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Autore: HeartSoul97    20/05/2014    1 recensioni
Piccola storia autobiografica su un fatto che ancora mi fa stare male. Ho messo tanto di me in questa storia.
Scusate se è deprimente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti ricordi di me?


Guardo tristemente lo spartito davanti a me. Niente, è troppo difficile per una chitarrista alle prime armi come me. Provo di nuovo, ma inciampo sempre – sempre – lì. E che cavolo.
Lascio perdere. Ci riproverò domani, mi dico.
Ma forse anche la canzone non aiuta troppo. Mi ricorda troppo cose che non vorrei ricordare, che avevo gettato nel dimenticatoio. E adesso tornano a galla, lacrime amare su un ricordo di triste dolcezza.

Non ti ricordi quanto eravamo uniti, da piccoli? Era pochi anni fa, e allora perché neanche mi saluti? Non ti ricordi di me, di quando a casa tua abbiamo guardato insieme Wall-e, dello scherzo che abbiamo fatto a mia sorella? Non ricordi proprio niente, Tom? Niente di tutto questo?

Ovviamente tu dovevi cambiare scuola. E allora ci sentivamo praticamente tutti i giorni, quella chiacchierata al telefono diventava la mia fuga, e anche la tua. Non ti ricordi quando dicevi che io ero dolce, mentre tutte le tue nuove compagne di classe erano acide e frivole arpie? E allora io ero lusingata, mi piaceva quando mi dicevi così, io ero persa senza di te. Eri il mio migliore ed unico amico, come io era la tua migliore amica. Cosa ti ha allontanato da me? Sono passati pochi anni, tu sei cambiato, io sono cambiata, ma in fondo siamo sempre gli stessi. O quantomeno io sono sempre la stessa, tu no. Non è rimasto niente del mio amico timido, il cervellone, quello che snervava i professori perché sapeva sempre tutto, che era bravo a disegnare, sognava di fare lo scienziato, aveva un amico immaginario e odiava quando si sprecava l’acqua.

Cosa è rimasto di quel ragazzino spensierato e curioso, me lo dici? Che ne è rimasto, Tom? Dov’è adesso?

Poi ci siamo persi di vista, senza sapere perché. Ci siamo rivisti dopo tre anni – tre anni in cui era cambiato tutto. Tu neanche mi avevi riconosciuta, vero Tom?, ma io sì, ti avrei riconosciuto tra mille. Ti ho salutato. E hai ricambiato il saluto poco dopo, titubante, probabilmente l’hai fatto per cortesia, non mi avevi riconosciuta davvero.

E anche adesso, anche adesso che sei diventato un bel ragazzo, forse uno dei più popolari della scuola, e io invece sono rimasta nell’anonimato, anche adesso non vuoi salutarmi. Quella volta che ti ho salutato io com’è stata? Ti ricordi di me, Tom? Devo ricordartela io, la prossima volta, la nostra amicizia?

Se penso a quell’anno felice, quando ti ho conosciuto. Siamo diventati amici – due secchioni che odiavano tutto il resto della classe, ci eravamo proprio trovati, vero? Io ero il tuo scudo e tu il mio. Eravamo bambini, ma avevamo capito tutto. Quando non ti ho visto più, era andata in paranoia. E poi ti ho chiamato e mi hai detto che avevi cambiato scuola. Mi crollò il terreno sotto ai piedi, perché, perché non me lo hai detto, Tom? Me lo hai tenuto nascosto, a me, alla tua migliore amica.
Ci siamo promessi che non ci saremmo persi di vista. Inutile dirlo, già dall’anno dopo non ci sentivamo più. Tu eri sparito e io ormai era stata risucchiata dal vortice della pseudo-adolescenza, quel periodo strano dove non sei più una bambina ma non sei neanche definibile come un’adolescente. Avevo i miei problemi, mi ero fatta altri amici – un po’ sciocchi, frivoli – e immagino che tu abbia fatto lo stesso.
Mi mancavi, Tom. Mi manchi ancora.

Ti ho visto al concerto della scuola, a Natale, sai? Non sapevo che cantassi, che avessi una band. Eri fantastico mentre ti scatenavi sul palco, incitando il pubblico a cantare con te. Ho applaudito più degli altri, cercavo di farmi sentire sopra gli altri. Volevo che ti ricordassi di me, che mi vedessi e all’improvviso ti tornasse in mente quella ragazzina un po’ strana, quella sempre in disparte che studiava sempre, che sognava ad occhi aperti.
Ma no, non potevi vedermi. Volevo salutarti alla fine, sai? Ma non l’ho fatto. Mi vergognavo.

Ho paura di salutarti, Tom. Ho paura che tu mi fraintenda, che tu pensi che lo faccia solo per dimostrare di conoscere una persona “popolare” e usarti. Ma non è così, te lo giuro, Tom. Se avessi il coraggio di salutarti, lo farei solo per il puro piacere di farlo, magari farci una chiacchierata. Ti chiederei cos’hai fatto in questi sei anni, ricorderemmo insieme tutte le nostre avventure, la terribile prof di storia e geografia, il libro che mi avevi regalato – ce l’ho ancora, sai? Quando sono triste, lo leggo. Nonostante lo conosca a memoria e le battute non mi facciano più tanto ridere, mi ricorda te.

E tu, Tom? Ti ricordi di me?







 
 
  
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