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Autore: TheHatter    19/05/2014    2 recensioni
Sulpicia, visto che era una schiava, non poteva permettersi di essere vanitosa.
Non si sognava nemmeno di indossare tuniche morbide per valorizzare il suo corpo o gioielli brillanti per far risplendere il suo viso, come invece facevano le donne patrizie. In realtà, non desiderava affatto farlo; non provava invidia quando la domina e le sue amiche esibivano le loro nuove collane o i pepli dai colori accesi provenienti dall’Oriente. Quella gara a chi aveva i fianchi più larghi o gli occhi più profondi la lasciava totalmente indifferente.
Ma c’era una cosa, una soltanto, di cui Sulpicia avrebbe voluto vantarsi: i suoi capelli.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sulpicia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Gli uomini preferiscono le bionde 

 

 

 

 Sulpicia, visto che era una schiava, non poteva permettersi di essere vanitosa. 
 Non si sognava nemmeno di indossare tuniche morbide per valorizzare il suo corpo o gioielli brillanti per far risplendere il suo viso, come invece facevano le donne patrizie. In realtà, non desiderava affatto farlo; non provava invidia quando la domina e le sue amiche esibivano le loro nuove collane o i pepli dai colori accesi provenienti dall’Oriente. Quella gara a chi aveva i fianchi più larghi o gli occhi più profondi la lasciava totalmente indifferente. 
 
Ma c’era una cosa, una soltanto, di cui Sulpicia avrebbe voluto vantarsi: i suoi capelli.
 Ogni volta che pettinava la chioma lunga e scura della domina, quella, sorridendo alla propria immagine riflessa, le diceva: - Non trovi che i miei capelli siano bellissimi, Sulpicia? Sono così neri e lucidi, come le piume di un corvo! 
 
Sulpicia avrebbe voluto dirle che no, non trovava che i suoi capelli fossero bellissimi, perché erano gli stessi capelli neri e lucidi di qualunque altra donna a Roma, patrizia o plebea che fosse. Invece, avrebbe voluto dirle, i suoi capelli sì che erano bellissimi. Capelli biondi, così chiari che in alcune ciocche sembravano bianchi. Capelli da barbara, capelli che a Roma si vedevano di rado. 
 
 Comunque, visto che Sulpicia era una schiava, non poteva permettersi di dire quello che voleva e quindi si mordeva forte la lingua e rispondeva: - Sì, domina, sono bellissimi. I capelli più belli di tutta Roma. 
 
Poi, un pomeriggio di Novembre, alla villa arrivò uno straniero, un conoscente del padrone. Era uno studioso che aveva viaggiato molto e che per qualche mese, spiegò il dominus a tutti i servi della casa, sarebbe stato loro ospite. 
 
Quando Sulpicia lo vide per la prima volta rimase senza fiato. Non aveva mai visto un uomo così… così come? Così e basta.
 
Aveva la pelle talmente bianca da sembrare marmo e i capelli lunghi e neri, molto più neri e più lucidi delle piume dei corvi. Ed era così elegante quando camminava che non sembrava neppure camminasse, ma dava l’impressione di volare a un centimetro da terra. In ogni suo gesto, in ogni espressione del suo viso, c’era una grazia surreale. 
 
Sulpicia lo guardò entrare nella villa da dietro le spalle della domina, mentre lo straniero conversava col padrone. Forse perché si accorse che lei lo stava fissando o forse per puro caso, posò gli occhi su di lei e le sorrise. 
 
La domina se ne accorse e si voltò, guardandola con disappunto; subito Sulpicia abbassò lo sguardo. 

 

Lo straniero camminava spesso nel peristilio in quei giorni cupi d’inverno e Sulpicia avrebbe tanto voluto avvicinarsi a lui e parlargli. Voleva sapere se la sua voce fosse affascinante come il suo modo di muoversi o se la sua pelle al tatto fosse davvero come marmo. Voleva rivedere quel sorriso. 
 Tuttavia, visto che era una schiava, non si era nemmeno azzardata a farlo, al contrario della domina che, affascinata quanto lei da quell’uomo - come ne erano affascinati tutti nella villa - non faceva altro che trovare pretesti per stargli vicino e chiacchierare con lui, di qualunque cosa, e cercava in ogni modo di attirare la sua attenzione.  
 Un giorno, la domina raggiunse lo straniero nel peristilio e Sulpicia la seguì a testa bassa, da brava ancella. Così, mentre i due continuavano a passeggiare, lei camminava alle loro spalle, con gli occhi fissi sui sandali. 
 
Fu per questo che non si accorse degli sguardi che talvolta lo straniero le lanciava, girandosi a guardarla, fin quando egli non si fermò di colpo e si voltò completamente verso di lei, noncurante delle parole che la domina gli stava rivolgendo. 
 
- Come ti chiami? - le chiese. 
 Lei
 sollevò lo sguardo, stupita. - Dite a me? - e subito si dette della sciocca per aver posto quella domanda. 
 
Lo straniero rise e la sua risata squillante e allegra era così contagiosa che anche  a Sulpicia venne da sorridere; non appena si accorse dello sguardo irritato della domina, tornò seria. 
 
 - E a chi, altrimenti? - fece lo straniero. 
 
Sulpicia glielo disse e fece un piccolo inchino in segno di obbedienza e tornò a guardarsi i sandali. Questa volta però sentì gli occhi dell’uomo fissi su di lei e non resistette a sollevare nuovamente i suoi. 
 
La domina notò quello scambio di sguardi e ruppe il silenzio tra loro: - Mi stavate raccontando del vostro viaggio in Asia, non avete finito di… 
 
Ma lo straniero non le badò e si rivolse di nuovo a Sulpicia.
 
- Non ho mai visto dei capelli come i tuoi - esclamò. - Biondi come una cascata d’oro puro!  - le si avvicinò e prese una ciocca bionda tra le dita, rigirandosela intorno all’indice. - Lo sai che hai dei capelli bellissimi, Sulpicia? 
 Lo straniero teneva ancora i suoi occhi incatenati a quelli di lei e ancora sorrideva  con quel sorriso che sembrava indecifrabile. 
 
Sulpicia, visto che era una schiava, avrebbe dovuto abbassare di nuovo gli occhi per non rialzarli più, sussurrare un modesto “grazie” e allontanarsi da quell’uomo, così da permettere alla domina di terminare la loro passeggiata in santa pace.  
 
Avrebbe dovuto fare così, certo; però lei non si mosse, sostenne lo sguardo dello straniero e ricambiò il sorriso. E, soprattutto, disse esattamente quello che voleva dire.  
 
 
- Sì, lo so.



L'angolo del tè: è una storia un po' scema e abbastanza nonsense... però, beh, mi è venuta in mente e volevo vedere come veniva! >.<
A voi il giudizio! 
Ah: la cosa dei "fianchi più larghi" potrebbe suonare un po' strana, forse, ma nell'antica roma (e anche in molte civiltà antiche) i fianchi larghi non erano un difetto ma una buona qualità, perché indicavano fertilità. 
TheHatter 

  
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