Fanfic su attori > Josh Hutcherson
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Autore: catniss    22/05/2014    6 recensioni
Stati Uniti, Kentucky.
Alaska Hurst. Diciassettenne.
Josh Hutcherson. Ventunenne.

Un passato lasciato alle spalle ma con dei conti ancora insospesi.
Un'amicizia spaccata, troncata a metà, che conserverà per sempre le crepe.
Ricordi assordanti, mancanze implacabili, uragani devastanti, demoni distruttivi. Due vite incomplete.
Due sconosciuti che si conoscono a memoria.
Vi presento Broken Strings.
"La strana intimità di quelle due rotaie. La certezza di non incontrarsi mai. L’ostinazione con cui continuano a corrersi di fianco."
-Alessandro Baricco
Siete pregati di non plagiare.
©atniss .
Genere: Drammatico, Fluff, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Broken Strings
Capitolo terzo.

 
“E pensavo: forse mi ci abituerò. Non mi ci abituai mai.”
- Charles Bukowski
 
 
 
Ora che la magia si era spezzata, Alaska si sentiva ridicola e terribilmente stupida. Si rese conto che il possente castello dentro al quale si era rifugiata durante tutti quegli anni era in realtà un semplice castello di carte. Uno di quei castelli che puoi demolire con un soffio, con un lieve tremolio. E lei si era rifugiata dentro un’illusione. Perché è talmente più facile mentire a sé stessi piuttosto che affrontare la realtà.
Alaska era una codarda. Prima scatenava una guerra e poi, di nascosto, abbandonava la battaglia. Ecco com’era. Cordarda, terribilmente codarda.
Ed in questi casi, cosa bisognava fare ? Alaska, per esempio, aveva scelto di continuare ad essere codarda, rimanendo immobile sotto le calde coperte di Josh. D’altronde, è mille volte più facile nascondersi che affrontare le paure, com'è già stato accennato.
Ed Alaska era sotterrata dalle paure. La sua battaglia contro di esse sarebbe probabilmente durata quanto la Guerra Fredda, se solo fosse iniziata. E lei, semplicemente, preferiva rimanere in disparte. Ma tutto faceva parte della maschera. Lei era fragile, proprio come una rosa.
Ma metteva tante spine attorno a sé per evitare che qualcuno ne venisse a conoscenza. Si proteggeva dalla verità vivendo all’interno di un’illusione che, dolcemente, la stava distruggendo. Un’illusione immaginata con la propria mente e rinforzata con la finta sicurezza che le dava Mags.
            Quando i passi s’avvicinavano, fermandosi davanti alla sua porta, si copriva fin sopra la testa con il piumino: le sembrava la miglior soluzione. L’unica che si sentiva in grado di fare. L’unica che non aveva paura di sbagliare. Eppure Alaska sbagliò anche questa volta. L’ennesima. Alaska aveva sbagliato tutto. Da sempre.
 
«Posso entrare?» domandò Josh in preda al panico quando ebbe infine trovato il doppio coraggio per aprire la porta e la bocca.
Dopo quattro anni, quelle parole suonavano come una domanda molto più profonda e significativa. Come se Josh le stesse chiedendo il permesso di far nuovamente parte della sua vita.
Dopo quattro anni, quelle parole suonavano come “Hei, posso tornare nella tua vita?”. Alaska non rispose. Rimase zitta a contemplarlo; era notevolmente, indubbiamente, spaventosamente, cambiato. Josh era cambiato ed Alaska ebbe paura di lui.
Alaska lo vide come una minaccia per sé stessa, una minaccia per la sua “sicurezza”.
Josh era cambiato e, si sa, i cambiamenti fanno paura a tutte le persone friabili.
Non abbiamo più niente in comune, pensò lei. Difatti rimasero qualche minuto immobili, dimenticandosi perfino di respirare. Accarezzandosi con gli occhi, poiché con le mani non era impensabile.
Poi, Josh entrò e si sedette sul letto. «Come stai?» Quella domanda farfugliata apparve grottesca e terribilmente fuoriluogo. Di conseguenza arrossì ed abbassò lo sguardo. Alaska non reagì; non poteva più nascondersi sotto le coperte.
Il ragazzo fu soppraffatto dalla frustazione e sospirò rumorosamente, alzò lo sguardo ed inchiodò Alaska con i suoi profondi occhi scuri. Nessuno dei due si rese conto del chiasso che i loro sguardi stavano producendo: secondo la razza umana, tutto ciò che non ha bocca non ha voce.
Due, tre, quattro e cinque minuti passarono.
«Senti, Alaska» il suo nome pronunciato da quelle labbra, così lontane, così cariche di ricordi, la fecero rabbrividire. «... mi dispiace. Per tutto. Per Rose, per essermene andato, per i tuoi genitori, per questa situazione di merda, per la casa, per te... Davvero, mi dispiace.» fece una pausa, fissando il verde smeraldo che gli era così familiare negli occhi della ragazza.
«So di aver sbagliato, so di non meritarmi nulla da te, ma io voglio aiutarti, voglio...»
«Io non ho bisogno di te

 



 Salve a tutti.
Grazie per la considerazione: avevo ormai perso ogni speranza. ^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Ma... Consigli? Osservazioni? Imprecisioni? Domande? Errori?

Ditemi tutto in una recensione!

Al prossimo capitolo!

catniss.

 
  
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