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Autore: serelily    19/05/2014    6 recensioni
MOMENTANEAMENTE SOSPESA - RIPRENDERA' A DATA DA DESTINARSI
Alex e Gregory, appena trasferiti a Londra, vogliono sposarsi. Ciò che lo impedisce è il precedente matrimonio di Alex, di cui Gregory ignora persino l'esistenza. Per questo, il ragazzo va da suo marito, sicuro di ottenere il divorzio, ma Reginald non è così intenzionato a darglielo.
E in mezzo si inserisce anche Joshua, studente innamorato di Gregory che farà di tutto per far cedere il suo professore.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 3
 
Il numero da lei chiamato è inesistente
Alex non aveva preventivato il fatto che Reginald avrebbe potuto cambiare numero. Non gli era passato per la testa questa possibilità, e ora si sentiva un idiota.
Non aveva idea di come contattarlo, ma ormai era deciso a chiudere una volta per tutte questa storia. L’unica soluzione era quella di presentarsi a casa sua.
Anche se dubitava fortemente che Reginald vivesse ancora con i genitori, si armò di coraggio e decise di passare, una mattina come tante.
La villa di Reggie era come la ricordava, sebbene l’ampio giardino avesse perso lo smalto di un tempo. Pareva trascurato, pieno di erbacce e un po’ selvaggio.
Ma Alex immaginò che, visto che l’unico ad amarlo era il padre di Reggie, ora non ci fosse più nessuno a prendersene cura.
Quando erano bambini, il posto era pieno di giardinieri indaffarati, con l’uomo che dava ordini a destra e a manca e che sbraitava a chiunque camminasse sull’erba.
Gli pareva quasi sbagliato vedere il giardino ridotto a quel modo, ed era sicuro che quella di Reginald fosse una vera e propria vendetta nei confronti del padre.
Si avviò per il vialetto con l’auto, parcheggiando proprio davanti al portone. Si era profondamente stupito di non aver trovato nessuno al cancello, e ancor di più quando venne ad aprire il portone una ragazzina giovane vestita da cameriera.
Per quanto ne sapeva Alex, la famiglia di Reginald era molto ricca ed aveva un maggiordomo e uomini di sicurezza al cancello.
«Salve» disse, visto che la ragazza non si decideva a parlare. «Sto cercando Reginald Ellis-Brown, è in casa?»
La ragazza lo guardò a bocca aperta per un tempo che parve infinito, prima di deglutire e mormorare un: «Davvero?»
Il tono era parecchio stupito, e Alex aggrottò la fronte. Non era per niente quello che si sarebbe aspettato.
«Sì, davvero» rispose, leggermente spazientito.
«Mi scusi» mormorò la ragazza, mordicchiandosi una guancia e spostandosi per farlo passare. «È che non viene mai nessuno a trovare Reginald. Ero così sorpresa che… ma prego, entri, si accomodi.»
Alex non aspettò che le facesse strada, ma percorse a grandi passi il salone d’ingresso per dirigersi direttamente al salottino.
La cameriera gli correva dietro, cercando di non perderlo.
«Signore, se vuol vedere Reginald, deve andare direttamente di sopra. Lui non scende mai, di solito.»
«Come?»
«Beh, vista la sua salute…»
Alex a quel punto era davvero sorpreso. Reginald aveva sempre avuto una salute di ferro; cosa poteva essergli successo, da non poter alzarsi nemmeno dal letto per scendere nel salottino ed accogliere un ospite?
Prese la cameriera per un braccio e, senza stringere, le disse: «Senta, sono un suo vecchio amico e non lo vedo da cinque anni. Vorrei essere preparato a quello che vedrò. Puoi, per favore, dirmi che diamine è successo a questo posto e alla famiglia di Reggie? Dov’è il resto della servitù?»
La ragazza sospirò sconsolata.
«Vede, non c’è più nessuno qui, tranne me e la cuoca. Da quando la signora Ellis-Brown è stata ricoverata in una casa di riposo, Reginald ha licenziato tutti e vive qui da solo. La sua salute non è delle migliori, così ogni tanto viene un’infermiera che lo controlla. Ma, a parte questo, nessun altro lavora o viene mai in questo posto.»
Alex non sapeva come ribattere a quello che aveva sentito. Un tempo avrebbe detto che era impossibile, che Reginald era un uomo attivo, un combattente. Ma la verità era che non si vedevano da cinque anni, e lui non sapeva più com’era Reginald.
Solo per un attimo balenò nella sua mente il pensiero che un po’ fosse stata colpa sua, del suo non essersi fatto più sentire, ma accantonò l’idea.
Non era pronto ad affrontarne le conseguenze, se questa fosse stata la verità.
Salì le scale con l’entusiasmo di un condannato a morte, ricordando perfettamente la strada che portava alla camera da letto di Reginald.
Lo scorse immediatamente, anche perché le porte della camera erano spalancate e lui era seduto proprio di fronte ad esse, perpendicolarmente al letto.
Reginald pareva l’ombra di se stesso. I capelli, un tempo fluenti e folti, ora erano piatti sulla testa e spenti. Era ancora più pallido e più magro di quanto lo ricordava.
Sedeva sulla sua poltrona preferita mentre leggeva un giornale, la sigaretta poggiata nel posacenere sul tavolino.
Alzò leggermente lo sguardo quando sentì i passi di Alex, e non mostrò alcuna espressione quando i loro occhi si incontrarono.
«Alex» disse solo, il tono freddo e glaciale.
«Reginald, io…» Alex si bloccò, non sapendo cosa dire.
Non poteva certo esordire con un “ehi, non ci vediamo da cinque anni, come va la vita?”
Reginald posò il giornale sul tavolino, prendendo in mano la sigaretta e portandola alla bocca.
«Non posso dire di non essere sorpreso» disse, con voce assolutamente incolore. «Non mi aspettavo certo di vederti. L’ultima volta che ho avuto tue notizie, eri fuggito in America come un coniglio spaurito.»
Alex se l’era aspettata l’acidità nella sue parole. Reginald era sempre stato così, acido e permaloso. Quello che non si era aspettato era quella reazione fredda. Pensava che a questo punto della visita sarebbe già stato buttato per terra, con il naso sanguinante per colpa di un pugno.
«Io… sono tornato» disse, mentre l’altro alzava un sopracciglio davanti all’ovvietà di quella frase.
Alex tossicchiò nervosamente, provando a rimediare.
«Intendevo dire che mi sono trasferito di nuovo in Inghilterra.»
Reginald si alzò con qualche fatica e poi si sporse per spegnere definitivamente la sigaretta nel posacenere.
«Posso offrirti qualcosa?» chiese, come se nulla fosse. «Immagino che tu sia venuto qui per una ragione precisa, quindi direi di trasferirci di sotto per parlare più comodamente.»
Fece qualche passo, ma si vedeva che era molto debole, così Alex corse per aiutarlo a sorreggersi. Quando però toccò il suo braccio, Reginald si scostò come se quel semplice contatto gli procurasse un acuto dolore fisico.
«Ce la faccio da solo» disse rabbioso, «come ho fatto in questi cinque anni in cui sei scomparso dalla mia vita.»
Così scesero le scale a distanza di sicurezza, lentamente. Arrivati nel salottino, Reginald perse del tempo a dare istruzioni ad una ancor più sorpresa cameriera, che sparì all’istante per poi tornare dieci minuti più tardi con tè e biscotti.
«Cosa ti porta qui in casa mia?» esordì Reginald, dopo aver bevuto il primo sorso. «Non sono così sciocco da pensare che dopo cinque anni di silenzio, la tua sia una semplice visita di cortesia.»
«Reginald, so che sei arrabbiato e hai tutto il diritto di esserlo. Mi dispiace per come mi sono comportato. Sul serio, io…»
«Smettiamola con queste storie e dimmi perché sei venuto» disse l’altro, poggiando senza delicatezza la tazzina sul tavolino.
«Io…»
In quel momento Alex non riusciva a trovare le parole. Sapeva che in qualsiasi modo l’avesse detto, sarebbe risultato sgradevole. Si armò di tutto il coraggio che possedeva, mordicchiandosi il labbro inferiore, prima di sputare letteralmente fuori un: «Voglio il divorzio.»
Reginald lo guardò impassibile, prima di scoppiare a ridere. Era una risata priva di allegria, glaciale.
«Davvero? Sei venuto qui per questo?» ridacchiò ancora. «Poteva bastare anche una lettera dal tuo avvocato, allora.»
Scosse la testa, come divertito da quel pensiero.
«Vedi, caro Alex, te lo dirò una volta sola e dopo questa non tornerò mai più sull’argomento. L’unica risposta che posso darti è…».
 
Gregory era rientrato tardi quella sera, perché sapeva che anche Alex sarebbe stato fuori a cena. Si era preso cibo cinese da asporto e si stava pregustando una bella serata davanti alla televisione, solo soletto con il suo divano.
Per questo rimase sorpreso, quando accese la luce del soggiorno, di trovare Alex seduto a gambe incrociate proprio su quel divano che tanto agognava.
Poi si rese conto che Alex era sconvolto per qualcosa. Era evidente, visto che aveva indossato i pantaloni della tuta e aveva preso a mangiucchiarsi le unghie.
Con un sospirò, posò la busta con il cibo sul tavolo prima di dirigersi verso di lui e chinarsi fino a che non furono faccia a faccia.
«Tesoro, che succede?»
Alex lo guardò negli occhi, angosciato, e si mordicchiò il labbro ancora più forte.
«Io… sono stato da Reginald prima» disse con voce rotta. «Volevo andargli a chiedere il divorzio. Mi è sembrato il caso, visto che la storia era venuta fuori, ormai. Ma lui non è per niente come me lo ricordavo. È cambiato, è diventato un’altra persona.»
Gregory alzò un a mano per andare a carezzare i capelli del suo ragazzo, cercando di calmarlo.
«Che cosa ti ha sconvolto così tanto?»
«Non vuole concedermi il divorzio.»
Questa era tosta. Gregory si rese conto dopo qualche secondo cosa significavano quelle parole.
«Cosa? Perché mai?»
«Sostiene che non ne ha alcun motivo, che non gli interessa niente se ora sono impegnato con un altro. Ha detto che se voglio il divorzio devo portarlo in tribunale.»
«E lo faremo, tesoro. Non può obbligarti a rimanere sposato con lui, se non lo vuoi.»
«Ma dimentichi una cosa fondamentale» disse Alex con tristezza. «Io l’ho lasciato il giorno dopo il matrimonio, sono scappato in America e non mi sono fatto più sentire, e torno dopo cinque anni con un nuovo compagno, esigendo il divorzio. Non serve un bravo avvocato per distruggermi in tribunale.»
Greg imprecò, arrabbiato.
«Che bastardo!»
«Ha ragione ad essere furioso» ammise Alex, «ma pensavo che mi avrebbe picchiato e avrebbe firmato le carte per non essere costretto a vedermi di nuovo. Invece ha detto una strana frase, prima che uscissi di casa sua…»
«Cioè?»
«Mi ha sfidato a fargli cambiare idea» rispose Alex. «Mi ha detto che se gli avessi dimostrato quanto ti amo, forse avrebbe ritrattato.»
«E ti fidi delle sue parole?»
Alex scosse la testa.
«Non so nemmeno più chi è quell’uomo, come posso fidarmi di lui? Un tempo avrei saputo prevedere con esattezza cosa Reginald stava pensando o facendo, ora non lo so più. Ed è solamente colpa mia.»
Una lacrima solitaria scese sulla sua guancia, e subito la mano di Greg fermò la sua corsa verso la mascella.
«Ora calmati, amore. Troveremo una soluzione, e intanto tu proverai a fargli cambiare idea. Se questo è il massimo che possiamo fare, allora lo faremo.»
Greg si allungò per baciargli le labbra morbide, continuando ad accarezzargli le guance.
«Ho fatto del male a tutti quanti, per questa storia assurda» mormorò Alex, tristemente. «E i miei non lo sanno, o spezzerei anche il loro, di cuore.»
Greg sospirò e non commentò. Non poteva mentirgli dicendo che non era vero. Purtroppo Alex aveva deluso molte persone, per colpa del suo comportamento, ma Greg era convinto che Reginald non fosse da meno. In fondo anche lui si era sposato solo per tornaconto personale, e se avesse voluto così bene ad Alex sarebbe andato a riprenderselo.
«Troveremo un modo» disse Greg, carezzando i capelli del suo compagno, cercando in qualche modo di consolarlo.
La realtà era che sarebbe stato tremendamente difficile ottenere quel dannato divorzio, senza il consenso di Reginald. Probabilmente, quell’uomo avrebbe ottenuto la sua vendetta tormentando Alex ancora per lungo tempo.
 
Reginald cercava di resistere, ma la tentazione era tanta. Nessuno si sarebbe accorto della sua assenza, tutti credevano che fosse andato a dormire.
Poteva scivolare fuori, prendere la vecchia mini e andare in centro. Sapeva esattamente dove andare, sapeva esattamente chi cercare.
Sarebbe stato facile far scivolare di nuovo l’ago sulla pelle, fino a trovare il punto giusto, la vena attraverso cui avrebbe ritrovato la felicità.
Era facilissimo.
Una vocina nella sua testa continuava a dirgli che era riuscito a uscirne, che aveva lottato con le unghie e con i denti per smettere, per liberarsi da quella prigione.
Non poteva ricominciare ora, ma la vista di Alex gli aveva procurato un dolore così potente, nel petto, che qualsiasi cosa oltre alla droga era stata inutile.
Non osava muoversi di un millimetro, perché il minimo movimento sarebbe bastato per scattare come un fulmine, per andare a comprarsi quello di cui aveva bisogno.
Alex non poteva davvero credere che gli avrebbe concesso il divorzio così come niente. Oh, no! Lo avrebbe fatto soffrire, gli avrebbe fatto capire come ci si sentiva ad essere abbandonato da tutto e da tutti, lasciato solo al suo destino.
Avrebbe fatto in modo di rendere la sua vita un inferno.
Ma aveva bisogno di rimanere pulito, o sarebbe crollato subito. La sua volontà doveva rimanere salda, forte e indistruttibile.
Fu questo, più che tutto il resto, a fermarlo.
Il continuo pensiero di vendetta.
 
Scusate per il ritardo :D Spero a presto 
Besoss <3 <3
   
 
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