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Autore: Black Beauty    20/05/2014    13 recensioni
Questa storia partecipa al contest “E SE... [RELOADED]”, indetto da TheHeartIsALonelyHunter sul Forum di EFP e si classifica terza.
E se... Hermione fosse morta quel fatidico giorno a Malfoy Manor, mentre lei, Harry e Ron erano ancora a caccia di Horcrux?
Cosa sarebbe successo?
Già, perché questa volta non ci sarà nessun intrepido Draco Malfoy a difenderla.
Genere: Angst, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Dobby, Famiglia Malfoy, Hermione Granger
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Pezzo per pezzo
Questa storia partecipa al contest “E SE… [RELOADED]”, indetto da TheHeartIsALonelyHunter sul Forum di EFP e si classifica terza.


TITOLO: Pezzo per pezzo
AUTRICE: Black Beauty (EFP) – Bella Black (Forum di EFP)
RATING: Arancione
PACCHETTO SCELTO: Pacchetto n°8. Cosa sarebbe successo se… Hermione fosse morta? Obbligo: Villa Malfoy. Divieto: DracoHermione. Suggerimenti: Considerato che proprio a Villa Malfoy la nostra Grifondoro stava per morire torturata da Bellatrix Lestrange, mi sembrano chiare le cause della sua morte. Ma potete anche discostarvi da questa idea e creare una vostra teoria su come sia morta.
GENERE: Angst, Azione
PERSONAGGI: Hermione Granger, Bellatrix Lestrange, Famiglia Malfoy, Dobby, Ronald Weasley e Harry Potter


Pezzo per pezzo


Dolore. Molto dolore. Questo è ciò che provava Hermione, distesa sul freddo pavimento di marmo del salone di Villa Malfoy.
Aveva la mente annebbiata, i pensieri si accavallavano come mai prima d’allora. La paura l’attanagliava. Era sola, adesso. Harry e Ron non avrebbero potuto aiutarla. Era completamente indifesa, buttata sulle piastrelle scure del freddo pavimento di marmo della grande e tetra villa.
Bellatrix le camminava intorno, il rumore dei suoi tacchi che battevano contro il marmo risuonava ritmicamente tutt’intorno. Era inquietante, freddo e inquietante. La Mangiamorte corvina le urlava contro qualcosa, ma Hermione non riusciva a collegare bene. I ricordi degli ultimi venti minuti prevalevano su tutti gli altri pensieri e la sua mente pareva in balia di un uragano.

I Ghermidori li avevano portati a Malfoy Manor.
Era la fine: avevano riconosciuto Harry. Camminavano sul vialone principale, la villa era tetra, buia. Come si poteva vivere in un posto del genere? Che infanzia doveva aver avuto Draco? Ripensò alla sua meravigliosa infanzia babbana, ai suoi genitori, che adesso non l’avrebbero manco riconosciuta, alla sua prima volta in bici, alle sue feste di compleanno, alla sua casa, alle sue vacanze, al suo mondo. Per un secondo si sentì estranea al Mondo Magico, durò solo un secondo, certo, ma ci fu. Era forse questo che intendevano i Purosangue con “Il Mondo Magico non appartiene a coloro che non possiedono la vera magia, coloro che non hanno il sangue puro”? Era forse questo che intendevano, il Mondo della Magia era davvero solo di pochi, delle persone che c’erano nate, che lo conoscevano?
Si riscosse: certo che no! La magia era una parte di lei, della sua persona, non sarebbe stata Hermione Granger senza di essa. La magia era di chi l’amava.
Ormai erano arrivati. Si fermarono davanti a un imponente cancello di ferro battuto e videro una figura avvicinarsi: anche nella foschia e nell’oscurità, si poteva distinguere che era di una donna. Ma chi, chi era?
La donna si avvicinò ancora di più ed Hermione ebbe un sussulto. Come dimenticarsela? Come dimenticarsi quel volto, quel corpo, quello sguardo. Bellatrix.
La strega si avvicinò ulteriormente. «Chiamate Draco» sussurrò e la sua voce mandò brividi lungo le spine dorsali di tutti i presenti. Anche i Ghermidori avevano paura di lei.
«Draco! Identifica il ragazzo!»
Malfoy, il ragazzo con cui tante volte aveva litigato, sembrava combattuto. Perché?
«Draco» lui alzò lo sguardo verso la zia. «Draco, caro. Se noi chiamiamo l’Oscuro Signore e questo qui non è Potter, Lui ci ucciderà tutti» squittì Bellatrix, come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Vide Draco sbiancare maggiormente. Doveva fare qualcosa. Ma cosa?
Erano nel salone di Villa Malfoy, circondati da Mangiamorte e maghi oscuri, Bellatrix aveva in pugno Harry, lo teneva stretto con una mano affondata nei suoi capelli. Cosa poteva fare?
«Come si è ridotto così?»
Già, come? Era stata lei. Lei lo aveva colpito, poco prima di essere presi. La Mangiamorte lo aveva capito subito.
«Sei stata tu, ragazzina? Beccata!» aveva riso in maniera folle e si era girata giusto in tempo per notare la spada di Grifondoro. «E quella dove l’avete presa?» aveva sussurrato; nel suo tono erano presenti varie emozioni. Troppe per essere identificate tutte, ma Hermione riuscì a distinguere paura, orrore, sgomento e incertezza.
Li aveva cacciati via brutalmente, i Ghermidori. Almeno qualcosa di buono l’aveva fatto.
Poi aveva intimato alla sorella di rinchiudere Harry e Ron nel sotterraneo. Infine, si era rivolta a le: quello era stato l’inizio della fine.
«Crucio!» quella parola le rimbombava in testa, tante volte l’aveva ripetuta negli ultimi venti minuti.
Ormai non prestava neanche più attenzione alle parole della donna. Sapeva che non sarebbe riuscita a scampare al suo destino: sarebbe stata uccisa nella maniera più brutale possibile e non voleva neanche sapere quale fosse.
Dov’era finita la Hermione saccente e puntigliosa? La bambina con i capelli a cespuglio che stava ore china sui libri? Dov’era ora la coraggiosa Grifondoro?
Non lo sapeva. Quella donna riusciva ad abbattere tutte le sue difese.

«ALLORA?!» un urlo più forte la riscosse. La donna si stava avvicinando. «Vuoi dirmelo sì o no?»
-Io n… non so nien… te» riuscì a sputare fuori Hermione.
«Ah sì? Vuol dire che passerò alle maniere forti!»
Fino ad adesso che cosa hai fatto?

«T-ti prego, no…»
«No? Allora dimmelo! Come siete entrati nella mia camera blindata!? COS’ALTRO AVETE RUBATO DALLA MIA CAMERA BLINDATA?!»
«N-noi n… non…»
«Sì, sì, lo so: “Noi non siamo entrati, non abbiamo fatto nulla!”» le fece il verso Bellatrix con una vocina stridula, carica di disprezzo.
«Te lo giuro!»
«Sai cosa me ne importa del tuo giuramento, feccia?!»
Sentì Bellatrix che armeggiava con il suo vestito. Cosa sta facendo?
Poi, sentì un corpo caldo premuto contro il suo. Ma che diamine…?
«Bella… Bellatrix?»
«Sì?» la donna pareva sadicamente divertita. «Vuoi dire qualcosa, sudicia Sanguesporco?»
«Che c-cosa, cosa stai fa-facendo?» la voce le tremava ancor di più mentre i capelli della Mangiamorte le coprivano la visuale. Respirando, poteva sentire il suo profumo.
La donna sapeva di rosa. Non se lo sarebbe mai aspettato.

Sua madre, Jane, stava facendo giardinaggio, uno dei suoi hobby preferiti.
Il giardino di casa Granger era meraviglioso, il più bello del quartiere. I cespugli di rosa erano tantissimi e sua madre stava giusto aggiungendo un’altra pianta alla sua collezione.
Era una pianta di splendide rose rosse.
«Ti piacciono, Hermione?»
«Sì, ma preferisco le altre» indicò un arbusto di profumatissime rose bianche dai bordi rosati.
Sua madre rise. Il suono della sua voce era carezzevole e dolce.
«Lo sai ogni varietà di rosa ha un profumo diverso?»
«Davvero?»
«Sì. Alcune hanno un odore molto forte, prepotente, che s’impone sulle altre con violenza. Quelle sono per lo più rose rosse»
Hermione provò ad annusare i due tipi di rose diverse: quelle rosse e quelle bianche con i bordi rosati; effettivamente le prime avevano un odore che restava più impresso, quasi indelebile.
«Hai ragione…»

Hermione tornò bruscamente alla realtà. Era sicura che l’odore di Bellatrix fosse quello di una rosa rossa.
«Perché? Cosa c’è?»
«S-sei… Insomma...»
«Sono? No, non sono lesbica e per tua informazione sono ancora vestita» la sfumatura della sua voce aveva raggiunto una tonalità sadica. «Con te voglio fare altre cose…» le sussurrò all’orecchio con un tono che molti avrebbero trovato seducente. Hermione cominciò a trattenere il respiro. Solo quando iniziò a pensare che Bellatrix volesse semplicemente strusciarsi contro di lei sentì un dolore acuto al braccio.
Era peggio di una maledizione Cruciatus, era orrendo.
Hermione urlò con tutta sé stessa il suo dolore. Non riusciva a respirare, il mondo le girava vorticosamente intorno. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era che le faceva malissimo il braccio che Bellatrix stava incidendo.
Il tutto sembrò durare anni, ma ogni volta che Hermione stava svenendo, la donna la riportava bruscamente alla realtà con un sonoro ceffone sul viso.
Finalmente la tortura finì. La ragazza aveva pianto e urlato fino allo stremo. Lacrime bollenti le solcavano le guance mentre implorava Bellatrix di avere pietà. La donna rideva. Rideva sadicamente, era l’ultima persona a cui si doveva chiedere pietà.
Quando la Mangiamorte finalmente si alzò, Hermione poté leggere la scritta sul suo braccio: Sanguesporco. Un marchio indelebile, che si sarebbe portata avanti a vita.
«Perché?!» riuscì solo a singhiozzare, disperata.
«Perché?» ripeté Bellatrix. «Perché è ciò che sei, ecco perché!»
«Sì, ma n-non l’ho scelto i-io»
Bellatrix la guardò, quasi divertita: «Che peccato, no? CRUCIO!»
Hermione non poté fare altro che urlare, cercando almeno di coprire con il rumore le risate della sua carceriera. «Per… perché non mi cre-credi?»
«Perché è ovvio che stai mentendo» le rispose, spazientita. Era ovvio che non voleva dare spiegazioni ad una “sudicia Sanguesporco”.
«Portatemi il folletto!»

Unci-Unci se l’era cavata solo con un taglio e uno sputo in faccia; ormai ad Hermione faceva male solo pensare di respirare.
Ad un tratto Bellatrix pronunciò una frase che le fece gelare il sangue nelle vene: «Ringraziami, folletto. Te la sei cavata. Stesso non si potrà dire per questa qui» le sputò in faccia.
«Non la toccare, brutta bastarda!» Hermione sentì il cuore riempirsi di gioia: Harry e Ron erano salvi.
Subito iniziò una feroce battaglia fra i Malfoy e i suoi amici. Ron aveva disarmato Bellatrix, ma ora stava lottando contro sua sorella. Harry era contro Draco e Lucius aveva precedentemente perso la bacchetta, non potendo così combattere. Di sicuro Bellatrix non si aspettava che i suoi amici fuggissero e ancor di più di essere disarmata. Quindi tirò fuori un pugnale dalla sottile lama argentata e lo premette sulla gola della Grifondoro, urlando: «Basta! Fermi tutti!»
Harry e Ronald si fermarono subito, così come i parenti della strega. «Giù le bacchette! Abbassate le bacchette!»
I due ragazzi non sembravano molto disposti a volerlo fare, così la Mangiamorte premette maggiormente il pugnale nella gola di Hermione, lasciando una lieve scia rossa. Questo bastò a far cadere di mano ai ragazzi le armi, subito raccolte da Draco.
«Chiamate l’Oscuro Signore»
Lucius si sollevò la manica della giacca. Era la fine. Sarebbero morti tutti. Hermione guardò in alto, rivolgendo un pensiero affettuoso ai suoi genitori. Proprio allora vide una cosa che fece riaccendere la fiamma della speranza nel suo cuore. Subito dopo in fatti si sentì un rumore cigolante, come di viti che vengono tolte e gettate via. Bellatrix aveva il suo stesso sguardo confuso, ma poi vide Dobby svitare l’ultima vite che teneva il grande lampadario di cristallo appeso al soffitto.
Subito dopo il lampadario iniziò a precipitare e le avrebbe colpite entrambe se Bellatrix non si fosse spostata in fretta… portandosi dietro la ragazza. Le due caddero all’indietro, atterrando, doloranti, l’una sopra l’altra.
La Mangiamorte era imbestialita. Scrollandosi Hermione di dosso violentemente, strillò: «Stupido elfo! Potevi uccidermi!»
«Oh, ma Dobby non voleva ucciderla. Dobby voleva solo mutilare, o ferire gravemente…» Anche se non sembrava che il piano dell’elfo fosse andato a buon fine: Hermione era accasciata contro una colonna, con la miglior luogotenente del Signore Oscuro davanti, dolorante e sfiancata dalle continue torture della suddetta Mangiamorte e per di più adesso era divisa dagli amici anche da miliardi di schegge di vetro sul pavimento e dallo scheletro di un lampadario.
Narcissa Malfoy alzò la bacchetta, ma prima di poter anche solo pensare ad un incantesimo, Dobby la disarmò. A quel punto la Mangiamorte corvina non ci vide più: «Come osi togliere la bacchetta ad una strega?! COME OSI SFIDARE I TUOI PADRONI?!»
Ma l’ex-elfo domestico, proclamò con voce solenne: «Dobby non ha nessun padrone! Dobby è un elfo libero! E Dobby è venuto a salvare Harry Potter!» e fece per smaterializzarsi.
Tutto accadde in rapida successione: Ron e Harry si girarono verso la loro amica e il rosso urlò: «Hermione!» Lei, per tutta risposta, incrociò lo sguardo al suo, una promessa scritta negli occhi: Ti amo, Ron. Ti amo e ti amerò per sempre ma ora…
«…andate» rantolò, con quel poco di voce che riusciva a racimolare.
Intanto, Bella tirò fuori il pugnale, scagliandolo contro il gruppo che Dobby smaterializzò, prontamente via.
L’ultima cosa che sentirono fu l’urlo di rabbia di una sconfitta Bellatrix Lestrange.

Riapparvero sulla spiaggia antistante Villa Conchiglia.
«Hermione!» urlò Ron, disperato. «Harry, no! Dobbiamo tornare indietro, non possiamo lasciarla lì, nelle mani di quella pazza!»
Il vento gelido sferzava i visi dei due ragazzi, asciugando le lacrime bollenti che solcavano il viso del rosso, ma che venivano continuamente sostituite da altre.
«Dobby, devi…» ma la voce gli morì in gola, vedendo le condizioni del loro piccolo amico.
«Dobby!» urlò Harry, correndo a soccorrerlo.
Ma purtroppo non c’era nulla da fare. Il pugnale della Lestrange lo aveva colpito proprio al cuore.
«Dobby è felice… è un bel posto… stare con gli amici…»
Ormai i due erano disperati, non solo Hermione era ancora in quella maledetta casa, ma adesso anche Dobby se n’era andato. Per sempre.
Bill e Fleur uscirono dalla casa in quel momento insieme a Luna. «Non vi preoccupate» Il fratello di Ron provò ad infondere loro coraggio. «Non la uccideranno subito, vorranno avere delle informazioni, prima. E noi la salveremo»
Quella fu una nottata d’inferno per tutti.

A Malfoy Manor le cose non andavano tanto meglio.
«Mio Signore, vi prego, dovete credermi, non è stata colpa nostra!»
Appena Voldemort era tornato e aveva appreso l’accaduto, ovvero il fatto che il Prescelto gli era sfuggito di mano un’altra volta, era scoppiato il finimondo. Poco importava se avevano preso la ragazzina, lui era fuggito e questo non andava bene. Proprio per niente.
Codaliscia era stato trovato morto nelle segrete, strangolato dalla sua stessa mano per aver risparmiato Harry Potter.
La tortura dei Malfoy si era protratta per molto tempo. Quando erano usciti dalla stanza, non si reggevano neanche in piedi a causa delle dolorose e numerose maledizioni Cruciatus.
Lucius, poi, era quello in condizioni peggiori: boccheggiava e annaspava di continuo, senza riuscire a formulare una frase coerente. Draco era quasi morto di paura e dolore, era chiuso in camera sua, angosciato e mal ridotto. Narcissa, invece, era quella a cui, tutto sommato, era andata meglio, avendo subito un numero di maledizioni minore rispetto a quello degli uomini, ma lei era divorata dalla preoccupazione. Per il figlio, il marito e soprattutto, la sorella.
La punizione di Bellatrix era stata di gran lunga la peggiore.
Quando finalmente anche Bella fu uscita, o meglio sbattuta, fuori dalla stanza, nella grande Villa tornò il silenzio. La strega non vedeva l’ora di lasciarsi cadere sul suo letto, avrebbe pensato l’indomani a quella sudicia Mezzosangue rinchiusa nei sotterranei.

Hermione era rinchiusa nelle segrete di Casa Malfoy da almeno dodici ore. Nessuno, in quell’arco di tempo, era venuto a darle da mangiare o da bere e alla ragazza faceva troppo male tutto, per solo pensare di muoversi.
La sua cella era piccola e fetida, un odore tremendo impregnava le pareti e si appiccicava addosso a tutto. La ragazza aveva provato a dormire, invano, poiché ogni volta che chiudeva gli occhi faceva un incubo, di solito molto doloroso, che la faceva svegliare di soprassalto. Ma dall’altro lato, era stanchissima…
Ad un tratto, la porta della sua cella si aprì cigolando. Hermione non alzò la testa per vedere chi fosse. Lo sapeva già. Quel rumore di tacchi sul pavimento era inconfondibile, quella camminata troppo orribilmente familiare per dimenticarla, soprattutto dopo così tante torture subite. Bellatrix Black in Lestrange.
«Sudicia Sanguesporco» sussurrò la donna, con un tono che non lasciava presagire nulla di buono. «Sai cos’è successo ieri sera? Per colpa dei tuoi amichetti io sono stata brutalmente torturata, procurandomi molte ferite come questa!» mentre diceva questo, si tirò su la manica destra, mostrando un taglio molto profondo che le solcava il braccio. «Sono arrabbiata» concluse, cinguettando le ultime parole in tono sadico.
«Ti prego n… no! L-lo sai c-che io no… non so nu-nulla»
«Io invece credo che tu sappia molto. Più di quanto dovresti, in realtà» detto ciò tirò fuori la bacchetta: «Cru…»
«NO!» la Grifondoro non sapeva da dove aveva tirato fuori quel coraggio e quella lucidità. Sapeva soltanto che non voleva essere torturata di nuovo. «T-ti dico che non so nu-nulla e… e… te lo posso dimostrare!»
«Ah, sì?» Ora la donna pareva incuriosita «E come, sentiamo?»
«Verita… Veritaserum» riuscì solo a rantolare Hermione, prima di svenire.

Veritaserum. Ma certo! Come diavolo ho fatto a non pensarci prima? Cosa diceva il mio libro di testo, quando ero ragazza? “Tre gocce di Veritaserum e anche il mago più potente al mondo sputerà fuori i suoi segreti più profondi e nascosti” o qualcosa del genere.

Bellatrix era rimasta come folgorata e incominciava a capire come mai la ragazzina fosse la strega più brillante della sua età.
In un battibaleno era corsa nel laboratorio di pozioni, rubando una fialetta di liquido trasparente.
Ma, mentre ritornava nelle celle, un pensiero si fece prepotentemente strada nella sua mente. Perché limitarsi a controllare se avessero rubato la spada e la coppa? Perché non approfittarne per chiederle anche qualcos’altro?
«Innerva!»
Hermione riacquistò lentamente i sensi, ma prima che potesse anche solo realizzare dove si trovasse, sentì una sostanza liquida farsi strada nella gola e la mente farsi improvvisamente leggera. Sentì, inoltre, un grosso bisogno di dire la verità.
«Ragazzina, cosa avete rubato tu e i tuoi amichetti dalla mia camera blindata alla Gringott?»
Hermione le rispose con voce atona: «Non abbiamo rubato nulla»
La Mangiamorte sembrò sorpresa. Allora diceva la verità…
Poi, gli occhi le brillarono di malizia: «Dimmi cosa sai dell’Ordine della Fenice. Membri, spostamenti, informazioni, basi… tutto. Voglio sapere tutto».

A Villa Conchiglia, Fleur aveva cucinato il pollo, ma nessuno sembrava avere fame. Harry, Luna e persino Ronald avevano lo stomaco serrato dalla preoccupazione.
In più, la caccia agli Horcux non era ancora conclusa e senza la loro amica non sarebbero riusciti ad andare da nessuna parte.
Come se non bastasse, quella mattina, Harry aveva avvertito tramite la cicatrice che Voldemort era stranamente felice, quasi quanto era stato arrabbiato la sera precedente.
Ad un certo punto, sentirono un verso acuto e videro un grosso gufo nero planare verso di loro.
«Non mi sembra il gufo di nessuno dei membri dell’Ordine. Ragazzi, state attenti» Bill si era alzato, con la bacchetta in mano e aveva aperto la finestra al gufo che aveva gettato con noncuranza e anche una buona dose di superiorità, cosa abbastanza strana per un volatile, un pacchettino con una lettera allegata sul davanzale.
«Ragazzi, può sembrare strano, ma a me quel gufo ricordava quello di Draco Malfoy» disse Luna, con la sua solita voce ariosa.
«Non dire sciocchezze, Luna. Come fanno a sapere dove ci troviamo?» Ron era ancora più nervoso del solito.
«Hermione lo sapeva…»
«Cosa vorresti dire?!» ruggì il rosso, scattando in piedi.
«Fratellino, calmati. Non sappiamo di chi sia il gufo, quindi non agitarti» Bill aveva appena finito di fare degli incantesimi di accertamento. La busta, così come il pacchetto, era priva di ogni tipo di maledizione o fattura. Ora, tutti la stavano guardando in apprensione.
«Beh, forza, apriamolo» disse il moro e fece per prendere la scatolina.
«Non sarebbe meglio aprire prima la lettera?» chiese Luna, ma nessuno sembrò ascoltarla.
Perciò Harry e Ron aprirono il pacchetto, facendolo cadere in terra un secondo dopo, trattenendo i conati di vomito.
«M-ma quello è…» balbettò il Prescelto, esterrefatto.
«Un dito!» concluse l’amico, sotto gli occhi sconvolti di tutti.
Fleur aprì la lettera e lesse ad alta voce, con il suo solito accento francese:


Per niente cari membri dell’Ordine della Fenice, scrivo per informarvi che la vostra amichetta non ci serve più.
Ve la restituiremo, dunque. Pezzo per pezzo.
Bellatrix Lestrange.

   
 
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