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Autore: Rio Kastle    22/05/2014    1 recensioni
Dal capitolo 1:
"Sola. Completamente sola. Solo la dolce brezza primaverile le accarezzava i capelli. Tutti quelli che conosceva e che aveva amato l’avevano abbandonata. Era come se fossero andati via, senza ricordarsi di lei. Ed ora voleva solo raggiungerli. Ne era convinta. Se fosse andata a trovarli forse si sarebbe sentita meglio. Avrebbe riabbracciato il suo fratellino, i suoi genitori, il suo Alex.
Sapeva anche la strada. Avrebbe usato quella che avevano percorso tutti. Sarebbe passata per il lago. Era la via più sicura. La più veloce."
Luna vuole solo farla finita. Non per paura o per depressione come tanti, ma perchè le sembra la cosa più ragionevole da fare. Ma qualcosa, una forza più forte di lei e di tutti noi le impedisce di fare quella scelta. Luna capirà ben presto che dalle perdite più grandi può nascere qualcosa di nuovo e meraviglioso, e che la vita vale molto, troppo per essere gettata via.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 4
 
 
 
Tutti avevano creduto alla storia di quel ragazzo. Eppure in lui c’era qualcosa che non tornava. Il suo modo di fare, di parlare, e poi presentarsi così… dov’era stato per le due settimane dopo l’inondazione? Se non era stato al campo dove si era rifugiato?
Luna non ci credeva… Non riusciva a crederci. E poi il fatto che appena arrivato avesse quella confidenza con lei. Non riusciva a capacitarsene.
Era arrivato quella mattina. Si era presentato ai volontari del servizio civile dicendo di essere rimasto per giorni bloccato all’ultimo piano di casa sua.
« Non mi hanno trovato perché mi nascondevo. Non volevo che mi portassero via da casa perché non volevo lasciare la mia famiglia… erano morti tutti lì, e per me loro vivevano ancora dentro quelle mura. Solo qualche giorno fa mi sono convinto che erano solo quattro pareti di cemento, e non erano esse a legarmi a loro. Così ho raggiunto questo campo. »
I volontari non fecero altre domande. Non volevano sapere nient’altro. Avevano troppo da fare per interessarsi alle storie di un ragazzino. Ma non era possibile.
Lei era seduta a pensare, come spesso faceva, con lo sguardo fisso su un punto. Lui non fece come gli altri. Non la evitò. Anzi, la prima cosa che fece fu andarle incontro.
« Ciao! » Non credo di poter descrivere la gioia immensa che provò nell’istante in cui pronunciò quella singola, semplice parola. La felicità che sentiva dentro nel poterle finalmente parlare. Neanche lui ci credeva. Per anni era rimasto a guardarla, senza poterle rivolgere la parola. Si sentiva così vicino eppure così lontano da lei… aveva provato varie volte a parlare con lei, ma come farsi capire? A volte la sera perdeva le ora a raccontarle storie meravigliose di posti lontani. Lui aveva viaggiato molto, ed ogni volta che tornava le raccontava tutto ciò che aveva visto, sentito, tutte le leggende dei posti in cui era stato e tutte le storie che giorno dopo giorno, anno dopo anno si tramandavano di madre in figlio. Era stato in luoghi dove non le persone erano per la maggior parte analfabete, e si meravigliava nel vedere come ricordassero tutto nella loro memoria, di come la sera si riunissero nonni e bambini nelle piazze per raccontare storie fantastiche, e di come per loro fosse importante anche la più piccola e insignificante parola. Quel “ciao” per lui valeva molto di più.
Luna  non rispose subito. Dovette impiegare parecchio tempo prima di capire che quel ragazzo stava parlando con lei. Nessuno le rivolgeva la parola nel campo, e si sorprese nel sentirsi parlare, così d’improvviso.
A casa sua era una ragazza molto amata. In paese la conoscevano tutti, dal farmacista al pescivendolo, dal preside del piccolo istituto comprensivo, alla signora Booker, che vendeva antichi manufatti in legno nella piazza principale. Frequentava l’ultimo anno delle medie. Era una ragazza socievole e simpatica, e non aveva mai avuto difficoltà nel farsi degli amici.
Da quando era al campo però, si era chiusa in se stessa. Ogni più piccola parola che tentava disperatamente di uscire dalla sua bocca, veniva ricacciata indietro bruscamente. Durante la catastrofe aveva perso tutti, e aveva deciso che non avrebbe più amato nessuno. Non voleva rischiare di soffrire in quel modo un’altra volta.
Al campo non c’era nessuno che venisse dal suo paese. Era molto piccolo ed era stato distrutto completamente. Nel momento dell’inondazione, lei non c’era. Aveva preso il treno la mattina, per andare a trovare una sua amica che si trovava molto lontano da lì. Al suo ritorno, alla stazione, non trovò sua madre, né suo padre ad aspettarla. C’era una donna che indossava una maglietta arancione.
« Sei tu Luna Irace? » Le chiese la donna con gentilezza.
« S-sì. Lei chi è? »
« Mi chiamo Sara tesoro, ho una brutta notizia. »
« Che cosa è successo? »
« Una cosa terribile Luna. C’è… c’è stata… » Neanche lei trovava le parole per dirglielo. Poche ore prima ci fu un litigio su chi si sarebbe dovuto occupare di andare a prendere alla stazione la ragazza. Nessuno voleva. Nessuno aveva il coraggio di darle questa notizia. Del resto non è facile per nessuno. Non puoi andare da una quattordicenne e dire semplicemente “i tuoi sono morti”. E’ difficile per chiunque abbia ancora un briciolo di cuore al suo interno. E, suo malgrado, Sara ne aveva molto. Era da sempre una donna gentile, e nel servizio civile era la più amata dai bambini. Spesso si affezionavano talmente a lei, che quando arrivava il momento di tornare alle loro case preferivano restare. Era una donna sulla quarantina, non molto alta, capelli neri come la pece ricci. Aveva un paio di occhi che sembravano gocce di petrolio.
Guardò Luna dritta negli occhi, e i suoi scuri, sembravano perdersi in quelli chiari e preoccupati della ragazza. Li fissò attentamente. Le sembrava che avesse ancora uno sguardo infantile, di chi non ha ancora appreso i problemi del mondo che lo circonda. In quel momento avrebbe voluto sparire. Non voleva essere lei a dover cambiare per sempre lo sguardo di Luna. Non voleva e non poteva. Ma lo fece. Inspirò profondamente. Le poggiò le mani sulle spalle, e con voce dolce iniziò:
« Faccio parte dei volontari del servizio civile. » Il cuore di Luna ebbe un sussulto.
« Purtroppo… c’è stata un’inondazione. Il fiume ha superato la diga e… »
« Ma… com’è possibile… non ha piovuto! »
« Lo so tesoro, non è colpa della pioggia. Purtroppo è stato trovato un guasto. Il paese… è stato distrutto. Mi dispiace molto. »
Luna abbassò lo sguardo. Strinse i pugni, fino a sentire dolore ai palmi delle mani. Poi cadde a terra. Era come se tutto d’un colpo tutte le forze l’avessero abbandonata, come tutti quelli a cui teneva di più. Ma non pianse. Non versò una lacrima. Questa fu la cosa che sconvolse di più Sara. Lei non piangeva. Era lì, seduta a terra con lo sguardo improvvisamente vuoto. Ma come ho già detto, lei lo sapeva. Non l’avevano abbandonata, li avrebbe raggiunti, presto o tardi. Ma l’unica cosa che pensò Sara, fu che lei non volesse bene a nessuno. Questo fu l’inizio della sua reputazione al campo.
Ormai tutti la chiamavano “l’eremita”, perché passava la maggior parte delle ore seduta da sola, e perché, proprio come gli eremiti, non aveva affetti, e per quanto ne sapevano loro, non ne aveva mai avuti.
« Ciao » dovette ripetere. Stavolta lo notò.
« Ciao » Rispose fredda. Era strano. Lui la conosceva come una ragazza simpatica, dolce e romantica, non come gli si presentava ora. La trovava arrabbiata e scontrosa.
« Come ti chiami? » disse Lui. Conosceva ormai anche troppo bene il suo nome, ma non poteva farglielo sapere.
« Luna » Rispose, ancora senza voltarsi.
« Luna… che bel nome, non trovi? »
« Sì » Abbozzò un sorriso, ma quando se ne accorse tornò seria. « Chi sei? » Chiese, rimanendo ancora girata dall’altra parte.
« Jack » Ci fu un attimo di silenzio tra i due, finché Lui non intervenne:
« Ti va di fare un giro? »
Per tutta la conversazione era rimasta voltata dall’altra parte, ma nell’udire quella proposta un qualcosa dentro di lei si smosse, e fu costretta a guardarlo. Appena si girò, rimase abbagliata. Si ritrovò davanti ad un paio di occhi. Ma non ne aveva mai visti così. Era come… se le sue iridi fossero scomparse. Erano praticamente trasparenti, ma non sempre. Appena Lui sbatté le palpebre, Diventarono blu, blu come la notte che Luna amava tanto. Poi cambiarono ancora e diventarono azzurri come il cielo a primavera, quando il sole ti scalda dolcemente la pelle. Solo allora tornarono al loro stato originale. Rimase diversi minuti incantata a fissare quegli occhi meravigliosi. A Lui non dispiaceva affatto, anzi. Per la prima volta poté osservare bene quelli di Luna. Erano verdi, come il prato che spesso accarezzava d’estate, come gli alberi che creavano grandi zone d’ombra nei parchi delle città.
Verdi. Pensò a come stessero bene quegli occhi con i suoi capelli rosso fuoco. Non ci aveva mai fatto caso. Vide per la prima volta quanto lei fosse bella. Anche con il viso storpiato dal dolore, e scolorito dall’immensa tristezza. Anche senza un sorriso. Così. Pensò che era stupenda così com’era, e che non l’avrebbe cambiata per nulla al mondo.
  
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