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Autore: Sabriel Schermann    22/05/2014    3 recensioni
“A volte, guardando il cielo infinito, provo un enorme senso di tristezza.
Il mio passato pesa sulle mie spalle più di quanto pensassi.
Ogni volta che ripenso a lui, mi sento così debole e fragile. Un senso di vuoto e malinconia mi avvolge, e non riesco più a liberarmene.
Mi sento così stupida. Adesso che è tutto finito, non c'è più nessuno su cui io possa contare.
Sono sola come una foglia nel vento d'estate".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Musa, Nuovo personaggio, Riven
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando Musa si svegliò capì di essere in infermeria, stesa sul piccolo lettino.

Fuori era buio, ma capì che doveva essere mattino presto.

La luce era accesa, e sul comodino accanto al letto vide dei fiori freschi immersi in un po' d'acqua.

Con quei fiori rosa pallido, l'infermeria sembrava davvero una stanza come tutte le altre, se non fosse stato per quel vuoto così malinconico: non c'era un mobile, era tutto completamente vuoto, a eccezione della sedia di legno nell'angolo vicino alla finestra.

Guardando quei fiori, Musa si ricordò improvvisamente della stanza di Riven.

Si ricordò del biglietto, della loro foto, del diario.

E quando questi pensieri la raggiunsero, cominciò a tremare.

Aveva paura, ma voleva andare in fondo a quel mistero.

Chi era la donna misteriosa incinta che scriveva su quel diario?

Era forse lei Lorelei? E perché Riven aveva questo diario? Che legame aveva lui con questa donna?

Rifugiandosi sotto le coperte calde, Musa pensò che doveva trovare una risposta a queste domande.

Ma qualcosa, una paura sconosciuta e terrificante, glielo stava impedendo.

Era un'ansia feroce, che le prendeva lo stomaco e lo stritolava forte.

Era come un presentimento che se avesse scovato più a fondo, qualcosa sarebbe andato storto.

Ma cosa? Sapeva che le fate fossero costantemente in pericolo, ma non poteva rischiare la propria vita per qualcosa che non le apparteneva nemmeno.

In fondo non era neanche più un affar suo. Riven stesso non era più un affar suo.

Ma mentre questi pensieri le affollavano la mente, vide un'ombra alla luce della porta.

Poi alzò lo sguardo timorosa, e vide la figura di Flora sorriderle tranquillamente, per poi andarsi a sedere accanto a lei.

Appena la vide, Musa abbassò lo sguardo dispiaciuta, mormorando con un fil di voce:”Dì ad Aisha che mi dispiace per la sua festa...quando quella ragazza gli si è avvicinata non ci ho visto più”.

La fata sorrise, poi le accarezzò dolcemente il viso.

“Non preoccuparti, Musa. Capisco cosa significa perdere qualcuno che si ama. E' stata comunque una bella festa”.

Musa chiuse gli occhi, stanca di tutta quella faccenda. Non voleva rovinare la festa di compleanno della sua amica, ma non l'aveva fatto apposta.

Si sentiva come se fosse stata manipolata dalla stessa forza che quella mattina la spinse ad aprire il cassetto del comodino di Riven.

Poi riaprì gli occhi e osservò Flora.

Indossava ancora l'abito da sera, probabilmente Musa doveva essersi persa buona parte della festa.

“Non vedo l'ora di andarmene da qui”, disse con una sincerità sconcertante anche per se stessa.

“Vorrei potermi allontanare al più presto da questo posto in cui ho vissuto le più belle e le più brutte esperienze”.

Era la prima volta che apriva il suo cuore in questo modo con la ragazza.

“Non vedo l'ora che tutto finisca, esattamente come è cominciato”, sussurrò ancora.

Poi Flora le sorrise, e alzandosi, le disse di riposare.

Probabilmente aveva inteso le sue parole come un segno di esasperazione momentanea, come qualcosa dettato dalla rabbia e dal rancore della serata appena passata.

Vide l'ombra della fata scomparire lentamente alla luce della stanza, lasciandola sola.

Poi Musa chiuse gli occhi, restando così per molto tempo.

Sentiva il silenzio attorno a sé entrarle nelle orecchie e sembrarle così assordante e insopportabile.

Poi un suono la destò dal suo coma.

“...posso?”, mormorò una voce.

Lei la riconobbe subito, pur non essendole ancora molto familiare.

“Ciao, Daisuke”, disse mettendosi a sedere.

“Ciao”, la salutò timidamente lui, sedendosi esattamente dove si era seduta prima la sua amica.

“Volevo solo sapere come stavi. Sai, ho assistito a tutta la scena, e allora...”

“Sì, grazie”, sussurrò Musa di rimando.

Poi incrociò le mani, riflettendo su ciò che poteva dire in quel momento.

“Io e quel ragazzo stavamo insieme fino a poco tempo fa. Poi mi ha lasciato”, mormorò lentamente.

Il ragazzo asserì con la testa.

“Mi ha vista con altri. Ma è una storia lunga, forse non ti interessa”, disse la fata alzando lo sguardo.

“Ma no, figurati...mi interessa conoscerti meglio”, disse sorridendo il ragazzo.

Musa sorrise, intuendo cosa effettivamente si celava dietro quelle parole.

“Senti, io non vorrei aver frainteso, ma...ecco, io lo amo ancora”, sussurrò Musa guardandosi le mani.

Il ragazzo sorrise:”No, scusami, forse mi sono spiegato male”, disse imbarazzato,”non intendevo dirti questo. E' che mi sembri una persona interessante. Mi piace il tuo carattere, il tuo modo di fare. Per questo vorrei conoscerti meglio...un uomo e una donna non possono essere amici?”.

Musa sorrise timidamente, poi distolse lo sguardo.

Restarono in silenzio qualche minuto, quando lei lo ruppe.

Quella sera, o forse era meglio dire ormai quella mattina, Musa voleva essere più sincera che mai.

Avrebbe voluto urlare al mondo la sua tristezza, per poi magari risvegliarsi di nuovo tra le braccia di Riven.

Le persone non si amano a metà, Musa.

Perché non capisci che ti amo, Riven? Perché non lo capisci?

Poi aprì la bocca, insieme al suo cuore lacerato.

“A volte, guardando il cielo infinito, provo un enorme senso di tristezza.

Il mio passato pesa sulle mie spalle più di quanto pensassi. Ogni volta che ripenso a lui, mi sento così debole e fragile. Un senso di vuoto e malinconia mi avvolge, e non riesco più a liberarmene.

Mi sento così stupida. Adesso che è tutto finito, non c'è più nessuno su cui io possa contare.

Sono sola come una foglia nel vento d'estate”.

Un silenzio irreale li avvolse.

Nell'aria si sentivano soltanto i respiri profondi e la tensione scaturita dalla sincerità della fata.

Musa non riusciva quasi a credere di aver detto esattamente ciò che pensava.

Per la prima volta, aveva espresso i suoi pensieri in un modo così chiaro da stupire anche se stessa.

Non passò molto tempo perché si vergognasse delle sue parole.

Ma il ragazzo la rassicurò:“Chi vola alto è sempre solo”.

Poi le poggiò una mano su una spalla. Rimasero così per molto tempo, ognuno ipnotizzato nello sguardo dell'altro, cercando una risposta nei loro occhi sinceri.

Ma la mattina passò, insieme al pomeriggio e alla sera, ed entrambi non trovarono nessuna risposta.

   
 
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