Time after time
2-You take a deep breath
and you walk through the doors
It's the morning of your very first day
You say hi to your friends
you ain't seen in a while
Try and stay out of everybody's way
Non
impiegai molto a capire dove fossi: mi trovavo nei giardini di
Hogwarts, vicino al lago. Attorno a me frotte di studenti camminavano
in varie direzioni, chi a passo svelto, in ritardo per qualche lezione,
chi intento a chiacchierare con il compagno.
-Per la barba di Merlino..
Per quanto ne sapevo il giratempo poteva solo portare avanti o indietro
nel tempo ma di certo non nello spazio, il difetto che mi aveva gettata
in quel posto doveva essere abbastanza serio e tornare a Grimmuld Place
non sarebbe neanche stato facile data l’impossibilità di
materializzarsi e smaterializzarsi entro le mura del castello.
-Hey, tutto bene? – solo in quel momento mi accorsi di essere
caduta, seduta scompostamente per terra, ancora tremante per lo shock.
-Oh beh, si.. io.. sto bene.- risposi poco convinta, voltandomi verso il ragazzo che aveva parlato.
I capelli neri e fin troppo lisci gli incorniciavano il volto pallido e
malaticcio su cui gli occhi neri risaltavano come due asole su una
camicia bianca.
I colori della casata dei Serpeverde brillavano sulla sua divisa e
pensai che con ogni probabilità dovevo essere atterrata sulla
testa perché il ragazzo che mi stava di fronte con l’aria
preoccupata e confusa mi ricordava tremendamente il mio professore di
Pozioni.
Severus Piton, a scuola, era odiato approssimativamente dal novanta per
cento degli studenti e il restante dieci per cento comprendeva alcuni
privilegiati Serpeverde ed una incapace pozionista che nonostante non
riuscisse ad ottenere nessun voto che superasse l’Accettabile non
era vittima delle cattiverie del professore. Io.
-Sicura? Non hai l’aria di stare granché bene, sembra quasi che tu abbia visto un fantasma per la prima volta!
-Tutto okay laggiù?
Vidi una ragazza , sicuramente coetanea del mio interlocutore, correre
verso di noi. Bastarono pochi istanti durante i quali la mia mente
associò automaticamente gli occhi verdissimi di lei
all’impressione che avevo avuto guardando il ragazzo e realizzai
che, inspiegabilmente, mi trovavo davvero davanti a dei fantasmi. I
fantasmi di un passato non troppo lontano.
-Hey, ciao! Scusami io non..credo di averti mai vista.
Cercai di ricompormi passando le mani sulle pieghe della giacca che la signora Weasley mi aveva regalato la sera prima.
-Io si, voglio dire..
Non ero mai stata brava a dire bugie e in quel momento avrei voluto
tanto scomparire. Una mano corse istintivamente al giratempo che avevo
rimesso in tasca dopo la caduta e la necessità di trovare una
storia plausibile che giustificasse la mia presenza in quel luogo e in
quel momento surclassò qualsiasi possibile domanda riguardo
l’assurdità della situazione.
-Tolgo il disturbo.- disse cupo il ragazzo facendo dietro front non aria fiera ma tremendamente sofferente.
Cercai di non farmi distrarre dallo sguardo triste della ragazza che
seguiva quello che evidentemente non doveva essere un suo grande amico
e ringraziai il cielo per il mio aspetto minuto. Tutti mi avevano
sempre detto che sembravo molto più giovane di quanto non fossi
in realtà e se questo aveva creato incolmabili scompensi alla
mia autostima nei miei venti anni di vita, quel giorno mi salvò.
- Sono nuova.. vengo da Beauxbaton! E’ il mio primo giorno ad Hogwarts.
Non ero neanche tanto sicura che fosse legale un ipotetico passaggio da
una scuola all’altra ma il problema, nell’immediato, si
rivelò un altro. La ragazza sembrava la copia esatta di
Hermione, quanto a saccenza.
-Non hai l’accento francese, però.
Mi guardò dubbiosa e per un istante presi in considerazione
l’idea di lanciarle un Confundo per distrarla e potermi dileguare.
-Sono cresciuta in Gran Bretagna ma mia madre ha insistito tanto
perché frequentassi Beauxbaton..sai, pizzi e merletti
irretiscono le madri più di ogni altra cosa al mondo.
Non era affatto vero e sicuramente non avrebbero irretito la mia ma era l’unica cosa che mi fosse venuta in mente.
La sua risata sincera e cristallina mi fece sorridere.
-Piacere, io sono Lily Evans e quello.. beh lui era Severus Piton.
Ero davvero davanti alla madre di uno dei miei più cari amici e quello era davvero il mio ex professore di Pozioni.
-Qualche problema?- chiesi gentilmente vedendola sull’orlo delle
lacrime. Quegli occhi lucidi erano così tremendamente simili a
quelli di Harry che non potei rimanere indifferente alla sua malinconia.
-Credo di si, ma non c’è niente che io possa fare. –
cercò di darsi un tono e stirò le labbra in un sorriso
davvero poco convincente. -A parte accompagnarti dovunque tu voglia,
sono Caposcuola!
I giorni che seguirono furono parecchio strani e resero chiaro che non sarei tornata nella mia epoca così presto.
Dopo il mio incontro, o meglio il mio scontro, con Lily Evans avevo
finto di dover andare a definire con il preside gli ultimi dettagli del
trasferimento e così dopo avermi scortata al suo ufficio e
avermi confidato la parola d’ordine, si era dileguata.
-Professor Silente lei.. deve aiutarmi, non ho idea di come sia potuto accadere, io..
-Scusami, cara ma non credo di conoscerti. Dovrei?
Lo sguardo sconcertato del preside mi
ghiacciò. Mi vantavo di essere una strega particolarmente
sveglia ma in quella circostanza mi stavo davvero comportando come una
sprovveduta.
Ero tornata indietro di quasi venti
anni e ovviamente Silente non poteva sapere chi fossi e non avrei mai e
poi mai dovuto interagire con nessuno, ogni atto compiuto e ogni minimo
contatto avrebbero potuto avere conseguenze disastrose, nel futuro.
Ad ogni modo, trovandomi ormai in
piedi davanti al preside, intenta a fissarlo con l’aria da pesce
lesso, non potevo più tirarmi indietro. Albus Silente era un
mago troppo scaltro per bersi qualsiasi fandonia mi fosse venuta in
mente.
Gli spiegai tutto sperando che non
chiamasse quelli del San Mungo per farmi internare ma lui si
dimostrò sorprendentemente ben disposto all’ascolto e non
perse neanche una parola del mio apparentemente allucinante racconto.
-Consegnami il giratempo, signorina
Carter. Farò il possibile per aggiustarlo senza causare altri
danni ma la avverto che con ogni probabilità ci vorrà
molto tempo. Quest’oggetto è opera di magia accuratissima
e molto delicata, il minimo difetto può sconvolgere tutto il
sistema. Così come ogni tuo atto può sconvolgere il
futuro che tu già conosci, a differenza di tutti noi.
Il suo sguardo sembrava scavarmi nell’anima, mentre pronunciava quelle parole cariche di responsabilità. Mie.
-Non ho idea di cosa accadrà,
ma a giudicare dai tempi che corrono e che non confido vedranno una
soluzione molto presto, molti di noi potrebbero non esserci più,
nel tempo dal quale provieni. Potranno accadere cose terribili ma tu
non puoi e non devi fare nulla per cambiare il corso delle cose. Questo
devi giurarlo.
-Professor Silente, anche solo il mio
essere qui costituisce una breccia nell’equilibrio di tutto
ciò che è e che sarà, sono un Auror, so come
funziona e non credo che..
Alzò una mano per zittirmi, educatamente, senza scomporsi e sul suo viso ricomparve il suo classico sorriso rassicurante.
-Ogni cosa accade per un motivo, signorina Carter.
Forse per il suo aspetto ieratico o
forse per l’ermeticità delle sue parole, decisi di non
controbattere. Non sarebbe servito ad ottenere risposte.
-Il cappello ti assegnerà ad
una casa, come fa con ogni studente di questa scuola, a prescindere da
quale fosse la tua quando hai frequentato Hogwarts. La versione
ufficiale sarà quella che hai raccontato agli studenti che hai
incontrato,frequenterai le lezioni insieme agli studenti dell'ultimo
anno. Sii prudente.
Il Cappello Parlante mi aveva smistata, con mia grande sorpresa, a
Grifondoro. Avevo sempre ritenuto coloro che ne facevano parte come una
massa di sbruffoni essenzialmente carenti di materia grigia, io ero
stata una Corvonero e a differenza dei compagni delle altre case noi
usavamo il cervello.
Il Cappello mi aveva trovata abbastanza coraggiosa e sicura di me,
forte per la rabbia e per la passione da essere una perfetta Grifondoro.
Avrei dovuto sopportare quegli smidollati per chissà quanto
tempo e non mi restava altro che sperare che Silente si sbrigasse ad
aggiustare il giratempo di Hermione.
L’unica cosa che mi consolasse era la consapevolezza che nel mio
tempo non era passato neanche un minuto e che non stavo sottraendomi a
nessuna responsabilità, a nessuno scontro. Silente mi aveva
fatto pronunciare un Voto Infrangibile per assicurarsi che non
alterassi il corso degli eventi svelando il futuro e non potei
sottrarmi alla sua richiesta che, ne ero consapevole, era più
che lecita oltre che necessaria.
Grazie a Lily presi il ritmo con le lezioni e realizzai che tutta
quella teoria non mi era mancata per niente. Le lezioni erano iniziate
solo da una settimana e non era stato difficile recuperare senza dare
nell’occhio.
Passavo il mio tempo ad evitare chiunque non fosse Lily che mi trovavo
costretta a tollerare sempre con meno fatica: era una persona
eccezionale, esattamente come mi ero sempre immaginata la madre di
Harry. Una ragazza seria, determinata ed estremamente ligia al dovere.
Buona come poche persone al mondo, sempre pronta a consolarmi ogni
volta che lo scoraggiamento mi si riversava addosso come una secchiata
di acqua gelida, nonostante non sapesse nulla di me e non potesse
saperlo.
Mi ritrovai, più di una volta, a parlare anche con Piton che si
rivelò essere un ragazzo molto intelligente e a tratti anche
simpatico seppure tremendamente complessato. I suoi unici amici erano
un paio di squallidi Serpeverde che avevano l’aria di essere dei
promettentissimi Mangiamorte. Mi chiedevo spesso se per caso avessi
ucciso qualcuno di loro, nel mio passato.
Stavo seduta in Sala Comune, in un angolino, fingendomi presa dalla
relazione di Trasfigurazione che stavo scrivendo ma in realtà
impegnata solo a cercare di limitare le mie conoscenze a quelle di una
studentessa del settimo anno, evitando le nozioni di Magia Avanzata. La
mia testa, ad ogni modo, era altrove. Era a casa.
-Scusami, posso sedermi?
Chiunque fosse non faceva parte del mio piano. Evitare tutti.
-Posso sedermi qui?- ripeté deciso come se pensasse che avessi potuto non sentirlo.
-No. Ti avevo sentito anche la prima volta che l’hai chiesto e non si trattava di un silenzio assenso.
-Non c’è bisogno di essere così sgarbata, bellezza.
Mi voltai, furente.
-Non scocciare, ragazzino, d’accordo? C’è un’intera sala praticamente vuota da sfruttare.
Il mio cuore perse un battito.
Speravo davvero di non incontrare nessun altro che mi conoscesse,
già il fatto di essermi imbattuta nel mini-Piton mi turbava.
Chissà come avrebbe reagito nel futuro.
Ci mancava solo lui.
I capelli ricci ricadevano scompostamente intorno al viso giovane, gli
occhi grigi mi scrutavano attentamente e le labbra erano incurvate in
un sorriso impertinente.
-Io sono Sirius Black. Sei nuova.
La sua non era una domanda e maledii il momento in cui mi ero lasciata
sopraffare dai nervi e mi ero voltata. Feci per tornare alla mia
relazione ma quel ficcanaso di Black non sembrava intenzionato a
desistere.
-Tu ce l’hai un nome?
Mi lasciai sfuggire una risatina nervosa e lo guardai come a chiedergli
se, seriamente, stesse continuando a pormi domande alle quali non avevo
la minima voglia di rispondere.
Alzò un sopracciglio, in attesa.
-Jales, Jales Carter.
-Felpato, piantala di importunare le ragazze tanto lo sai che sono io quello figo.
Collegamenti mentali veloci e semplici. Felpato. Malandrini. Figo.
Potter. Per quel che ne sapevo Remus non si era mai dato arie, era
sempre stato un tipo molto discreto e di certo Peter Minus non poteva
definirsi affatto “figo”, ragion per cui, ad esclusione, ne
restava solo uno.
-Ripetitelo, James, magari ci credi.- fu la risposta giocosa
dell’altro e finalmente, senza i suoi occhi indagatori puntati
addosso, mi permisi di respirare.
Non potei resistere alla tentazione di voltarmi e ciò che vidi nonostante tutto mi intenerì.
James Potter sorrideva felice, con un braccio intorno alle spalle di un
giovane Remus Lupin, insolitamente sereno mentre Peter Minus, non molto
più magro di come sarebbe diventato anni e anni dopo, li seguiva.
-Ragazzi, lei è Jales Carter. Quella nuova.- mi presentò
Sirius notando che stavo guardando un po’ troppo attentamente i
suoi amici e rischiai seriamente di affogarmi con la mia stessa saliva,
presa in contropiede.
Non andava bene. Non andava bene per niente, per la barba di Merlino.
Grazie, o forse per colpa di quell’incontro del tutto
indesiderato con i Malandrini, scoprì un paio di cose di cui non
ero a conoscenza e ricollegai gli eventi cui stavo prendendo parte a
quel poco che sapevo di loro dai racconti laconici e vaghi di Remus.
Come già sapevo, Piton e i Malandrini non potevano soffrirsi
neanche lontanamente, mi dissero che la relazione tra James Potter e
Lily Evans si stava consolidando, dopo più di due anni di
rifiuti da parte della ragazza, poco incline a tollerare la
sbruffoneria dell’altro.
Due anni prima tra Piton e Lily Evans c’era stato un brutto
litigio, anche se lei non volle mai approfondire, che li separò
rovinando la loro amicizia ma spianando la strada al corteggiamento
spietato di Potter.
Sirius era per James Potter come un fratello soprattutto da quando
l’anno precedente il ragazzo aveva lasciato casa Black, dove la
convivenza con la sua famiglia conservatrice e sostenitrice della
superiorità dei Purosangue era diventata impossibile, e si era
trasferito presso i Potter. Il legame già saldo che li univa era
diventato praticamente indistruttibile.
Non sapevo granché della vita di Black, salvo il suo ruolo nella
faccenda del tradimento dei Potter, e conoscere la sua storia
l’aveva reso più umano, ai miei occhi, e aveva
giustificato quella ancestrale malinconia che gli velava perennemente
gli occhi e che evidentemente non dipendeva solo dagli anni trascorsi
ad Azkaban.
-Forza, alzati da quella sedia!
Sollevai lo sguardo su Lily, fissandola confusa.
-Ho detto alza il tuo regale culo, amica mia, andiamo a festeggiare!
-Che cosa dovremmo festeggiare, di grazia? Devo finire i compiti. – risposi massaggiandomi le tempie con le dita.
Quel suo entusiasmo adolescenziale, nonostante fosse molto più
matura della sua età, sottolineava il gap generazionale che ci
separava.
Erano anni che non pensavo più alle feste. Solo ragazzini ubriachi pronti a saltarsi addosso con dubbi scopi.
-Come cosa festeggiamo, Jay?! E’ l’ultimo anno ad Hogwats!- spiegò come se fosse ovvio.
Me n’ero quasi dimenticata o forse avevo proprio voluto
cancellare quell’informazione dalla banca dati della mia mente.
Io avevo già festeggiato il mio ultimo anno ad Hogwarts e
pensavo che per il mio secondo ultimo anno avrei potuto evitare: il
ballo di inaugurazione del settimo anno erano una vecchia tradizione
che, per l’appunto, si era conclusa con il mio di ultimo anno a
scuola dopo il quale studenti e professori si erano rassegnati a quanto
anacronistico fosse e l’avevano abolito.
Tutte le ragazze della scuola avevano passato le tre settimane che
avevo trascorso lì fino a quel momento a cercare un vestito
adatto e con ogni probabilità anche la settimana precedente
durante la quale io ero ancora tranquilla ed impegnata nelle mie ronde
e nel mio tempo. Silente mi aveva procurato un baule con
l’occorrente per sopravvivere in quell’epoca ma di certo
questo non comprendeva abiti da sera.
-Non ho un vestito, Lily. Te l’ho detto io non..
-Te l’ho procurato io! Guarda!
-Tu cosa? Senti non è il caso, io..
Non mi fece neanche terminare la frase che estrasse dall’armadio
un vestito magnifico, blu come la notte, che mi lasciò
letteralmente a bocca aperta.
-Che te ne pare?
-E’ bellissimo, dove l’hai preso?- intanto mi ero avvicinata e lo stavo osservando, emozionata.
Non mettevo vestiti eleganti da troppo tempo per ricordarmene, il ruolo
che ricoprivo mi costringeva ad una tenuta sobria e sportiva che di
certo non esaltava la mia femminilità.
-Mi sono ricordata di questo vestito di mia madre, sai lei è
piccolina proprio come te e le ho chiesto di spedirmelo. Te lo vedo
proprio bene, addosso. Verrai?
Come potevo negare qualcosa a quella ragazza? Mi stava guardando con la
sua dolcezza infinita, macchiata di impertinenza (che, senza dubbio,
era il risultato della compagnia costante di Potter) e non potei
rifiutare.
-Va bene. - sospirai inclinando la testa di lato.
Mi abbracciò forte e mi ordinò di provare il vestito. Quella sarebbe stata sicuramente una lunga notte.
Come previsto, dopo mezzora scarsa trascorsa cercando di mimetizzarmi
con la tappezzeria della Sala Grande, la voglia di tornare al
Dormitorio era più forte anche del dolore che le scarpe eleganti
causavano ai miei piedi disabituati all’uso dei tacchi.
Mi si era anche chiuso lo stomaco e mi ero gettata a capofitto sugli
alcolici che fortunatamente erano permessi ai ragazzi dell’ultimo
anno.
I miei compagni di scuola ballavano scatenandosi al ritmo di un medley
dance che la band ingaggiata per la serata stava suonando mentre io non
avevo alcuna voglia di fare alcun movimento che non fosse quello per
portare il bicchiere alla bocca.
-Quale meravigliosa creatura scorgono i miei indegni occhi?
Sirius Black si avvicinò a me con la mano premuta sul petto all’altezza del cuore e l’aria teatrale.
Il completo che indossava gli stava molto bene, la giacca scura
fasciava le braccia non esattamente muscolose ma virili e il contrasto
tra il colletto bianco della camicia e il nero dei capelli lunghi e
ricci gli donava quella sua tipica eleganza casuale.
-Proprio la persona che mancava per peggiorare la mia serata!- esclamai sorridendo maligna.
-Bevi per dimenticare?- glissò poggiandosi al muro accanto a me.
Effettivamente si, ma non potevo dirglielo. Volevo dimenticare il
fatto che le speranze di tornare a casa diminuivano ogni ora sempre di
più, il rischio che correvo restando lì e la mia totale
impossibilità di mettere in guardia quelli che volente o nolente
stavano ormai diventando miei amici dal futuro crudele che incombeva
sulle loro spalle e che ovviamente solo io potevo vedere.
-Magari se chiudo gli occhi, continuo a bere e nel frattempo te ne vai,
beh.. potrei anche dimenticare che mi stai di nuovo importunando.
Mi guardò serio per qualche secondo ed io mantenni il contatto
visivo. Il grigio nel blu, come una giornata nuvolosa. Ad un certo
punto scoppiò a ridere e non potei evitare di sorridere
anch’io, chiedendomi quale pensiero l’avesse esilarato a
tal punto.
-Ti va di ballare?
Dopotutto dovevo restare lì ancora per un po’ se non
volevo deludere Lily che come una sorta di cucù compariva al mio
fianco ogni cinque minuti per cercare di convincermi a divertirmi un
poco.
Posai il bicchiere sul tavolo più vicino ed afferrai la mano che
mi tendeva facendomi trascinare sulla pista e, proprio mentre ci
univamo alle danze, il gruppo cominciò a suonare un lento.
Sentii la pressione delle sue mani sui fianchi e la cosa mi
sembrò terribilmente strana riportando alla mia mente il ricordo
dell’unico contatto fisico che avessi mai avuto con la sua
versione adulta, quello che conoscevo meglio.
La lotta infuriava e ovunque volavano maledizioni senza perdono.
Bellatrix Lestrange, da poco evasa,
deliziava tutti, Mangiamorte e componenti dell’Ordine, con la sua
risata infantile e folle mentre dall’alto delle scale della Villa
di uno di quei maledetti lanciava schiantesimi e maledizioni.
Grazie a Piton avevamo saputo di una
riunione organizzativa tra alcuni Mangiamorte e sapendo che non tutti
vi avrebbero preso parte un blitz non ci era sembrato eccessivamente
azzardato. Più ne avremmo tolti di mezzo più avremmo
indebolito il loro Signore.
Rotolai nascondendomi in una sorta di
fortuita trincea creatasi dalla caduta di un paio di scaffali ed evitai
una maledizione Cruciatus lanciata da quel bastardo di Greyback.
-Tu, piccola stupida, cosa credevate di fare?
In un balzo, inaspettatamente, mi era addosso, premendomi a terra con tutto il peso del suo corpo.
-Ho ucciso maghi molto più in gamba di uno stupido lupo.- sputai respingendolo con un incantesimo silenzioso.
Approfittando del piccolo vantaggio ottenuto mi allontanai di qualche passo.
-Come puoi parlare così di noi
lupi mannari? – mi sfidò fingendo un broncio infantile.-Il
povero Lupin potrebbe prenderla sul personale.
Un moto di rabbia mi spinse a gettarmi su di lui, facendogli perdere l’equilibrio, ed a puntargli la bacchetta alla gola.
-Non osare paragonarti a lui. Un mago straordinario come tu non potrai mai essere.
Il mio punto debole. La rabbia.
La tendenza ad agire in modo
avventato era il rovescio della medaglia rispetto alla forza che quello
stesso sentimento mi dava e ne pagai le conseguenze.
Abbandonandosi ad una risata simile ad un latrato mi afferrò il collo con una mano per poi alzarsi in piedi e sollevarmi.
-La tua audacia ti costerà cara, oggi. Di’ addio a..ARGH.
Mollò la presa e caddi a terra, tossendo furiosamente.
Sirius dietro di lui gli puntava la
bacchetta contro. L’aveva bloccato con un silenzio Petrificus
Totalus e senza perderlo di vista si avvicinò a me, aiutandomi
ad alzarmi.
-Stai attenta. Per favore.- mi disse
con aria sofferente e il panico negli occhi, mentre la forza mi veniva
meno e sarei di certo caduta di nuovo se le sue mani saldamente
ancorate a miei fianchi non mi avessero retto.
-Perché ridevi, prima?- chiesi curiosa, riscuotendomi e
seppellendo l’ascia di guerra mentre gli circondavo il collo con
le braccia.
-Perché sei strana. Sono lo scapolo più gettonato della scuola e tu continui a rifiutare le mie attenzioni.
Trasudava una spensieratezza che non credevo avesse mai potuto avere,
conoscendo la versione stanca di lui, quasi vent’anni più
grande.
-Ognuno di noi è strano a modo suo. – asserii stringendo le labbra in un piccolo sorriso.
Non era poi così difficile guardarlo negli occhi e mi ritrovai,
inspiegabilmente, a cercare in lui qualcosa del Sirius che conoscevo.
Qualcosa oltre la presunzione e la caparbietà.
Lo sguardo era attento, intelligente. Sembrava scrutare ogni sfumatura
della mia espressione alla ricerca di un segno qualsiasi che potesse
dirgli qualcosa in più di me che le mie labbra non dicevano e
non potevano dire.
-Carter..
Il tono con il quale aveva pronunciato il mio nome e la scintilla
impertinente che aveva attraversato i suoi occhi mi erano immensamente
familiari.
Gli rivolsi un’occhiata interrogativa.
-Hai il trucco sbavato.
Mentre lo diceva la band suonava l’ultima nota della canzone e
dopo avermi scoccato un bacio sulla fronte si allontanò,
sorridente.
Trascorsi il resto della serata con Lily, il che mi diede la possibilità di approfondire la mia conoscenza con James.
-..è grazie a Lily che ho messo la testa a posto, sono persino
diventato Caposcuola! Credo che se fino al quarto anno l’avesse
detto alla cara Minerva si sarebbe fatta la prima risata della sua vita!
-Eri davvero così tremendo?- chiesi divertita, ormai quasi
dimentica del fatto che il ragazzo con cui stavo parlando era il
defunto padre di Harry il quale, per altro, gli somigliava in maniera
impressionante.
-Più che tremendo, Jay. Ne combinavano una dopo l’altra,
lui e quegli altri tre degenerati.- nonostante cercasse di fingersi
severa non riusciva proprio a nascondere l’amore che provava per
quello che sarebbe diventato, di lì a qualche anno, suo marito.
-Hey! E’ ingiusto che tu mi includa in questo giudizio!
Mi voltai e vidi Remus Lupin sedersi accanto a me. Mi faceva sempre
tanta impressione interagire con lui, lo conoscevo troppo bene, tenevo
troppo a lui per riuscire a non pensare a quanto avrei voluto
avvertirlo, a quanto avrei voluto proteggerlo dalle brutture dalle
quali lui stesso, anni e anni dopo, mi avrebbe insegnato a difendermi.
-Anche tu hai la tua parte di responsabilità, Lunastorta, non
fingerti innocente!- James gli affibbiò un affettuoso pugno
sulla spalla.
Remus mi guardò di sottecchi probabilmente chiedendosi come mai
non avessi ancora chiesto dei loro soprannomi, come faceva chiunque li
sentisse pronunciare per la prima volta. Sapevo bene tutta la storia,
gliel’avevo sentita raccontare così tante volte che a
chiedere spiegazioni mi sarei sentita una imperdonabile bugiarda.
-James non ha tutti i torti, Rem. Ricordo quella volta che al terzo
anno avete messo della pozione invecchiante nel calice della Caporal,
ho sempre saputo che eri stato tu!- lo schernì Lily facendogli
l’occhiolino.
-E perché ne saresti così certa?!- chiese quello fingendosi offeso rizzandosi sulla sedia.
-Perché né James né Sirius ne sarebbero mai stati capaci! Peter, poi!
-Con amici come te a che servono i nemici?!- la rintuzzò James incrociando le braccia e guardandola storto.
Mi ritrovai a ridere e parlare con loro come se ci fossimo conosciuti
da sempre, come se quello fosse stato il mio posto, come se avessi
dovuto restarci per sempre.