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Autore: Do_Not_Touch_My_Patria    20/05/2014    4 recensioni
Sono passate due settimane dalle vicende di "Trovami Almeno un Motivo per cui Dovrei Amare l'Italia".
Gli Amis de l'ABC sono tornati a casa, a Parigi, e la vita di tutti i giorni a ripreso a scorrere tranquillamente per tutti.
Beh, quasi tutti.
Infatti, se Combeferre e Eponine portano avanti una relazione ampiamente meritata, se Marius e Cosette si stanno preparando per il loro matrimonio, se Courfeyrac e Jehan possono godersi finalmente un po' di pace e se Bossuet e Joly sono finalmente diventati una coppia a tutti gli effetti, insomma, se tutti ora sono felici, lo stesso non si può dire di Enjolras e Grantaire.
Qual è il problema?
Semplicemente, il nostro caro Apollo ha finalmente realizzato di essersi impegnato con l'ultima persona che avrebbe mai immaginato, e adesso il suo cuore deve fare i conti con la sua mente.
Come far combaciare un'anima desiderosa di amare, di ridere e di vivere, con un cervello rigido e intransigente come quello del giovane Leader?
Grantaire non è molto preoccupato: sa che ci vorrà tempo, ma lui non ha alcuna fretta, basterà fare tutto un passo alla volta...
[Sequel di TAUM, ma tranquillamente comprensibile senza averla letta.]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Enjolras, Grantaire
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo III__Primo "Ti Amo"








Grantaire non apprezzava particolarmente la Primavera.
Certo, dal punto di vista artistico offriva una grande ispirazione, ma si dava il caso che Marzo, assieme ai primi boccioli, portasse con sé anche le prime allergie.
E fra gli Amis erano davvero in pochi a non soffrirne.
Ovviamente, colui che accusava maggiormente la stagione era Joly, che si era asserragliato in casa ai primi del mese e non si era più azzardato a mettere il naso fuori dalle coperte, terrorizzato dall’idea che l’infido polline potesse causargli un attacco d’asma capace di stroncarlo definitivamente.
Bossuet, unico immune alla catastrofe assieme a Bahorel, si era improvvisato infermiere ufficiale del gruppo, dispensando cerottini nasali, antistaminici e amenità varie ai ragazzi per conto di Joly.
Combeferre era scomparso da un paio di giorni, tuttavia si ipotizzava che in realtà fosse proprio lui lo strano animale rantolante che si nascondeva nella saletta posteriore del Musain fra pile di libri, fogli sparsi e mucchi di fazzolettini di carta.
Eponine, la cui stoica resistenza alle avversità era messa a dura prova dalle crisi di starnuti che la colpivano nei momenti meno opportuni, cercava di farsi forza e lavorava alla Locanda giorno e notte, per nulla facilitata dalle birichinate di suo fratello.
La reazione più improbabile, però, era stata quella di Courfeyrac e Jehan.
Non si sa come, infatti, il poeta era riuscito a convincere il suo ragazzo che indossare gli appositi cerottini nasali anche in luoghi pubblici lo avrebbe certamente aiutato a respirare meglio.
All’inizio, gli occhi gonfi come quelli di una rana e il naso tutto spellato, Courf aveva piantato un gran casino, lamentandosi del fatto che con uno schifoso e antiestetico cerotto spalmato sulla faccia la sua bellezza senza confini sarebbe stata sabotata e la sua immagine di assoluta perfezione ne avrebbe oltremodo risentito.
Chissà come mai, però, quando Prouvaire si presentò al Musain con una scatola di cerottini nasali degli Avangers, il Centro cambiò immediatamente opinione.
Cosette, a sole due settimane dal matrimonio, era in piena crisi isterica.
Non solo l’allergia le aveva rovinato brutalmente il viso angelico, rendendola più simile a una mucca stanca che a una giovane e fresca sposina, ma aveva anche scoperto che nell’ultimo mese aveva messo su ben tre chili, completamente trascurabili finchè non doveva chiudere la zip del suo abito nuziale.
Marius, giusto per non smentirsi, al primo starnuto aveva imitato Joly e si era infilato a letto, lamentando forti dolori in tutto il corpo e agitandosi più del dovuto nel terrore di non riuscire ad arrivare vivo al giorno del suo matrimonio.
Quell’atteggiamento, oltre ad aumentare il nervosismo della sua promessa sposa, aveva mandato in bestia Enjolras, che aveva passato gli ultimi venti giorni a buttare giù un dannato discorso che andasse bene anche a Courfeyrac: mentre il giovane Leader si dannava l’anima per scovare nella vita di Pontmercy episodi che potessero mettere in risalto il suo valore e la sua intelligenza, l’altro testimone insisteva affinchè si potesse citare almeno una volta una frase di Star Wars.
Per non parlare di quando aveva proposto come musica per il rinfresco la Marche Funèbre di Chopin.
- Courfeyrac, sii serio! – aveva sbraitato Enjolras per poi tirare su col naso, mentre tante piccole facce di Tony Stark lo fissavano strafottenti dallo sfondo giallo del cerottino di Courf.
- D’accordo, d’accordo, niente Chopin! Allora che ne dici di “The Rains of Castamere”? – aveva esclamato con un ghignetto.
Il biondo aveva alzato un sopracciglio, confuso, mentre Jehan ed Eponine si alzavano in piedi di scatto.
-Courfeyrac! – era stata la loro esclamazione, in viso un’aria sconvolta.
Il moro era scoppiato a ridere di gusto, ed Enjolras aveva rinunciato definitivamente ad avvalersi del suo aiuto nel dare una mano a Marius e Cosette a organizzare il ricevimento.
Quando quella sera aveva raccontato l’episodio a Grantaire, anche l’artista aveva sghignazzato divertito, ma il giovane Leader non era comunque stato capace di ottenere spiegazioni in merito, irritandosi ancora di più.
In conclusione, quell’inizio di Primavera non aveva fatto altro che portare scompiglio e isteria fra gli Amis de l’ABC.
L’unico che sembrava immune a cotanta sofferenza era Feuilly, che un giovedì sera aveva fatto irruzione al Musain inneggiando con gioia all’aumento di paga.
Tutto ciò che aveva ottenuo in cambio, però, era stato un grugnito sfinito da parte di Enjolras e uno strano mugolio proveniente dal cumulo di fazzoletti che nascondeva Combeferre.
Grantaire, intenerito, aveva deciso di dare corda all’amico, invitandolo fuori a pranzo il giorno dopo. Feuilly aveva accettato volentieri, ma una volta a tavola una vocina nella sua testa aveva iniziato a insultarlo per quella decisione.
- Credo che voglia lasciarmi. Onestamente c’era da aspettarselo, insomma… Lui è così… Così Enjorlas… Io non sono adatto per lui. Ha bisogno di qualcuno più… - si stava lamentando ormai da dieci minuti consecutivi.
L’operaio sospirò, fustigandosi mentalmente per avergli domandato come andassero le cose con il suo ragazzo.
- Grantaire, cerca di essere razionale… Il fatto che Enjolras non ti abbia ancora detto che ti ama non significa che voglia lasciarti! – tentò di farlo ragionare.
L’altro scosse la testa, buttando giù l’ennesima sorsata di vino.
- No, Feuilly, non capisci. – replicò, serissimo.
- Stiamo insieme da sette mesi, ormai. Il fatto che non me l’abbia detto nemmeno ancora una volta… Mai… - concluse, il tono di voce che si abbassava sempre di più fino a perdersi sul fondo del bicchiere.
Feuilly prese a giochicchiare distrattamente con il tovagliolo, piegandolo e ripiegandolo fino a trasformarlo in una piccola ranocchia di carta.
Quella discussione lo stava mettendo decisamente in imbarazzo: innanzitutto non è che lui fosse proprio un esperto in materia amorosa, insomma, il lavoro gli portava sempre un sacco di tempo e, quando non lavorava, trascorreva le sue giornate al Musain con gli altri. Per una frazione di secondo pensò che non gli sarebbe dispiaciuto conoscere una bella ragazza, una tipa tranquilla, innamorarsi, portarla al cinema…
Scosse la testa, consapevole che per un bel po’ ancora non avrebbe avuto alcun tempo da dedicare ad una fantomatica fidanzata, e tornò a concentrarsi sulle parole di Grantaire.
- Conosci Enjolras, esternare i suoi sentimenti lo terrifica. Non credo che si sarebbe mai permesso di darti speranze illusorie… - osservò, facendo appello a tutta la sua saggezza, ma specialmente a tutta la sua pazienza.
- Non disperare, vedrai che te lo dirà quando si sentirà pronto! – terminò con un grande sorriso.
Grantaire ricambiò con meno convinzione, ma per il momento si accontentò. Dopotutto erano le stesse parole che gli aveva dedicato Jehan quando, qualche giorno prima, avevano affrontato quell’argomento…
- Scusami, sto proprio diventando paranoico… - commentò con un ghigno amaro.
Feuilly fu abile a cambiare discorso, portando la conversazione sull’ultimo episodio di Supernatural che Courfeyrac gli aveva passato la settimana prima.
Il finale di stagione sarebbe uscito da lì a pochi giorni, e aveva un urgente bisogno di comunicare a qualcuno i suoi timori e le sue congetture. Inoltre aveva sentito dire che a Giugno ci sarebbe stato un mega raduno di fan di Doctor Who a Bastille ed era alla disperata ricerca di un’anima pia che lo accompagnasse: per quanto fosse una persona indipendente e bene organizzata, Feuilly odiava trascorrere il tempo libero da solo…
A quel punto, Grantaire aveva iniziato a sentirsi a disagio: non aveva mai avuto il coraggio di dirgli apertamente che a lui Doctor Who faceva proprio cagare; a suo avviso si salvava giusto l’episodio con Van Gogh, ma solo perché era Van Gogh…
Verso le due del pomeriggio i due amici si salutarono e l’incontro si concluse con un nulla di fatto: Feuilly non era di nuovo riuscito a trovare qualcuno che lo accompagnasse al raduno e Taire non aveva ottenuto nessun vero suggerimento in grado di sbloccare la situazione e togliergli quel fastidioso peso dal cuore.
Si rendeva conto di essere davvero esagerato, e sapeva perfettamente che, proprio come gli avevano detto Jehan e Feuilly, per Enjolras pronunciare le fatidiche parole era una vera impresa, tuttavia non riusciva a impedirsi di pensare che, se per il biondo manifestare il suo amore costituiva una tale fatica, forse il sentimento non era così profondo come lui avrebbe sperato.
Non che il suo Apollo fosse nei suoi confronti rigido e freddo, anzi! Quando voleva –e questa considerazione portò negli occhi dell’artista un guizzo malizioso- sapeva dimostrare tutto il suo ardore e la sua passione, ma la tenerezza… Quella era una cosa con cui Enjolras non riusciva proprio a relazionarsi.
Scosse la testa e tirò su col naso, l’infida allergia aveva alla fine colto anche lui…
Doveva smetterla. Quelle parole non dette non significavano niente.
Doveva dare fiducia ad Enjolras, e non forzarlo.
L’aveva detto lui, avrebbero fatto tutto con calma, e il suo ragazzo aveva bisogno di tempo.
Avrebbe dovuto avere ancora un po’ di pazienza, tutto qui…
Prima di tornare a casa si concesse una tranquilla passeggiata sul Lungosenna, alla ricerca di un po’ di ispirazione per i suoi lavori.
In facoltà stavano organizzando un’esposizione studentesca che si sarebbe tenuta a Luglio e lui, da bravo furbo, era riuscito a farsi incastrare. Adesso aveva poco più di quattro mesi di tempo per produrre dieci opere che rappresentassero la città, e non aveva assolutamente voglia di mettersi d’impegno.
Se non fosse stato per Jehan, l’unico a conoscenza della titanica impresa in cui era stato coinvolto, probabilmente non avrebbe nemmeno avuto idea di come, ma soprattutto da dove incominciare.
Il poeta gli aveva piazzato in mano un’edizione vecchia quanto il mondo dei Fleurs du Mal di Baudelaire aperta alla sezione “Tableaux Parisiens” e gli aveva sorriso radioso.
- Se non trovi ispirazione qui, non so dove altro potresti trovarla! – aveva esclamato, convinto di avergli offerto la soluzione a tutti i suoi problemi.
Grazie a Dio, in parte aveva avuto ragione, e Grantaire era riuscito a mettere insieme un vago progetto che potesse andare bene per l’esposizione.
Si era trovato così, sempre con l’aiuto di Prouvaire, a selezionare dieci poesie a cui abbinare le altrettante opere d’arte, a china, olio o acquerello. Finora ne aveva realizzate solamente tre e stava lavorando alla quarta, ma non era eccessivamente preoccupato. Dopotutto c’era ancora tempo…
Quel giorno il cielo era limpido e le prime rondini avevano iniziato a farsi vedere volteggiando grassocce e felici fra i rami degli alberi e i cartelloni pubblicitari.
Passando dal parvis di Notre Dame, come sempre affollato di turisti, si fermò una manciata di minuti ad osservare ammirato il lavoro degli artisti di strada, giocolieri, ballerini, musicisti e pittori all’opera per guadagnare qualche spicciolo.
Si ficcò una mano nelle profonde tasche dei pantaloni e ne cavò una manciata di euro che distribuì equamente fra i cappellini esposti.
Si sorprese a sorridere malinconico nel vedersi così, tranquillo e sereno mentre di fronte a lui giovani di ogni tipo davano il meglio per stupire i passanti.
Anche lui era stato uno di loro, un tempo. Anche lui aveva esposto un cappellino sudicio e sgualcito nella speranza di racimolare un po’ di denaro.
Ma era passato molto tempo, e a volte gli sembrava che quei giorni fossero solo il residuo di un incubo, sfumato e ovattato come quando alla mattina l’odore di caffè soffocava i rimasugli dei sogni più sbiaditi.
Tornò a casa in metropolitana, nonostante la bella giornata gli avrebbe concesso tranquillamente di rimanere all’aria aperta. Gli sarebbe piaciuto poter continuare la sua passeggiata, ma si era ripromesso di andare un po’ avanti con “Le Cygne”, la quarta tavola per l’esposizione, e più tardi sarebbe dovuto passare a fare la spesa, prima di andare a casa di Enjolras.
Fu così che, fra una pennellata e l’altra e il tempo di una doccia veloce, il sole prese a scendere quieto calandosi dai profili delle chiese che punteggiavano l’orizzonte, e Grantaire si ricordò che il Carrefour di Pigalle chiudeva alle sette e che se non si fosse sbrigato quella sera avrebbero tranquillamente potuto saltare pasto.
Quando arrivò a casa del suo Apollo, ormai, il tramonto stava lanciando i suoi ultimi bagliori prima di concedersi definitivamente agli abbracci della notte.
Infilò le chiavi nella toppa e annunciò il suo arrivo con un “sono a casa!” canzonatorio, sorridendo intenerito di fronte all’immagine del suo ragazzo sdraiato a faccia in giù sul tavolo in cucina.
Si avvicinò di soppiatto, poggiando le buste della spesa accanto al piano cottura.
Dormiva. Dormiva come un sasso.
Sotto le sue braccia incrociate se ne stava uno degli spessi e noiosi libri di scuola, accompagnato da una pila di fogli recanti schemi e appunti di varia natura.
Sapeva che prima o poi sarebbe crollato: fra l’allergia, gli esami e il matrimonio, nell’ultimo mese non aveva avuto un attimo di tregua.
Indeciso se svegliarlo o meno, rimase incantato ad osservare il suo viso sereno, le palpebre appena arrossate e le ciglia lunghe che sfioravano le guance. I riccioli biondi gli ricadevano morbidi sulla fronte e le labbra appena socchiuse ricordavano quelle degli angeli.
Grantaire sarebbe rimasto ad ammirarlo per sempre, ma improvvisamente le palpebre del giovane leader si sollevarono, mostrando un paio di stupiti e assonnati occhi azzurri.
- Ti prego, non dirmi che mi sono addormentato. – mugugnò, la voce ancora impastata dal sonno.
In tutta risposta l’artista andò a posare delicatamente le labbra sulle sue, svegliandolo una volta per tutte.
- Com’è andata oggi? – gli chiese invece, cercando di trattenere le risate di fronte alla sua espressione afflitta nel rendersi conto che sì, si era effettvamente addormentato sui libri.
Enjolras si strofinò gli occhi e si passò una mano fra i capelli, scuotendo la testa per scacciare il sonno.
- Come al solito. Pontmercy non da segni di guarigione, Eponine è scappata con Cosette prima che potesse esplodere e Courfeyrac non è d’aiuto. L’unico che si salva è Prouvaire. – esalò, impilando i suoi fogli e portando i libri in camera da letto, dove li abbandonò con un tonfo sulla scrivania.
-  Spero che la tua giornata sia stata migliore… Come sta Feuilly? – domandò poi, sperando di ricevere un resoconto più allegro della sua giornata.
Grantaire rise e incominciò a preparare la cena.
- Ha di nuovo cercato di invitarmi a uno di quei suoi raduni. – incominciò, il ghigno che si apriva sempre di più sul suo volto nel notare come Enjolras avesse fatto roteare gli occhi.
- Capirà mai che quel telefilm non piace a nessuno? –
Enjolras era stato l’unico, nel corso degli anni, che avesse osato accompagnare Feuilly ad un raduno di appassionati di Doctor Who. Dopotutto era un suo amico, e abbandonarlo gli sembrava una cosa oltremodo maleducata.
Quando però si era trovato a tu per tu con decine e decine di strani individui vestiti in modi improbabili ed era stato quasi attaccato da una ragazza che brandiva una sorta di cacciavite spaziale o come diamine si chiamava, aveva solennemente giurato a se stesso che non si sarebbe mai più fatto trascinare in una simile follia.
Grantaire si strinse nelle spalle.
- C’è chi ama Doctor Who, c’è chi ama la Francia… - buttò lì, pronto ad incassare l’occhiataccia del biondo.
Quello tentò di incenerirlo con lo sguardo, ma un poderoso starnuto lo colse a metà dell’impresa, rendendo la sue espressione dannatamente ridicola.
- Ti odio… - mugolò, mentre il suo ragazzo sghignazzava senza ritegno.
Dopo cena, troppo stanchi anche solo per pensare, si arenarono sul divano a guardare la tv. Fecero zapping per una mezz’ora buona, alla ricerca di qualcosa di passabile, poi Enjolras individuò un documentario su France Libre e non ci fu più verso di cambiare canale.
Solo quando si risvegliarono entrambi verso le due di notte, convennero che forse era giunto il momento di abbandonare il divano e spostarsi in camera da letto, dove pile di pacchetti di fazzoletti e scatole vuote di cerottini nasali spacciati da Joly li attendevano abbarbicati ai comodini.
Senza accennare a ridestrasi dal loro stato comatoso, quindi, scivolarono sotto le coperte e crollarono nuovamente, abbracciati l’uno all’altro alla ricerca di un po’ di calore.
Il mattino dopo, quando Grantaire si svegliò solleticato da un fastidiosissimo raggio di sole, la parte di letto accanto a lui era vuota.
Lanciò un’occhiata alla radiosveglia rigorosamente rossa pogiata sul comodino di Enjolras e sospirò: erano le nove, forse era il caso di alzarsi.
Infilò una maglietta a casaccio emersa dal suo cassetto e, ancora in boxer, apparve in cucina strascicando i piedi.
Enjolras se ne stava seduto a tavola, un’espressione accigliata e il tablet stretto fra le mani.
- Buongiorno, Apollo… - gli sussurrò all’orecchio abbracciandolo da dietro.
Il ragazzo voltò il capo quel tanto che bastava per posargli un leggero bacio a fior di labbra.
- Buono fino a un certo punto. Altri tagli all’istruzione… - commentò indicando la pagina web del giornale caricata sul suo tablet.
L’artista sbirciò da oltre la sua spalla e lesse rapidamente l’occhiello.
Storse il naso e fece spallucce.
- Lo sai come funziona, a quelli non frega niente delle nuove generazioni. E’ sempre stato così, l’ignoranza del popolo è la loro ricchezza. Ma tanto c’è poco da fare… -
Enjolras si alzò in piedi scuotendo la testa con veemenza e andò a controllare la caffettiera che aveva messo sul fuoco per Grantaire.
- Ci sarà sempre poco da fare finchè la gente non scenderà in piazza a pretendere ciò che le spetta di diritto! Bisogna che il popolo si renda conto del suo potenziale, bisogna che le persone trovino la forza di guardare oltre alle menzogne del Governo! – si infiammò, interrompendo il suo monologo subito dopo.
- Ah, ma che te lo dico a fare… - si arrese, sedendosi di fronte a lui.
- Intanto non cederai mai, tu. Non c’è modo di farti credere in qualcosa… - lo rimproverò lievemente, una nota di amarezza appena accennata nella voce.
Lo scettico sorrise e si versò il caffè in una tazzina, tornando a tavola e sbocconcellando un biscotto al cioccolato.
- Io credo in te, Apollo. – cantilenò come ogni mattina, come ogni giorno, come ogni singolo istante nella loro quotidianità.
Enjolras alzò gli occhi al cielo e si diresse verso il lavandino con l’intenzione di lavare la tazzina in cui aveva consumato il suo cappuccino.
Probabilmente il suo intento era stato quello di apparire seccato, ma Grantaire era riuscito a scorgere l’ombra di un sorriso sulle sue labbra: sapeva che, anche se non ne avrebbe mai colto appieno il significato, Enjolras era felice di sentirsi rivolgere quelle parole.
Seguirono alcuni momenti di religioso silenzio, interrotto solamente dal rumore dell’acqua che cadeva sulle stoviglie e dallo strofinio della spugnetta contro il bordo della tazza.
Era strana, la loro relazione.
Per certi versi non era cambiato nulla rispetto a quando ancora dovevano partire per Firenze.
Spesso non si capivano, e il fatto che adesso facessero coppia fissa non impediva loro di battibeccare in continuazione sui soliti argomenti. In più, Grantaire non aveva perso il vizio né il gusto di infastidire il suo Leader, punzecchiandolo ogniqualvolta se ne presentasse l’occasione.
Enjolras, dal canto suo, non aveva affatto sviluppato il suo scarso senso dell’umorismo, e impiegava sempre un’eternità per capire che dietro alle frecciatine del compagno si celavano in realtà semplici ed innocenti scherzetti.
Eppure, così diversi e dannatamente incompatibili, contro ogni previsione, avevano dimostrato di funzionare.
Erano agli antipodi, sì, ma si completavano. Si rispettavano. Si amavano.
E davvero non serviva altro.
- Grantaire? – lo chiamò Enjolras senza tuttavia interrompere quello che stavva facendo, giusto per essere sicuro di aver attirato la sua attenzione.
- Mh? – replicò quello, intento a sorseggiare quel che restava del suo caffè.
Fu rapido, semplice, indolore.
Così spontaneo, così naturale, che quasi passò inosservato.
- Ti amo. –
Grantaire annuì distrattamente, poi, in un secondo momento, recepì davvero il senso della frase.
Successe tutto nell’arco di un secondo: strabuzzò gli occhi, la gola gli si chiuse, il caffè gli andò di traverso.
Prese a tossire senza ritengno, sputando la colazione sul tavolo per non soffocare.
Enjolras, spaventato, si voltò di scatto e corse al suo capezzale, battendogli un paio di pacche sulla schiena.
- Hey, tutto bene?! – domandò, preoccupato.
Il ragazzo attese di essere tornato ad un colorito normale e ad una respirazione regolare, poi, sempre ad occhi sgranati, tentò di dargli una risposta.
- L’hai detto davvero? – domandò.
Enjolras aggrottò le sopracciglia.
- Come, scusa? –
- L’hai detto davvero o me lo sono sognato? Che cosa hai detto? – incalzò, ben deciso a capire se ormai aveva completamente perso il cervello o se quella non era stata un allucinazione e Enjolras aveva seriamente pronunicato le fatidiche parole.
- Ho… ho detto che ti amo… - balbettò, arrossendo appena di fronte all’obbligo di ripetere.
Il volto di Grantaire si trasfigurò.
Le labbra si tesero in uno dei suoi sorrisi più belli, gli occhi azzurri sempre così cupi erano ora più luminosi di un cielo d’estate.
Senza proferire parola, gettò le braccia al collo del suo ragazzo, con il solo risultato di piombare entrambi per terra.
- Grantaire, ma cosa diamine?! – esclamò Enjolras, sconvolto da quella reazione.
- Dio, Apollo, credevo che… Ah, oggi è una giornata bellissima! Ti amo, ti amo anche io, Apollo! Ti amo tantissimo! –
Il rivoluzionario divenne di un adorabile rosso accesso; questa volta fu il suo turno di sgranare gli occhi.
- Taire, ti… ti prego, non è il caso di… - ma commise il terribile errore di guardarlo in viso, e la gioia che riuscì a scorgervi lo fece arrossire ancora di più.
- Cos’è, non te l’avevo mai detto, forse? – tentò di scherzare, spiazzato da quella reazione.
Grantaire lo lasciò andare e si sedette sul pavimento, di fronte a lui.
- In effetti no… - commentò candidamente, il sorriso che non accennava ad andarsene.
Enjolras si fece serio di colpo, per poi assumere l’espressione stupita di un bambino che si rende conto di essersi dimenticato di una qualche festa importante.
- Davvero? – domandò, nel tono una sfumatura infantile che fece completamente impazzire Grantaire.
Quanto era stato stupido, quanto era stato paranoico. Come aveva potuto pensare anche per un solo momento che il suo Apollo avrebbe potuto lasciarlo?
Ah, Dio, quanto era bello, con gli occhi spalancati di stupore e la testa appena inclinata…
Senza pensare, lo prese per la nuca e avvicinò le labbra alle sue, in un bacio tutto fuorchè inibito.
- Davvero. – commentò con un ghignetto malizioso.
- Ma c’è sempre tempo per recuperare…. –
Enjolras non se lo fece ripetere due volte, appropriandosi delle sue labbra e infilandogli le mani sotto la maglietta, come se non avesse atteso altro per tutta la mattina.
Sorrise contro il respiro di Grantaire, scuotendo la testa divertito.
- Ti amo… - sussurrò di nuovo, nella sua voce un desiderio che li indusse ad abbandonare la cucina sposatandosi in camera, dove il letto ancora sfatto li accolse nel silenzio del sabato mattina.
E, presi com’erano dalla potenza del loro sentimento, dalla gioia di quella riscoperta, da quel turbinio di emozioni che non sembrava volergli dare tregua, non si accorsero nemmeno che in cucina avevano lasciato il rubinetto aperto...
 









 
Note:

Chissà perchè sento la mia vita in pericolo...

Salve a tutti! Inizio col dire che sono un pessimo essere umano -ormai sto iniziando ad essere ripetitiva, vero?-
Potrei addurre la scusa degli esami, o del lavoro, o di altri tre miliardi di cose, ma sarebbero tutte balle.
La vera verità(?) è che ho scoperto di soffrire della temibile Sindrome dei Tre Quarti: tutte le volte che raggiungo i tre quarti di una storia cado in crisi di ispirazione e non riesco a proseguire.
Sembrerà un'immensa bugia, ma mi era già successo con TAUM, e se anche questa volta non ci fosse stata Ame a rompermi i coglioni ricordarmi con adorabile solerzia i miei compiti, a quest'ora sarei ancora a fissare il foglio bianco di Word lamentandomi della vita.
Ma ora basta giustificazioni e passiamop al capitolo!
Boh, provo un'immensa pena poer Feuilly, piccino.
Perchè nessuno lo vuole mai accompagnare ai raduni?! Ma non disperate, per lui abbiamo in mente un futuro radioso e... Okay, è già considerato spoiler, sto zitta... xD
Ma Grantaire, oh, Grantaire, piccolo complessato...
Se ve lo state chiedendo no, non smetterà mai di farsi le paranoie riguardo alla sua relazione con Enjolras. Ma come dargli torto, in sette mesi mai un misero "ti amo"...
Il problema è che il nostro Leader è stordito, ecco cosa. Ma ve la immagionate la loro faccia da cuccioli mentre se ne stanno spalmati sul pavimento? Boh, basta, sto fangirlando troppo.
Bene, direi che per questo giro ho già sproloquiato a sufficienza... 
Il prossimo capitolo -per il quale a questo punto non mi azzardo a dare una data di pubblicazione ufficiale xD- sarà il capitolo conclusivo di Step by Step, ma non disperate! 
Le avventure degli Amis non finiscono certo qui! Abbiamo in mente per loro moooolte altre avventure! <3

Ps: per il prossimo capitolo vi consigliamo di dare una letta a Place de la Bastille, che abbiamo pubblicato qualche tempo fa: vi godrete molto meglio il finale! :D

Come sempre un grazie infinito a chi legge/recensisce/preferisce/segue/blabla...
Siete delle persone bellissime e vi amiamo e me ne frego se siamo ripetitive, non smetteremo mai di dirvelo! <3 

Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori
  
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