Angolo Iniziale d'Autrice:
Salve a tutti!
Mi chiamo Lacrima_00 e sono una nuova autrice in
questa sezione.
Primo:
Il rating, ho deciso di impostarlo di questo colore, perché alcune
scene di violenza o di qualcos’altro, vorrei approfondirle con descrizioni
dettagliate, (molto dettagliate!)
I personaggi nella prima descrizione ne ho messi solo 5, ma
nella realtà ci sono tutti ( tipo Kidd e la sua ciurma, gli Heart, Shanks il rosso,
occhi di falco, il simpatico Bartolomeo, il damerino Cavendish, il burlone Ivak
e il “potentissimo” Baggy), anche perché alcune parti saranno riprese
direttamente dall’opera originale di Oda
Si ho trovato un altro modo buffo di far resuscitare
A..A..Ac-ee… ^///^ Il mio povero amato Ace (appena finito One piece, taglierò una
mano all’autore, per questo affronto, se qualcuno si vuole unire è benvenuto!).
Figli di nessuno
L’oscurità avvolgeva la nave
insieme all’aria densa e pesante, creando difficoltà all’esperto timoniere ed
all’altrettanto abile navigatore, che con estrema fatica monitoravano la rotta.
Il cielo e il mare davano l’impressione di essere tutt’uno, ed il silenzio
beffardo congiurava con lo sciabordio delle onde che si frangevano sullo scafo,
tenendo nervosamente all’erta tutti i bucanieri sul vascello.
Non era una situazione difficile
da prevedere. Dopotutto, le grandi speranze sono le ultime a morire, ma anche
le più difficili da rincorrere, come i sogni: essi sono chiari di notte ma
divengono frammenti di ricordi di giorno, e più cerchi di afferrarli più si
dissolvono, come sale nell’acqua, divenendo parte del grande mare di elementi
sopiti, sedimentati nella nostra mente, dormienti ma richiamabili
all’occorrenza, o involontariamente.
Persino il mutare e il procreare
di tutte le creature, osservando questi paradossi sul creato, risulterebbero
essere la conseguenza di un disegno sbieco e distorto, proprio come
quell’essere.
Un’esistenza, la sua, che non avrebbe mai dovuto avere
inizio, ma nella realtà vive, respira e cammina, nascondendosi in quelle terre
e navigando quei tratti marini.
Questo era il segreto di cui vi
era venuto a conoscenza, prima che iniziasse quella guerra, nella quale tutti e
tredici gli uomini lì presenti avevano perso la ragione prima di essere
riuniti, come fratelli.
Questo è ciò che aveva giurato di
trovare se si fosse avverato quanto accaduto. La promessa di un falso figlio di trovarne il
vero. Ed il momento di mantenere la promessa era giunto. C’erano voluti circa
due mesi per ricostruire perfettamente il puzzle di una ciurma, dal cuore frammentato,
da spade cariche di sofferenza. Ma alla fine erano riusciti ad innalzare una
nuova bandiera pirata e a rialzarsi: non tutti, ma in numero sufficiente per
compire quella missione, per la quale in quel preciso momento si erano
ritrovati insieme in quel luogo, in cerca di una dimora nascosta al mondo. Dai
chiarimenti contenuti in quella lettera, il posto dove dovevano approdare era
situato ai confini del mondo conosciuto, della mariana o altri. L’isola Ardor,
ricordata così dalle poche leggende che la citavano, benché non vi fossero
certezze della sua effettiva esistenza. Nei rari racconti, raccolti in più di
vent’anni di mare, si narrava che questa terra sconosciuta fosse scossa da una
continua eruzione pliniana e che, per questo motivo, tutto in quei luoghi fosse
completamente ricoperto di cenere. Si diceva che non vi albergasse alcun essere
vivente, che fosse solo una landa pietrosa immersa nel fumo e nei vapori di acido cloridrico misti ad anidride solforosa. Un luogo
eccellente per nascondere qualcosa di prezioso, o qualcuno.
Pure il capitano
recentemente subentrato al comando della nave e i suoi nuovi subordinati lo
avevano pensato, agli inizi del viaggio, ma non tardarono a ravvedersi su
quest’idea, dopo circa un anno e mezzo di approdi su isole innegabilmente
somiglianti alla mitica originale. Questa volta non potevano permettersi di
fare un buco nell’acqua: il tratto di mare che stavano solcando era l’ultima
rotta inesplorata che rimaneva. Ognuno di loro fremeva, impaziente di udire
l’atteso grido proveniente dalla cima dell’albero maestro. Sospesa sulla coffa
se ne stava la vedetta dagli occhi mandorlati, intenti a penetrare il denso
velo di polveri ardenti. Anche l’uomo in cima all’albero era preoccupato, come
quasi tutti sull’imbarcazione. Ogni tanto sospirava per la gran spossatezza,
anche se questo non serviva a far diminuire la sua ansia. D’altronde, chi
aspetta impaziente si tortura da solo nell’attesa… Pur essendo consapevole di
questo, l’uomo di vedetta non poteva fare a meno di rimanere in tensione,
continuando a restare immobile in osservazione finché non fu lo stesso capitano
a chiamarlo per nome ad alta voce. Il marinaio si calò immediatamente sul
ponte, lasciando il posto ad un altro uomo, molto più piccolo e squamoso, che
lo sostituì in base ad un ben preciso piano di rotazione.
<< Rapporto!>> intimò l’ufficiale con tono perentorio, girandosi verso l’uomo appena sceso sul ponte.
<< Mi dispiace capitano, ma
non sono riuscito a intravedere niente. La nebbia o il vapore, quel che sia,
sono troppo densi, nemmeno i miei acuti occhi riescono a penetrarli>>.
<< Mmh…>> sospirò
placido il capitano, mentre l’altro imprecò tra i denti con espressione
stravolta in una smorfia di disappunto, per la condizione in cui si trovavano.
Non appariva loro tollerabile che dopo tutte le tappe
segnate e tutto il sudore, le fatiche, le amarezze sopportati, i loro sforzi
fossero ripagati con niente: era ingiusto, tremendamente crudele. Non doveva
finire così: tutte le sofferenze vissute non avrebbero avuto senso, tutte le
battaglie combattute sarebbero state
solo inutili ore di vita trascorsa corteggiando la morte, come la grande guerra
a Marineford: la disfatta più devastante.
No, questa volta non si sarebbero arresi, avrebbero continuato a
lottare contro il tempo che stringeva a ogni attimo di più
quella tensione, tagliente come la corda tirata di un violino.Le
preoccupazioni cambiavano, aumentando, in ogni momento, per primo, il
ponte della nave, che aveva iniziato a ricoprirsi di un spesso mantello
di fiocchetti bianchi. I quali alla loro vista, i due uomini
incuriositi rivolsero il naso in su, osservandoli cadere sul loro viso.
Non erano caldi, ma freddi e rugosi, però al tempo stesso
asciutti e non si scioglievano.Adagiante il capitano tese il braccio e
apri il palmo: lasciandovi che vi si raccogliessero un po’ di
quei coriandoli, somiglianti a purissima neve, poi assottigliando lo
sguardo strinse con forza a pugno, sbriciolandone il contenuto. I
residui polverizzati, furono spazzati via da un lieve soffio di vento,
appena le dita si schiusero.
<< Fiocchi di lava solidificata? Siamo vicini… >> Sentenziò l’uomo, per poi puntare dritto un' occhiata di sicurezza verso il sottoposto, che annuì con il capo.
I loro cuori avevano cominciato a battere forte, tant'è che i petti gli dolevano a ogni palpitazione. Erano eccitati proprio come due bambini, ansiosi di scartare il proprio regalo, anche se per loro era soltanto una notizia di avvistamento, che fortunatamente non tardò a giungere. Un gioioso strepito, tutto da un tratto, esplose all'interno della coffa.
<< Terra! Terra! >> Continuavano a ripetere le grida della vedetta.
Uomini che prima risedevano in coperta, risalirono in superficie,
invadendo il ponte, e sgranando gli occhi alla vista
dell’imbarcazione foderata dall'abbondante nevicata di cenere,
eruttata da colui che adesso era apparso di fronte al vascello. Uno
spicchio di terra, con su un gigantesco cratere, dal quale fiotti
scoppiettanti ti lava incandescente ne lambivano il bavero: a pensare
che fino a pochi secondi prima, li davanti, non si vedeva niente. Era
come se si fosse aperta una porta invisibile, che li aveva introdotti
in un mondo paragonabile a quello di una favola,almeno ciò che
le menti dei presenti riuscivano a concepire, nel osservare tale
paesaggio, che stranamente li stava trascinando a se. Il capitano
imbambolato da tutto quel bel vedere, si risvegliò appena in
tempo per andare a controllare ciò che realmente stava
accadendo. Di corsa si sporse per osservare al di sotto della nave, ma
non riuscì a scorgere niente. Soltanto dal suono, capì
che la corrente era cambiata e sempre più veloce li stava
spingendo contro quella che sembrava essere una gigantesca bocca, con
tanti denti acuminati. Erano di sicuro degli scogli, ma mostruosamente
somiglianti a stalagmiti giganti tutte allineate, tant'è che
dava l’impressione che qualcuno di proposito le avesse
posizionate in tal modo.
Il livello del mare nel frattempo stava sempre di più calando,
da sotto il vascello si poteva sentire bene la chiglia che cozzava di
tanto in tanto, contro forse residui di magma, ormai pietrificato.
Istintivamente, il commodoro si fiondò al comando del timone,
che a malapena veniva controllato dal timoniere. Con tutta la forza di
determinazione che aveva in corpo, cercò di domare, quella ruota
posseduta, anche se con scarsi risultati.
Pur troppo la nave aveva di già iniziato a tremare sotto le
persecuzioni di quella strana corrente, ormai conscia del proprio
destino.
Quella gigantesca grotta, a fauci spalancate, non aspettava altro che assaporare il dolce gusto del vecchio legno piratesco.
Angolo finale dell'Autrice:
Tanto per finire in bellezza, ringrazio di cuore tutti quelli
che si sono sprecati a leggere questo primo capitolo. Non so se fa schifo o è
piacevole, lascio a voi giudicare.
Di ciò che ho scritto, penso che forse questo inizio
non dia molte informazioni sulla trama che andrà a seguire, e io non sono una
scrittrice che ama spoilerare, per cui vi chiedo di avere pazienza.
Spero che qualcuno recensioni, ( e che qualsiasi
cosa scriva sia sincera, non amo le persone che recensiscono con parole false,
se un testo è scritto male, secondo il
mio parere va detto, in segno di rispetto
verso chi lo ha scritto). Comunque spero di riuscire a scrivere presto il seguito.
Con questo vi lascio, e spero caldamente che tutti quelli che decideranno di
seguirlo, continuino, fino alla fine.
Grazie e un grosso bacione a tutti e al mio fratellone. <3