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Autore: milly92    22/05/2014    6 recensioni
Stanchi delle solite storie in cui un'alunna e un professore si amano e riescono ad essere felici superando mille ostacoli? Allora questa storia fa per voi, visto che il professore in questione non sa nemmeno che la ragazza con cui ha a che fare sia una sua alunna e non ha per nulla intenzioni "serie"...
"Mi... Mi stai incoraggiando a...".
"Ad uscirci, sì".
Trudy sembra aver assimilato subito e fin troppo in fretta la notizia, in un modo che mi lascia alquanto scioccata. Sembra crederci più di me, quasi quasi. "Sai come si dice in questi casi?".
"Sei fottuta?" suggerisco, melodrammatica come sempre.
"No. "Fake it until you make it"! Fingi! Fingi fino a credere sul serio di non essere una sua alunna e il gioco è fatto, no?".
Da una parte, il discorso della mia amica ha un minimo di senso, dall'altro sono troppo spaventata perchè, per la prima volta in vita mia, rischio di iniziare un cammino caratterizzato dal proibito e ho paura di scottarmi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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20cap

Questo è uno di quei capitoli che non hanno senso se non vengono scritti senza fermarsi, ed è così che è successo a me.
 Ho scritto solo l'inizio qualche giorno prima e poi il resto è frutto di quasi quattro ore di scrittura matta e disperata xD
Comunque... Siamo alla fine, gente!
Oltre a questo, mancano due capitoli e poi l'epilogo.
Ho letto che molti di voi non si aspettavano gli avvenimenti dello scorso capitolo, e sono curiosa di
sapere cosa ne penserete di ciò che accade in questo.
Ovviamente, non vi anticipo nulla ;)
Il titolo del capitolo è preso da una delle short stories di "Dubliners" di James Joyce,
che sto studiando e amando alla follia.
Ah, e visto che ormai conosciamo tutto ciò che c'è da sapere sui personaggi, non ci saranno più i flashback iniziali.
Aggiornerò presto,
buona lettura! :D


Capitolo 20
A Painful Case



 
Quante volte ci soffermiamo a pensare al passato, alle nostre scelte, alle persone che ci siamo trovate al nostro fianco senza sapere come?
Ci ritroviamo a ridere per delle cose che all'epoca credevamo importanti, o a sopravvalutare altre che prima ritenevamo di poco valore, ma sempre con un enorme sorriso nostalgico stampato in faccia, perchè, belli o catastrofici che siano, questi eventi ci hanno condotto ad essere ciò che siamo.
E' così che, senza sapere come, mentre sono sotto la doccia per prepararmi in vista della fantomatica festa di fine triennio, mi ritrovo a rivivere il meglio e il peggio di questi tre lunghi anni, dalle classiche nottate passate sui libri con Trudy alle improvvisate serate in compagnia di amici e birra scadente.
C'è stata l'epoca della felicità assoluta, della spensieratezza e della reale scoperta di ciò che significa avere vent'anni e sentirsi felici e appagati per come procede la nostra vita, poi quella del crollo di tutte le speranze e, infine, quella dell'incertezza, di scelte sbagliate ma che comunque ti aiutano a crescere e a capire che alla tua età non puoi controllare nulla e devi stare alle regole di quel bizzarro gioco che è la vita.
Lentamente, il flusso di pensieri giunge agli avvenimenti di Marzo e, nonostante sia terrorizzata dal dover raccontare tutto a Dario, non riesco a pentirmi di nulla se non di non essere stata sincera con lui e Leo.
Ho imparato a sentirmi più sicura, ad andare avanti, e non so come potrei pentirmi di aver conosciuto una persona come il mio professore, una persona che non ti manda al diavolo nonostante tu l'abbia ignorato nel momento del bisogno e che, a differenza tua, non ti ha mai detto bugie e ti ha sempre detto come stanno i fatti.
- Tra quattro giorni partirà - penso, e, improvvisamente, il pensiero di non poter più vederlo quando ho bisogno di due parole di conforto mi riempie di angoscia.
Sì, ho sbagliato, gli sono sempre stata vicino solo quando ne avevo bisogno, quando tutti i miei amici non c'erano per me per vari motivi, ma, almeno questo, lui lo sapeva e non se l'è mai presa.
Dovrei dirgli che sono una sua alunna?
No, certo che no, che senso ha? Non lo vedrò più, quindi almeno non ci saluteremo con rancore, giusto?
"Lena, sei in bagno da tre ore, sbrigati!".
La voce petulante di Trudy mi risveglia dall'eccessivo flusso di pensieri, così, dopo un: "Ora esco!", mi affretto a uscire dalla doccia e a indossare l'accappatoio, con il residuo di tutti quei pensieri che continua a rimbombarmi in testa.



"A' bella!".
Non ho nemmeno il tempo di uscire dalla mia stanza e recarmi in soggiorno che mi ritrovo un Damiano alquanto sorridente di fronte, pronto ad esibire la sua migliore occhiata da "Se non fossimo amici ci proverei con te".
"A' scemo!" lo rimbecco, per poi avvicinarmi e abbracciarlo. "Sei vivo, quindi! Non ti vedo da secoli!".
"Ho fatto il tirocinio anche io, non sei l'unica impegnata, qui" mi ricorda, dandomi un bacio sulla guancia. "Comunque, vai con Dario, eh? Ci avrei scommesso!".
Provando a non arrossire, abbasso lo sguardo, sorridendo imbarazzata. "Che tu andassi con Trudy invece non l'avrei mai detto" lo rimbecco, provando a cambiare argomento.
"Beh, sai, è il mio dovere provare a tirar su le donzelle tristi e sole" minimizza, scrollando le spalle e lisciando la superfice della giacca grigia che ha indossato sui jeans scuri.
"Prova ad allungare le mani e te le spezzo. Lo sai che a breve tornerà con Davide, no?".
"Sì, me l'ha accennato, ma sai, so essere molto persuasivo" dice, facendo l'occhiolino.
"Provaci e...".
"Non essere minacciosa, dopotutto sei una di quelle che ha pomiciato con me, anche se per finta" mi ricorda, riferendosi al giorno in cui, durante una delle mie lotte contro Germana, fingemmo di esserci trattenuti insieme prima delle lezioni, mandandola su tutte le furie.
"Tanto lo so che scherzi".
"E va bene, sì, scherzo. Ma non scherzo sul fatto che sei una delle amiche che più mi mancherà, quando tutto questo sarà finito" rivela, decisamente sincero e senza alcuna ombra di sarcasmo dipinta in faccia.
"Vale lo stesso per me" ammetto, e ci riabbracciamo, suggellando un'amicizia che nonostante le numerose assenze e il non sentirsi quasi mai è riuscita a sbocciare e a rimanere sempre la stessa, anno dopo anno, se non modificandosi in meglio.
"Ehi, che fai, ti getti addosso al mio accompagnatore? Il tuo non ti basta?" irrompe la voce di Trudy alle nostre spalle, falsamente severa.
Mi giro, ridendo. "Scema, aggiungiti anche tu a questo abbraccio!".
"E va bene! Goditelo, Dami, che sarà l'unica forma di contatto che avrai con me, stasera!".
Ridendo, ci ritroviamo tutti abbracciati, commemorando in qualche istante tutti i momenti passati insieme.
Poi, il mio cellulare squilla, rivelando una chiamata persa da parte di Dario.
"Io... Scendo, Dario è arrivato" mormoro senza fiato, improvvisamente presa da un'ansia assurda, e non solo perchè sto per trascorrere una serata con colui che è sempre stato il mio migliore amico e che ora, a quanto pare, è il ragazzo con cui sto iniziando a vedermi.
"Che senso ha scendere se la festa è su in terrazza?" chiede Trudy.
"Quanto sei ingenua, Trudyna, i due piccioncini si devono prima salutare, fare cose sconce e poi raggiungere noi comuni mortali" la rimbecca Damiano, guardandomi con una malizia assurda.
"Scemo!" riesco solo a dire, con le mani tremanti mentre ripongo il cellulare nella pochette blu abbinata al vestito.
"Non fare la santarellina, Lè, Dario ti muore dietro da anni ed è normale che...".
"Buona serata, ci vediamo dopo!" dico solamente, uscendo in fretta di casa nonostante le scarpe dal tacco abbastanza alto.
Cavoli, direi che Trudy e Damiano sarebbero una bella coppia se lei non fosse fatta per Davide!
Entrambi impiccioni esperti nel descrivere gli scenari più scomodi e imbarazzanti, entrambi ficcanaso e peggio di uno stormo di fangirl che vivono solo per la loro cosiddetta "OTP"!
Cerco di scendere le scale senza problemi e cautamente a causa dell'abito che dietro è eccessivamente lungo mentre davanti arriva a poco più di metà coscia, e quando arrivo all'uscita del condominio prendo un bel respiro, chiudo gli occhi per qualche istante e poi mi decido ad aprire il portone ed uscire, trovando un elegante Dario che mi aspetta appoggiato alla macchina.
Quando mi vede, mi sorride, e non posso non notare quanto sia affascinante grazie al semplice tocco di una camicia e una giacca, senza occhiali e con l'espressione felice.
Sapere che probabilmente la causa di ciò sono io mi fa sentire peggio, perchè ciò che dovrò dirgli probabilmente spazzerà via tutta questa gioia.
"Ehi... Sei stupenda!" dice, avvicinandosi.
"Grazie. Anche tu stai benissimo" rispondo, lunsingata.
Cade un leggero silenzio, ripreso poi da lui, che si guarda intorno.
"Quindi... Non ho capito bene, cioè, la festa la fate nel vostro terrazzo ma l'ha organizzata Germana?" domanda, evidentemente solo per fare conversazione.
"Sì. Cioè, Trudy ne ha approfittato perchè il padrone di casa è fuori, a Firenze, ma poi ha lasciato l'organizzazione a Germana dopo i problemi con Davide. Abbiamo concesso agli altri studenti che vivono qui di venire, in modo da non avere spie" spiego, torturandomi le mani.
"Ah, capito. Allora... Saliamo?".
"Direi di sì, ormai sono le dieci passate, ci sarà gente, no?".
E, in effetti, la gente è già arrivata, anche se non è proprio numerosa.
Il terrazzo è decorato con candele, un modestro buffet ma tanti, tanti alcolici, così Dario subito si affretta a prendere due bicchieri.
"Cosa prendi?" domanda.
"Fai tu, basta che non ci sia la vodka" rispondo, perchè non voglio nemmeno diventare brilla e rimanere lucida per tutta la serata.
"Martini rosato?" propone quindi.
Annuisco, guardandomi intorno, per poi scoppiare a ridere nel giro di tre secondi.
"Che succede?" chiede Dario, porgendomi il bicchiere.
"Guarda dietro di me, a destra".
Lui obbedisce, per poi sgranare gli occhi e ridere, con un verso di disapprovazione.
"Matteo e Elisabetta di nuovo insieme, ti pareva! Si meritano a vicenda" commenta, tra l'incredulo e l'esasperato.
"Hai proprio ragione! Brindiamo?" propongo.
Annuisce, avvicinando il suo bicchiere al mio. "Al tuo sorriso che ultimamente è finalmente ampio e sincero" propone.
Non riesco a non sorridere a mia volta, pensando a quanto sia dolce, e bevo un sorso, salvo poi avvicinarmi al suo orecchio.
"E' inutile che fai così, è il primo appuntamento, non succederà nulla, stasera" sussurro, sentendolo deglutire impercettibilmente.
"E allora faresti meglio a non avvicinarti così tanto a me e a sussurrare" replica, con un tono di eccessivo autocontrollo.
Rido, cercando di non badare a quanto sia strano flirtare con lui, e come compromesso scelgo di bere ancora un po', sotto il suo sguardo attento e rapito.
L'arrivo delle altre ragazze allevia un po' la tensione, anche se la situazione è un po' strana visto che di sicuro tutti sanno che siamo venuti insieme alla festa ma fanno finta di non sapere, a differenza di Trudy e Damiano, che si scatenano sulla pista da ballo e mi obbligano a scattare qualche foto da postare su Instagram "Così Davide le vede e capisce che non deve nascondermi mai più nulla".
Germana, invece, avvolta in un lungo e complesso abito rosso, non mi rivolge nemmeno la parola, ma non ci bado, perchè per stasera non ho bisogno di ulteriori drammi.
"Non l'avrei mai detto" dice Dario qualche ora dopo, mentre balliamo una musica stranamente lenta dopo tutte quelle house e commerciali che si sentono in giro.
"Cosa?" chiedo, mantenendo il contatto visivo.
"Questo. Io, tu, questa festa, questo appuntamento... Mi sembra tutto troppo irreale e... Perfetto, sai, come se tutto stesse andando per il verso giusto, finalmente, dopo tanto tempo" rivela, stringendomi di più a sè e accarezzandomi il volto con dolcezza.
Ovviamente, la mia reazione non è delle migliori, perchè mi manca l'aria per qualche frazione di secondo e mi sento uno schifo per essere quella che invece sa che non è tutto così perfetto, perchè la sincerità tra noi ha un'enorme crepa che deve assolutamente essere risanata.
"Cos'hai?" chiede, vedendomi così strana.
Sospiro, per poi stringermi a lui con forza e beandomi del suo calore. "Vieni, devo dirti una cosa" mormoro a malincuore, usando tutto il coraggio che possiedo e che ho provato solo quella volta che sono andata da Leo per dirgli tutto salvo poi trovare Germana a casa sua e annullare tutto.
Mi separo dalla sua stretta e lo prendo per mano, trascinandolo fuori dal terrazzo, sotto lo sguardo curioso di qualche nostro amico.
"Lena, mi dici che succede?" continua a chiedere, preoccupato.
"Aspetta" dico solo, conducendolo fuori il mio appartamento e aprendo la porta con le mani di nuovo tremanti, quindi con una certa difficoltà.
Lo faccio sedere sul divano del soggiorno, mentre poso la pochette sul tavolino e mi siedo al suo fianco.
Fissandolo, mi chiedo se dopo la mia confessione si arrabbierà a morte o sarà solo stupito e incredulo, ma so che probabilmente non tutto sarà come lo è ora, almeno non subito.
Perciò, spinta da questo pensiero, seguo il mio istinto e mi sporgo con uno slancio eccessivo verso di lui, poggiando le mie labbra sulle sue e ricevendo subito una pronta risposta a questo bacio che, da parte mia, sa di disperazione e cose non dette.
So di non essere coerente con ciò che gli ho detto poco fa, ma, ormai, quand'è che sono stata coerente ultimamente?
Tuttavia, a Dario non sembra importare della mia incoerenza, perchè nel giro di pochi istanti riesce a trascinarmi di peso su di sè, baciandomi con una voluttà che non pensavo potesse possedere, per poi trattenermi a sè con una mano su un fianco mentre l'altra vaga sotto il mio vestito, accarezzandomi con bramosia una gamba.
Sentendo che le cose ci stiano sfuggendo di mano, pongo fine al bacio, seppur un po' febbricitante e accaldata, maldicendomi per ciò che ho combinato in passato che ora mi costringe a porre fine a questo momento. Dario ci sa fare, eccome!
Colpevole, lui subito distoglie la mano dalla mia gamba e si allontana, seppur guardandomi con un'aria ancora frastornata.
"Scusami, non dovevo, è che non me lo aspettavo, avevi detto che...".
"Ti ho baciato perchè non so se avrai voglia di vedermi ancora dopo quello che ho da dirti" confesso tutto d'un fiato, alzandomi e sistemandomi il vestito messo alla prova dalle sue mani.
Confuso, Dario mi squadra senza capire, in silenzio, sconcertato.
"Cosa devi dirmi?" chiede infine.
"C'è... C'è una cosa che omesso negli ultimi due mesi, che sanno solo Trudy, Germana, Davide e Lisa. Avrei dovuto dirtela, ma non ne ho mai avuto il coraggio, probabilmente temevo il tuo giudizio, non volevo deluderti e..".
"Hai ammazzato qualcuno?" ironizza, forse per alleviare la tensione.
Mi blocco - perchè sto passeggiando freneticamente per la stanza - e scuoto negativamente il capo, amareggiata.
Vorrei saltare questo momento, quello della confessione, e giungere a quello tanto temuto della reazione, ma so che è impossibile e che mi tocca pagare le conseguenze di mesi di silenzio e omissioni.
"Ma no! Io... Vedi, è successo tutto in fretta, mi sentivo insicura dopo la rottura con Matteo e...".
"Lena, che cazzo devi dirmi?" sbotta, impaziente, alzandosi e marciando verso di me, preoccupato.
Maledetta me, maledetta me! Ora avrei potuto avere una serata fantastica con il ragazzo più buono e dolce che conosca e invece devo rovinare tutto come al solito!
Ma devo dirglielo, devo, devo, non posso basare un eventuale rapporto su un castello di menzogne fragile come se fosse fatto di carte.
Non so come, trovo il coraggio di guardarlo negli occhi, sentendo il labbro inferiore che mi trema come non mai per la paura e il nervosismo.
"Io... Da marzo ad aprile sono uscita con... Con Leonard Scott, il nostro madrelingua. Ma lui non sa chi io sia, ecco perchè non ho mai frequentato il suo corso. E... Ultimamente l'ho rivisto e ci siamo ribaciati ma solo perchè ero arrabbiata perchè credevo...".
"Ferma, ferma, ferma! Ma che diavolo stai dicendo?" mi blocca Dario, con la fronte contratta, un cipiglio incredulo, la faccia tipica di chi sta ascoltando un'assurdità.
Deglutisco, pensando che potrei cavarmela in calcio d'angolo biascicando un falsissimo: "Scherzo!", ma scaccio il pensiero, limitandomi ad annuire tristemente.
"E'... E' la verità. Mi sono cacciata in un pasticcio, lo so, e...".
"Mi stai dicendo che sei andata a letto con il madrelingua di inglese?" urla, scandendo ogni singola parola per l'incredulità.
Sento il mio stomaco attorcigliarsi, le gambe che stanno per cedere e le lacrime agli occhi, ma provo a resistere e a non accasciarmi per terra.
"Sì, ma è successo solo una volta! Per lo più siamo usciti! Mi ha visto a lavoro e ha insistito per conoscermi, non sapevo che fare e...".
Dario, avvilito, si passa una mano tra i capelli e mi guarda come se fossi un'estranea appena uscita da un manicomio dopo tanto tempo. Leggo delusione, confusione e sconforto nei suoi occhi, e sapere di esserne la causa mi fa sentire come il peggior essere umano esistente.
Ho sempre accusato gli altri di essere la causa della mia sofferenza, di avermi trattato male, mentre oggi, anzi, in questi mesi, è toccato a me mentire, omettere informazioni necessarie per essere sincera con chi dice di tenere a me.
"Quindi, in questi mesi, quando non eri a casa uscivi con lui?".
"Nella maggior parte dei casi, sì. Ma,ti ripeto, lui non significava nulla, ma mi ha aiutato a sentirmi meglio con me stessa...".
"Come, facendo la sua puttana?" strilla, con un'occhiata assassina che non dimenticherò mai.
Stordita e colpita nel profondo, sento il fiato mancarmi e il cuore che sta per esplodere di fronte a quell'insulto.
"Cambierebbe qualcosa se non fosse un nostro insegnante? Anche tu hai avuto storie di sesso occasionale e non ti ho mai giudicato! Se ce l'hai con me per la bugia va bene, ma...".
"Ma cosa? In tutti questi anni hai criticato persone come Germana, Elisabetta, mentre ora non ti fai problemi a farti un professore, mentendogli, e ovviamente nascondendolo in giro! Io... Non ho parole, cioè, sei sicura di essere la Lena che conosco io?".
Non riuscendo a celare le lacrime, trattengo un singhiozzo e lo guardo, vedendolo in maniera offuscata a causa del pianto.
"Non sono la stessa di tre anni fa, Dario! Sono cambiata! Se ora ho dimenticato il mio ex, sono andata avanti e ho capito che anche da sola valgo qualcosa, lo devo anche a quest'esperienza!" gli urlo contro.
"Non sono sicuro che mi piaccia questa Lena, ed è buon per lei che abbia imparato che anche da sola vale qualcosa. Io... Non ce la faccio, non ci capisco nulla, non so chi tu sia" dice infine, sconfortato, per poi alzarsi e uscire di casa sbattendo la porta, lasciandomi sul serio da sola, in una valle di lacrime e rimpianti infiniti.
Mi accascio per terra, tremante e singhiozzante come non mai, sentendo di aver perso tutto, anche quella che ero solita essere fino a poco fa.



"Lena!".
Saranno circa le tre del mattino, e, a quanto pare, la festa è appena finita.
Me ne sto seduta sul pavimento, in un angolo della mia stanza, da non so quante ore, illuminata solo dalla fioca luce della luna e dalla mia coscienza sporca.
Trudy, preoccupata, mi scuote per vedere qualche mia reazione, visto che mi sta chiamando da secoli ma non ho avuto la forza di risponderle.
Al suo fianco, spunta Davide, e se non fossi troppo presa dai miei disastri, mi domanderei se hanno fatto pace.
"Trudy" replico, asciutta.
"Che cosa è successo?" chiede, preoccupata, togliendomi i capelli dal viso e accendendo la luce con un movimento febbrile.
"Dario sa, gliel'ho detto. E' andata male, ovviamente. Me lo merito" sussurro.
"Oh!".
La mia amica mi stringe a sè, accarezzandomi e cullandomi come se fossi una bambina delicata, per poi dire a Davide: "Amore, stanotte dormo con lei, tu dormi nel mio letto" con aria pratica, per nulla dispiaciuta.
Davide mi si avvicina a sua volta, dopo aver sussurrato "Certo", e mi accarezza una guancia.
"So che ora ti starai odiando, ma pensa a tutte le cose belle che hai fatto. Mi hai convinto a parlare con Trudy e ho capito che dovevo essere onesto, ed ora stiamo di nuovo insieme. Se non fosse stato per te, ci avrei impiegato molto di più, fidati. Dario capirà, come ha capito Trudy".
"Infatti, grazie, tesoro. Passerà".
"Non credo... Ha detto che sono una puttana" rivelo, sforzandomi di non piangere ancora e ancora.
Loro, agghiacciati, replicano con voci indignate e poi rassicuranti, e non so come, alla fine, mi ritrovo di nuovo sola con Trudy.
"Hai fatto la cosa giusta, Lena, davvero. Ora proviamo a dormire e domani affronteremo tutto insieme, te lo prometto" mi rassicura, aiutandomi ad alzarmi e continuando a sostenermi fino a raggiungere il letto.
"Ti voglio bene" riesco solo a dire, con un sussurro ma significativo.
"Anche io, piccola, non sai quanto. Passerà, e te lo dice una che ci è appena passata".
Non tanto convinta ma rassicurata da quel tono dolce, la riabbraccio, per poi non ricordare nulla di significativo fino al giorno dopo.


Germana's POV

Lentamente, mi metto a sedere e mi affretto a recuperare il mio intimo insieme all'abito lungo che indossavo alla festa.
Alla mia destra, sento fruscii e rumori vari, e capisco che anche lui si sta rivestendo.
Non mi ero mai sentita così strana e pensierosa dopo essere andata a letto con qualcuno, eppure questa volta è così, non so bene cosa dire o fare, e mi sento estranea nella mia stessa camera.
Tutti sono alla festa, a festeggiare questi tre anni che, almeno per me, sono volati, a dirsi frase smielate e di sicuro false, ma tutto questo non fa per me, assolutamente. Ho festeggiato a modo mio, penso, guardando la bottiglia di vodka alla fragola appoggiata per terra e quasi tutta intera, eppure mi sento in tutti i modi tranne che spensierata e felice come lo si dovrebbe essere dopo dei festeggiamenti.
"Se vuoi puoi rimanere qui" dico, speranzosa senza volerlo, perchè, sì, accipicchia, stanotte voglio il calore di qualcuno al mio fianco, solo per illudermi di sentirmi protetta.
"No, grazie, torno a casa".
"Corri, scappa, mi raccomando, eh" lo apostrofo, sarcastica come non mai.
"Ma no!". Mi si avvicina e mi guarda come si guarderebbe una creatura maltrattata dal circo, e non lo sopporto, perchè odio essere compatita dagli altri. "Io... E' stato inaspettato e immagino sia stato il nostro modo di salutarci".
Sospirando, annuisco, ricordando quando, circa un paio di ore fa, ci siamo incontrati, anzi, scontrati, e siamo finiti a parlare di tutto e di nulla, così, non sapendo perchè, gli ho rivelato di aver deciso di partire e andare a vivere con mio padre a Bologna e tornare a Napoli solo per sostenere gli esami, ora che sono finiti i corsi.
Proverò a perdonarlo, a ricostruire un rapporto, perchè so che non riuscirò mai a fidarmi di nessuno se non imparerò a fidarmi prima di lui, l'uomo che mi ha messa al mondo.
"Ti senti in colpa?" chiedo a bruciapelo, sapendo di star indossando il mio solito sorriso strafottente.
"Al momento non so nulla, Germana" mi risponde, neutro e amareggiato.
"Beh, quando lo saprai fammelo sapere" lo prendo in giro.
Rovisto nella mia borsa e ne estraggo un pacchetto di sigarette, offrendogliene una.
"No, grazie. Io... Devo andare, Germana. E' stato bello parlarti".
"Solo quello?" lo provoco.
Non risponde, per poi infilarsi la giacca e lasciarmi un ultimo sorriso di circostanza.
So che non vede l'ora di fuggirsene, lo so eccome, e trattenerlo quasi mi diverte, mi fa sentire sadica, perchè non devo essere l'unica a soffrire e a pagare le conseguenze di scelte sbagliate.
"Vai, vai" dico infine.
"Ciao, ci... Vediamo in giro" mormora, agitando la mano in segno di saluto e affrettandosi ad uscire.
"Ciao, Dario".
  
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