Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: lunadelpassato    23/05/2014    1 recensioni
"Le urla disperate provenivano da sotto di loro, così abbassarono la testa nello stesso momento verso la dura terra che si estendeva oltre il cancello. Davanti, un piccolo fagotto informe si muoveva energicamente, mentre urlava a più non posso.
Elsa era paralizzata dal terrore. Anna, invece, si chinò lentamente a terra, inginocchiata proprio accanto al fagotto, e scostò un lembo di quello che sembrava un vecchio straccio scuro.
Intanto il cielo brillava più che mai."
"- Oggi fa più freddo dell’ultima volta delle luci- notò sussurrando tristemente al cielo.
- È quello che penso anch’io- le rispose una voce ignota.
Aprì gli occhi di scatto e si girò indietro, sorpresa. Dietro di lei, solo la stanza ghiacciata illuminata dalle luci mistiche.
-Anna?- chiese tremante frugando con lo sguardo ogni angolo della stanza in penombra.
-Mi senti?- riprese la voce meravigliata.
Elsa fece qualche passo indietro e si rigirò di scatto verso la finestra, le mani pronte a sferrare un’ attacco.
- E mi vedi?- sussurrò il ragazzo."
Jelsa con un bambino abbandonato e il suo fratellastro. presenza di Kristanna e accenni di altre opere.
Nata da una frase di Let it Go: I'm one with the wind and sky
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La stanza era particolarmente gelida quella mattina.
Damio stava giocando con alcuni cubi colorati che aveva trovato nel castello, e con quelli formava delle parole.
-B...A...L...E...N... poi cosa viene? Umm... la A! B-A-L-E-N-A!
Mise un cubo verde alla fine della fila formata da altri cinque, per poi rimirare il risultato soddisfatto.
Si annoiava a giocare tutto solo, ma quel giorno lo zio Kristoff era a lavoro, mentre la zia era in città. Mentre guardava quei cubi messi in fila, gli venne un'idea. Con il piccolo indice della mano destra indicò il primo quadrato davanti a lui, e agitò il dito velocemente come ad imitare un mago farlocco. Ma, al contrario del mago farlocco, a lui la magia funzionò: dove prima c'era un bel blocco scarlatto, ora una piccola farfalla rossa si guardava disorientata. Agitò piano le antenne delicate guardandosi intorno e poi, dopo una scrollatina alle ali, spiccò il volo.
Damio la guardò alzarsi nell'aria arrancando, cercare la finestra, trovarla e uscire all'aria aperta.
-vivrà solo qualche settimana, ma sempre meglio che essere un cubo senza vita. - sussurrò il bambino tra sé e sé.
Preso com'era dalla farfalla, non si era accorto della porta che si apriva lentamente dietro di lui. Così, quando un grazioso pupazzo di neve emerse dal nulla sotto i suoi occhi, emise un gridolino spaventato (di quelli che appena sarebbe stato un po' più grande avrebbe chiamato “da femminuccia”) e allungò le mani davanti a lui.
Olaf non si sorprese; era abituato a spaventare i bambini, ma poi trovava sempre il modo per essere simpatico a tutti.
-Da quando sono diventato così brutto? -esclamò il pupazzo di neve in risposta alla reazione del bambino.
-mi hai spaventato!- fece Damio, mettendo teatralmente una mano sul cuore (o sul polmone destro; non conosceva ancora l'anatomia!).
-Oh! Meno male che gli spaventi durano poco! E lo sai cosa arriva dopo lo spavento?
Damio scosse la testa.
-Allora te lo dico io: arriva l' avventura!
Il bambino lo guardò in modo strano, poi sbiancò all'improvviso.
-Olaf! Nasconditi! Sta arrivando qualcuno.
Subito il pupazzo di neve si infilò sotto il letto, e il bambino si sedette per terra con i suoi cubi con le lettere.
Fece appena in tempo a ricreare il cubo rosso dall' aria, che la porta si aprì e una faccia nota gli venne incontro.
-Ciao, Jack.
Il ragazzo sorrise, e si abbassò al livello del bambino.
-Ciao Damio. A che giochi di bello?
Il bambino abbassò gli occhi di scatto.
Jack ne fu sorpreso; grazie alla  sua attività millenaria conosceva ogni singola reazione umana, e quella del bambino diceva chiaro e tondo che nascondeva qualcosa.
'forse nasconde un topolino, o una lucertola. Insomma, come tutti i bambini di questo mondo' pensò Jack, e purtroppo non ci andò nemmeno vicino.
-Ehi piccolo, lo sai che io ho un superpotere?
Damio lo guardò negli occhi, serio.
-Lo so. Tu fai venire l'inverno, giusto?
Il ragazzo ridacchiò.
-Si, ma ne ho anche un' altro.
Il bambino lo guardò con curiosità.
-E qual'è l'altro?
Jack avvicinò la bocca all'orecchio del bambino e gli sussurrò:
-Riconosco i bambini che nascondono qualcosa da un miglio.
Damio lo guardò con occhi spaventati, poi sospirò.
-Se te lo faccio vedere, prometti di non dirlo a nessuno?
Jack gli mostrò il mignolo.
-Giuro.
Ma Damio non aveva ancora finito:
-Per nessuno intendo nemmeno a mamma.
Jack tirò su la schiena e scoppiò in una risata. Era un suono gradevole, che ricordava molto il suono della pioggia.
-Soprattutto ad Elsa. Vedrai, sarà un segreto tra uomini. Ci stai?
Damio annuì.
-Perfetto. Allora, dove nascondi quel qualcosa?
Il bambino gli mostrò le mani col palmo ben aperto.
-Qui dentro.
                                                                   \\\
-No, non così! La sottoveste non si deve intravedere!
Anna, circondata dai sarti reali, provava il suo vestito da sposa.
-Non essere impaziente, il matrimonio è tra due giorni!- disse sbuffando una sarta con due spille in bocca.
A quell'affermazione, Anna si scatenò.
-E lo dici così? Appunto, il matrimonio è tra due giorni e siamo ancora a questo punto! Solo 48 ore, cioè appena 172.800 minuti, se non di meno, e ancora dobbiamo preparare la torta, i fiori... ehi! Qualcuno vada a ritirare l'anello dal fabbro! Aiuto... è difficile preparare tante cose!
La principessa si scatenava e le persone che gironzolavano attorno a lei avevano un bel daffare per misurare l'abito e mettere spilli dove sembrava troppo lungo o dove invece andava aggiunto qualcosa. Ma nonostante l'immenso lavoro, ebbero tutti il tempo di inchinarsi quando nella stanza entrò Elsa.
-Buonasera a tutti. Come procedono i preparativi?
Anna in tutta risposta alzò gli occhi a cielo e con uno sbuffo si sollevò un ciuffo di capelli ribelle dagli occhi.
Camilla, la sarta reale, rispose per lei:
-Abbiamo quasi finito e ci mancano solo gli ultimi ritocchi. Ma questa testarda della principessa crede di essere in alto mare...
Alla regina sfuggì un lieve sorriso: non era la prima volta che trovava Anna così pessimista.
-Quanto manca ancora?
-Sii tranquilla, Anna; manca solo l'ultimo punto... ecco fatto. Ora, se non ti dispiace, puoi spogliarti di questo vestito.
La principessa non se lo fece dire due volte; con un balzo uscì fuori dal vestito da sposa, e nel giro di due secondi aveva indossato un comodo abito verde smeraldo.
-Ecco qua. Dovevi dirmi qualcosa, Elsa?
La regina ridacchiò.
-Non esattamente. Ma a questo punto, aspetterò a darti il mio regalo di nozze al giorno prescelto. Conoscendoti, entro due attimi l’avresti già rotto.
Anna spalancò gli occhi.
-Tu… il regalo di nozze? No, aspetta… che!? Il tuo regalo è stata la benedizione e l’assenso al matrimonio!
-Oh, Anna… devi imparare ancora molto delle tradizioni del nostro regno. Avrai il tuo vero regalo tra due giorni, insieme agli altri che riceverai dai regnanti vicini.
La principessa aggrottò la fronte. Odiava aspettare, e la sorella lo sapeva.
-Potevi aspettare a dirmelo! Adesso mi torturerà la curiosità di sapere che cosa mi regalerai… e ovviamente, io torturerò te sul contenuto del regalo!!
Prima che Elsa potesse ribattere, Anna era già uscita dalla stanza e le sue risate rimbombavano per tutto il lungo corridoio.
La regina scosse la testa, divertita dalla reazione della sorella. Cercava di sfruttare quel poco che conosceva di Anna per renderla felice in ogni modo. Ora che erano di nuovo insieme, nulla le avrebbe più separate.
Con passi lenti e leggeri, Elsa imboccò il grande corridoio che portava fuori dal castello. Conosceva ogni angolo della casa in cui aveva vissuto per tanto tempo senza poter uscire.
Eccolo, l’angolo in cui Anna sedeva quando era in castigo; più avanti, in fondo a sinistra, c’è la stanza contenente il pendolo che piaceva tento alla bambina.
Elsa spiava la sorella da uno spiraglio della porta, abbastanza grande per guardarla, ma troppo piccolo per fare in modo che scappasse qualche fiocco di neve.
Passava anche ore così, immaginando di giocare con Anna, pensando di essere con lei in ogni occasione. Da bambina sperava tanto in un miracolo che le facesse avere subito il controllo della sua maledizione solo per giocare con lei.
Elsa sospirò. Erano ricordi tristi in cui non voleva imbattersi proprio in un periodo così allegro.
Pensò alle cose che la mettevano di buonumore, poi trotterellando oltrepassò il portone d’ingresso al castello.
Il giardino reale era il più variegato del regno, e ospitava tante piante provenienti da regni lontani, regali di re e regine amiche dei suoi genitori. Alla fine del giardino c’era un portone più grande di quello che dava l’accesso al castello: era l’entrata del regno, la già nominata porta che restava chiusa solo nelle notti serene. La porta dove, tre anni prima, aveva trovato Damio.
Il bambino che nella notte le era apparso così fragile, ora giocava spensierato (o quasi) da qualche parte del castello.
La regina abbozzò un sorriso al pensiero di quella massa di capelli color del grano che sgambettava felice nel castello, magari con Jack che gli insegnava qualche gioco antico.
A proposito, quanti anni aveva? Elsa non gliel’aveva mai chiesto per il semplice motivo che non le importava più di tanto.
-Dopotutto, l’amore non ha età!- disse a voce alta convinta che nessuno potesse sentirla.
-Ecco, adesso non sono più l’unico a parlare da solo!
Olaf era dietro di lei, intento ad annusare delle bellissime orchidee.
L’operazione però lo fece starnutire, con la conseguenza che il suo naso volò dritto in mano ad Elsa.
-Scusa, potresti ridarmi il naso?
La regina nel frattempo si era girata, e fissava il pupazzo di neve incantata in chissà cosa.
Alla domanda di Olaf, si risvegliò e porse il naso al braccio di legno che le si tendeva davanti.
-Graaazie… ecco fatto! Ora sono di nuovo perfetto!
Elsa ridacchiò divertita: Olaf le toglieva ogni cattivo pensiero dalla testa.
- ma tu non eri insieme a Damio nella sua cameretta?
Il pupazzo di neve si fece serio.
-Lo ero infatti: poi Damio ha sentito dei passi e mi ha fatto nascondere sotto il letto; così nella stanza è entrato Jack, ma siccome ero stanco di aspettare sono uscito di nascosto dalla finestra. Mi sono un po’ ammaccato: con la neve è più facile scivolare!
Elsa rivolse uno sguardo confuso ad Olaf.
-Jack era nella cameretta di Damio?
-Certo! Stavano parlando di… caspita, i pupazzi di neve non hanno molta memoria! Non mi ricordo più. E poi, mica in quel momento pensavo a cosa si dicevano tra loro!
La regina annuì soprappensiero.
-Sai,- le sussurrò all’orecchio Olaf, -Sarebbe veramente un’ ottimo padre per quel bambino.
Elsa prese un respiro profondo.
-Lo spero.
  
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