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Autore: Clary F    21/05/2014    8 recensioni
Clary è nata e cresciuta come una Cacciatrice di Idris e lei e suo fratello Jonathan, alla vigilia dei nuovi Accordi, sono costretti a vivere nell'appariscente tenuta dei Lightwood, dove si sta tenendo la più ridicola delle competizioni mai organizzate nella storia dei Nephilim, coordinata da Magnus Bane, maestro del bon ton. Cacciatrici e Nascoste affronteranno varie prove per accaparrarsi il cuore del giovane Jace Wayland. Tra incubi e bagni notturni, la ragazze inizieranno a scomparire misteriosamente ... Chi sarà il colpevole?
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Magnus Bane, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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CHAPTER 8
THE PAST ALWAYS COMES BACK
 
 
Il silenzio tra i due si prolungò. Clary non riusciva a pensare a niente da dire. Erano successe troppe cose alla tenuta.
«Posso chiederti una cosa?» Disse Jace, dopo un po’.
«Suppongo di sì.» Rispose lei, lentamente. Jace l'aveva trascinata fino nell'angolo più buio della sala e con un sospiro si sedette su una delle poltrone. Lei lo imitò, notando una delle guardie del Conclave in agguato di fianco alla porta, che li osservava con sospetto.
«Perché sei ancora qui? Potevi scappare dalla finestra prima che sigillassero la tenuta. Praticamente tuo fratello lo fa ogni notte.»
Clary rimase un attimo spiazzata da quelle parole, ma non ci badò più di tanto.
«Forse perché non voglio andare contro le direttive del Conclave?» Rispose acida.
«Stronzate, Morgenstern. Sei preoccupata per me.» Il suo ghigno arrogante era di nuovo sul suo volto.
«Sono preoccupata, ma non per te, Wayland.» Ribatté scocciata, incrociando le braccia al petto.
«Non sono stato a letto con lei, sai ...» iniziò Jace bruscamente. «Rebecca. Lei voleva, ma io ...»
«Perché mi stai dicendo questo?» Chiese Clary con sospetto. Il suo cuore accelerò i battiti a quella notizia, ma cercò di non farci caso, dicendosi che adesso come adesso non era importante.
Lui si strinse nelle spalle. «Non lo so.»
«Io non ti capisco proprio, lo sai, vero?» Clary parlò furiosamente.
Lui la guardò, lo sguardo quasi feroce. «Vorrei che lo facessi.»
«Scusa?»
«Vorrei che qualcuno lo capisse ... che io non sono così. Non sono questo.» Jace sussurrò appena.
«E allora chi sei?»
Rimase in silenzio per un po’, poi sospirò profondamente. «Non lo so.»
Visto che Jace non accennava a continuare fu Clary a parlare di nuovo. «Spero che Leah si riprenda.» Disse mordendosi il labbro.
«È colpa mia.» Jace parlò all'improvviso, distogliendo lo sguardo dal suo. «È colpa mia se si sono fatte male.»
«Jace, prima ho parlato a sproposito. Non è colpa tua. Come potrebbe esserlo?»
Jace si voltò di nuovo a guardarla. Era molto pallido, più del solito, e gli occhi erano cerchiati da profonde ombre scure. «Sapevo che sarebbe successo. L'ho sognato. Voglio dire, ho sognato che sarebbe successo qualcosa di terribile. La mia testa è un casino, Clary, non so più distinguere tra sogno e realtà. Anche ora, sto sognando? O tu sei davvero qui?»
«Jace,» Chiese Clary con cautela. «Cosa succede nei tuoi sogni?»
«Cose terribili, bizzarre. Io ... non lo so.» Concluse a voce bassa. Esitò un attimo, prima di afferrarle la mano e tirarla dietro di sé. «Continuo a sognare dei fatti, ma non sembrano sogni, sono così reali, così nitidi ...»
«Cosa significa?»
Jace si strinse nelle spalle. La guardia li scrutò con aria minacciosa, come a invitarli ad andare subito nelle loro rispettive stanze. «Vieni, andiamo via di qui.» La prese per mano e la guidò su per le scale fino alla stanza di Clary. Jonathan era lì in attesa, li guardò con occhi piatti, fissando le loro mani ancora intrecciate. Clary si liberò dalla presa di Jace e aggrottò la fronte.
«Come hai fatto ad entrare?» Chiese al fratello.
«Merito del mio fascino e del mio bell'aspetto.» Grugnì lui. «Ho detto alla guardia che ero preoccupato per la mia dolce sorella. Ma vedo che sei già in compagnia.» Aggiunse con un sopracciglio alzato e la voce tagliente. Clary conosceva bene quella voce, Jonathan la usava spesso per mascherare la furia che montava in lui.
«Cosa ci fai con mia sorella?» Si rivolse direttamente a Jace, con gli occhi neri piantati in quelli d'oro di lui. Il ragazzo assunse la sua tipica espressione arrogante e aprì la bocca, probabilmente per ribattere con una delle sue frasi ironiche, ma fu interrotto dalla porta della stanza che si aprì di nuovo. Alec apparve sulla soglia, osservò i presenti per un momento, evidentemente confuso da quel terzetto.
Clary alzò gli occhi al cielo. «Scusate ma, ho sentito male io quando le guardie hanno ordinato a tutti di rimanere nelle proprie stanze?»
Alec scrollò le spalle. «Mark è di guardia a questo piano, mi ha fatto passare. Comunque, che succede?»
Jace scosse la testa a corto di parole.
«Ieri notte hai sognato di nuovo?» Gli chiese Alec in modo diretto.
«Sì.»
«Non credevo che la stanza di mia sorella fosse un ritrovo per psicanalizzare i sogni.» Disse Jonathan, alzandosi dal letto e guardando i presenti con palese irritazione. «Inizio io, allora. Sogno sempre di uccidere cuccioli e di investire vecchiette, cosa significa secondo voi?» Continuò ironico.
«Mmh, vediamo … forse che hai un desiderio sessuale latente verso animali e persone avanti con gli anni?» Propose Jace, grattandosi il meno e fingendosi riflessivo.
Jonathan ringhiò e si avvicinò a grandi passi verso il ragazzo. Clary poteva vedere i lampi di odio nei suoi occhi. Corse in mezzo ai due, afferrando un braccio di Jonathan per trattenerlo e calmarlo. Jace era già sul piede di guerra, con lo sguardo di fuoco e la mascella contratta.
«Jace sta facendo dei sogni strani ultimamente. Crediamo possano avere un significato.» Spiegò velocemente Clary al fratello, sempre trattenendolo per un braccio.
«Avanti, racconta.» Lo incitò di nuovo Alec.
«Beh, ieri notte ho sognato di nuovo che mi trovavo nella Sala degli Accordi. C'era sangue e armi dappertutto, gente che gridava. Compresa Maryse, Robert, il Console Penhallow …» Borbottò Jace.
«Il sogno prima di questo.» Disse Clary.
«La cantina di una tenuta, in cui dei Nascosti erano tenuti prigionieri, alcuni morti, altri ancora vivi ma in condizioni pietose. Come se fossero degli esperimenti. E dopo ancora, ho sognato mio padre ... il mio vero padre, che recitava il giuramento di fedeltà al Circolo a -» Si fermò di colpo. «Tuo padre.» Concluse guardandola.
Clary si scambiò uno sguardo eloquente con Jonathan. Entrambi conoscevano ogni singolo sogno di Jace. Jocelyn aveva raccontato loro tutto ciò che c'era da sapere sugli anni della Rivolta nella Sala degli Accordi e del Circolo. Si sentiva la bocca secca e la tachicardia.
«Credo dovremmo fare delle ricerche.» Disse cercando di nascondere la sua angoscia crescente. «Mia madre dice sempre che non bisogna mai ignorare i sogni. Ci deve pur essere qualcosa che spieghi la tua situazione, nei libri. Inoltre dovresti dirlo a Maryse e Robert.»
«No. hanno già abbastanza di cui preoccuparsi. E poi cosa dovrei dirgli? Che sono perseguitato da degli strani ricordi di quindici anni fa?»
Nessuno dei quattro sapeva cosa rispondere a quella domanda. Rimasero in silenzio a lungo, dopodiché Clary andò a dormire.
Dopo colazione Clary intravide Jace andare ai piani superiori e le guardie annunciarono che la vampira asiatica di nome Lily era scomparsa. Evidentemente sigillare la tenuta non era sufficiente. Clary si morse il labbro ripensando alla sera prima e alle cose che Jace le aveva raccontato. Le risultava impossibile non essere preoccupata per lui. Decise di cercare Jonathan. Non era nel parco, così andò a cercarlo di sopra. La tenuta era immersa nel silenzio, le rimanenti ragazze erano nelle loro stanze e tutto taceva. A parte una voce proveniente da dietro la porta della stanza di Aline. Accostò l'orecchio al muro, sapeva che non era giusto mettersi ad origliare ma la curiosità prese il sopravvento sul suo giudizio.
«Non credi di esagerare, Aline? Clary non è così.» Stava dicendo la voce di Alec.
«Sì. Forse, non lo so. Ma hai visto il modo in cui lui la guarda -»
Alec si mise a ridere. «Non vorrai mica incolparla per questo? E poi non se ne sarà nemmeno accorta, lo sai come la pensa Clary riguardo a Jace.»
Aline borbottò qualcosa che Clary non riuscì a decifrare. «Se gli piace lei, noi altre non abbiamo alcuna possibilità.»
«Perché dici così?»
«Perché,» ribatté Aline. «Lei è Clary. E poi non è adatta per lui, è troppo rigida. Ma sei lei decide che anche lui le piace ...»
Alec la guardò freddamente. «Non credi che dovresti avere questa conversazione con Jace? O con Clary, magari. Non con me. Non mi piace sentirti lamentare, soprattutto quando tu sei la prima ad essere qui per motivi tutt'altro che nobili.»
Clary era scioccata, Alec non l'aveva mai difesa prima d'ora, soprattutto con Aline, visto il legame di amicizia tra i Penhallow e i Lightwood.
«Perché dovrei parlarne con lei? Se davvero gli piace, di sicuro non me lo verrà a dire. Mentirebbe. Mente a sé stessa, Alec, pensaci. Se no perché mai sarebbe venuta qui?»
«Queste sono tutte stronzate. È venuta qui perché era un luogo sicuro.» Ribatté Alec con voce gelida.
«Ma ...»
«Basta, Aline. Ci sono cose più importanti a cui pensare adesso.»
Sentì i passi di Alec e di Aline avvicinarsi alla porta e con il cuore in gola scivolò dietro l'angolo più vicino. Si appiattì al muro, nella speranza di non essere notata dai due. La porta si aprì e vide Aline e Alec passarle accanto, senza però accorgersi di lei. Solo allora si accorse di Jace. Con un sussulto lo guardò. Era appoggiato casualmente al muro, senza temere di essere visto o intercettato. Prima che lei potesse andarsene lui era lì, con le braccia attorno a lei come una gabbia.
«Non mi piace essere schiacciata ai muri.» Disse Clary, impassibile.
Jace sorrise. «Avrei detto il contrario.»
«Mi stai pedinando?»
«Perché mai dovrei?»
«Jace, che cosa vuoi?»
Il suo sorriso svanì e sospirò. Il suo respiro le solleticò il viso. «Non lo so.»
«Aline …» cominciò Clary, ma lui rise amaramente.
«Aline non mi vuole,» disse piano. «Io non so cosa vuole, ma sono abbastanza sicuro di non essere io.» Fece una pausa, strofinando il suo viso contro il suo. Era così vicino. Poteva vedere tutto di lui, anche le minuscole fossette sulle guance, e sentire il suo respiro sulla pelle. «Credo mi veda come un accessorio. Qualcosa da abbinare ai suoi vestiti.»
«Così a Jace Wayland non piace essere trattato come un oggetto.» Clary parlò piuttosto acidamente.
I suoi occhi si spalancarono. «Io non ho mai trattato le donne come oggetti, Clary.» Disse con voce bassa e dura. «Non è colpa mia se ... le attraggo. Per l'Angelo, sono incredibilmente affascinante, questo è certo, ma spesso le ragazze mi avvicinano per i motivi sbagliati. Una volta ho chiesto ad una ragazza se volesse uscire direttamente con Robert, così avrebbe avuto subito accesso al suo patrimonio. Non è durata a lungo quella relazione. Come quella prima del resto. E quella prima ancora.»
Clary deglutì a fatica, incerta su cosa dire. Jace sorrise tristemente.
«Allora, c'era qualcosa di vero in quello che stava dicendo Aline?»
«No,» rispose Clary, troppo in fretta. Osservò il suo volto contrarsi in una piccola smorfia. Si sentiva irrequieta, spostò il peso da un piede all'altro. «Sono venuta qui solo perché mi hanno obbligata,» spiegò. «Ma ora ...»
«Ora?»
«Non lo so, Jace.»
«Che cosa stai cercando di dire?» La sua voce era quasi un sussurro, così intenso e pieno di energia. Clary dovette fare un respiro profondo per calmarsi e si sentì in dovere di essere sincera con lui.
«Non sei così male,» sussurrò. «Quando ti comporti da essere umano, sei okay.»
«Solo okay?»
«Non ti basta? Non penso che tu sia un cretino completo, così va meglio?» Disse Clary con la sua voce graffiante. Avrebbe voluto dirgli molto di più ma tenne a freno la lingua, preoccupata per quello che aveva sentito dire ad Aline e preoccupata che lui si stesse solo prendendo gioco di lei, come al solito.
Jace sorrise, un sorriso lento e pigro. «Credo che per ora dovrà bastarmi.» E prima che se ne accorgesse si piegò verso di lei, baciandola sulle labbra. Il bacio durò pochissimi istanti, dopodiché lui si staccò e andò via, lasciandola contro quel muro, in preda al desiderio di sentire nuovamente le sue labbra sulle sue. Si portò le dita tremanti alle labbra, il cuore batteva dolorosamente, il sangue ribolliva nelle vene. Non sapeva come lui facesse, ma ogni volta che le era così vicino ... Clary scosse la testa. Era una cosa fisica, si disse, niente di più, solo la natura, la biologia, gli ormoni, l'attività cerebrale latente ...
 
 
«Cosa stai facendo?»
Jonathan si voltò di scatto, una gamba già al di là della finestra, appoggiata sul cornicione. Il tramonto era passato da poco e il cielo era di un intenso color blu indaco.
«Non sono affari tuoi,» rispose con un ghigno, sollevando anche l'altra gamba, così da essere in bilico sul cornicione del terzo piano.
Isabelle si avvicinò di qualche passo. Gli occhi scuri puntati sul ragazzo e i capelli neri legati in una treccia da amazzone. «Nessuno può lasciare la tenuta. Credi di essere speciale?»
«In effetti sì, piuttosto speciale.» Sorrise lui, senza divertimento.
«Dove stai andando?» Disse Isabelle, risoluta.
Lui sbuffò. «Va bene, sto andando a fare una nuotata notturna al lago. Beccato!» Rispose Jonathan con voce affabile. Squadrò Isabelle dalla testa ai piedi. «Vuoi unirti a me?»
La ragazza fece schioccare la lingua in segno di disapprovazione. «Non credo proprio.» Ribatté acidamente.
Jonathan scrollò le spalle. «Come vuoi.» Mollò la presa sugli infissi della finestra e si lasciò cadere giù. Isabelle venne colta dal panico. Corse alla finestra giusto in tempo per vedere il ragazzo cadere nel vuoto di schiena. A circa due metri da terra fece una capriola e atterrò in piedi sul prato bagnato di rugiada. Isabelle non aveva mai visto fare a nessuno un salto mortale del genere … eccetto a Jace.
«Ma che cavolo,» sussurrò tra sé con gli occhi spalancati.
Dal basso Jonathan le fece l'occhiolino e un cenno con la mano, prima di iniziare a correre così veloce che dopo un istante era solo una macchia indistinta nel bosco.
«Che fai qui, Izzy? Sai che non puoi girare da sola per i corridoi.»
Isabelle rimase alla finestra, ancora scossa dall'agilità di Jonathan. «Questa è casa mia, Mark. Faccio quello che mi pare.»
Mark Blackthorn le andò accanto, posandole una mano calda sulla spalla. «Avanti, Iz. Non vorrai mettermi nei casini?» Le domandò dolcemente, guardandola con i suoi occhi bicolore e la sua chioma bionda riccioluta.
«Qui è già tutto un casino.» Sussurrò Isabelle, distogliendo lo sguardo dalla foresta e portandolo su Mark.
Lui sospirò amaramente. «Hai ragione. Ancora non abbiamo capito come diavolo ha fatto quella vampira a scomparire nel nulla. Tutti i corridoi erano controllati e anche il perimetro della casa.»
Isabelle ripensò a Jonathan che, giusto pochi secondi fa, era riuscito a fuggire senza incappare in nessuna guardia e non disse nulla.
«E con la cerimonia degli Accordi alle porte, tutto questo proprio non ci voleva.» Continuò Mark. «Sono scomparse due vampire e una fata in casa di Nephilim. I Nascosti iniziano ad essere sospettosi e diffidenti.»
«Credi che gli Accordi non si firmeranno, quest'anno?» Gli chiese Isabelle.
«Non lo so. Ma il tempo sta per esaurirsi.»
   
 
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