Quando avevo 21 anni la madre della mia migliore amica morì. 
Aveva una malattia che l'aveva fatta spegnere pian piano.
Mi ricordo che piansi, anche se non volevo che lei mi vedesse piangere.
D'altronde ero io che la dovevo consolare, non il contrario. Ma io piangevo.
Piangevo perché la vita è troppo breve, perché le persone se ne vanno, perché non siamo niente, perché troppe poche volte apprezziamo quello che abbiamo, perché litigavo spesso con mia madre, e lei d quel momento non l'aveva più.
Per la strada la gente rideva, e a me non andava bene, perché nessuno doveva ridere.
La televisione parlava e parlava di altro, ma non doveva farlo a meno che non parlasse del dolore che stavamo provando.
Era finita la vita di una persona.
Lei rimase accanto alla mamma fino in punto di morte, poi quando fù il momento il padre le disse di non piangere, perché la mamma era andata in paradiso, il posto che meritava da una vita.
Anche quando ci fu il funerale, quelle stesse parole vennero ripetute anche a me.

Vorrei sperare che un giorno sia bello rincontrare le persone perdute.
Che sia una grande festa, 
che ripaghi i momenti brutti dei funerali,
del dolore dei ricordi,
della paura di dimenticarsi di loro,
della loro eterna mancanza.


Per L. che ha perso la mamma quindici giorni fa.
e per E. e E. che non hanno più una sorella.