungo il suo zigomo fino alla clavicola. Magnus si lasciò sfuggire un gemito di piacere che rese Alec euforico. Non aveva mai fatto cose simili prima d'ora, era appagante sapere di non essere poi così un imbranato totale. Magnus gli accarezzò le spalle, la schiena, facendo scivolare le dita sulle cicatrici bianche e sulle rune nere che ricoprivano il corpo del ragazzo. Era uno di quei momenti perfetti. O almeno, lo fu, finché un grido acuto non lacerò il silenzio dell'intera tenuta.
 
 
«Ti muovi? Sto morendo di fame.» Sbuffò Jonathan, appoggiato allo stipite della porta della camera di Clary. Lei gli rivolse un'occhiataccia, prima di tornare a pettinarsi i capelli lunghi davanti allo specchio della sua toeletta.
«Non ceni mai con noi altri,» disse lei, acida. «Come mai questa sera ci degnerai della tua presenza?»
Era vero. Jonathan non si era mai fatto vedere durante gli orari dei pasti prestabiliti. Quando il tavolo della sala da pranzo dei Lightwood era quasi interamente occupato dai membri della famiglia, da Magnus e dalle ragazze.
«Non crederai che ti lascerò sola, ora che la tenuta dei Lightwood si è trasformata nella casa degli orrori.» Rispose lui, con voce piatta.
«Che dolce,» ribatté Clary, sarcastica, continuando a pettinarsi i capelli che non volevano saperne di stare al loro posto. Jonathan sbuffò per l'ennesima volta e si avvicinò a lei. Il suono dei suoi stivali pesanti rimbombò sul pavimento, come il rumore secco che fece il pettine quando lui glielo tolse dalle mani e lo sbatté sul ripiano di legno malamente.
«Sei bellissima. Jace cadrà ai tuoi piedi. Ora muoviti.» Disse freddamente.
Clary lo guardò con gli occhi sgranati. «Ma che diavolo ti prende?» Fece per dargli una spinta sul petto, ma lui, come sempre, fu più veloce e le afferrò il polso prima che il suo colpo potesse andare a segno.
«Sei lenta.» Le disse con un mezzo sorriso sulle labbra, che però non si estendeva agli occhi neri.
«E tu sei stronzo.» Clary si dimenò per liberarsi, ma le dita di Jonathan non cedettero, lasciando impronte rosse sulla sua pelle.
Clary lo guardò seria. «Cos'hai?»
«Io? Niente. Cos'hai tu. Ho visto come guardavi Jace, prima. Credi davvero che un idiota come lui sia degno della tua attenzione?»
«Non lo stavo guardando!» Sbottò Clary. «E comunque non sono affari tuoi.» Sibilò posando la mano libera sul quella del fratello, cercando di artigliare le sue dita strette attorno al suo polso. «Mi fai male.»
Jonathan si chinò in avanti, avvicinando il viso accanto al suo. «Non mentirmi, Clary. Odio quando lo fai.» Le sussurrò, facendo svolazzare una ciocca di capelli rossi con il suo respiro.
«Tu mi menti ogni giorno.» Rispose lei con aria di sfida.
«È vero, ma io sono cattivo.» Jonathan sbottò in una risata fredda.
«Non è così, lo sai. Tu credi di essere un mostro, fai di tutto perché gli altri ti vedano come un mostro, ma non lo sei.»
«Forse la mia parte oscura sta prevalendo su quella buona.» Rispose con voce atona.
Clary sapeva a cosa si riferiva Jonathan. Non era un segreto ciò che Valentine aveva fatto a Jocelyn mentre aspettava i suoi figli. Il sangue di demone aveva influito su suo fratello, come quello angelico aveva influito su di lei, questo era innegabile.
«Jonathan,» iniziò Clary, con voce ragionevole. Non era la prima volta che affrontavano quell'argomento delicato. «Tutti hanno un lato oscuro. Nessuno è un quadro perfetto.»
«E tu puoi amare il mio?» Sussurrò lui, solleticandole il viso con il suo respiro. «Mi amerai anche con il mio lato oscuro?»
«Certo. Sei mio fratello, non ti lascerò mai.»
Lui le lasciò finalmente andare il polso con un sospiro e raddrizzandosi le voltò le spalle. «Faremo tardi a cena. È meglio andare.» Disse, senza alcuna inflessione emotiva nella voce.
Clary si alzò e lo raggiunse, costringendolo a voltarsi di nuovo. Intrecciò le mani dietro alle sue spalle, stringendolo a sé. «Sai che puoi dirmi tutto? Sono tua sorella.»
«Smettila di ripetermelo. So chi sei.» Un lampo di furia attraversò i suoi occhi neri e Clary non ne capì il motivo. «È che non mi conosci davvero. Tu credi di conoscermi, ma non è così. Se tu fossi nella mia mente … non è bello lì, se te lo mostrassi scapperesti.»
«No.» Disse Clary, cercando di rendere quell'unica sillaba il più convincente possibile. «No.» Ripeté un po’ più piano. Il viso di Jonathan era a pochi millimetri dal suo, lui sorrise e sfregò la sua guancia contro quella di Clary, sfiorandole il collo con la punta del naso affilato e stringendole la vita con le mani. La sua guancia era morbida come velluto. «Ora andiamo a cena.» Disse, ponendo fine alla discussione.
Quella sera, la fata Kaelie non si presentò a cena, dopo un'accurata e approfondita ricerca in tutta la tenuta, compresi i sotterranei, Robert e Maryse Lightwood non poterono arrivare ad altra conclusione: Kaelie era scomparsa, proprio come la vampira Maureen. Clary sedeva davanti al suo piatto di cibo intatto, il suo appetito era svanito, così come le due ragazze. Nessuno parlava. Non c'erano parole. Qualcosa di molto strano stava accadendo alla tenuta.
«Faremmo meglio a goderci il nostro ultimo pasto.» Disse Leah Silvermark con voce acuta e isterica, dopo che Robert e Maryse si furono alzati dalla tavola. Jace le lanciò un'occhiata gelida, ma lei non sembrò accorgersene. Clary vide Rebecca, seduta vicino a Jace, posare le sue dita sottili sulla mano di lui.
«Andrà tutto bene,» disse Rebecca con voce fatta di miele. «Probabilmente ha solo cambiato idea sulla competizione, tutto qui.»
Jace fece scivolare via la mano da sotto quella di Rebecca. «Conosco Kaelie da un sacco di tempo, ormai. Se avesse deciso di andarsene, me lo avrebbe detto.»
Clary si guardò intorno, soffermandosi sui visi delle ultime ragazze rimaste. Aline Penhallow giocherellava meccanicamente con il cibo dentro il suo piatto, sorrideva come se niente di male fosse accaduto, un comportamento davvero strano. Leah Silvermark si era messa a mangiare nervosamente, accompagnando la cena con grandi sorsate dal suo calice pieno di vino. Lily era pallida e non parlava, ma in fondo era una vampira asociale, quindi il suo pallore e la sua mancanza di loquacità poteva essere dovuto anche a quello. Hyacinth sedeva composta al suo posto, neanche lei era mai stata una gran chiacchierona. Rebecca Heroncross stava fissando cupamente l'interno del suo calice, Clary si chiese se il suo improvviso malumore fosse dovuto al rimprovero di Jace. Sospirando, si portò una forchettata di cibo alla bocca, aveva appena inghiottito il boccone quando sentì Hyacinth urlare a squarciagola e Jace balzare in piedi.
Leah era crollata con il viso sul suo piatto, il cibo era sparso in giro per la tavola, i suoi occhi erano chiusi.
«Oh, per l'Angelo,» sussurrò Clary con le mani tremanti. La mano di Leah, notò, era ancora stretta al calice di vino ed un pensiero orribile le attraversò la mente. Si alzò in piedi di scatto.
«Dovremmo vedere se respira ancora.» Disse Jonathan, girando attorno al tavolo per mettersi al fianco di Leah. Clary si lanciò verso il fratello, afferrandogli con forza le braccia con entrambe le mani.
«Ma che diavolo fai?» Chiese lui, scrollandosela di dosso. 
«Credo che sia stata avvelenata,» disse Clary. «Guarda la sua pelle, Jonathan, e il colore delle labbra.»
Clary aveva imparato a riconoscere i segni di un avvelenamento all'Accademia. Ricordava bene l'argomento. La pelle di Leah aveva assunto un colorito verdognolo, la labbra erano totalmente esangui. Respirava ancora, poteva vedere la sua schiena sollevarsi flebilmente al ritmo del suo respiro. Robert entrò a grandi passi nella stanza, Alec e Magnus erano dietro di lui. Clary non si era neanche accorta che i due fossero assenti alla cena.
«Nessuno esca da qui.» Ordinò Robert, osservando il piccolo gruppo, in piedi nella sua sala da pranzo. Il suo sguardo indugiò su Jace. «Non toccare niente.» Gli disse gelido, poi uscì di nuovo dalla stanza, probabilmente per contattare il Conclave.
I membri del Conclave arrivano circa una mezz'ora dopo e radunarono tutti i presenti nel salotto. C'era Kadir, insieme al fratello Malik. C'erano Helen, Mark e altre numerose figure in divisa nera da Cacciatori. Clary si sedette su uno dei divani, accanto a Jonathan. Jace era in piedi accanto alla sua famiglia.
«Questo è diventato un problema prioritario per il Conclave.» Stava dicendo Malik. Clary alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di Jace. Lui le lanciò un'occhiata strana, poi guardò a terra. Era spaventato, realizzò all'improvviso.
«Dovremo sigillare la tenuta fino a che non capiremo cosa sta succedendo.» Continuò un altro membro del Conclave di cui Clary non conosceva il nome. «Due ragazze non possono essere semplicemente scomparse nel nulla.»
Clary vedeva già i titoli in stampatello sui giornali di Alicante.
La tenuta dei Lightwood è stata sigillata fino a nuovo ordine, a causa dei misteriosi avvenimenti, accaduti negli ultimi due giorni. Il colpevole non è ancora stato identificato e il Console ha dichiarato che nessuno può lasciare la tenuta, fino a che ...
«Che cosa?» Clary alzò la testa di scatto. «Ha detto che nessuno di noi può andarsene?»
«Si, ragazzina. Nessuna delle concorrenti può abbandonare -»  Iniziò il Cacciatore.
«Ma io non sono una concorrente! » Lo interruppe lei.
«Tuttavia,» si intromise Malik, in tono severo. «Tutti i presenti sono dei sospettati, quindi non vi è permesso andarvene. Non vogliamo che nessun altro si faccia male.»
Clary si alzò in piedi e si schiarì la gola. «Prima mi obbligate a stare qui, per la mia sicurezza, ora invece non mi permettete di andarmene -»
«Anche la corrispondenza è stata bloccata. Niente entra, niente esce. Mi dispiace, ragazzina.» Aggiunse il Cacciatore.
«Morgenstern,» disse lei. «Clarissa Morgenstern. Credo che tu conosca mio padre? Sai, Valentine? C'è lui dietro tutto questo, sta cercando di -»
Clary lasciò la frase a metà. Sentì il volto andarle in fiamme per la vergogna. Non aveva mai fatto sfoggio del suo nome per fare effetto sulle persone, la trovava una cosa assolutamente inadeguata, si vergognava del suo cognome. Ma questi erano tempi disperati. Essere obbligata a restare nella tenuta dei Lightwood per una questione di sicurezza era una cosa, ma essere obbligata a rimanerci fino a tempo indeterminato come sospettata era un'altra.
«E io sono Aline Penhallow.» Si intromise la ragazza, sulla disdicevole scia di Clary. «Mia madre non sarà affatto contenta di tutto questo.»
Helen Blackthorn alzò gli occhi al cielo, ma non disse niente. Fu Malik a rispondere ad Aline.
«Tua madre ti direbbe di rimanere qui e di non ostacolare l'indagine, Aline. Dopotutto, è stata lei a dare l'ordine di sigillare la tenuta. Ora sedetevi. Mi dispiace ma rimarrete qui come tutti gli altri, fino a che non avremo risolto le cose.»
Clary sospirò e si sedette. Aline fece lo stesso, borbottando sommessamente. Incontrò nuovamente lo sguardo di Jace e subito lo distolse per la vergogna. Non poteva credere di essersi messa in imbarazzo a quel modo davanti a lui.
«Usare il tuo nome per impressionare la gente, carino.» Le sussurrò Jonathan al suo fianco, con un sorriso sarcastico stampato sul volto. «Peccato che non ha funzionato.»
«Zitto,» ringhiò Clary, cercando di ascoltare cos'altro diceva Malik. Nessuno poteva andare in giro da solo senza autorizzazione. Ci sarebbero state guardie e membri del Conclave ad ogni piano, fino a che non fosse stata risolta la questione delle sparizioni. Il Conclave avrebbe intervistato tutti i presenti, compreso il personale. Fu ordinato a tutti di tornare nelle rispettive stanze e di rimanerci fino alla mattina seguente. Clary si incamminò fuori dalla porta, seguendo il fratello, quando Jace la prese per un braccio, tirandola indietro nel salone. «Clary, aspetta.»
«Non parlarmi.» Rispose lei freddamente. «Se non fosse per te e per questa stupida competizione, tutto questo non sarebbe mai successo.»
Lui sospirò. «Lo so.»
   
 
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