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Autore: Xandalphon    23/05/2014    4 recensioni
Ed eccole lì, le righe di un foglio. Che desiderano solo di essere riempite. E perché mai noi dovremmo obbedire al loro desiderio? Semplice: per scoprire chi siamo veramente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti ricordi quando ancora scrivevi? Sì, lo so che ti ricordi ancora il bianco del foglio.

Con le sue righe orizzontali poste in severa, ineccepibile frequenza, che erano un affronto, una oltraggiosa sfida all'armonia, alla bellezza dell'io, che lo spingeva a comunicarsi.

Era necessario riempirle con qualcosa, queste righe, qualsiasi cosa che dicesse, esplicitamente o semplicemente implicandolo, “Chi sono io?...sono qualcosa, ma cosa?” Ed il foglio, leggiadramente, con un fruscio rispondeva:

“Già, chi sei tu? Seguimi e scopriamolo insieme...”

E con la grafite di una matita, o con l'inchiostro di una penna, la carta, quasi recasse nascosta nella pasta di cui era fatta una dote preziosa, ti guidava attraverso valli boscose, castelli arroccati sulle montagne, con eserciti pronti a sacrificare tutto pur di conquistarli; ti faceva viaggiare sulle galee di Bisanzio o sulle ali dell'angoscioso vuoto della mente di una pazzo, che pregava che fosse colmato; ti immergeva fin sopra i capelli nei labirinti di una felicità talmente lancinante da essere quasi pari al dolore, ti permetteva di...

Cercare, e poi trovare.

Di cercare l'amore, la bellezza.

Sì, la bellezza di qualcosa di più grande della vita, che non pativa alterazione, che non poteva essere stuprato da alcun assassino o strano, mistico potere arcano.

Di qualcosa di oltre la vita, che poteva perdersi mille volte, sbiadirsi, ma mai morire!

Di qualcosa di oltre la vita, che la conteneva, l'annichiliva, ma che poi ben volentieri te la rendeva, ma con un'intensità, una forza raddoppiata, triplicata, centuplicata.

Alla fine del viaggio la carta ti faceva un occhiolino e ti diceva:

“Allora, hai scoperto cosa sei?”

“Sì, sono un uomo”.

“E perché, di grazia, ti arroghi il diritto di appartenere veramente al genere umano?”, ti faceva lei, di rimando, con una punta di malizia.

“Perché in questo istante io vivo, e sono felice per questa mia vita nel mondo che mi circonda, bello o brutto che sia”.

“Ma – diceva lei, affettando uno sguardo pudico – domani te ne ricorderai ancora?”

Al che tu guardavi le righe infinite di fronte a te, gli rivolgevi un caldo sorriso. Caldo quanto il più amorevole abbraccio, e rispondevi:

“ Forse no. Ma so che tu sarai ben felice di accompagnarmi in un altro viaggio”.

Ed ecco, tutti i mondi paralleli e tutte le speculazioni e pensieri che avevi impresso con la tua mano uscivano, e prendevano forma.

E una damigella biancovestita ed un nobile cavaliere, magari dai modi un po' rudi, ti prendevano per mano, si inginocchiavano e ti sussurravano:

“Saremo ben lieti, messere, di aiutarvi nella vostra avventura”.

Ed ecco che anche tu ti inginocchiavi e replicavi: “No, credo che sarò io a esservene grato”.

  
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