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Autore: Jales    21/05/2014    4 recensioni
Sbuffai e mi avvicinai all’oblò, affacciandomi.
Mare, mare e ancora mare.
Non c’era altro se non quella stupida ed infinita distesa d’acqua che si estendeva per miglia e miglia in ogni direzione.
Sbuffai ancora e camminai fino alla sedia di fronte alla scrivania dove mi lasciai cadere a peso morto, lasciando andare indietro la testa e chiudendo gli occhi.
{Storia a quattro mani, Madness in me&Jales}
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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BROMPTON COCKTAIL
{Capitolo II}

Quando presi la mano di Azriel fra le mie, chiedendole di seguirmi nella fantasiosa storia che si era andata rapidamente formando nella mia testa, non stavo dicendo sul serio. O almeno non avrei mai creduto che avremmo osservato quella che era la nostra nave affondare, catturata e divorata dalle onde del mare.
Azriel si era accoccolata già da un pezzo sul grezzo giaciglio che nulla aveva da invidiare, in quanto a scomodità, a quello assegnatole sul peschereccio. Potevo vedere che scemata l'iniziale agitazione per quel brusco cambio di programma la nausea si era fatta risentire, nonostante lei cercasse di nasconderlo.
Lasciai con lo sguardo gli ultimi resti dello scafo ormai distrutto e spostai l'attenzione sulla stanza: non ci era permesso gironzolare per la nave, e comiciai a credere che forse eravamo finite dalla padella nella brace. Da una prigione ad un'altra insomma, con sbarre non meno crudeli.
"Il capitano ha ordinato di portarvi questo." Un piatto venne gettato con malagrazia sul pavimento, mentre il ragazzo dai capelli scuri e dagli ostili occhi castani sembrava trattenersi dal fare una smorfia. Non sarebbe mai venuto, lì dentro, se non costretto.
Pensai distrattamente che Azriel aveva fatto decisamente bene a spaccargli il naso, ma decisi di tacere.
"Ma vaffanculo."
Avevamo indubbiamente molte cose in comune, io e Azriel, compresi spesse volte i pensieri. Lanciai un'occhiata rapida prima alla mia amica e poi al pirata il quale si stava evidentemente interrogando sul da farsi. Probabilmente si stava chiedendo quanto sarebbero state dure le conseguenze in caso-
"Non dissubbidirei al tuo capitano, fossi in te." Commentai, tranquilla. "Non so come funzioni con i pirati, ma sulla terraferma l'insubordinazione è punita con una bella gita sotto la ghigliottina."
Non che ne fossi esattamente certa, non mi era mai stato permesso di occuparmi o di assistere a certe cose. Ma sapevo, con buona probabilità, che non mi sbagliavo.
Con un'imprecazione che avrebbe fatto svenire gran parte delle dame di corte e arrossire la rimanente, il ragazzo sparì chiudendosi la porta alle spalle. Mi avvicinai ad Azriel, inginocchiandomi accanto a lei e allungando una mano a sfiorarle la testa. Lasciai scorrere le dita sui capelli rosso fuoco, osservandone alcuni rimanermi impigliati fra le dita e sciogliendoli delicatamente.
"Immagino non ti vada di mangiare..." Le sussurrai, guardandola chiudere gli occhi.
“Scusa, no.”
“Non devi scusarti, non fa niente. Ma non vorrei che tu stessi peggio, per questo.” Le sistemai il vestito con gesti meccanici, abituali, nonostante sapessi benissimo che né a me né a lei importava assolutamente nulla dei nostri tanto belli quanto odiati vestiti.
Quello che ci aveva legate non era stato certo il fatto che avremmo dovuto rassegnarci a passare la vita insieme, perchè avevamo capito entrambe che se non ci fossimo andate a genio nessuna delle due avrebbe mosso un muscolo per far credere il contrario. Magari saremmo riuscite a convivere, rifugiandoci lei dietro una garbata apparenza e io dietro il mio silenzio, ma di sicuro non saremmo mai diventate amiche né, tantomeno, avremmo legato come avevamo invece fatto in quelle settimane.
No, eravamo legate semplicemente perchè avevamo scoperto di condividere una vita che sembrava creata a specchio, dalla sua alla mia e viceversa, e di reagire nella stessa direzione. Ognuna con il suo modo, con la sua maniera, ma la strada che facevamo era la stessa ed entrambe volevamo cambiarle il percorso. Un desiderio apparentemente impossibile, in realtà, che forse non faceva altro che indurci a sognare per poi affondare ancora un po' di più in quelle sabbie mobili. Ma era l'unica cosa a cui potevamo aggrapparci e io, ingenuamente, a volte riuscivo a immaginare che ce l'avremmo fatta.
“A che pensi, Al?”
Spostai lo sguardo su Azriel, abbassando appena la testa.
“A niente, in realtà.”
La vidi abbozzare un sorriso.
“Persa nel Paese delle Meraviglie, Alice?”
Sorrisi appena anch'io.
“Può darsi.”
Rimanemmo in silenzio per qualche attimo, poi fui di nuovo io a rompere la quiete.
“Sai, pensavo che almeno ci avrebbero fatto togliere questi orribili tendoni. Dovrebbero sembrare preziosi almeno la metà di quanto in realtà siano, e mi chiedo perchè non ce li abbiano ancora chiesti.”
La vidi ridacchiare.
“Probabilmente perchè anche il più inuto di loro è il doppio di noi?”
Picchiettai il dito sulla guancia, pensierosa.
“Non ci ero arrivata, uhm.”
“Maestro Ludwig sarebbe raccapricciato dalla tua mancanza di logica, Al.”
“Sarebbe sconvolto dal solo pensiero che ci possano far uscire da questi abiti enormi, Az... Te lo immagini quel vecchio prete a sentire questi discorsi? Gli arrossirebbe persino la tonaca per l'imbarazzo e lo sdegno!”
Immaginandosi la scena la vidi ridere, e immediatamente mi sentii sollevata: Azriel rideva poco, e quella era la prima volta che glielo vedevo fare dall'inizio del viaggio. Mi rilassai appena, lasciando che la tensione scivolasse via e ammorbidisse la rigida linea delle spalle.
“Parlare di tutto questo sembra così assurdo...” Disse lei, lo sguardo puntato sulle mani. “Solo un giorno fa era tutto il nostro mondo. Ci credi, Alice, era il nostro mondo e ce lo siamo lasciate indietro!”
Annuii, cauta. Ad essere sincera cominciavo ad essere molto meno ottimista di quando avevo parlato per la prima volta, ma eravamo insieme e questo era già qualcosa. Quella era la vita, la vita vera, e non sapevo da dove Azriel traesse tutta quella sicurezza; speravo solo me ne prestasse un po'.
“Non ci cercheranno almeno per altri sette giorni, ma poi rivolteranno la terra e il mare per trovarci.” Risposi, introcciando le dita in grembo. “Spero solo che questa sia una nave fantasma, o saremo nei guai.”
“Si sono dimostrati capaci, credo che anche se non sia un veliero fantasma se la caveranno.”
“Ti rendi conto che stiamo augurandoci di rimanere su una nave pirata, praticamente sequestrate?” Dissi, sorridendo.
“Piuttosto che i fratelli Jeremiah e Claus, di cui mi rifiuto di ricordarmi i titoli, accetterei tutto, dico davvero!”
“Non hai tutti i torti... Sicuramente saranno brutti e viscidi. Sai, con tutti quei salamelecchi a me sembra sempre di trattare con uno di quei lumaconi enormi e bavosi che i giardinieri combattono con tanta ostinazione.”
Azriel fece una smorfia.
“Non aiuti la mia nausea, in questa maniera.”
Mi portai le mani alla bocca.
“Oddio, scusami!”
“Non preoccuparti. Anche se devo ammettere che l'immagine era abbastanza realistica.”
Sbuffò, girandosi su un fianco e chiudendo gli occhi.
Sopra di noi si sentivano i passi dell'equipaggio ma non erano tanto quelli il problema...
"Christ, sali su quel fottuto albero e guarda se c'è una cazzo di nave!"
"Vaffanculo Syn!"
...quanto le voci, degli uomini.
Sospirai, lasciando Azriel ai suoi tentativi di riposare: da quando eravamo salite su quella nave il capitano non si era fatto più vedere, ma non era difficile capire chi ci fosse dietro le più o meno regolari incursioni della ciurma.
Fu un colpo e un'ennesima imprecazione a farmi concentrare di nuovo sulla porta: questa volta, con mia sorpresa, erano in due.
"Il capitano dice che potete uscire, ora. Non ci sono navi in vista nè tantomeno della terra, per cui non mettetevi strane idee in testa... Finireste solo in pasto ai pesci." Il gigante sorrise, mettendo in mostra le fossette sule guance. Accanto a lui c'era il ragazzo dai capelli a cresta, che sembrava sospeso a metà fra l'imbarazzo e l'orgoglio nel mantenere la sua maschera di terribile pirata. Inutile dire che, mentre l'altro era decisamente supportato dall'altezza e dalla stazza fisica, lui fosse da questo punto di vista estremamente svantaggiato.
Nonostante rimanesse più alto di me.
Quando se ne andarono rimasi in piedi, indecisa. Non che mi allettasse l'idea di lasciare Azriel da sola, dopotutto erano sempre pirati e nonostante non ci avessero fatto del male non avrei messo la mano sul fuoco riguardo al futuro, ma... Scrollai le spalle e decisi di salire sul ponte, ripromettendomi di tenere d'occhio l'equipaggio per tornare indietro se ce ne fosse stato il bisogno.
Il lavoro era frenetico, e mi trovai ben presto in mezzo alle urla: mi passavano intorno degnandomi non più di un'occhiata e per un momento mi sembrò di essere un fantasma. Non che mi dispiacesse, per una volta, non essere al centro dell'attenzione.
"Ti conviene spostarti, o ti farai male."
"Lasciala dov'è, Shads, che si prenda quello che si merita."
Inarcai un sopracciglio, scoccando un'occhiataccia al ragazzo dagli occhi scuri, ma non risposi e decisi di seguire il consiglio spostandomi: meglio aver ascoltato inutilmente che pentirsi di non averlo fatto. Nemmeno il tempo di poter aprire di nuovo la bocca, quasi, e un secchio cadde di schianto esattamente dove ero poco prima.
"Scusate!" Rise quello che mi aveva portato sulla nave, grattandosi la testa e scompigliandosi i capelli scuri. "Giuro che non volevo."
"Hai una pessima mira, Vengeance!" Sghignazzarono gli altri.
Mi allontanai e rimasi a girovagare sul ponte, ignorando la ciurma che continuava il proprio lavoro come se io non ci fossi, fino a che decisi di tornare a controllare come stesse Azriel. Scesi di nuovo in coperta percorrendo il breve corridoio per arrivare alla porta di quella che era la nostra stanza ma, una volta entrata, mi bloccai: Azriel non c'era e non poteva essere sul ponte, da dove ero appena arrivata. Non era entrato nessuno, per cui-
Realizzai il mio errore con quello che mi sembrò uno schiaffo in pieno volto. Era vero, avevo avuto l'equipaggio sotto agli occhi per tutto il tempo... Tutti gli uomini, tranne uno. Probabilmente l'unico che avrei dovuto veramente tenere d'occhio, ragionando con il senno di poi.
Tornai sui miei passi stringendo i denti e dandomi della completa idiota: cominciai a muovermi a casaccio, nella vana speranza di riuscire a trovare quel dannato buco in cui il capitano doveva essersi rifugiato. Non che la nave fosse enorme, certo, ma io non ero certo provvista di pazienza e quel poco che ne avevo lo persi in fretta.
"FANCULO!" Ringhiai ad un tratto, infastidita, sentendo poi una risata provenire dalle mie spalle.
"Certo che voi due avete tutto tranne che il temperamento, delle belle donzelle nobili di cui si canta nelle ballate."
Scossi appena la testa, passando oltre al ragazzo e imboccando l'ultimo piccolo corridoio lì intorno che non avevo già percorso. Lo sentii seguirmi e, quando misi la mano sulla maniglia dell'ultima porta, mi afferrò il polso per sciogliermi la presa.
"Mi dispiace, qui non ti è permesso entrare senza invito. Non costringermi ad essere scortese." Sorrise, mettendo in mostra di nuovo le fossette sulle guance e costringendomi a distogliere la mano dalla porta. Cominciavo a odiarlo, con quel suo dannato sorriso e tutta quella gentilezza.
"Azriel colpisce meglio di me, ma io sono più scorretta." Risposi seccata, liberandomi dalla presa. Speravo che una vaga minaccia potesse servire, ma almeno era una minaccia che non avrei esitato a mettere in pratica se ne avessi avuto bisogno.
Lui rimase a guardarmi per qualche attimo prima di scrollare le spalle e chinarsi per caricarmi sulla spalla come se nulla fosse: tentato tutto il possibile per costringerlo a mettermi giù fui costretta a rassegnarmi e, portata sul ponte, ad essere lasciata seduta su una cassa di legno con l'ordine di non muovermi.
Perfettamente visibile alla ciurma, perfettamente e facilmente controllabile. Il che era un po' il riassunto della mia vita e di quella di Azriel, con tanto di fili attaccati alle braccia e burattinai che si alternavano a prendere il comando del teatro in cui eravamo semplice spettacolo.
Sospirai, augurandomi che il sogno raccontato ad Azriel non cominciasse ad assumere i connotati di un incubo.
“Preoccupata della vostra sorte, signorina?”
Alzai gli occhi al cielo, guardando in alto nella speranza che ignorandolo sarebbe andato via.
“Il capitano finora è stato accogliente, nei vostri confronti.” Continuò imperterrito il ragazzo con la cresta, prendendo posto a quella che riteneva una distanza di sicurezza da me sulla cassa. Non seppi capire se fosse un segno di rispetto, di schifo o di che altro: magari ai suoi occhi ero un lumacone gigante e infiocchettato, direttamente da uno di quei palazzi che sognava di saccheggiare. Rabbrividii al pensiero di un enorme salsicciotto bavoso infilato in un vestito blu, cominciando a pensare che dovessi finirla di pensare a quegli esseri oppure avrei presto avuto la nausea come Azriel.
“Il capitano si è portato la mia amica nella sua cabina, più accogliente di così...” Ribattei, sarcastica.
“Lui cosa? Uh-uh...” Rise, lanciandomi uno sguardo divertito. “Se fosse chiunque altro non mi tratterrei dal fare pronostici spinti, ma Rev non è tipo da fare certe cose. Puoi stare tranquilla.”
Tranquilla un cazzo, pensai. Scelsi di nuovo di tacere.
“Se vuoi posso andare in avanscoperta, ma io onestamente eviterei di beccarmi una ramanzina dal capi-”
“Christ, si può sapere che diavolo stai facendo? Dovresti essere ad aiutare Vee con l'inventario del bottino!” Dopo quel gentilissimo richiamo all'ordine lo vidi lanciare un paio di insulti al compagno per poi saltare giù e sparire probabilmente in direzione del proprio compito.
Sembravano avere tutti da fare, in quella nave, e mi chiesi distratta se fosse sempre così o se anche loro, ogni tanto, avessero il loro tempo per riposare.
“Hai l'invito per varcare la porta misteriosa, ora. Il capitano vuole che raggiungi lui e la tua amica.” Il tizio con le dannate fossette torreggiava davanti a me, coprendomi con la sua ombra. Abbassai la testa e mi spinsi sulle braccia quel poco per sporgermi oltre il bordo e scendere dalla cassa: lui fece un gesto e il compagno dagli occhi castani lanciò un'imprecazione, mollando la cima che teneva stretta fra le mani non prima di averla legata con un nodo stretto al suo posto. Questi borbottò qualcosa ma ricevette un secco no in risposta e, evidentemente controvoglia, mi fece cenno di avviarmi; rimase dietro di me, ringhiandomi seccato ogni tanto le indicazioni, per poi quasi spingermi contro la porta.
“Sbrigati, ragazzina. Al capitano non piace aspettare.” Commentò prima di tornare indietro mollandomi lì come una perfetta idiota.
“Pirati.” Ringhiai come se fosse un insulto, spingendo la maniglia ed entrando. Mi zittii immediatamente quando lo sguardo limpido del capitano si spostò per una frazione di secondo dalla figura familiare di Azriel alla mia, facendomi cenno di entrare e di chiudermi tutto alle spalle. Obbedii, silenziosa, andandomi immediatamente a mettermi dietro alla sedia su cui era seduta Azriel e sfiorandole una spalla.
“Confido che la nostra chiacchierata sia stata piacevole, Azriel, e che possiate rassicurare la vostra amica sulla vostra salute, assolutamente intatta.” Sorrise appena il capitano, come divertito. “Così i miei uomini saranno al sicuro da colpi bassi.”
Nascosi l'imbarazzo crescente dietro una parvenza di impassibilità, ma non ero sicurissima che il risultato fosse buono come speravo. Di solito la cosa mi veniva meglio.
“Certamente, capitano.”
Aggrottai la fronte, avvertendo una nota insolita nella voce di Azriel. Era più rigida e quello era normale, decisa perchè doveva esserlo, e poi...
“Sarete libere di girare per la nave, eccezion fatta per la parte inferiore della stiva. Vi chiedo solo di non intralciare i miei uomini, potrebbero non essere tanto gentili quanto me.”
“Non lo faremo.” Tagliò corto Azriel, distogliendo lo sguardo, per la prima volta, da quello del capitano. Cominciavo a credere che ci fosse qualcosa che non sapessi, ma non sapevo decisamente cosa; forse in quella situazione mi sarebbe davvero servita un po' della logica di maestro Ludwig.
Ci accompagnò fino al ponte, dove smise di occuparsi di noi per adempiere ai propri doveri: rimanemmo ad osservarlo parlare con i suoi uomini per qualche istante, e poi mi decisi ad arrischiare a chiedere qualcosa.
“Az, cosa-”
“Niente, Al, tutto a posto.”
Tacqui nonostante la risposta mi avesse praticamente confermato il contrario, non avevo nessun diritto di estorcergli nulla. Se fosse stato qualcosa di importante me l'avrebbe detto, mi dissi seguendola verso prua: la vidi appoggiarsi al parpetto, lo sguardo puntato sulla parte anteriore della nave.
“Alice, guarda.”
Mi sporsi un poco, accanto a lei, per vedere meglio, e capii immediatamente quello che voleva farmi vedere: sulla parte anteriore della nave c'era una grossa statua raffigurante un teschio con gli occhi neri come la pece e ai lati del cranio partivano due ali, anch'esse nere, che abbracciavano i fianchi dell'imbarcazione. Doveva essere una visione spaventosa, un miraggio terribile che appariva sul mare per poi sparire lasciando dietro di sé solo relitti.
“Oh mio-”
“Direi che dopo questo possiamo confermare che questa è una nave pirata, tu che dici?” La sentii dire, per poi staccarsi dal parapetto e allontanarsi. Lanciai un'ultima occhiata alla polena e poi mi affrettai a seguirla.
 “Az, mi vuoi dire che diamine-” Fui costretta ad arrestarmi per evitare uno dei ragazzi, ma la ripresi in fretta e le posai una mano sulla spalla per farla voltare verso di me. “Azriel!”
Si scrollò di dosso la presa, fissando ostinatamente altrove.
“Vado a riposare, scusami.”
Rimasi immobile a guardarla scendere e sparire dalla mia vista, con la spiacevole sensazione che qualsiasi cosa fosse successo non l'avrei saputo facilmente; mi rassegnai a dirigermi verso poppa, dove mi inginocchiai e rimasi a guardare il mare dietro di noi.
“Ancora preoccupata, signorina?”
Non distolsi lo sguardo, limitandomi ad inclinare appena la testa mentre il ragazzo dalla cresta e il gigante dagli occhi verdi mi si affiancavano.
“Non è facile stare su una nave pirata, dovresti averlo capito.”
Abbassai lo sguardo sulle mie mani, rimanendo in silenzio, e per un attimo nessuno dei due parlò.
“Sai,” Riprese poi il ragazzo dagli occhi verdi. “La cosa bella di noi pirati è che con noi non ci sono schemi da seguire. Noi stessi siamo fuori e contro gli schemi, la nostra intera vita è improntata su questo.”
Lo guardai, non capendo dove volesse andare a parare, e lui sorrise.
“Rev è uno dei capitani migliori che si possa desiderare, ma anche lui può cambiare idea. Se dovesse prendere una decisione che non vi va a genio, tenetelo a mente... Con un po' d'impegno, persino voi due potreste riuscire a cambiare le cose.”
“Non che sia facile, certo.” Aggiunse il più piccolo. “Ma nulla è semplice, no? Si tratta di mettersi in testa di non lasciarsi trascinare dagli eventi sperando che le cose vadano per il meglio, ma dandogli la giusta spinta per far cambiare loro rotta.”
Le urla dei compagni dei due ci raggiungevano ancora, ma sembravano più scherzose.
“Ci conviene sbrigarci, Shads, o quegli stronzi si finiscono il rhum.”
“Andiamo, andiamo...”
I due si diressero verso la fonte delle voci, dietro le mie spalle: sospirai e intrecciai di nuovo le dita, stringendo le labbra.
“Ah, signorina...” Mi sentii richiamare, costringendomi a voltarmi appena per guardare i due.
Il gigante sorrise.
“Benvenute sulla Sevenfold.”

Note: storia scritta a quattro mani con Madness in me.  Questo è mio, di capitolo, e credo che -purtroppo, sigh- si veda.
Siamo contente che l'idea sia piaciuta, la cosa ci sta prendendo davvero un sacco e speriamo di riuscire a continuare in questo modo.
L'offerta del rum per i nuovi arruolati è sempre valida, mentre per il resto dell'equipaggiamento ci stiamo lavorando (soprattutto sui cappellini). Ma è tutto work in progress, parola di pir- marinaia, marinaia.
See ya,

Marinaia Al (e capitano Sah).

  
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