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Autore: payneintegrale    20/05/2014    1 recensioni
Ciao a tutti! Questa è la prima ff che pubblico qui, spero vi piaccia!
Non so esattamente cosa scrivere come descrizione, quindi boh... è una fan fiction stile dark, solo un pochino meno spinta.
Per qualunque cosa, scrivetemi :)
Buona lettura
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo uno "chiusi in panetteria"



Le troppe mattonelle rosse davano quasi fastidio allo sguardo, ma comunque non potevo lamentarmi, perché almeno c'era l'aria condizionata e quasi nessuno per strada a far rumore.
Era un'altra solita e monotona giornata di estate a Holmes Chapel, c'era un sole che, come si suol dire, spaccava le pietre, e io ero in panetteria a lavorare. 
Ormai ero così abituata al profumo di quel luogo, che quasi non ci facevo più caso.
Tenevo i capelli raccolti in una crocchia per stare più fresca, e indossavo il grembiule obbligatorio per noi di servizio.
Quel giorno avevo il turno insieme a Margherita, per me Mag o Maggie, la mia coinquilina e amica, una ragazza tranquilla con cui avevo legato benissimo.
"Maggie, vai te oggi a fare la spesa?" le domandai mentre servivo un cliente.
"Va bene, tanto finisco anche prima"
Passare la giornata a distribuire pane e focacce non era proprio il massimo, ma c'è chi sicuramente stava peggio.
Era il turno di una ragazza, stava per scegliere cosa prendere, quando i campanelli della porta suonarono. Era una cosa normale, per cui non mi preoccupai di guardare chi fosse, al contrario della ragazza, che invece si voltò, e poco dopo si immobilizzò esterrefatta
Alzai lo sguardo con noncuranza, e vidi un ragazzo fare il suo ingresso.
Aveva i capelli castani e ricci, era alto e indossava una canottiera verde e dei jeans stretti a vita bassa.
Si sfilo i rayban e osservò un attimo l'ambiente, per poi puntare gli occhi su di me.
Era affascinante, ma aveva un non so che nel suo stile e nel suo sguardo che gli dava un'aria da stronzo patentato.
Restai un attimo a osservarlo, poi mi riscossi e continuai a lavorare, facendo finta di non percepire il peso del suo sguardo.
"Jo, questo è decisamente il giorno più bello della mia vita" sussurrò Mag tornando da me. 
Mag era il tipo di ragazza che trova tutti belli, e non si perde occasione di provarci con qualcuno, ma era ben diversa dalle troie. Lei aveva stile mentre cercava disperatamente di dimenticare il suo ex ragazzo, rimpiazzandolo con chiunque altro. E poi non era facile che qualche ragazzo carino entrasse in panetteria...
 Era una ragazza veramente bella, e quando sorrideva lo era acora di più.
"Cosa posso servirti?" domandai cercando di mascherare l'imbarazzo e fingermi disinteressata.
"Mhhh vediamo... due focacce, un filone di pane e il tuo numero" rispose con tono ambizioso, e forse fu proprio quello che confermò la cattiva impressione di lui. So che non si dovrebbe giudicare una persona dal primo impatto, ma come aveva pronunciato quella frase, sembrava si credesse un angelo sceso in terra, e che si aspettasse di avere tutti ai suoi piedi, ma no, non l'avrei di certo accontentato.
"Ecco a te le focacce e il pane, il numero te lo puoi sognare" risposi sgarbatamente, e Maggie mi tirò una gomitata sul fianco.
Lui sorrise divertito alla mia risposta, e la cosa mi diede ancora più sui nervi. Ma chi si credeva di essere?
"Aggressiva la ragazza"
Era uno di quei tipi che aveva il suo fascino anche quando faceva il presuntuoso, e questa è una cosa che odio di qualunque ragazzo.
Mi stava sfidando, lo vedevo, ma non avevo intenzione di reggere il suo gioco e di abbassarmi ai suoi livelli, così continuai a lavorare, cercando di ignorare il fatto che mi osservasse in ogni minima mossa.
Che poi, la cosa che più mi dava fastidio era il fatto che una parte di me si sentiva come attratta da lui e dal suo modo di fare, mentre un'altra tutto il contrario. Mi sentivo un po' come Mag, che priva interesse per gli sconosciuti, e questo non è decisamente da me.
Era il caos nella mia testa: cercavo di concentrarmi sui clienti, di non pensare al fatto che stesse guardando, e nello stesso tempo tentavo di capire cosa provavo in quel momento. Dovevo restitere dieci minuti, solo dieci, e poi avrei finito il turno pure io.
Mag nel frattempo si era tolta il grembiule e, ormai sulla porta, senza farsi vedere dal riccio, mi lanciò un'occhiataccia e mi fece segno di trattarlo bene.
Ma io dico, è uno che fra un'ora sarà già a spassarsela con i suoi amici, che cosa cambia se gli rispondo a tono e gli faccio capire che non sono interessata? Bah...
L'orologio sul muro segnava le 7 e 55, non c'era più nessuno lì dentro a parte me e Harry, così decisi di cominciare a mettere a posto.
Nel giro di poco tempo sarebbe arrivato il mio capo a controllare che tutto fosse in ordine e per chiudere il negozio, e, siccome non mi stava molto simpatico, dovevo muovermi se non volevo rischiare di incontrarlo.
"Dove diavolo è finito il vassoio?" domandai ad alta voce, ma in verità quella frase non era rivolta a nessuno in particolare.
Mi stava salendo l'ansia, dovevo a tutti i costi riuscire a evitare il mio capo, non avrei sopportato di sentirlo parlare, sgridarmi per cose che non avevo fatto o per non essere stata abbastanza diligente nel mio lavoro, era veramente odioso.
"Lo hai portato prima di là" disse la sua voce, con lo stesso tono di prima che mi dava fastidio. Ma chi si credeva di essere?
Non lo ringraziai, ma andai a cercarlo dove mi aveva indicato, solo che, oltre ai passi di lui che sensa motivo mi seguiva, sentii anche il rumore della porta che si apriva.
'Oh. cavolo.' pensai trattenendo il fiato
Ebbi un momento di panico, il cuore cominciò a impazzirmi nel petto, e in quel momento feci la prima cosa che mi venne istintiva: aprii la porta dello sgabuzzino, e ci spinsi dentro il riccio, per poi seguirlo a ruota e rimanere al buio.
"Ma che cav..."
"Zitto" lo interruppi io. Feci anche il segno, mettendo il dito davanti alle labbra, ma, poiché senza luce, non lo vide.
La stanza era piccolissima, e i nostri corpi erano pressati l'uno contro l'altro. 
In quella situazione, mi pareva che anche solo il nostro fiatare fosse troppo forte, tanto che provai a rallentare il ritmo dei respiri.
-1...2...3...- cominciai a contare dentro di me, un po' per calmarmi, un po' per non pensare alla situazione in cui mi ero cacciata.
Sapevo che lui avrebbe approfittato della vicenda, e del fatto che la mia schiena fosse premuta contro il suo petto, ma non potevo fare niente per impedirlo. Conoscevo i ragazzi come lui, e più volte mi avevano dato prova di non capire quando fare certe cose; se anche mi fossi mossa, avrei fatto cadere tutto e ci avrebbero scoperti.
Udivo i passi fuori dalla stanza, non parlava, sapevo che stava osservando l'ordine. Un minuto, bastava un altro minuto e poi se ne sarebbe andato. 
Sentii le mani di Harry scivolare sui miei fianchi, anche lui era certo del fatto che fossi bloccata fra i manici delle scope e dei moci, dopo di che una arrivò al mio interno coscia e l'altra appena sotto il mio ombelico
La sua bocca era a pochissima distanza dal mio collo, potevo percepire il suo respiro accarezzare dolemente la mia pelle, ma, per quanto in un certo senso quella sensazione mi piacesse, volevo che si allontanasse il prima possibile.
Dovevo resistere, mancava poco e sarei stata libera.
Chiusi gli occhi, come per estraniarmi dal mio corpo, ma senza successo.
-Sta ferma, Jo, sta ferma, lo ucciderai dopo- continuavo a ripetermi nella mia testa.
Il fatto che stesse facendo ciò, era solo una prova in più sulla sua sfacciataggine. Io non gli piacevo, questo era poco ma sicuro, si divertiva solo a provocarmi e a lanciarmi sfide, stava mettendo alla prova il mio autocontrollo, come aveva fatto prima mentre lavoravo.
Sentii la porta della panetteria chiudersi, e in un attimo ero già nel corridoio
"Non osare farlo più". Mi voltai verso di lui e lo guardai con uno sguardo glaciale, ma lui non parve farsi intimidire.
Sorrise beffardo e si riavvicinò a me, fermandomi per i polsi
"Ammettilo che ti piaceva"
Sostenni il suo sguardo, evitando di pensare alla sua espressione disinvolta e al fatto che fossimo di nuovo vicinissimi.
"Lasciami, ti conviene" e lo fece, ma non di certo perché aveva paura di me.
Il fatto che avesse fatto ciò, mi lasciava perplessa, sinceramente non me lo aspettavo, anzi, immaginavo che continuasse a provocarmi, ma a quanto pare mi sbagliavo.
"Tu sei un perfetto idiota, che cosa ti è passato per la testa?! Sei di fuori, non voglio più vederti!" urlai mentre mi dirigevo verso la porta; tirai per aprirla, ma niente. Provai di nuovo, incredula, e tentai anche spingendola, ma quella non ne voleva sapere di aprirsi.
"Abbiamo un problema: siamo chiusi qui."
Pensai di essere veramente finita in un incubo, perché questo genere di cose non succedono nella realtà.
"Io dormo su quel tavolo. Tu puoi andare nel divano che c'è di là, oppure dormi sul piano del forno, a te la scelta" gli dissi cercando di mettere da parte l'odio che provavo per lui in quel momento. Avremmo dovuto passare la notte insieme, giocare a "gatto e topo" non avrebbe migliorato la situazione, e io sarei uscita di lì la mattina seguente con un esaurimento nervoso, per cui optai per la gentilezza.
Con mia grande sorpresa, per la seconda volta in meno di un minuto, non ribattè, probabilmente avendo capito che ero stanca.
Forse l'opinione che mi ero fatta di lui non era del tutto giusta...
Lo osservai silenziosamente nei suoi movimenti, sembrava tutto calcolato e impeccabile, in piena armonia. 
Prese dalla tasca il telefono, un iphone nero, esattamente uguale al mio, e scrisse un messaggio.
Era incredibile come, negli ultimi quindici minuti, fossimo passati dal silenzio al rumore, e poi di nuovo al silenzio più totale. Erano stati passaggi quasi troppo veloci da diventare, in un certo senso, anche fastidiosi.
Lo guardai, e provai a vederlo in un altro modo, osservai il modo in cui era vestito e la maschera che si era costruito, che lo faceva sembrare uno forte, un duro, ma che probabilmente nascondeva una personalità molto diversa da ciò che dava a vedere. Non so, forse era qualcosa nel suo sguardo a darmi la certezza di quell'opinione, o magari il fatto che mi aveva sorpresa non provocandomi prima, ma comunque resta il fatto che quello era ciò che sotenevo.
-Santo cielo, la mia testa è un caos, non riesco mai ad avere una stessa opinione per più di dieci minuti- pensai
"A cosa pensi?".
La sua voce, intervenuta così d'improvviso nei miei pensieri, mi fece sobbalzare di spavento.
Aveva smesso di messaggiare e adesso mi guardava, in attesa di una risposta.
"A niente" mentii.
Non potevo certo confessargli che la mia mente poco fa stava indagando sul suo vero carattere...!
"Non ti credo, è impossibile. Non si può non pensare a niente". Usò di nuovo il tono di sfida, lo faceva di proposito, si divertiva, ne ero certa.
Nonostante ciò, quella sua affermazione mi lasciò spiazzata, tanto che non risposi.
Lo sentii soffocare una risata, un suono roco ma allo stesso tempo affascinante, e lo guardai interrogativa
"No, sai... mi piace quando la gente non sa che rispondermi" affermò divertito. Mi sentii pian pianino la pelle sulle guance riscaldarsi, ma non per la rabbia, anzi, più per l'imbarazzo.  Non volevo fargli credere di essere riuscito a ghiacciarmi, ma non sapevo come controbattere "Oh, e mi piace anche quando le ragazze arrossiscono".
Quando faceva così, mi lasciava veramente spiazzata. Non riuscivo a capire che genere di persona fosse, se potessi fidarmi o meno, non sapevo con chi avevo a che fare, e la cosa mi creava una sorta di fastidio, come un vuoto sotto lo stomaco.
"Mi prometti che stanotte, mentre dormo, non farai niente che io non voglia?"
Non avevo idea di quanto potesse essere affidabile o meno la sua parola d'onore, ma era l'unica cosa su cui potevo basarmi. Non volevo rischiare che quella sera succedesse qualche guaio.
"Te lo giuro".
Si mise la mano sul cuore, e mi sorrise, senza neanche più l'ombra della sfacciataggine che prima gli dominava l'espressione.
Non so perché, ma gli credetti. Forse fu qualcosa nel suo dolce sorriso a convincermi, non lo so... o magari il semplice fatto che mi stavo sentendo di nuovo come Mag con i ragazzi.
  
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