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Autore: Prinzesschen    20/05/2014    2 recensioni
Sospesa tra amore e odio, tra presente e passato, Jales Carter è una giovane Auror che combatte tra le fila dell'Ordine della Fenice. Una storia di amore e di amicizia, un viaggio indietro nel tempo e un intreccio di vite e di anime destinate a separarsi.
*
-Tremi per il freddo o per la paura, Carter?- chiese con tono derisorio Sirius Black accostandosi a me con la sua scopa. –Lo dico sempre che dovresti restare a casa a cucinare insieme alla signora Weasley.
Sentii la rabbia salire e repressi l’istinto di afferrare la bacchetta e schiantarlo. Nonostante la palese ed immotivata sfiducia che quell’irritante esemplare di maschio bianco latitante mostrava nei miei confronti, ero una delle più giovani e promettenti Auror della storia.
-Non ti conviene, Black, ne approfitterei di certo per avvelenarti!
Genere: Introspettivo, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Evans, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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time after time 2

Time after time

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2-You take a deep breath
and you walk through the doors
It's the morning of your very first day
You say hi to your friends
you ain't seen in a while
Try and stay out of everybody's way
 

 

Non impiegai molto a capire dove fossi: mi trovavo nei giardini di Hogwarts, vicino al lago. Attorno a me frotte di studenti camminavano in varie direzioni, chi a passo svelto, in ritardo per qualche lezione, chi intento a chiacchierare con il compagno.
-Per la barba di Merlino..
Per quanto ne sapevo il giratempo poteva solo portare avanti o indietro nel tempo ma di certo non nello spazio, il difetto che mi aveva gettata in quel posto doveva essere abbastanza serio e tornare a Grimmuld Place non sarebbe neanche stato facile data l’impossibilità di materializzarsi e smaterializzarsi entro le mura del castello.
-Hey, tutto bene? – solo in quel momento mi accorsi di essere caduta, seduta scompostamente per terra, ancora tremante per lo shock.
-Oh beh, si.. io.. sto bene.- risposi poco convinta, voltandomi verso il ragazzo che aveva parlato.
I capelli neri e fin troppo lisci gli incorniciavano il volto pallido e malaticcio su cui gli occhi neri risaltavano come due asole su una camicia bianca.
I colori della casata dei Serpeverde brillavano sulla sua divisa e pensai che con ogni probabilità dovevo essere atterrata sulla testa perché il ragazzo che mi stava di fronte con l’aria preoccupata e confusa mi ricordava tremendamente il mio professore di Pozioni.
Severus Piton, a scuola, era odiato approssimativamente dal novanta per cento degli studenti e il restante dieci per cento comprendeva alcuni privilegiati Serpeverde ed una incapace pozionista che nonostante non riuscisse ad ottenere nessun voto che superasse l’Accettabile non era vittima delle cattiverie del professore. Io.
-Sicura? Non hai l’aria di stare granché bene, sembra quasi che tu abbia visto un fantasma per la prima volta!
-Tutto okay laggiù?
Vidi una ragazza , sicuramente coetanea del mio interlocutore, correre verso di noi. Bastarono pochi istanti durante i quali la mia mente associò automaticamente gli occhi verdissimi di lei all’impressione che avevo avuto guardando il ragazzo e realizzai che, inspiegabilmente, mi trovavo davvero davanti a dei fantasmi. I fantasmi di un passato non troppo lontano.
-Hey, ciao! Scusami io non..credo di averti mai vista.
Cercai di ricompormi passando le mani sulle pieghe della giacca che la signora Weasley mi aveva regalato la sera prima.
-Io si, voglio dire..
Non ero mai stata brava a dire bugie e in quel momento avrei voluto tanto scomparire. Una mano corse istintivamente al giratempo che avevo rimesso in tasca dopo la caduta e la necessità di trovare una storia plausibile che giustificasse la mia presenza in quel luogo e in quel momento surclassò qualsiasi possibile domanda riguardo l’assurdità della situazione.
-Tolgo il disturbo.- disse cupo il ragazzo facendo dietro front non aria fiera ma tremendamente sofferente.
Cercai di non farmi distrarre dallo sguardo triste della ragazza che seguiva quello che evidentemente non doveva essere un suo grande amico e ringraziai il cielo per il mio aspetto minuto. Tutti mi avevano sempre detto che sembravo molto più giovane di quanto non fossi in realtà e se questo aveva creato incolmabili scompensi alla mia autostima nei miei venti anni di vita, quel giorno mi salvò.
- Sono nuova.. vengo da Beauxbaton! E’ il mio primo giorno ad Hogwarts.
Non ero neanche tanto sicura che fosse legale un ipotetico passaggio da una scuola all’altra ma il problema, nell’immediato, si rivelò un altro. La ragazza sembrava la copia esatta di Hermione, quanto a saccenza.
-Non hai l’accento francese, però.
Mi guardò dubbiosa e per un istante presi in considerazione l’idea di lanciarle un Confundo per distrarla e potermi dileguare.
-Sono cresciuta in Gran Bretagna ma mia madre ha insistito tanto perché frequentassi Beauxbaton..sai, pizzi e merletti irretiscono le madri più di ogni altra cosa al mondo.
Non era affatto vero e sicuramente non avrebbero irretito la mia ma era l’unica cosa che mi fosse venuta in mente.
La sua risata sincera e cristallina mi fece sorridere.
-Piacere, io sono Lily Evans e quello.. beh lui era Severus Piton.
Ero davvero davanti alla madre di uno dei miei più cari amici e quello era davvero il mio ex professore di Pozioni.
-Qualche problema?- chiesi gentilmente vedendola sull’orlo delle lacrime. Quegli occhi lucidi erano così tremendamente simili a quelli di Harry che non potei rimanere indifferente alla sua malinconia.
-Credo di si, ma non c’è niente che io possa fare. – cercò di darsi un tono e stirò le labbra in un sorriso davvero poco convincente. -A parte accompagnarti dovunque tu voglia, sono Caposcuola!

I giorni che seguirono furono parecchio strani e resero chiaro che non sarei tornata nella mia epoca così presto.
Dopo il mio incontro, o meglio il mio scontro, con Lily Evans avevo finto di dover andare a definire con il preside gli ultimi dettagli del trasferimento e così dopo avermi scortata al suo ufficio e avermi confidato la parola d’ordine, si era dileguata.

-Professor Silente lei.. deve aiutarmi, non ho idea di come sia potuto accadere, io..
-Scusami, cara ma non credo di conoscerti. Dovrei?
Lo sguardo sconcertato del preside mi ghiacciò. Mi vantavo di essere una strega particolarmente sveglia ma in quella circostanza mi stavo davvero comportando come una sprovveduta.
Ero tornata indietro di quasi venti anni e ovviamente Silente non poteva sapere chi fossi e non avrei mai e poi mai dovuto interagire con nessuno, ogni atto compiuto e ogni minimo contatto avrebbero potuto avere conseguenze disastrose, nel futuro.
Ad ogni modo, trovandomi ormai in piedi davanti al preside, intenta a fissarlo con l’aria da pesce lesso, non potevo più tirarmi indietro. Albus Silente era un mago troppo scaltro per bersi qualsiasi fandonia mi fosse venuta in mente.
Gli spiegai tutto sperando che non chiamasse quelli del San Mungo per farmi internare ma lui si dimostrò sorprendentemente ben disposto all’ascolto e non perse neanche una parola del mio apparentemente allucinante racconto.
-Consegnami il giratempo, signorina Carter. Farò il possibile per aggiustarlo senza causare altri danni ma la avverto che con ogni probabilità ci vorrà molto tempo. Quest’oggetto è opera di magia accuratissima e molto delicata, il minimo difetto può sconvolgere tutto il sistema. Così come ogni tuo atto può sconvolgere il futuro che tu già conosci, a differenza di tutti noi.
Il suo sguardo sembrava scavarmi nell’anima, mentre pronunciava quelle parole cariche di responsabilità. Mie.
-Non ho idea di cosa accadrà, ma a giudicare dai tempi che corrono e che non confido vedranno una soluzione molto presto, molti di noi potrebbero non esserci più, nel tempo dal quale provieni. Potranno accadere cose terribili ma tu non puoi e non devi fare nulla per cambiare il corso delle cose. Questo devi giurarlo.
-Professor Silente, anche solo il mio essere qui costituisce una breccia nell’equilibrio di tutto ciò che è e che sarà, sono un Auror, so come funziona e non credo che..
Alzò una mano per zittirmi, educatamente, senza scomporsi e sul suo viso ricomparve il suo classico sorriso rassicurante.
-Ogni cosa accade per un motivo, signorina Carter.
Forse per il suo aspetto ieratico o forse per l’ermeticità delle sue parole, decisi di non controbattere. Non sarebbe servito ad ottenere risposte.
-Il cappello ti assegnerà ad una casa, come fa con ogni studente di questa scuola, a prescindere da quale fosse la tua quando hai frequentato Hogwarts. La versione ufficiale sarà quella che hai raccontato agli studenti che hai incontrato,frequenterai le lezioni insieme agli studenti dell'ultimo anno. Sii prudente.


Il Cappello Parlante mi aveva smistata, con mia grande sorpresa, a Grifondoro. Avevo sempre ritenuto coloro che ne facevano parte come una massa di sbruffoni essenzialmente carenti di materia grigia, io ero stata una Corvonero e a differenza dei compagni delle altre case noi usavamo il cervello.
Il Cappello mi aveva trovata abbastanza coraggiosa e sicura di me, forte per la rabbia e per la passione da essere una perfetta Grifondoro.
Avrei dovuto sopportare quegli smidollati per chissà quanto tempo e non mi restava altro che sperare che Silente si sbrigasse ad aggiustare il giratempo di Hermione.
L’unica cosa che mi consolasse era la consapevolezza che nel mio tempo non era passato neanche un minuto e che non stavo sottraendomi a nessuna responsabilità, a nessuno scontro. Silente mi aveva fatto pronunciare un Voto Infrangibile per assicurarsi che non alterassi il corso degli eventi svelando il futuro e non potei sottrarmi alla sua richiesta che, ne ero consapevole, era più che lecita oltre che necessaria.
Grazie a Lily presi il ritmo con le lezioni e realizzai che tutta quella teoria non mi era mancata per niente. Le lezioni erano iniziate solo da una settimana e non era stato difficile recuperare senza dare nell’occhio.
Passavo il mio tempo ad evitare chiunque non fosse Lily che mi trovavo costretta a tollerare sempre con meno fatica:  era una persona eccezionale, esattamente come mi ero sempre immaginata la madre di Harry. Una ragazza seria, determinata ed estremamente ligia al dovere. Buona come poche persone al mondo, sempre pronta a consolarmi ogni volta che lo scoraggiamento mi si riversava addosso come una secchiata di acqua gelida, nonostante non sapesse nulla di me e non potesse saperlo.
Mi ritrovai, più di una volta, a parlare anche con Piton che si rivelò essere un ragazzo molto intelligente e a tratti anche simpatico seppure tremendamente complessato. I suoi unici amici erano un paio di squallidi Serpeverde che avevano l’aria di essere dei promettentissimi Mangiamorte. Mi chiedevo spesso se per caso avessi ucciso qualcuno di loro, nel mio passato.
Stavo seduta in Sala Comune, in un angolino, fingendomi presa dalla relazione di Trasfigurazione che stavo scrivendo ma in realtà impegnata solo a cercare di limitare le mie conoscenze a quelle di una studentessa del settimo anno, evitando le nozioni di Magia Avanzata. La mia testa, ad ogni modo, era altrove. Era a casa.
-Scusami, posso sedermi?
Chiunque fosse non faceva parte del mio piano. Evitare tutti.
-Posso sedermi qui?- ripeté deciso come se pensasse che avessi potuto non sentirlo.
-No. Ti avevo sentito anche la prima volta che l’hai chiesto e non si trattava di un silenzio assenso.
-Non c’è bisogno di essere così sgarbata, bellezza.
Mi voltai, furente.
-Non scocciare, ragazzino, d’accordo?  C’è un’intera sala praticamente vuota da sfruttare.
Il mio cuore perse un battito.
Speravo davvero di non incontrare nessun altro che mi conoscesse, già il fatto di essermi imbattuta nel mini-Piton mi turbava. Chissà come avrebbe reagito nel futuro.
Ci mancava solo lui.
I capelli ricci ricadevano scompostamente intorno al viso giovane, gli occhi grigi mi scrutavano attentamente e le labbra erano incurvate in un sorriso impertinente.
-Io sono Sirius Black. Sei nuova.
La sua non era una domanda e maledii il momento in cui mi ero lasciata sopraffare dai nervi e mi ero voltata. Feci per tornare alla mia relazione ma quel ficcanaso di Black non sembrava intenzionato a desistere.
-Tu ce l’hai un nome?
Mi lasciai sfuggire una risatina nervosa e lo guardai come a chiedergli se, seriamente, stesse continuando a pormi domande alle quali non avevo la minima voglia di rispondere.
Alzò un sopracciglio, in attesa.
-Jales, Jales Carter.
-Felpato, piantala di importunare le ragazze tanto lo sai che sono io quello figo.
Collegamenti mentali veloci e semplici. Felpato. Malandrini. Figo. Potter. Per quel che ne sapevo Remus non si era mai dato arie, era sempre stato un tipo molto discreto e di certo Peter Minus non poteva definirsi affatto “figo”, ragion per cui, ad esclusione, ne restava solo uno.
-Ripetitelo, James, magari ci credi.- fu la risposta giocosa dell’altro e finalmente, senza i suoi occhi indagatori puntati addosso, mi permisi di respirare.
Non potei resistere alla tentazione di voltarmi e ciò che vidi nonostante tutto mi intenerì.
James Potter sorrideva felice, con un braccio intorno alle spalle di un giovane Remus Lupin, insolitamente sereno mentre Peter Minus, non molto più magro di come sarebbe diventato anni e anni dopo, li seguiva.
-Ragazzi, lei è Jales Carter. Quella nuova.- mi presentò Sirius notando che stavo guardando un po’ troppo attentamente i suoi amici e rischiai seriamente di affogarmi con la mia stessa saliva, presa in contropiede.
Non andava bene. Non andava bene per niente, per la barba di Merlino.

Grazie, o forse per colpa di quell’incontro del tutto indesiderato con i Malandrini, scoprì un paio di cose di cui non ero a conoscenza e ricollegai gli eventi cui stavo prendendo parte a quel poco che sapevo di loro dai racconti laconici e vaghi di Remus.
Come già sapevo, Piton e i Malandrini non potevano soffrirsi neanche lontanamente, mi dissero che la relazione tra James Potter e Lily Evans si stava consolidando, dopo più di due anni di rifiuti da parte della ragazza, poco incline a tollerare la sbruffoneria dell’altro.
Due anni prima tra Piton e Lily Evans c’era stato un brutto litigio, anche se lei non volle mai approfondire, che li separò rovinando la loro amicizia ma spianando la strada al corteggiamento spietato di Potter.
Sirius era per James Potter come un fratello soprattutto da quando l’anno precedente il ragazzo aveva lasciato casa Black, dove la convivenza con la sua famiglia conservatrice e sostenitrice della superiorità dei Purosangue era diventata impossibile, e si era trasferito presso i Potter. Il legame già saldo che li univa era diventato praticamente indistruttibile.
Non sapevo granché della vita di Black, salvo il suo ruolo nella faccenda del tradimento dei Potter, e conoscere la sua storia l’aveva reso più umano, ai miei occhi, e aveva giustificato quella ancestrale malinconia che gli velava perennemente gli occhi e che evidentemente non dipendeva solo dagli anni trascorsi ad Azkaban.

-Forza, alzati da quella sedia!
Sollevai lo sguardo su Lily, fissandola confusa.
-Ho detto alza il tuo regale culo, amica mia, andiamo a festeggiare!
-Che cosa dovremmo festeggiare, di grazia? Devo finire i compiti. – risposi massaggiandomi le tempie con le dita.
Quel suo entusiasmo adolescenziale, nonostante fosse molto più matura della sua età, sottolineava il gap generazionale che ci separava.
Erano anni che non pensavo più alle feste. Solo ragazzini ubriachi pronti a saltarsi addosso con dubbi scopi.
-Come cosa festeggiamo, Jay?! E’ l’ultimo anno ad Hogwats!- spiegò come se fosse ovvio.
Me n’ero quasi dimenticata o forse avevo proprio voluto cancellare quell’informazione dalla banca dati della mia mente.
Io avevo già festeggiato il mio ultimo anno ad Hogwarts e pensavo che per il mio secondo ultimo anno avrei potuto evitare: il ballo di inaugurazione del settimo anno erano una vecchia tradizione che, per l’appunto, si era conclusa con il mio di ultimo anno a scuola dopo il quale studenti e professori si erano rassegnati a quanto anacronistico fosse e l’avevano abolito.
Tutte le ragazze della scuola avevano passato le tre settimane che avevo trascorso lì fino a quel momento a cercare un vestito adatto e con ogni probabilità anche la settimana precedente durante la quale io ero ancora tranquilla ed impegnata nelle mie ronde e nel mio tempo. Silente mi aveva procurato un baule con l’occorrente per sopravvivere in quell’epoca ma di certo questo non comprendeva abiti da sera.
-Non ho un vestito, Lily. Te l’ho detto io non..
-Te l’ho procurato io! Guarda!
-Tu cosa? Senti non è il caso, io..
Non mi fece neanche terminare la frase che estrasse dall’armadio un vestito magnifico, blu come la notte, che mi lasciò letteralmente a bocca aperta.
-Che te ne pare?
-E’ bellissimo, dove l’hai preso?- intanto mi ero avvicinata e lo stavo osservando, emozionata.
Non mettevo vestiti eleganti da troppo tempo per ricordarmene, il ruolo che ricoprivo mi costringeva ad una tenuta sobria e sportiva che di certo non esaltava la mia femminilità.
-Mi sono ricordata di questo vestito di mia madre, sai lei è piccolina proprio come te e le ho chiesto di spedirmelo. Te lo vedo proprio bene, addosso. Verrai?
Come potevo negare qualcosa a quella ragazza? Mi stava guardando con la sua dolcezza infinita, macchiata di impertinenza (che, senza dubbio, era il risultato della compagnia costante di Potter) e non potei rifiutare.
-Va bene. - sospirai inclinando la testa di lato.
Mi abbracciò forte e mi ordinò di provare il vestito. Quella sarebbe stata sicuramente una lunga notte.

Come previsto, dopo mezzora scarsa trascorsa cercando di mimetizzarmi con la tappezzeria della Sala Grande, la voglia di tornare al Dormitorio era più forte anche del dolore che le scarpe eleganti causavano ai miei piedi disabituati all’uso dei tacchi.
Mi si era anche chiuso lo stomaco e mi ero gettata a capofitto sugli alcolici che fortunatamente erano permessi ai ragazzi dell’ultimo anno.
I miei compagni di scuola ballavano scatenandosi al ritmo di un medley dance che la band ingaggiata per la serata stava suonando mentre io non avevo alcuna voglia di fare alcun movimento che non fosse quello per portare il bicchiere alla bocca.
-Quale meravigliosa creatura scorgono i miei indegni occhi?
Sirius Black si avvicinò a me con la mano premuta sul petto all’altezza del cuore e l’aria teatrale.
Il completo che indossava gli stava molto bene, la giacca scura fasciava le braccia non esattamente muscolose ma virili e il contrasto tra il colletto bianco della camicia e il nero dei capelli lunghi e ricci gli donava quella sua tipica eleganza casuale.
-Proprio la persona che mancava per peggiorare la mia serata!- esclamai sorridendo maligna.
-Bevi per dimenticare?- glissò poggiandosi al muro accanto a me.
Effettivamente si, ma non potevo dirglielo. Volevo dimenticare  il fatto che le speranze di tornare a casa diminuivano ogni ora sempre di più, il rischio che correvo restando lì e la mia totale impossibilità di mettere in guardia quelli che volente o nolente stavano ormai diventando miei amici dal futuro crudele che incombeva sulle loro spalle e che ovviamente solo io potevo vedere.
-Magari se chiudo gli occhi, continuo a bere e nel frattempo te ne vai, beh.. potrei anche dimenticare che mi stai di nuovo importunando.
Mi guardò serio per qualche secondo ed io mantenni il contatto visivo. Il grigio nel blu, come una giornata nuvolosa. Ad un certo punto scoppiò a ridere e non potei evitare di sorridere anch’io, chiedendomi quale pensiero l’avesse esilarato a tal punto.
-Ti va di ballare?
Dopotutto dovevo restare lì ancora per un po’ se non volevo deludere Lily che come una sorta di cucù compariva al mio fianco ogni cinque minuti per cercare di convincermi a divertirmi un poco.
Posai il bicchiere sul tavolo più vicino ed afferrai la mano che mi tendeva facendomi trascinare sulla pista e, proprio mentre ci univamo alle danze, il gruppo cominciò a suonare un lento.
Sentii la pressione delle sue mani sui fianchi e la cosa mi sembrò terribilmente strana riportando alla mia mente il ricordo dell’unico contatto fisico che avessi mai avuto con la sua versione adulta, quello che conoscevo meglio.


La lotta infuriava e ovunque volavano maledizioni senza perdono.

Bellatrix Lestrange, da poco evasa, deliziava tutti, Mangiamorte e componenti dell’Ordine, con la sua risata infantile e folle mentre dall’alto delle scale della Villa di uno di quei maledetti lanciava schiantesimi e maledizioni.
Grazie a Piton avevamo saputo di una riunione organizzativa tra alcuni Mangiamorte e sapendo che non tutti vi avrebbero preso parte un blitz non ci era sembrato eccessivamente azzardato. Più ne avremmo tolti di mezzo più avremmo indebolito il loro Signore.
Rotolai nascondendomi in una sorta di fortuita trincea creatasi dalla caduta di un paio di scaffali ed evitai una maledizione Cruciatus lanciata da quel bastardo di Greyback.
-Tu, piccola stupida, cosa credevate di fare?
In un balzo, inaspettatamente, mi era addosso, premendomi a terra con tutto il peso del suo corpo.
-Ho ucciso maghi molto più in gamba di uno stupido lupo.- sputai respingendolo con un incantesimo silenzioso.
Approfittando del piccolo vantaggio ottenuto mi allontanai di qualche passo.
-Come puoi parlare così di noi lupi mannari? – mi sfidò fingendo un broncio infantile.-Il povero Lupin potrebbe prenderla sul personale.
Un moto di rabbia mi spinse a gettarmi su di lui, facendogli perdere l’equilibrio, ed a puntargli la bacchetta alla gola.
-Non osare paragonarti a lui. Un mago straordinario come tu non potrai mai essere.
Il mio punto debole. La rabbia.
La tendenza ad agire in modo avventato era il rovescio della medaglia rispetto alla forza che quello stesso sentimento mi dava e ne pagai le conseguenze.
Abbandonandosi ad una risata simile ad un latrato mi afferrò il collo con una mano per poi alzarsi in piedi e sollevarmi.
-La tua audacia ti costerà cara, oggi. Di’ addio a..ARGH.
Mollò la presa e caddi a terra, tossendo furiosamente.
Sirius dietro di lui gli puntava la bacchetta contro. L’aveva bloccato con un silenzio Petrificus Totalus e senza perderlo di vista si avvicinò a me, aiutandomi ad alzarmi.
-Stai attenta. Per favore.- mi disse con aria sofferente e il panico negli occhi, mentre la forza mi veniva meno e sarei di certo caduta di nuovo se le sue mani saldamente ancorate a miei fianchi non mi avessero retto.


-Perché ridevi, prima?- chiesi curiosa, riscuotendomi e seppellendo l’ascia di guerra mentre gli circondavo il collo con le braccia.
-Perché sei strana. Sono lo scapolo più gettonato della scuola e tu continui a rifiutare le mie attenzioni.
Trasudava una spensieratezza che non credevo avesse mai potuto avere, conoscendo la versione stanca di lui, quasi vent’anni più grande.
-Ognuno di noi è strano a modo suo. – asserii stringendo le labbra in un piccolo sorriso.
Non era poi così difficile guardarlo negli occhi e mi ritrovai, inspiegabilmente, a cercare in lui qualcosa del Sirius che conoscevo. Qualcosa oltre la presunzione e la caparbietà.
Lo sguardo era attento, intelligente. Sembrava scrutare ogni sfumatura della mia espressione alla ricerca di un segno qualsiasi che potesse dirgli qualcosa in più di me che le mie labbra non dicevano e non potevano dire.
-Carter..
Il tono con il quale aveva pronunciato il mio nome e la scintilla impertinente che aveva attraversato i suoi occhi mi erano immensamente familiari.
Gli rivolsi un’occhiata interrogativa.
-Hai il trucco sbavato.
Mentre lo diceva la band suonava l’ultima nota della canzone e dopo avermi scoccato un bacio sulla fronte si allontanò, sorridente.

Trascorsi il resto della serata con Lily, il che mi diede la possibilità di approfondire la mia conoscenza con James.
-..è grazie a Lily che ho messo la testa a posto, sono persino diventato Caposcuola! Credo che se fino al quarto anno l’avesse detto alla cara Minerva si sarebbe fatta la prima risata della sua vita!
-Eri davvero così tremendo?- chiesi divertita, ormai quasi dimentica del fatto che il ragazzo con cui stavo parlando era il defunto padre di Harry il quale, per altro, gli somigliava in maniera impressionante.
-Più che tremendo, Jay. Ne combinavano una dopo l’altra, lui e quegli altri tre degenerati.- nonostante cercasse di fingersi severa non riusciva proprio a nascondere l’amore che provava per quello che sarebbe diventato, di lì a qualche anno, suo marito.
-Hey! E’ ingiusto che tu mi includa in questo giudizio!
Mi voltai e vidi Remus Lupin sedersi accanto a me. Mi faceva sempre tanta impressione interagire con lui, lo conoscevo troppo bene, tenevo troppo a lui per riuscire a non pensare a quanto avrei voluto avvertirlo, a quanto avrei voluto proteggerlo dalle brutture dalle quali lui stesso, anni e anni dopo, mi avrebbe insegnato a difendermi.
-Anche tu hai la tua parte di responsabilità, Lunastorta, non fingerti innocente!- James gli affibbiò un affettuoso pugno sulla spalla.
Remus mi guardò di sottecchi probabilmente chiedendosi come mai non avessi ancora chiesto dei loro soprannomi, come faceva chiunque li sentisse pronunciare per la prima volta. Sapevo bene tutta la storia, gliel’avevo sentita raccontare così tante volte che a chiedere spiegazioni mi sarei sentita una imperdonabile bugiarda.
-James non ha tutti i torti, Rem. Ricordo quella volta che al terzo anno avete messo della pozione invecchiante nel calice della Caporal, ho sempre saputo che eri stato tu!- lo schernì Lily facendogli l’occhiolino.
-E perché ne saresti così certa?!- chiese quello fingendosi offeso rizzandosi sulla sedia.
-Perché né James né Sirius ne sarebbero mai stati capaci! Peter, poi!
-Con amici come te a che servono i nemici?!- la rintuzzò James incrociando le braccia e guardandola storto.
Mi ritrovai a ridere e parlare con loro come se ci fossimo conosciuti da sempre, come se quello fosse stato il mio posto, come se avessi dovuto restarci per sempre.

  
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