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Autore: Iaiasdream    20/05/2014    3 recensioni
IN REVISIONE
I sogni, chi può vivere senza? Non riesco proprio ad immaginarmelo. Possono essere: dolci, lugubri, nascondigli per i tuoi più profondi pensieri, ma fanno sempre parte di te, rappresentano l’io di una persona, e anche se non si vuole credere, loro sono inevitabili... rieccolo lì, il mio passato. Arciere che scocca la freccia nel mio punto debole: l’inconscio. Di sicuro è lui che lo manovra. Lui, con quegli occhi taglienti e beffardi, con quel sorriso strafottente, disegnati su un viso irresistibilmente affascinante, è ritornato repentinamente a invadere la mia vita, lui artefice della sofferenza che mi aveva imprigionato per un po’ di tempo. Perché stava ricomparendo senza alcun pudore? Perché ricordarlo in quegli atteggiamenti? Che cosa vuole da me dopo tutti questi anni, che non sono molti ma, ancora oggi mi sembrano un’eternità?
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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39° capitolo: NUOVE CONOSCENZE
 
 



La prima volta che le mie labbra si ridisegnarono in sorriso, fu sei mesi dopo la mia "fuga" dal paesello.
In quei pochi mesi, con le mie due amiche, ci eravamo sistemate nella villetta che una volta apparteneva ai miei nonni, lasciatami in eredità. Nel momento in cui diventai maggiorenne, mi appropriai automaticamente della proprietà. Kim e Violet si offrirono per pagarmi l'affitto, ma il mio rifiuto non valse a niente.
Violet in poche settimane, era diventata insegnante di comunicazione visiva, anche Kim aveva trovato lavoro in un pub, l'unica disoccupata ero io. Per passare quelle lunghe giornate, noiose e per distrarmi dai ricordi che non accennavano a volersi dileguare, sfogavo i miei pensieri a modo mio. Progettavo storie e le illustravo sotto forma di manga. Inventai una storia su una guerriera angelica. Dato che quelle storie mi avevano sempre appassionato. Finii tutti i capitoli in soli sei mesi. Kim e Violet avevano visto quello che avevo creato e mi incitavano a farlo pubblicare. Quell'idea mi allettava molto ma avevo timore a fare il passo più lungo della gamba. Il motivo? Potrebbe sembrare molto banale, e infondo lo era, ma pubblicando una storia con il mio nome mi incuteva timore, nel caso in cui Castiel avrebbe scoperto dove mi trovavo.
Castiel. Chissà cosa stava facendo, e se si era rassegnato.
Avendo gettato il cellulare nel lago, quella famosa sera quando la fine ebbe inizio, non ne avevo comprato un altro. Mi rifornii quando misi piede in città, cambiando anche numero senza darglielo neanche a mia zia. Mi stavo comportando da egoista e codarda, lo sapevo benissimo, ma sapevo anche che un solo passo falso, e mi sarei ritrovata ad affrontare il traditore, e anche se ero stata coraggiosa in altri momenti, in quello, il coraggio mi mancava. Non volevo più soffrire, e l'unica cosa che poteva farmelo evitare, era dimenticarmi definitivamente di lui.
Ma pur non avendo un mio recapito, Castiel non si arrese così facilmente, infatti avendo il numero di Kim, la bombardava di chiamate e di messaggi, cercando in tutte e due le maniere, di avere qualche informazione su dove mi trovavo. All'inizio Kim lo rispondeva dicendogli di lasciarmi perdere, ma lui non ne voleva sapere. Poi la ragazza com'era ovvio dal suo carattere, si stancò e fu costretta a cambiare anche lei scheda, imprecando su tutti i numeri che avrebbe dovuto contattare per far sapere il suo nuovo. Mi sentivo in colpa, sapevo che l'unica colpevole ero io, che la parte da vittima, la stavo radicalmente esagerando.
Kim, però, con il suo essere schietta mi fece capire di non dovermi preoccupare, e che dovevo assolutamente stare tranquilla. E io cercai di prenderla in parola.
Una sera, salii in camera più stanca e assonnata di tutti gli altri giorni, non volli accendere il computer, così mi misi a letto e subito mi addormentai. La mattina dopo, quando mi alzai, la voglia di inventare una nuova storia prese il primo posto nei miei pensieri. Mi sedetti davanti al computer accendendolo, e allungai la mano verso un porta penne per prendere la mia pen-drive, ma non la trovai. Corrugai le sopracciglia un po' incredula, poi mi misi a frugare da tutte le altre parti. Niente. La pennetta era scomparsa. Subito iniziai a sudare e a maledirmi, ci tenevo un sacco a quelle cose, e solo il pensiero di aver perso un intero lavoro durato quasi sei mesi, mi invogliava a impiccarmi con i miei stessi capelli. Scesi in cucina e trovai Kim sdraiata sul divano, che russava in maniera molto oscena. Scossi la testa, poi vedendo Violet intenta a consumare la sua colazione il più silenziosamente possibile, mi avvicinai chiedendole sottovoce se aveva visto la mia pen-drive. Lei non rispose, scosse solo la testa.
Cominciai a sentirmi male per davvero. "Porcaccia la miseria, è tutto perduto adesso. Rea, fai proprio schifo!... Ma poi, che ti danni a fare? Lo stesso non ti sarebbe servito a niente, visto che quel lavoro lo volevi seppellire per sempre in quella pennetta" mi dissi un po' malinconica. Ritornai in camera mia, afflitta e angosciata. La sfortuna era la mia ombra e io non potevo farci niente. Mi sdraiai sul letto guardando malinconica il soffitto, e iniziandomi ad immaginare come sarebbe stato vedere il mio fumetto in vendita nelle vetrine delle cartolibrerie. Chiusi gli occhi sorridendo, e mentre il sonno stava per riprendersi la mia mente, un trillo mi destò di scatto. No pensavo fosse il mio cellulare, dato che non mi chiamava mai nessuno, e invece era proprio lui, lo presi velocemente, e curiosa diedi un'occhiata allo schermo, un numero sconosciuto. Risposi un po' perplessa e una voce un pochino rauca riecheggiò dall'altro capo del telefono.
<< Parlo con la signorina Rea? >>
<< Sì, e io con chi parlo? >> chiesi incuriosita.
<< Congratulazioni signorina, la nostra editoria ha accettato di pubblicare il suo manga >>
<< Scusi, ma di che cosa sta parlando? >> chiesi confusa.
<< Non mi dica che abbiamo sbagliato, è lei l'autrice del manga: "Angel, the four thrones"? >>
<< S-sì, s-sono io, ma come...? >>
<< Bene, allora può presentarsi in sede, oggi pomeriggio alle quattro e trenta, il signor Baldini l'aspetta con impazienza >>
La chiamata fu chiusa, io continuai a reggere la cornetta sull'orecchio incredula e ancora smarrita. Mi tirai un pizzicotto per essere sicura di non sognare, faceva male, quindi ero sveglia, ma allora, come avevano fatto ad averlo?
Mi precipitai giù per le scale, e piombai sul corpo addormentato di Kim, che si spaventò e sobbalzò dal letto.
<< Che cavolo sta succedendo? >> chiese allarmata, guardandomi.
<< Sei stata tu? >> ribattei io, rimanendo a gattoni su di lei.
<< A fare cosa? >>
<< Oh, Kim! >> esclamai abbracciandola, come se quella domanda fosse stata la risposta affermativa << Ti ringrazio molto! >>
<< Ma si può sapere che cavolo ti è preso? Grazie di cosa? >>
<< Non far finta di niente, sei stata tu a inviare il mio manga a un editore >>
Kim corrugò le sopracciglia non comprendendo ancora le mie parole. Dalla cucina, si avvicinò Violet che mi guardava con un sorriso.
<< Bella, guarda che io non ne so niente >> rispose Kim, facendomi scendere dal letto e sdraiandosi di nuovo per dormire.
Io mi alzai ancora più confusa. Il mio sorriso scomparve repentino sulla mia espressione. Volsi lo sguardo a Violet che continuava a sorridermi.
<< Ma allora… >>
<< Sono stata io, Rea >> rispose Vil con la sua sensibile vocina. Il mio cuore ebbe un sussulto dopo aver percepito quelle parole. Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Violet, la ragazza più sensibile del trio, aveva avuto il coraggio di fare quello che avrei dovuto fare io da tempo. Alcune liquide perle, scivolarono lungo le mie guance formando dei rivoli luminosi.
<< Non so cosa dire… >> balbettai asciugandomi il volto e cercando di non farmi vedere.
<< Potresti sempre abbracciarmi come hai fatto con Kim >> rispose lei abbassando lo sguardo e arrossendo. Non me lo feci ripetere due volte, corsi verso di lei e la strinsi forte a me ringraziandola all’infinito.
<< Avvisatemi quando avete finito! Ho sonno! >> esclamò Kim.
La guardammo sorridendo << Hai una camera tutta tua! >> ribattei io.
<< Non è mai comoda quanto questo divano! >>
Violet e io ci guardammo e annuendo ci tuffammo sul corpo di Kim iniziando a farle il solletico.
<< No, no! Che fate? Lasciatemi dormire! >> esclamò fra le risa la mia cara vecchia amica.
 
 
Vestita in modo impeccabile, mi stavo dirigendo verso l’editoria, dove dovevo pubblicare il mio primo manga. Erano gli inizi di dicembre e faceva un freddo cane, mancava solo la neve. Mi rannicchiai nel mio giubbotto per non tralasciare neanche uno spiraglio che avrebbe permesso al pungente freddo di inoltrarsi nel mio corpo.
Ero quasi arrivata. L’insegna luminosa: Editoria Baldini, spiccava come un fiore sul terreno pieno di erba. Sorrisi cercando di mantenere il controllo sulle mie emozioni. Mi preparai ad attraversare, quando una moto mi sfrecciò davanti. Fortunatamente ebbi i riflessi pronti, e feci due passi indietro, ma questi non mi furono di grande aiuto, perché inciampando sul marciapiede, mi ritrovai di sedere per terra, a combinazione, in una pozzanghera di acqua ghiacciata.
La moto intanto si era fermata qualche metro più in là.
Non riuscivo a muovermi sentendomi tutto il fondoschiena congelato.
<< Va tutto bene? Non si è fatta male, vero? >> chiese una voce sopra di me. Riaprii gli occhi, e la prima cosa che vidi fu una mano che si tendeva per prendere la mia, alzai di più lo sguardo per vedere a chi appartenesse. I miei occhi si sgranarono nel vedere l’immagine di quel volto << Castiel >> sussurrai, incredula.
<< Come scusi? >> ribatté la voce, che era totalmente diversa da quella del rosso. Sbattei le palpebre velocemente, e la visuale si fece più nitida. Il ragazzo davanti a me, non era Castiel, anche se un po’ gli somigliava. Era molto affascinante, aveva capelli corti neri, occhi color dell’ambra e labbra disegnate perfettamente. Il giovane continuava a porgermi la mano e io non sapevo cosa fare.
<< Non riesce a muoversi? >>. Continuava a darmi del lei, e non lo sopportavo. Mi faceva sentire vecchia. Mi alzai da sola, senza afferrare la sua mano, non riuscivo più a sentire la parte bassa posteriore del mio corpo, iniziai a tremare di freddo. Il ragazzo continuava a guardarmi un po’ preoccupato.
<< Signorina… >> riprese afferrandomi il mento con la mano. Mi voltai, costretta da quella presa, e incrociai i suoi occhi bagnati nell’oro. Non riuscivo a guardarlo normalmente, e non sapevo perché. Mi sentivo imbarazzata.
Lui mi fissò attentamente. Poi annuì << Per fortuna non si è fatta niente. Spero di non sbagliarmi >>
<< N-no, sto bene >> dissi cercando di farmi mollare il mento.
<< Deve scusarmi, ma andavo di fretta >> si giustificò lui cambiando sguardo e rivelando un affascinante sorriso.
<< Non si preoccupi >> risposi allontanandomi e dirigendomi verso l’editoria. Entrai ritrovandomi nella reception. Mi annunciai alla segretaria, che mi disse di accomodarmi. Aspettai qualche minuto, e intanto l’umidità si impadroniva di più del mio corpo, fortunatamente, il pantalone che indossavo era scuro, e quindi la grande macchia non si notava. Imprecai lo stesso, pizzicandomi il tessuto, poi la segretaria mi chiamò, invitandomi ad entrare nell’ufficio del signor Baldini. Entrai e la donna chiuse la porta.
“Ma come? Non c’è nessuno?”. Mi guardai intorno poi decisi di uscire dalla stanza, mentre mi accinsi a farlo, una vocina che somigliava molto a quelle dei cartoni animati riecheggiò nell’aria. Mi voltai con le sopracciglia corrugate e davanti a me: un tappo da sughero travestito da vecchietto, puntava i piedi sulla poltrona cercando si farsi vedere.
<< Signorina, dove va? >> chiese.
<< H-Happosai? >> mormorai tanto incredula quanto divertita nel vederlo.
<< Come scusi? >>
<< Oh, no… niente >> dissi, trattenendo una risata e  avvicinandomi a lui. Mi presentai, quando sentì che ero l’autrice del manga, i suoi occhi si ingigantirono e illuminarono proprio come Happosai, quando vedeva un paio di mutande. Mi veniva da ridere, ma cercai di trattenermi. L’uomo iniziò ad offrirmi somme, allucinanti dicendomi che voleva assolutamente che lavorassi per lui. non mi fece neanche rispondere di sì, che subito avevo già un contratto, con tanto di stipendio. Poi mi congedò perché aveva altri impegni. Uscii dall’ufficio con il sorriso sulle labbra. Finalmente la felicità mi aveva incontrata e non finii mai di ringraziare Vil.
Ammisi che senza il suo aiuto, forse non avrei mai esaudito il mio sogno più grande.
Tornai alla reception consegnando le carte alla segretaria, ma le mi disse che dovevo recarmi dal signor Viktor, nipote di Happosai per le procedure. Mi indicò la strada e mi incamminai. Mi ritrovai di fronte un’altra porta con un’insegna scritta: vice direttore Viktor Baldini. Me lo immaginai sempre basso ma con qualche capello in più. Sfogai la mia piccola risata prima di bussare. Quando sentii la voce dall’altra parte che mi dava il permesso, aprii, feci due passi, e inciampai su qualcosa che non avrei mai immaginato di trovare tra i piedi. Mi ritrovai di sedere all’aria e la faccia spiaccicata sul pavimento. Più di così non poteva andare peggio? E invece sì. La persona che venne a soccorrermi, non appena la vidi, non era altri che il ragazzo della moto, quello dagli occhi ambrati.
La mia “maledizione” morì nella bocca prima ancora di nascere. Lui mi guardava sorridente, rivelando tutto il suo fascino in quella espressione e sbuffando quel sorriso mormorò << Ci incontriamo ancora? >>
“Che figuraccia!” mi ripetevo in mente.
Lui mi aiutò a rialzarmi. Io guardai subito su cosa ero inciampata. Sembrava un rialzo, ricoperto in marmo. Il ragazzo mi spiegò che serviva per il nonno, che siccome era troppo basso, dalla scrivania non si notava. Poi si presentò dicendo che si chiamava Viktor. Mi presentai anche io rimanendo sempre imbarazzata e porgendogli la mano, lui l’afferrò quasi con una carezza poi disse << Penso che diventeremo grandi amici >>.
 
 
E infatti aveva avuto ragione. Viktor stava a casa di mia zia con me, perché io gli avevo donato la mia amicizia. Lui l’aveva trasformata in qualcosa di più grande e io, non avrei mai potuto contraccambiarlo. Ho ancora questi pensieri mentre avvolgo il mio corpo con un telo da bagno. Afferro un pettine e avvicinatami alla finestra inizio a pettinare i capelli. Guardo l’esterno e vedo il lago. La figura di Castiel mi ritorna in mente, ho come un lieve tremito, poi appoggio il pettine sul davanzale e tirando un profondo respiro, volgo lo sguardo all’orizzonte e sibilo << Sono pronta, Castiel >>
   
 
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