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Autore: Soul of Paper    24/05/2014    5 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 32: “What goes around… comes around…”
 
 


Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà dei rispettivi proprietari/detentori di copyright. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 


 
“Non ti sembra di stare bevendo un po’ troppo? Cos’è, il secondo o il terzo Mojito?”
 
“E a te non sembra di non stare bevendo abbastanza?” ribatte, osservando il suo bicchiere di acqua tonica, senza gin, con un tono ed un’occhiata eloquente che gli dimostrano che Ilenia, almeno per ora, non è affatto ubriaca.
 
“Forse l’alcol aiuterebbe, è vero, ma se lui mi vede berne anche solo un sorso mi fa rapporto o come minimo un predicozzo di due ore,” spiega, indicando l’ispettore che, poco distante, sta ancora ballando con Sammy.
 
“Ma non sei in servizio…”
 
“Un poliziotto è sempre in servizio, Marchese: un’emergenza potrebbe capitare in qualsiasi momento e bisogna rimanere pronti e lucidi, chiaro?!” proclama con tono marziale, imitando la voce di Mancini e facendo ridere Ilenia.
 
“È davvero così terribile?” domanda, ancora tra le risate.
 
“Peggio, molto peggio,” sospira Marchese, scuotendo il capo.
 
“A che pensi?” chiede Ilenia, dopo che avevano bevuto per un po’ in silenzio, ascoltando la musica ed osservando la gente ballare, mentre loro stavano defilati ai lati della festa.
 
“Che perfino la mia ex professoressa che ha quasi il doppio dei miei anni ha una vita sentimentale mille volte migliore della mia,” ribatte lui, amaro, osservando Camilla e Gaetano che ballano in pista, instancabili, ormai da più di un’ora e che sembrano il ritratto della felicità, “negli ultimi due anni la prof. ha avuto almeno tre uomini a contendersela, a quanto ne so. Io da quando mi ha lasciato Sammy a stento trovo una ragazza che si interessi a me. E passo la serata della rimpatriata di classe a bere acqua tonica ai bordi della pista mentre gli altri si divertono. Non è patetico?”
 
“Mi stai dando della patetica?” fa notare Ilenia, con un sopracciglio alzato.
 
“No, no, no!” esclama Marchese, quasi fucsia, “è che… sono un idiota e… va beh, adesso lo capisci perché sono ancora single, no? Sempre se avevi qualche dubbio…”
 
Per tutta risposta Ilenia scoppia di nuovo a ridere e più lei ride più Marchese diventa color fucsia neon, scatenando altre risate.
 
“Grazie Marchese,” risponde lei, quando si riprende, “davvero, grazie, sei riuscito a tirarmi su di morale.”
 
“Beh, almeno fare la figura dell’idiota è servito a qualcosa…” commenta lui con un sorriso, aggiungendo poi, dopo un attimo di esitazione, “anzi, siccome siamo qui tutte e due a bere e ad annoiarci… perché non facciamo qualcosa per divertirci insieme? Ti andrebbe di ballare?”
 
“Adesso sì che capisco veramente perché sei ancora single, Marchese: questo è l’invito più lusinghiero ed allettante che io abbia mai ricevuto,” ribatte lei con tono sarcastico, scuotendo il capo e bevendo un altro sorso di mojito per nascondere il sorriso intenerito e divertito che, nonostante tutto, minaccia di sfuggirle dalle labbra.
 
“No, no, scusa, non… non intendevo… Ilenia, lo so che sono un cretino e che mi merito di essere mandato a quel paese, ma me piacerebbe davvero moltissimo ballare con te,” ribadisce deciso, con le guance ormai del colore di un’insegna, ma cercando di farle capire che è sincero.
 
“Mmmm, d’accordo, diciamo che ti voglio credere, anche perché è sempre meglio che stare qui a fare la muffa. Dai, andiamo,” lo sprona con un sorriso, prendendolo per mano e avviandosi verso l’area da ballo.
 
Nonostante l’imbarazzo e la scarsa attitudine al ballo di entrambi, riescono ad affrontare i primi due pezzi ritmati senza pestarsi troppe volte i piedi e ridendo dei rispettivi passi falsi come non succedeva ad entrambi da molto tempo. Tanto che praticamente quasi non si rendono conto di avere puntati su di loro gli sguardi sia di Camilla e Gaetano, che li osservano piacevolmente sorpresi, sia di Sammy e Pietro, che sono invece stupiti e basta.
 
Come non si rendono conto del cellulare di Mancini che squilla, il suono sepolto dalla musica a tutto volume, e del dialogo concitato al telefono, seguito da uno scambio di battute con Sammy che, alla fine, annuisce anche se con uno sguardo tra il triste e il rassegnato. E non avvertono l’uomo avvicinarsi fino a quando picchietta con un dito sulla spalla di Marchese, facendolo sobbalzare.
 
“Ispettore? Che succede?” domanda il ragazzo, col cuore ancora in gola, anche se ciò che vorrebbe davvero chiedergli è se adesso sia pure proibito ballare e divertirsi.
 
“Chiamata urgente: un possibile omicidio, nemmeno troppo distante da qui. Dobbiamo andare,” intima con un tono che non lascia spazio ad obiezioni, anche se Marchese sa benissimo che, mentre Mancini è in reperibilità quella notte, lui in teoria non lo sarebbe.
 
Ma sa anche benissimo che rifiutarsi di seguirlo equivarrebbe alla guerra aperta.
 
“D’accordo,” annuisce, voltandosi poi verso Ilenia che lo guarda preoccupata, “mi dispiace Ilenia ma-“
 
“Il dovere chiama, tranquillo,” annuisce la ragazza con un sorriso triste.
 
Un ultimo sguardo e si allontana, maledicendo per l’ennesima volta nell’ultimo periodo la sua decisione di entrare in polizia.
 
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“Su, prof., la prego, venga anche lei: sarà divertente!”
 
“Viola, mi spiace, ma temo di essere un po’ fuori età per il bagno di mezzanotte, anzi, delle quattro di notte, praticamente delle cinque, ora che arriviamo al mare,” risponde Camilla, cercando di non cedere di fronte allo sguardo implorante della ragazza che, insieme ai suoi compagni, ha smesso di ballare e si sta avviando verso il parcheggio, direzione Lido di Ostia.
 
L’idea era partita da Berilli ed in pochi minuti aveva contagiato tutti. O quasi.
 
“Su prof., l’ho vista ballare stasera e ha quasi più energia di me che lo faccio di mestiere. Cosa vuole che sia un bagno?” la incita Berilli che, insieme all’ex compagna Flo, aveva aperto ormai da anni una scuola di danze latino-americane e caraibiche che riscuoteva un certo successo.
 
“E poi immergersi in mare al buio e vedere il sorgere del sole sentendo le onde che accarezzano la pelle è una di quelle cose che si devono provare almeno una volta nella vita, non potete mancare,” commenta Debbie con voce sensuale, rivolgendosi però praticamente solo a Gaetano, quasi mangiandoselo con gli occhi.
 
“E infatti l’ho già provato diverse volte e mi è bastato. Per la carità, bellissimo, ma l’acqua all’alba è gelida e poi… non so se sia il caso,” replica Gaetano, notando l’espressione tirata di Camilla di fronte all’ennesima avance molto poco velata della ragazza che, dopo qualche drink, sembra sempre più disinvolta nei modi. Ad inizio serata almeno in presenza di Camilla si conteneva.
 
“Ma ci sono tanti modi per scaldarsi…” ribatte Debbie, incorreggibile, con un mezzo sorriso inequivocabile.
 
“Ehm, ehm,” si schiarisce la voce Camilla, ormai emettendo fumo dalle narici, mentre Gaetano le passa un braccio intorno alle spalle e la attrae contro di sé, quasi per contenerla prima che esploda.
 
“Il vicequestore ha ragione… non so se sia il caso nemmeno per me. Non credo che a Pietro farebbe piacere se andassi a fare il bagno di notte senza di lui,” interviene Sammy, sia per disarmare la bomba, sia perché sa benissimo che il marito non approverebbe e non vuole rischiare di avere problemi con lui. Aveva già fatto fatica a tranquillizzarlo quando gli aveva dovuto raccontare di quello che era successo per via di Nicola, sebbene fossero fatti risalenti a dieci anni prima.
 
“Ma mica facciamo  il bagno nudi!” fa notare Berilli, con una risata.
 
“E meno male: ci mancherebbe solo quello!”
 
“Va beh, ragazzi, se non vogliono venire mica possiamo obbligarli. E se aspettiamo ancora un po’ qui si fa giorno e addio alba,” proclama Allegra, prendendo in mano le redini della situazione.
 
“Ho capito, lasciamo questi guastafeste e andiamo a divertirci! Tutti al mare!” urla Berilli, mentre un coro di “tutti al mare!” si leva e risuona nella campagna.
 
“Ilenia, vai anche tu?” domanda Sammy, sorpresa, notando che la ragazza si avvia con gli altri.
 
“Sì, certo, perché?”
 
“Perché alle superiori non volevi mai fare il bagno di notte, ti sei sempre rifiutata…”
 
“Eh certo, perché mi vergognavo a farmi vedere in costume. Ma adesso chissenefrega: stasera ho proprio voglia di divertirmi,” proclama con una risata, cercando nuovamente di seguire gli altri.
 
“Ilenia, ma sei sicura di stare bene? Hai bevuto parecchio stasera,” interviene Camilla, a cui quella risata fin troppo sguaiata risulta ancora più strana del proposito di fare il bagno.
 
“Tranquilla prof., non sono ubriaca: semplicemente ho voglia di farmi un bagno. Cos’è, è proibito?” domanda, con un tono quasi sfrontato che assolutamente non è da lei, mettendosi in equilibrio su un piede solo, come per dimostrare di essere sobria ed aggiungendo un eloquente, “visto?”
 
E mentre Ilenia si volta per raggiungere gli altri, Camilla scambia uno sguardo con Gaetano, che annuisce, capendo perfettamente senza bisogno di parole.
 
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“Che cosa abbiamo qui?”
 
“Maschio, caucasico, apparentemente morto in seguito a lesioni e lacerazioni da morsi di cane ed il relativo dissanguamento,” spiega il medico legale, alzandosi e massaggiandosi la schiena.
 
Mancini pare imperturbabile, mentre Marchese trattiene a stento un conato di vomito: di cadaveri nella sua carriera ne ha visti ormai parecchi, ma questo è forse il peggiore di tutti. È talmente malridotto da essere irriconoscibile.
 
“Chi ha trovato il corpo?”
 
“Viceispettore Peroni, commissariato di Spinaceto,” si presenta, facendo il saluto militare, “abbiamo ricevuto una chiamata da un uomo, molto agitato, da cui siamo riusciti ad intuire che un cane aveva sbranato una persona. Quando siamo arrivati, io e l’agente scelto Mura abbiamo trovato il cane, un rottweiler nero, che ha tentato di aggredirci. Siamo stati costretti a sparare per fermarlo.”
 
Dirigono lo sguardo verso la carcassa dell’animale, che giace sul fianco poco distante, indubbiamente morto.
 
“E l’uomo che ci ha chiamato? Dove si trova?” continua a condurre le indagini Mancini, snocciolando le domande di rito.
 
“Proietti Elvio, il testimone, un agricoltore che risiede qui vicino, si era chiuso dentro una gabbia, probabilmente proprio quella del rottweiler, ed era privo di conoscenza. Abbiamo dovuto forzare la serratura e chiamare l’ambulanza. Ha avuto un principio di infarto ma secondo i medici ha buone possibilità di cavarsela senza conseguenze,” spiega Peroni, aggiungendo poi, “ho ritenuto opportuno inviare Mura con lui per raccogliere la sua deposizione qualora si fosse svegliato.”
 
“E la vittima? Chi era, come mai si trovava qui? È il proprietario dei cani o…?”
 
“Dai primi accertamenti sui documenti rinvenuti nel portafoglio della vittima, o quello che ne è rimasto, ed in un’auto parcheggiata qui fuori, parrebbe trattarsi di Scortichini Fernando, 62 anni. Il terreno e l’edificio sono intestati ad un certo Tariq Hussain, pachistano, nessun altro recapito conosciuto.”
 
“Un possibile prestanome?” domanda Mancini, massaggiandosi una tempia, tic che Marchese riconosce come segnale di nervosismo.
 
“Probabile. Lo Scortichini ha una sfilza di precedenti, tra cui una condanna per lotte clandestine tra cani. È quindi plausibile che lo stabile fosse in realtà suo, o comunque utilizzato da lui.”
 
“D’accordo, Peroni. Quello che non capisco però è perché ci abbiate fatti chiamare d’urgenza. Da quello che lei racconta, l’ipotesi dell’incidente mi sembra la più probabile, almeno fino ad un esame autoptico più approfondito: se questi sono cani da combattimento sono stati addestrati per essere aggressivi, per uccidere, e non sarebbe la prima volta che sfuggono di mano a chi li detiene,” fa notare Mancini, mentre una punta di irritazione emerge dalla voce.
 
“Lei ha ragione, ispettore, però, vede, come le ho detto Scortichini ha una lista di precedenti lunghissima e che non si limita alle lotte tra cani ed ai giri di scommesse relativi. È stato arrestato e processato per omicidio volontario, condannato in primo grado e poi prosciolto in appello per mancanza di prove, sentenza confermata dalla cassazione. Inoltre, quando è stato scarcerato, al termine del processo d’appello, ha subito un’aggressione, un pestaggio in piena regola, ma si è rifiutato di denunciare gli aggressori.”
 
“Insomma, il genere di vittima con una fila di persone con un buon movente per un omicidio che va da qui a Milano. Ed almeno una sufficientemente arrabbiata da passare alle vie di fatto già in passato,” deduce Mancini, con un tono più tranquillo, “capisco, avete fatto bene a chiamarci Peroni: in questi casi è meglio prendere in considerazione ogni ipotesi fin da subito. Chi è la vittima dell’omicidio per cui è stato processato?”
 
“Non lo so, ispettore, non ho qui la scheda sottomano, quelle che le ho riferito sono le informazioni che mi hanno passato i colleghi al telefono. Comunque li ho già allertati di trasmettere il tutto alla vostra squadra.”
 
“D’accordo, ora vorrei che mi descriveste in dettaglio cosa avete fatto e cosa avete toccato da quando siete arrivati qui.”
 
Peroni annuisce e comincia a spiegare, mentre gli agenti della scientifica arrivano sul posto ed il coroner ed un medico veterinario danno le necessarie disposizioni per il trasporto dei resti della vittima e dell’ “aggressore”.
 
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“Mi spieghi ancora perché mi sono lasciata convincere a venire?”
 
“Perché sei preoccupata per Ilenia e vuoi tenerla d’occhio, come del resto voglio fare io. Dai professoressa, questa cosa del bagno non entusiasma neppure me, ma siccome ormai siamo qui… buttiamoci, in tutti i sensi.”
 
“È che mi vergogno a rimanere letteralmente in mutande davanti ai miei ex studenti,” sospira, guardandosi intorno ed osservando i ragazzi, intenti a liberarsi dei vestiti e a mollarli senza troppe cerimonie sulla sabbia.
 
“E pensi che invece a me faccia piacere che qualcuno, a parte me, ti veda così?”
 
“Ma se nessun ragazzo farà caso a me: al limite mi osserveranno le ragazze con compatimento, facendo commenti sul mio fisico da over anta! Mentre, al contrario, nel tuo caso non vedranno l’ora di poterti ammirare in boxer e saranno tutte lì pronte a mangiarti con gli occhi,” gli fa notare, lasciando trasparire chiaramente la gelosia nella voce, aggiungendo poi, con ironia, “e, per inciso, se avessi saputo che ci saremmo trovati circondati da tutte queste ventenni stupende in lingerie, ti avrei lasciato a casa con mia madre come cane da guardia.”
 
“Prima di tutto, il tuo fisico da over anta sta benissimo e non hai nulla ma proprio nulla da invidiare a nessuna: mi dici come faccio a guardare qualcun'altra quando non riesco a toglierti gli occhi di dosso?” ribatte, lasciando scorrere lo sguardo su quel vestito rosso scuro che sembrava fatto apposta per ballare e per fargli perdere il lume della ragione, aggiungendo con tono ironico, “e poi loro mi mangeranno anche con gli occhi, ma tu sei l’unica che mi azzanna sul serio, cara la mia vampira.”
 
“Scemo!” ribatte lei ridendo e colpendolo al petto.
 
“Però Camilla, dammi retta, per esperienza personale, è meglio che adesso ci svestiamo e ci buttiamo in acqua insieme agli altri, così nella folla nessuno farò caso a noi: se aspettiamo, allora sì che ci noteranno tutti.”
 
“Giusto, dimenticavo che tu sei l’esperto: quello che ha già fatto i bagni all’alba e… anche molto di più su una spiaggia,” replica con un tono che è tutto un programma, incominciando però a slacciarsi il vestito.
 
“Se non ricordo male siamo in due ad avere fatto molto di più su una spiaggia,” ribatte lui, l’intonazione che rispecchia e, se possibile, supera addirittura la gelosia nella voce di lei, iniziando a sbottonarsi la camicia.
 
“Sì, ma, a differenza tua, io non sono mai stata in spiaggia né all’alba, né di notte,” rimpalla con un sopracciglio alzato, facendo scivolare il vestito sulla sabbia.
 
“Cioè, mi stai dicendo che hai fatto… certe cose nel bel mezzo di una spiaggia pubblica in pieno giorno?!” domanda con gli occhi spalancati, non potendo evitare di alzare la voce, provando un’improvvisa voglia di strangolare il maledetto produttore di vini molto affascinante, anche se sa che questa gelosia retroattiva è stupida. Ma non può farci niente.
 
“Ma no, certo che no,” ribatte lei con un sorriso apparentemente innocente, che però, non appena Gaetano si rilassa visibilmente, si trasforma in un sorrisetto malizioso, aggiungendo, con tono serafico, “in una cabina, non in mezzo alla spiaggia.”
 
“Camilla!” esclama lui in quello che è quasi un ruggito ma, prima che possa reagire, lei si libera del tutto del vestito e corre ridendo verso la battigia insieme a molti ragazzi che seguono il suo esempio, tra urla e schizzi.
 
Calcia via i pantaloni alla velocità della luce e, in poche rapide falcate, sente l’acqua gelida frustargli il corpo, ma non rallenta fino a quando raggiunge il suo obiettivo e, con un placcaggio da vero professionista, la trascina con sé sottacqua, mentre il freddo si insinua in ogni poro.
 
Riemergono dopo pochi secondi, prendendo un forte respiro e lei cerca di divincolarsi, ma lui la tiene ancora stretta a sé, sussurrandole un, “dove pensi di andare, professoressa? Non mi scappi!”
 
Inizia una battaglia senza esclusione di colpi, tra pizzicotti, solletico e schizzi d’acqua in faccia, completamente ignari di tutto, di tutti e di tutte: alcuni dei ragazzi li osservano divertiti ed increduli prima di lanciarsi in  una gara collettiva di spruzzi.
 
Ma, nonostante le urla e le ondate, Camilla e Gaetano rimangono concentrati nel loro mondo, continuando a lottare fino a che Camilla, esausta, non si affloscia tra le braccia di lui, il viso appoggiato contro il suo petto bagnato, aggrappata con le mani al suo collo, le gambe intrecciate intorno alla vita, il corpo ancora scosso dalle risate.
 
Infine solleva il viso e si guardano per qualche istante che pare eterno, mentre il sole emerge dalle acque, tingendole e tingendo il cielo di rosa. Rimangono abbracciati in silenzio ad ammirare lo spettacolo sopra le loro teste, mentre anche gli altri ragazzi sembrano proclamare una tregua per godersi il momento.
 
“La sai una cosa, Gaetano? Debbie aveva proprio ragione sul mare all’alba: è un’esperienza unica, senza paragoni, mille spanne sopra al mare di giorno,” gli sussurra con un sorriso, mentre lui, cogliendo perfettamente i sottotesti, la stringe a sé ancora di più e le posa un bacio delicato sulle labbra salate.
 
“E aveva ragione anche su un’altra cosa: l’acqua è fredda, ma ci sono metodi molto efficaci e molto piacevoli per scaldarsi,” proclama, percorrendole la schiena con le mani e sentendola tremare contro di lui, per poi prendere nuovamente possesso delle sue labbra in un bacio famelico e che pare rendere l’acqua intorno a loro improvvisamente bollente.
 
Ma, dopo pochi attimi, un grido li ridesta bruscamente dal loro mondo a due.
 
“Ilenia, oddio, Ilenia, che hai? Aiutatemi!!”
 
“Ilenia!” esclamano all’unisono Gaetano e Camilla, dandosi mentalmente degli idioti per essersi distratti: del resto erano andati con i ragazzi proprio per tenerla d’occhio e invece…
 
Sciolgono l’abbraccio e si fanno strada verso la voce di Sammy che ancora chiede aiuto. Alla fine, dato che tutti gli altri avevano deciso di andare ad Ostia, si era lasciata convincere anche lei ad unirsi alla comitiva.
 
“Sammy, che è successo?” domanda Camilla, vedendo infine la biondina sorreggere Ilenia, priva di conoscenza, cercando come può di tenerle la testa sopra al pelo dell’acqua.
 
“Non so prof., si è lamentata, mi ha detto che le faceva male la pancia. Non ho fatto in tempo a proporle di uscire dall’acqua che mi ha detto di vedere tutto nero ed ha perso i sensi,” spiega, preoccupatissima.
 
“Può essere una congestione, dobbiamo portarla a riva. Lasciala a me,” proclama Gaetano con il tono deciso e risoluto che Camilla riconosce da tutte le azioni di polizia a cui ha assistito.
 
L’uomo prende Ilenia in braccio e, nonostante la ragazza sia a peso morto, riesce a trasportarla fino al bagnasciuga.
 
“Dobbiamo metterla su un asciugamano e portatemene uno per coprirla,” ordina, mentre i ragazzi recuperano gli asciugamani da un borsone e ne stendono uno sulla sabbia asciutta.
 
Gaetano vi deposita la ragazza, ascoltando il battito e il respiro.
 
“Il polso è debole, ma presente e il respiro affannoso, ma regolare. È probabile che sia una congestione. Dobbiamo tenerla al caldo e sollevarle le gambe,” spiega Gaetano, aggiungendo poi, “forza con questi asciugamani!”
 
“Mi scusi commissario,” quasi grida Viola, uscendo di corsa dall’acqua insieme a Max Gallo, con cui si era allontanata verso gli scogli, “io sono un’infermiera, posso aiutarla. Però è meglio chiamare il 118 e farla vedere da un medico il prima possibile: quando c’è perdita di conoscenza bisogna essere prudenti.”
 
“Chiamo io,” proclama Camilla, avvolgendosi in un asciugamano ed afferrando la borsa abbandonata sulla sabbia, componendo il numero con il cuore in gola.
 
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“Perfetto, allora attendo il vostro rapporto appena avrete finito con i rilievi.”
 
“Certo, ispettore,” conferma il supervisore degli agenti della scientifica.
 
“Bene. Marchese, direi che qui per stanotte, anzi per stamattina, abbiamo finito. Possiamo rientrare,” proclama Mancini, avviandosi verso il portone d’ingresso, senza attendere risposta dal sottoposto. Del resto ormai è giorno: il sole sta sorgendo nel cielo.
 
Marchese sta per seguire l’ispettore quando, con la coda dell’occhio, nota qualcosa di strano nella rete di recinzione che durante la precedente perlustrazione del perimetro gli era sfuggita, probabilmente per via del buio.
 
“Marchese, Marchese, cosa sta facendo?” domanda l’ispettore, chiaramente irritato quando, raggiunto il portone, si accorge che l’agente non l’ha seguito fin lì, “Marchese!!”
 
“Venga qui ispettore, ho trovato qualcosa nel recinto sul retro,” proclama Gianni, cercando di non farsi intimorire dal superiore.
 
“Che cosa c’è adesso?” chiede infastidito, avvicinandosi al ragazzo, inginocchiato vicino a dei bidoni dell’immondizia.
 
“Qui la rete è tagliata,” fa notare Marchese, indicando un quadrato quasi perfetto di rete, tagliato sul lato inferiore e sui due laterali come a formare una finestrella o una porticina per un cane. Ma lo spazio è più che sufficiente perché ci passi una persona, anche se a carponi.
 
“Vede questi cerchi sul terreno e sull’erba? Di solito questi bidoni sono proprio qui davanti, di fronte al taglio nella rete, ma sono stati mossi di recente e lasciati fuori posto.”
 
“È vero, Marchese, e sono vuoti, quindi molto leggeri. A giudicare dal loro stato e dalla relativa pulizia direi che o non sono mai stati utilizzati o poco ci manca,” commenta Mancini, aprendo i bidoni con le mani guantate ed annotandosi di far cercare eventuali impronte dagli agenti della scientifica.
 
“Già, pur non conoscendo questo Scortichini, dato il tipo, mi sembra probabile i rifiuti li bruciasse o li gettasse nei campi. E poi il genere di… rifiuti che genera un posto come questo è in gran parte di tipo organico.  In sintesi, lui o chiunque altro utilizzasse questo edificio si sarà sicuramente avvicinato ai bidoni molto raramente,” aggiunge Marchese, chinandosi nuovamente per osservare meglio, “e questo, unito a questi residui di nastro isolante, mi porta a supporre che l’apertura sia stata praticata già qualche tempo fa ed utilizzata più volte, rimanendo nascosta allo sguardo grazie ai bidoni ed alla vegetazione cespugliosa che cresce dall’altra parte della rete. Ma-“
 
“Ma di sicuro questo accesso è stato anche usato di recente,” lo interrompe Mancini, osservando il brandello di stoffa bianca rimasto impigliato nelle estremità tagliate di netto di due dei fili di ferro sul “lato” dell’apertura, “dallo spessore del tessuto sembrerebbe un pezzo di un paio di pantaloni. E, dato che la stoffa è ancora bianca, ritengo improbabile che sia rimasta esposta agli elementi e alla polvere a lungo.”
 
“E se uniamo questo indizio al fatto che i bidoni non sono stati rimessi al loro posto e la rete non è stata di nuovo ricomposta,  o chi si è introdotto per l’ultima volta se ne è dovuto andare in tutta fretta, o comunque sapeva già che non avrebbe avuto più bisogno di tornare qui,” conclude Marchese, notando con soddisfazione il viso dell’ispettore corrugarsi, dato che sa di avere avuto l’intuizione giusta e sa anche quanto questo roda al nazista.
 
“Ed, in entrambi i casi, è molto probabile che chi ha lasciato involontariamente questo souvenir c’entri qualcosa con quanto accaduto allo Scortichini,” concorda Mancini, sollevandosi in piedi e chiamando uno degli agenti della scientifica perché prelevi e cataloghi il reperto.
 
“D’accordo Marchese, se ci sbrighiamo facciamo in tempo a tornare al casale e ad essere a Roma per far rapporto al dottor De Matteis, andiamo!”
 
Nemmeno un segno di apprezzamento o una parola in più, ma Marchese ormai ha imparato a non aspettarsene. Si limita a seguire Mancini, in quella che si preannuncia essere una giornata sfiancante, senza nemmeno un’ora di sonno alle spalle.
 
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Ma le previsioni di Mancini erano destinate ad essere disattese perché, arrivati alla tenuta, la trovano praticamente deserta. Mancini prova a chiamare la moglie un numero talmente alto di volte da risultare imbarazzante, ma trova sempre il cellulare non raggiungibile.
 
Alle nove di mattina, finalmente, vedono arrivare una fila di macchine, capitanate dall’auto di Gaetano, da cui scendono Camilla e Sammy che sorreggono Ilenia, ancora debole, e la aiutano a camminare.
 
“Si può sapere dov’eri? Sono ore che ti cerco e il cellulare era sempre staccato!” esclama Pietro, preoccupatissimo, notando i vestiti spiegazzati e i capelli umidi ed arruffati.
 
“Pietro, per favore, non è il momento: non vedi che Ilenia non sta bene? Poi ti spiego,” replica Sammy, con un’occhiata implorante.
 
“Sammy, voglio sapere dove sei stata e cosa è successo: sembra che vi siate messi tutti in una centrifuga e… Ma sai di salsedine?”
 
“Con i ragazzi abbiamo deciso di andare a fare un bagno all’alba al Lido di Ostia. Pensavamo di rientrare ben prima di voi e immagino che Sammy non l’abbia chiamata per non disturbarla mentre lavorava, ma purtroppo Ilenia ha avuto un malore e l’hanno portata al Grassi di Ostia per accertamenti. Per fortuna non era nulla di grave, l’hanno dimessa ed eccoci qui. In quanto al cellulare, al pronto soccorso l’abbiamo dovuto spegnere,” spiega Camilla con tono tranquillo e conciliante, mentre lei, Sammy e Ilenia continuano a camminare verso la reception.
 
“Mi spiace, non volevo darvi problemi,” continua a ripetere Ilenia, mortificata, mentre loro la rassicurano.
 
Mancini digrigna i denti e sembra fare buon viso a cattivo gioco.
 
Sistemano Ilenia nella sua camera e Camilla e si offre di rimanere con lei per assisterla durante le ore di meritato riposo. Gaetano assente, sapendo che è la cosa giusta da fare e che probabilmente è meglio che Camilla possa parlare con Ilenia a tu per tu.
 
I ragazzi escono e si ritirano nelle loro stanze esausti. Gaetano non si sorprende quando, mentre è ancora intento a cambiarsi d’abito, sente le urla di Mancini e di Sammy arrivare dalla stanza accanto, in quella che ha tutta l’aria di essere una litigata furiosa. Anche non volendo origliare, non può fare a meno di cogliere il succo della questione: Mancini accusa Sammy di farsi condizionare dalle “cattive compagnie” e di non averlo avvertito del “cambio di programma”, mancandogli di rispetto, mentre Sammy, d’altro canto, l’accusa di non fidarsi di lei e di trattarla come una bambina. Al che Mancini sbotta che se lo fa è perché lei a volte si comporta in modo immaturo e la litigata furiosa si conclude con una porta che sbatte e con passi femminili che si allontanano a gran velocità, fino a risultare inudibili.
 
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“Gaetano, Camilla, che bello: ce l’avete fatta a venire!”
 
“Come potevamo mancare? Certo, se ci avessi avvertito un po’ prima e non l’altro ieri ci saremmo organizzati meglio,” le fa notare Gaetano con un sorriso, abbracciandola.
 
“È che pensavo che fossi qui a Roma da solo e… non volevo costringerti a sorbirti una sfilata di moda, per di più femminile. Anche perché so che, tra ex modelle e fotografe… tu e il mondo della moda non andate proprio d’accordo,” replica con una mezza risata quando si staccano.
 
“Ma se la stilista è la mia sorellina che oltretutto fa il suo grande debutto alla settimana della moda di Roma, pensi davvero che mi sarebbe pesato venirci, fossi stato anche solo? Certo, con questa compagnia la serata è mille volte più piacevole… però tu e Camilla avete congiurato alle mie spalle per farmi venire un infarto,” ribatte ironico, ammirando l’abito lungo ed elegantissimo da sera, disegnato da Francesca e con cui Camilla sembra davvero una diva d’altri tempi, da tappeto rosso.
 
“Francesca, devo ancora ringraziarti per questo vestito che mi hai mandato: è stupendo e hai un occhio straordinario, dato che hai perfino azzeccato perfettamente la mia taglia. Però a fine serata te lo rendo: non posso assolutamente accettare un regalo così costoso,” proclama Camilla, dopo averla a sua volta abbracciata.
 
“Ma figurati: devi accettarlo! Camilla, io sono ancora in un debito pazzesco con te, per non parlare del fatto che ormai siamo di famiglia e che ti sono grata per come rendi felice il mio fratellone e per avergli fatto mettere finalmente la testa a posto. E poi, diciamo che se lo indossi in qualche evento in quel di Torino mi fai anche un po’ di pubblicità,” la rassicura, facendole l’occhiolino.
 
“A parte che dubito che avrò molte occasioni per sfoggiarlo, ma credo che la maggior parte degli stilisti mi pagherebbe per non vedermi indossare i loro abiti,” ribatte con un sorriso autoironico, sapendo benissimo di non essere certo una modella, anzi.
 
“Peggio per loro, vero fratellone?” proclama Francesca, prima di congedarsi rapidamente, dato che la sfilata sta per iniziare e deve tornare nel backstage.
 
E così, seduti in terza fila, assistono al défilé, in cui si alternano abiti molto eleganti e sofisticati con altri bellissimi ma dallo stile più estroso e particolare, proprio come la ex mina vagante.
 
Si alzano in piedi insieme agli altri spettatori per applaudire la stilista e il suo staff. Mentre attendono pazientemente il loro turno per fare le dovute congratulazioni a Francesca, Gaetano nota che Camilla controlla più volte il cellulare e manda un paio di messaggi.
 
“Per chi sei più preoccupata, professoressa? Per tua figlia che è in giro con mio nipote e i suoi amici o per Ilenia ancora convalescente, vegliata amorevolmente da tua madre?”
 
Dopo lo spavento e la corsa in ospedale avevano passato quasi tutta la mattina e il pomeriggio del giorno precedente a riposare alla tenuta di Allegra. In camera con Camilla e Ilenia era venuta anche Sammy – la scusa ufficiale era che era preoccupata per l’amica, ma Camilla aveva capito benissimo che c’era anche dell’altro, ancor prima che Gaetano le raccontasse del litigio tra la ragazza e il marito.
 
Una volta tornati a casa di Andreina, la ragazza era rimasta quasi sempre nella stanza che condivideva con Livietta. Camilla aveva avuto l’impressione che Ilenia esagerasse la sua reale necessità di dormire e di recuperare per sottrarsi alle sue domande e ai suoi tentativi di avvicinamento e, non potendo certo obbligarla a confidarsi, non aveva insistito. Ma ormai erano passati quasi due giorni dal suo malore ed Ilenia non avrebbe certo potuto trascorrere tutto il resto della settimana a letto, sarebbe dovuta uscire prima o poi.
 
“La seconda che hai detto… Per la carità, il fatto di non conoscere gli amici di Nino un po’ mi preoccupa ma tuo nipote mi sembra un bravo ragazzo e poi sono felice che Livietta si crei qualche nuova amicizia qui a Roma, dopo quello che è successo con il suo ex ragazzo e con la sua ex migliore amica. E anche a Torino non ha moltissimi amici e sono ormai quasi tutti partiti per le vacanze. Ultimamente passava fin troppo tempo in casa con me e alla sua età non va bene: ha bisogno di stare con i suoi coetanei.”
 
“Già… purtroppo quando ci si trasferisce spesso è difficile mantenere le amicizie e farne di nuove, io e Francesca ne sappiamo qualcosa, con la vita nomade che abbiamo fatto per via del lavoro di mio padre… e poi io per il mio lavoro,” commenta Gaetano con un sospiro, chiedendosi se la stessa sorte toccherà, come è molto probabile, anche a Tommy.
 
“Sì… anche per me è stato lo stesso, ma per fortuna il liceo sono riuscita a farlo tutto a Roma, anche perché mia madre si era imposta con mio padre e poi lui ormai era già generale e aveva più possibilità di scelta.”
 
“Un giorno mi piacerebbe che mi parlassi un po’ di tuo padre, sai? Non so praticamente nulla di lui, a parte aver visto il ritratto che c’è in salone,” dice con un tono quasi esitante, riuscendo infine ad esprimere, uno dei pensieri che ormai da tempo rimuginava nella sua mente, quell’esigenza di conoscere, di sapere, di comprendere quanto più possibile della sua Camilla, di come sia diventata la donna straordinaria che è.
 
“Già… tra l’altro ogni tanto mi chiedo cosa ne pensi Amedeo di quel ritratto ancora così in bella vista,” commenta Camilla, quasi tra sé e sé, per poi aggiungere, più decisa, “e in quanto a mio padre, se vuoi conoscerne vita, morte e miracoli, basta che introduci l’argomento con mia madre, preferibilmente quando Amedeo non è nei paraggi, e dovrai implorarla di smetterla, perché sarebbe in grado di parlarne ad oltranza.”
 
“Ma io non voglio la cronistoria dettagliata delle gesta del Generale Baudino dal punto di vista di tua madre, vorrei conoscere il tuo punto di vista, come l’hai vissuto tu, com’era con te, come padre, come persona… capisci?”
 
“Capisco benissimo,” ammette Camilla con un sospiro, sorridendogli però dolcemente, toccata da questa richiesta più di quanto Gaetano possa immaginare, “e anche io vorrei saperne di più dei tuoi genitori… tu almeno mia madre la conosci, sai da chi ho ereditato il mio caratteraccio, la mia testa dura e la mia tendenza a ficcare il naso in affari che non mi riguardano, mentre di te… Mi piacerebbe sapere com’eri da bambino, da chi hai preso quella fossetta sul mento, i tuoi modi da gentiluomo, la tua dolcezza, la tua intelligenza ma anche la tua tendenza a carbonizzare il cibo e la tua faccia da schiaffi… forse vorrei capire da dove derivano questa strana familiarità, questo senso di appartenenza che ho sempre sentito nei tuoi confronti... tutte queste cose che, pur avendo vissuto vite così diverse, esperienze così diverse, spesso scopriamo di avere in comune, senza saperlo.”
 
“Camilla…” sussurra, ignorando la folla intorno a loro ed abbracciandola fortissimo per qualche istante purtroppo troppo breve, “immagino che avrai capito che non è un argomento molto facile per me da affrontare però ci voglio provare, voglio davvero poter condividere tutto con te, tutto.”.
 
Ancora mezzi abbracciati riescono finalmente a raggiungere Francesca e a farle le congratulazioni, venendo presentati ai suoi collaboratori e al suo staff. Si avviano poi insieme a Jerry, visibilmente affaticato e stanco ma sorridente e gioviale come al solito, al rinfresco nella sala accanto.
 
Francesca viene nuovamente circondata da ospiti e da qualche giornalista e Gaetano e Camilla si intrattengono con Jerry. Notando come l’uomo quasi si accascia su una delle poche sedie disponibili, Gaetano si offre di andare a prendere qualcosa da bere e da mangiare per tutti e tre, sapendo che Francesca sarà impegnata e non potrà assistere il marito.
 
Dopo una lunga fila, si sta girando con i drink in mano, quando riceve una spinta, quasi una gomitata, nel fianco, riuscendo miracolosamente a non versarsi tutto addosso.
 
“E stia un  po’ attento!” proclama all’unisono con una voce femminile.
 
Non saprebbe dire quale dei suoi sensi abbia effettuato per primo il riconoscimento, se l’udito abbia identificato quel tono irritato ed assolutamente inconfondibile, o la vista quei capelli biondi e quegli occhi tondi con le sopracciglia inarcate e sollevate, la fronte perennemente corrucciata, ma avverte nettissimo un colpo alla bocca dello stomaco.
 
“Roberta?!”
 
“Gaetano?!”
 
“Che ci fai qui? Non ti eri trasferito al nord?” gli domanda dopo un attimo di esitazione, con tono tutt’altro che conciliante.
 
“Infatti, sono a Roma di passaggio. E tu cosa ci fai qui?”
 
“Lavoro. Se te lo fossi dimenticato sono una giornalista e la settimana della moda è un evento importante. Piuttosto mi chiedo come mai tu sia venuto apposta a Roma per assistere ad una sfilata di moda femminile. Se è per le modelle, potevi aspettare settembre e ne avresti trovate fin che volevi in giro per Milano,” commenta sarcastica e pungente, con quell’occhiata altezzosa che ricorda fin troppo bene.
 
“No, non è per le modelle. Francesca, mia sorella, è la stilista,” spiega, cercando di mantenere i toni distesi nonostante gli stia già venendo il mal di testa.
 
“Ecco perché mi sembrava di averla già vista, anche se è ancora praticamente sconosciuta,” ribatte in quella che è una frecciatina neppure tanto velata verso la sorella, per poi aggiungere con un mezzo sorriso sardonico, “ma del resto tu sei sempre stato un fratello premuroso, no, Gaetano? Come fidanzato eri… inqualificabile ma eri il fratello e lo zio dell’anno, anche se forse solo perché ti faceva comodo per evitare di impegnarti con me.”
 
“Roberta, per favore, non mi dirai che ce l’hai ancora con me fino a questo punto. Sono passati tanti anni e-“
 
“E cosa? Dovrei dimenticare quello che mi hai fatto passare? Sai, Gaetano, se tra sei anni mi chiedessi cosa ho fatto ieri sicuramente non ti saprei rispondere, ma essere mollata come una cretina il giorno delle mie nozze, ad un passo dal sì, davanti a tutti gli amici e i parenti, il dolore, l’umiliazione, ti garantisco che sono cose che non mi scorderò mai finché vivo. Quindi direi che ho tutto il diritto di avercela ancora con te e di conservare un pessimo ricordo della nostra storia e di te come uomo in generale.”
 
“Roberta…”
 
“Ma magari per te è stato un evento così, come tanti altri… Cos’è, hai mollato altre povere illuse come me all’altare o ti sei limitato a spezzare loro il cuore? Sono stata io il punto più basso a cui sei sceso o sei andato oltre? Perché fatico a crederlo possibile, ma sai, tu sei un uomo pieno di sorprese,” sputa in quello che è quasi un sibilo, gli occhi a fessura.
 
“Roberta, adesso basta, posso capire che io ti abbia ferita e molto, ma-“
 
“Gaetano, dove sei finito? Tutto bene?”
 
Per una volta la voce alle sue spalle invece di farlo sentire in pace con il mondo, lo mette, se possibile, ancora più in agitazione.
 
“Camilla?!” domanda Roberta con tono incredulo, gli occhi ancora più spalancati, mentre un sorriso amaro le si dipinge sul volto.
 
“Roberta?” chiede di rimando, il viso congelato in un’espressione di stupore.
 
“Non ci posso credere… la tua carissima amica professoressa. Ma quindi i tre prosecchi sono per te, per lei e per la nuova fortunata che si è trovata invischiata come me in un ménage à trois sadico e disfunzionale o finalmente vi siete decisi ad uscire allo scoperto e ad evitare ad altre poverette inutili sofferenze?”
 
“Roberta, non ti permetto di parlare così a Camilla: capisco il tuo livore, ma lei non ti ha fatto niente. La colpa di quello che è successo tra noi due è solo ed esclusivamente mia,” mette in chiaro Gaetano, con un tono improvvisamente molto più duro e deciso.
 
“E infatti ce l’ho soprattutto con te, ma lei è stata tua complice: anche volendo credere che non foste amanti, passava ore e ore con te, e non mi provare a dire che non sapesse che eri innamorato di lei, dato che so benissimo che non è un’idiota e che pure un cieco se ne sarebbe accorto. Per non parlare di quella pantomima del cellulare il giorno del nostro matrimonio: forse avrei preferito se avesse avuto almeno le palle di alzarsi in piedi e dire a tutti perché non poteva permettere che noi ci sposassimo,” ammette con voce altrettanto dura ma velata d’amarezza.
 
“Roberta!”
 
“No, Gaetano, va tutto bene. E lei Roberta in fondo non ha tutti i torti, non sono stata del tutto onesta con lei, anche se, per quel che vale, le garantisco che ero in buona fede e ho cercato fino all’ultimo di essere felice per il vostro matrimonio, pensando che fosse la cosa migliore per tutti. Il problema è che mi sono resa conto solo molto tempo dopo, di recente, che a lottare contro se stessi, contro quello che si prova, si finisce solo per fare del male se stessi e anche a tutte le persone che si pensava di proteggere. Quindi-“
 
“Quindi ora state insieme, giusto?” la interrompe Roberta, prima che possa scusarsi, non sembrando per nulla colpita dalle sue parole, ma anzi, con uno sguardo quasi omicida.
 
“Sì,” confermano all’unisono, semplicemente.
 
“Beh, congratulazioni! Siete davvero fatti l’uno per l’altra, vi meritate a vicenda. Però se fossi in lei, professoressa, starei in guardia dalle future amicizie di Gaetano e mi terrei a debita distanza dalle cerimonie nuziali. Buona serata, godetevi la festa!”
 
E, prima che possano replicare, si volta e si allontana rapidamente, i tacchi che sembrano pugnalare il linoleum ad ogni passo, lasciandoli a guardarsi sconcertati e pervasi da un vago e pulsante senso di colpa.
 
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“Marchese, sei tornato finalmente: il vicequestore ci aspetta per fare rapporto sul caso Scortichini.”
 
“Sì, ispettore. Mi scusi, ma i proprietari dell’azienda agricola erano in giro per i campi e ho dovuto attendere il loro rientro prima di poter prelevare i nastri delle telecamere. Sa, non avevo un mandato e c’era a casa solo il capofamiglia, un anziano burbero che si rifiutava di parlarmi senza la presenza dei figli. E ho preferito non inimicarmelo, anche sapendo che per ora sarebbe stato difficile ottenerlo un mandato,” spiega Marchese, cercando di mantenere un tono pacato e tranquillo anche se l’atteggiamento dell’ispettore oggi gli da ancora più sui nervi che di solito.
 
Sebbene quella notte avesse potuto dormire qualche ora, gli effetti della nottata insonne precedente e di due giorni non stop di lavoro si sentono ancora, specialmente adesso che è ormai sera e si avvicina l’ora di staccare.
 
Che poi, oltretutto, per ora il fatto che quello dello Scortichini potesse essere qualcosa di più di un tragico incidente è solo un’ipotesi, derivata dal passato a dir poco torbido dell’uomo, dal pestaggio subito e da quel taglio nella recinzione. Ma sono tutti elementi talmente circostanziali che non rappresentano nemmeno i classici tre indizi che fanno una prova. Ed è esattamente il motivo per cui è assai improbabile, per non dire impossibile, ottenere un mandato da un giudice.
 
Mancini si limita ad annuire ed insieme si recano da De Matteis. Lo trovano come al solito seduto alla scrivania, intento a rifare la punta a una delle sue matite e a compararne la lunghezza con le altre.
 
“Alla buonora: tra venti minuti ho un appuntamento importante, quindi vi chiedo di essere rapidi e precisi. Quali sono gli ultimi sviluppi? Sempre se ci sono sviluppi e se si tratta di un omicidio, cosa su cui ho ancora i miei dubbi.”
 
“Sì, dottore. Le analisi confermano che il frammento di tessuto ritrovato per la trama, lo spessore e le cuciture, al 99% appartiene alla tasca di un paio di pantaloni di cotone. La recinzione è stata tagliata con una normale cesoia da giardinaggio. I residui collosi appartengono ad un marchio molto comune di nastro isolante. Non ci sono impronte, né sui residui di nastro isolante, né sui bidoni, né sul portone di ingresso o sulla gabbia del rottweiler, se non quelle dello Scortichini stesso e del signor Proietti. L’autopsia del medico legale conferma che l’uomo è deceduto in seguito alle lacerazioni e al dissanguamento per i morsi subiti. A causa dell’estensione dei traumi è difficile stabilire se possa esserci stata una precedente aggressione per mano umana, ma sicuramente quando è stato aggredito era ancora vivo e vigile e ha lottato, come testimoniato dalle tracce di sangue sul vialetto e dai graffi sul muso e sul collo dell’animale che dimostrano un disperato tentativo di sfuggirgli. Lo stomaco della vittima era vuoto e, dalle ciotole rovesciate trovate vicino al cadavere si può supporre che avesse aperto la gabbia del rottweiler per portare loro il cibo. Unendo questo dato con la testimonianza del signor Proietti sull’abbaiare dei cani e sulle abitudini del vicino, possiamo far risalire la morte con ragionevole certezza prima di cena, in un orario che va dalle 18.00 alle 20.00. Tracce di alcol nel sangue ma a livelli tutto sommato nella norma, niente droga o farmaci.”
 
“C’è altro?” chiede De Matteis, visibilmente annoiato.
 
“Sì, il medico veterinario ha confermato che il rottweiler è deceduto in seguito ai colpi di pistola. Negativo al test sulla rabbia, è stata invece trovata una forte concentrazione nel sangue di un comune farmaco antidepressivo per uso umano.”
 
“Un farmaco antidepressivo ad un cane?” domanda sorpreso De Matteis, parendo per la prima volta interessato a ciò che gli sta raccontando l’ispettore.
 
“Sì. Il veterinario mi ha spiegato che in a volte vengono usati nel trattamento di cani particolarmente vivaci o aggressivi, però il loro impiego è dibattuto perché in alcuni cani predisposti possono avere l’effetto opposto. La stessa cosa può avvenire se vengono somministrati quando il cane è già molto agitato, o così sostiene il medico. In ogni caso, l’utilizzo di questi farmaci su un cane da combattimento è sicuramente molto inusuale. A meno che il cane non avesse già tentato di aggredire la vittima in passato e fosse un ultimo tentativo di preservare l’investimento prima di abbatterlo, ma mi sembra improbabile. Vista la pericolosità di un cane di quel genere, penso che lo Scortichini se ne sarebbe liberato qualora si fosse accorto di non poterlo gestire, non importa quanti soldi di scommesse rischiasse di perdere.”
 
“Allo Scortichini erano stati per caso prescritti farmaci antidepressivi? Dato che si vendono solo su ricetta…”
 
“Apparentemente no, dottore. Però presumiamo che non gli sarebbe stato difficile procurarseli per vie alternative…”
 
“Già… e tu Marchese, che notizie mi porti?”
 
“Ho appena ritirato i nastri delle telecamere dal cascinale che c’è all’inizio della strada sterrata che arriva al capanno dove è stato ritrovato lo Scortichini. Per nostra fortuna, come avevamo notato, i proprietari hanno ignorato la legge e le possibili multe e hanno puntato una delle telecamere direttamente sulla strada, senza segnalarla e conservando i nastri per più delle 24 ore previste. Abbiamo ottenuto i nastri dietro promessa di chiudere un occhio sull’infrazione. Il veicolo usato dall’assassino deve essere passato di lì per forza, trattandosi di una strada senza uscita.”
 
“Capisco, c’è altro?”
 
“No, per ora no, dottore,” conferma Mancini, sembrando attendere il verdetto con il fiato sospeso.
 
“Bene. A questo punto non ci resta che aspettare i risultati di quei nastri e vedere se salta fuori qualcosa di interessante. Nel frattempo non voglio che destiniate troppe risorse a questo caso, dato che potrebbe concludersi con un nulla di fatto, ma converrebbe concentrarsi innanzitutto su chi ha un buon movente per il delitto. O meglio, chi ne ha più di altri. Bisognerebbe richiedere la documentazione dell’ospedale sul pestaggio subito dallo Scortichini e forse partire da quell’omicidio da cui è stato scagionato per mancanza di prove. Come si è svolta la vicenda? E ci sono parenti della vittima ancora in vita? Amici?”
 
“La vittima era uno sbandato, dottore, un punkabbestia, l’accusa sosteneva che lo Scortichini l’avesse ucciso perché gli aveva sottratto uno dei suoi cani da combattimento. Sa… i punkabbestia con i cani…” esordisce Mancini, aprendo il file per recuperare le informazioni, mentre De Matteis si limita ad annuire, ripulendo i suoi occhiali.
 
“È stato condannato in primo grado, ma poi assolto per insufficienza di prove. A quanto pare tutto l’impianto accusatorio si reggeva su una sua ammissione di colpevolezza, a suo dire estorta con l’inganno dalla PM e dal vicequestore a capo dell’indagine, e da alcune prove circostanziali. Durante il processo d’appello l’avvocato è riuscito a sostenere che la confessione, avvenuta durante un ricovero ospedaliero, fosse scaturita sotto pressione e mentre l’imputato era sotto effetto di farmaci tranquillanti ed antidolorifici, che avrebbero inciso sulla sua capacità di intendere e di volere. Alla fine il giudice ha tralasciato le accuse verso gli inquirenti, ma l’ha assolto per insufficienza di prove e la cassazione ha confermato la sentenza.”
 
“Chi era il PM?”
 
“Dunque, il PM era… la dottoressa Sonia De Giorgis,” proclama Mancini, leggendo il fascicolo.
 
“Che però si è trasferita a Trieste anni fa… chi si occupava delle indagini?”
 
“Vediamo… a capo delle indagini c’era il vicequestore Berardi.”
 
“Il mio predecessore? Quindi magari qui in questura c’è qualcuno che ancora si ricorda di questo caso. Chi lavorava qui già allora?”
 
“Non lo so dottore, ma il vicequestore Berardi è a Roma in questi giorni, l’ho incontrato proprio ieri,” spiega Mancini.
 
“Ah sì, in quali circostanze?” chiede De Matteis, incuriosito.
 
“Ad una cena tra ex compagni di classe… la sua fidanzata era una professoressa di mia moglie.”
 
“Una professoressa? Io e la categoria non andiamo molto d’accordo,” commenta De Matteis con tono sarcastico, mentre Marchese spera vivamente che Mancini non ricordi il nome della prof. o comunque non se lo lasci sfuggire con De Matteis, “comunque, sa come contattare Berardi?”
 
“Non ho i suoi recapiti ma credo che Sammy – mia moglie – potrebbe averli.”
 
“Perfetto, allora provi a rintracciarlo e a convocarlo qui per uno scambio di informazioni. Ed in quanto ad amici e parenti del punkabbestia? Si sa qualcosa?”
 
“Sì, ho già fatto fare una ricerca da Grassetti. Come amici potremmo citare i due punkabbestia che hanno anche testimoniato al processo, un certo Marco De Montis, detto Marcio e Domenico Ceci, detto Sisma.”

“Splendido… irreperibili immagino, domicilio sconosciuto eccetera, eccetera,” proclama De Matteis con un sopracciglio alzato, proseguendo con la pulizia spasmodica degli occhiali.
 
“Esatto, come parenti invece abbiamo il padre, Fausto Misoglio, pensionato e residente qui a Roma, la madre Rita Misoglio e la sorella, la dottoressa Ilenia Misoglio, residenti invece a Torino.”
 
Il cuore di Marchese pare fermarsi per qualche istante, mentre sente tutto il sangue corrergli verso i piedi. Ilenia… suo fratello…
 
Oh merda…
 
“Dovremo provare a contattarli… Partiamo dal padre, che è il più vicino,” ragiona De Matteis, quasi tra sé e sé.
 
Marchese si sente diviso in due come mai prima: deve rivelare chi è Ilenia, che la conosce e che peraltro si trova a Roma proprio in quei giorni, coincidenza che, lo sa benissimo, la renderà immediatamente sospetta agli occhi di Mancini e De Matteis o conviene aspettare? Ma prima o poi, in ogni caso, la contatteranno e Mancini l’ha vista, la riconoscerebbe subito e a quel punto come potrebbe giustificare il suo silenzio?
 
“Mancini, ma la dottoressa Misoglio, in cosa è dottoressa? È un medico?” chiede De Matteis dopo un attimo di riflessione.
 
“È una veterinaria,” spiega Mancini, continuando a leggere la sua scheda.
 
“Interessante, molto interessante. Credo che sia il caso di rintracciare subito anche lei. Forse dovremmo rivolgerci ai colleghi di Torino e spiegare loro la situazione. Marchese, cercami chi è a capo della omicidi a Torino, in questo momento mi sfugge, e chiamamelo.”
 
“Veramente-“
 
“Veramente a capo della omicidi a Torino c’è il dottor Berardi che, per l’appunto, è qui a Roma,” si inserisce Mancini, senza dare il tempo a Marchese di finire la frase.
 
“Certo che il mondo è piccolo… D’accordo, quindi conviene mettersi prima in contatto con lui, così darà disposizione ai suoi sottoposti di convocare la Misoglio e-“
 
“Scusate,” li interrompe Marchese, guadagnandosi due occhiatacce ma sapendo che ormai tacere è assolutamente inutile, “ma non è necessario. Conosco Ilenia Misoglio ed in questo momento si trova a Roma.”
 
“Cosa? E perché non l’hai detto prima?” lo fulmina De Matteis.
 
“Ci ho provato non appena ho capito che non si trattava di un semplice caso di omonimia, ma-“
 
“D’accordo, d’accordo,” lo interrompe nuovamente De Matteis, “certo che in questo periodo c’è uno scambio culturale Torino-Roma in corso, prima Berardi poi questa Misoglio. Una strana coincidenza… Hai i suoi contatti? E come la conosci?”
 
“Ilenia veniva a scuola con me, dottore, e l’ho rivista alla rimpatriata di classe, insomma alla cena dell’altra sera, quella a cui hanno partecipato anche la moglie dell’ispettore Mancini che era una mia… ex compagna, l’ispettore Mancini e il dottor Berardi. E non si tratta di una coincidenza, vede, Ilenia è arrivata da Torino proprio con il dottor Berardi,” spiega Marchese, preparandosi alla reazione dei due.
 
“Cosa? Ma non aveva detto che la compagna di Berardi era una professoressa, Mancini?”
 
“Sì, infatti, ma lei e Ilenia si sono ritrovate a Torino e hanno deciso di venire insieme a questa rimpatriata. E il dottor Berardi le ha accompagnate,” chiarisce Marchese, già temendo la reazione di De Matteis quando scoprirà, perché a questo punto lo scoprirà, chi è la professoressa.
 
“Ilenia? Un momento, è l’amica di Sammy? Quella che si è sentita male e con cui ballavi prima che ci chiamassero per il cadavere dello Scortichini?” domanda Mancini, sorpreso, mentre Marchese vorrebbe strozzarlo perché sa che ciò che ha detto l’ispettore porterà grane sia a lui che a Ilenia.
 
“La Misoglio si è sentita male? La sera del delitto? E ballavate? In che rapporti siete tu e la Misoglio, Marchese? Se sei sentimentalmente coinvolto lo sai che devo sospenderti dal caso,” interviene De Matteis, alzandosi dalla scrivania e avvicinandosi ai due sottoposti, scrutando il viso del ragazzo come per cogliere ogni possibile menzogna, “adesso voglio che mi raccontiate esattamente dall’inizio tutto quello che è successo a questa benedetta cena. E, Marchese, se scopro che mi hai omesso qualche dettaglio, giuro che ti sbatto a dirigere il traffico.”
 
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“Camilla, scusami, ma all’ultimo incrocio dovevi girare a destra, non a sinistra…”
 
Il rinfresco è finito e stanno tornando a casa. L’incontro con Roberta e l’imbarazzo che ne era derivato erano stati presto spazzati via dall’irresistibile entusiasmo della mina vagante: a quanto pare la sfilata era andata molto bene ed erano arrivati più ordinativi di quelli che la sua piccola azienda di moda era, almeno per ora, in grado di evadere.
 
Per qualche motivo, Camilla ha insistito per guidare, nonostante i tacchi e il vestito, e Gaetano non se l’è sentita di dirle di no. Del resto non voleva certo apparire come uno di quei retrogradi che pensano che rimanere al posto del passeggero quando guida una donna sia un disonore o che sparano fuori frasi tipo “donna al volante, pericolo costante”. Anche perché sa benissimo che le statistiche stradali dimostrano, al limite, esattamente il contrario.
 
“No, ti garantisco che dovevo proprio girare a sinistra,” ribatte lei con un sorriso, continuando dritta per la sua strada e poi svoltando a destra.
 
“Professoressa, dov’è che mi stai portando? Cos’è, un sequestro di persona?” domanda con tono ironico, mentre si da dell’idiota per non aver sospettato nulla fin dall’inizio.
 
“Più o meno… e niente anticipazioni, dottor Berardi.”
 
“D’accordo, ho capito…” sospira lui, sorridendo ancora incredulo, fino a che si immettono su una stradina laterale che gli sembra decisamente familiare.
 
“Oddio Camilla, ma… non staremo andando dove penso che stiamo andando?” domanda incredulo, un’espressione ebete sul volto e il cuore che comincia a dolergli nel petto in quel modo che solo lei gli sa provocare.
 
“Tu che ne dici?” gli chiede di rimando con un sopracciglio alzato e quell’espressione soddisfatta sul volto, quella da – ho avuto l’intuizione giusta prima di te e lo so – quella che, fin dal loro primo incontro, gli ha sempre provocato un desiderio inconfessabile di caricarsela in spalla, condurla nel luogo appartato più vicino e dedicarsi ad un genere di attività ancora più piacevole ed appagante per entrambi.
 
La segue dentro al cortile di un ex stabilimento industriale, riconvertito a loft. Ancora intontito, la osserva estrarre le chiavi dalla pochette striminzita ed aprire la porta, chiedendosi per un attimo se non stia sognando.
 
“Allora? Visto che siamo arrivati fino a qui, puoi pure fare un altro passo,” lo punzecchia con tono giocoso.
 
“Camilla…” sospira lui, scuotendo il capo e sorridendo come un cretino al pensiero che anche lei, proprio come lui, ricordasse ogni battuta che si erano scambiati quel giorno di dieci anni fa, in quella che una volta era casa sua, come se fosse successo ieri.
 
E si sente esattamente come dieci anni fa: completamente idiota, innamorato perso, vulnerabile e privo di difese.
 
“Alcuni mobili sono cambiati, chiaramente, ma, a quanto ho visto, il divano c’è ancora,” aggiunge lei con un sorriso, dopo aver richiuso la porta alle loro spalle, mentre si fanno strada nel grande open space.
 
“E c’è anche il vermouth con due bicchieri,” nota, sconvolto, “ma come hai fatto?”
 
“Qui ho ancora parecchie amiche, tra cui una che ha un’agenzia immobiliare e quando abbiamo deciso di venire a Roma non ho resistito e le ho fatto fare una ricerca. Questo loft lo affittano ammobiliato e per fortuna al momento era libero e quindi sono riuscita ad avere le chiavi, almeno per oggi. E stamattina, quando sono andata dal parrucchiere, ne ho approfittato per… sistemare gli ultimi dettagli.”
 
“Camilla… è… è…” sussurra, ma il nodo alla gola gli impedisce di parlare, il cervello si rifiuta di ragionare, si limita quindi a stringerla a sé in un abbraccio fortissimo e che sembra non finire mai.
 
“Ti ricordavi ancora l’indirizzo?” riesce infine a pronunciare e sa che è una domanda stupida e che ci sarebbero mille altre cose che vorrebbe dirle, ma è come se i suoi neuroni fossero in ammutinamento.
 
“Gaetano, io mi ricordo tutto di quel giorno, tutto. E non potrebbe essere altrimenti: questo loft è legato allo stesso tempo ad uno dei momenti più belli della mia vita e ad uno dei miei più grandi rimpianti, uno dei miei più grandi errori. Tu non hai idea di quante volte me lo sono sognato quel giorno, ma con un finale diverso. Così ho pensato di portarti qui per riscriverlo insieme. Voglio avere solo ricordi belli di questo posto. E poi… dopo esserci sorbiti mia madre per giorni, desideravo un momento solo per noi due.”
 
Del resto, pur condividendo la stessa stanza da letto, considerato quanto è impicciona Andreina, la sola idea che l’anziana potesse captare il benché minimo rumore li aveva costretti a notti di castità forzata. E dormire insieme, fianco a fianco, senza potersi vivere appieno era una tortura terribile per entrambi.
 
“Camilla…” sussurra di nuovo, accarezzandole una guancia, per poi prenderla per mano e condurla fino alla metà sinistra del divano, sedendosi con lei nella medesima posizione di allora, quando aveva deciso di smetterla di giocare al gatto con il topo, di accontentarsi di battute e di mezze frasi, e le aveva finalmente confessato di essersi innamorato di lei.
 
“Se vuoi potrei ripeterti tutto quello che ti dissi allora: non solo ricordo, ma soprattutto penso ancora ogni singola parola, Camilla, ma adesso sento anche molto, ma molto di più. Se dieci anni fa credevo di essere innamorato perso di te, e lo ero, mi sembra quasi niente rispetto a quello che provo ora. E se già eri bellissima, questa sera vestita così sei… non trovo nemmeno gli aggettivi per descriverti,” proclama con un sorriso, stringendole le mani.
 
“Non serve che dici niente, Gaetano, lo hai fatto già allora e soprattutto continui a farlo, a farmi sentire amata e desiderata, quasi venerata ogni giorno, ogni singolo istante che ti ho accanto. E adesso è il mio turno, anche se non credo nemmeno io che esistano parole per spiegare quello che sento per te, quello che rappresenti per me. Quando ti ho incontrato ti ho ammirato fin da subito per come svolgevi il tuo lavoro, per la tua intelligenza, il tuo umorismo, il tuo carattere. Poi ho conosciuto l’uomo dietro la divisa e non ho potuto fare a meno di innamorarmene. Ad ogni lato di te che scoprivo, l’amore, la stima che nutrivo nei tuoi confronti cresceva e continua a crescere anche adesso: sei un fratello meraviglioso, un amico straordinario, il compagno migliore che una donna potrebbe mai desiderare e il padre migliore che un bambino potrebbe mai desiderare.”
 
Si ferma per un istante per accarezzargli il viso ed asciugare una lacrima che gli solca silenziosa la guancia sinistra.
 
“Gaetano, da quando ti conosco riempi di luce e di calore la mia vita: con te sento di poter essere me stessa, del tutto me stessa, senza timori, senza riserve. Perché tu mi capisci come nessun’altra persona al mondo sa fare, sai essere dolcissimo ma, allo stesso tempo, sai tenermi testa. Amo il tuo intuito, il fatto che sai leggere dietro le mie maschere e i miei trucchetti, ma mi permetti lo stesso di usarli, quando sai che ne ho bisogno, senza farmelo pesare. Il modo in cui sai prenderti cura di me, lasciandomi però i miei spazi e la mia indipendenza, come se capissi istintivamente quando ho bisogno di sentirmi coccolata e trattata come una regina e quando invece quello che mi serve è uno sfidante con cui duellare. E adoro quando mi sfidi con quell’espressione da schiaffi, perché so che sia che io vinca, sia che vinca tu, alla fine vinciamo entrambi, che tu gioisci dei miei successi così come io gioisco dei tuoi.”
 
“Camilla…”
 
“E lo so che quello di stasera non è niente in confronto a tutto quello che mi regali ogni giorno, ma è il mio modo per cercare di esprimerti tutto quello che so benissimo che non riuscirò mai a dirti. Ti amo, ti amo, ti amo,” sussurra, la voce roca e flebile per l’emozione, continuando a tracciargli i contorni del viso e a guardarlo negli occhi.
 
Cerca di risponderle, ma la voce gli si spezza, la gola gli si chiude, senza permettergli di pronunciare una sola sillaba. Si limita quindi a cingerle la vita e sollevarla sulle sue gambe, azzerando le distanze tra i loro corpi e le loro labbra, in un bacio talmente dolce e talmente intenso da lasciarli tremanti come foglie in balia del vento, il cuore e l’anima sulle labbra salate ed umide, che si cercano e si fondono senza fretta e, allo stesso tempo, come se non ci fosse un domani.
 
Tutto sparisce: il divano, i vestiti, i rimpianti, i ricordi, la città, le pareti… i contorni si sfumano e si dissolvono, rimane solo l’essenziale, rimangono solo loro, galleggiando in un’immensità di emozioni, di sensi, di tenerezza e di calore, di fuoco, fino a sublimarsi, a diventare vapore, che si annulla nell’aria, che è ovunque e da nessuna parte, fino a diventare loro stessi infinito.
 
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“Professoressa, aspetti!”
 
Avvolti nel loro mondo ovattato e pieno di luce, abbracciati, ridendo come ragazzini, ignari di tutto, ebbri d’amore e di sensazioni, non percepiscono né la presenza, né le parole di quella impicciona della portiera, fino a che non si para loro davanti, bloccando la strada e l’accesso alle scale.
 
“Rosetta? Che c’è?” chiede Camilla, con il tono indulgente di chi è talmente felice e sulle nuvole dal sentirsi al di sopra di tutte le complicazioni e le scocciature terrene.
 
“C’è che la polizia si è praticamente installata a casa di sua madre,” proclama agitata ed incuriosita al tempo stesso.
 
“Tranquilla, Rosetta, il pettegolezzo non è un reato e non ho intenzione di arrestarla,” ribatte Gaetano con una risata, che però si interrompe bruscamente, quando nota lo sguardo serio e grave della donna.
 
Ed è allora che la nebbia si solleva dagli occhi suoi e di Camilla e notano la pantera parcheggiata fuori da casa, accanto ad un’auto scura e anonima, ma che Gaetano sa essere un modello spesso in dotazione alla polizia, utilizzato per le uscite in borghese.
 
In quel momento sentono una cascata di passi alle loro spalle, quasi una carica di bufali, e vedono Ilenia, affiancata da Mancini e da Marchese, che la scortano lungo le scale.
 
“Ilenia? Marchese? Cosa sta succedendo?” domanda, sconvolta, chiedendosi se non stia ancora sognando.
 
Marchese fa per aprire la bocca ma un’occhiataccia di Mancini lo porta a richiuderla bruscamente.
 
“Queste sono informazioni riservate, professoressa, c’è un indagine in corso,” ribatte Mancini, brusco, per poi aggiungere, marziale, rivolto a Gaetano, “e non sono autorizzato a riferirle a nessuno, nemmeno a lei dottore, ordini superiori. Adesso dobbiamo andare, forza Marchese.”
 
E, sotto i loro occhi, si portano via Ilenia, lo sguardo basso e triste, spento, mentre Marchese le lancia un’occhiata di scuse, come a dire “non è colpa mia.”
 
Avverte la mano di Gaetano afferrare la sua e si lascia condurre lungo le scale, sentendosi come se stesse camminando sulla melassa, fino a quando le urla di sua madre e di una voce maschile la riconducono alla realtà, portandola a salire gli ultimi gradini e a spalancare la porta d’ingresso, ancora socchiusa, di corsa.
 
“Lei non ha un mandato, non ha alcun diritto di frugare in casa mia!”
 
“Signora, o collabora, ci lascia lavorare e mi dice quello che sa spontaneamente, oppure quando avrò il mandato, e le garantisco che lo avrò, mi premurerò personalmente di far sì che questa casa sia rivoltata da cima a fondo come un calzino… magari ci sarà bisogno anche di ispezioni ripetute. Per non parlare del fatto che, se scomodiamo un giudice, lei capisce che non posso garantirle alcuna riservatezza,” minaccia l’uomo che, sentendo il rumore dei tacchi alti sul pavimento alle sue spalle, si volta verso  l’ingresso e sbianca, come se avesse visto un fantasma.
 
“Professoressa Baudino?!”
 
“Salve, dottor De Matteis.”
 
 
 
Nota: Ed eccoci giunti alla fine di questo secondo capitolo. Come avrete notato questi primi due capitoli romani sono stati più “corali”, con vari cambi di personaggi e di punti di vista, necessari ai fini della trama gialla e di alcuni sviluppi futuri ;). Credo che ormai avrete capito in che genere di guaio si trova Ilenia e Camilla ovviamente si ritroverà di nuovo, suo malgrado, coinvolta in un’indagine, che peraltro le è piombata direttamente in casa. Dal prossimo capitolo quindi la palla delle investigazioni passerà a lei e il focus tornerà di più sui nostri protagonisti. Le cose si complicano anche per Gaetano, dato che il caso non è suo e che si troverà diviso tra i suoi doveri e il suo ruolo istituzionale e l’amore per Camilla. E potrebbe ritrovarsi per una volta anche lui dall’altra parte, quella dell’investigatore “dilettante”, ma con le ovvie possibili conseguenze sul lavoro ;).
 
Visto il cambio di “tono” e la trama gialla, su cui sono molto in apprensione, vorrei davvero conoscere il vostro parere sul capitolo, per cercare di capire in cosa posso migliorarmi, cosa non vi è piaciuto, cosa non vi ha convinto e cosa invece funziona. Scrivo prima di tutto per passione e per me stessa, ma vorrei evitare di scrivere solo per me stessa e di annoiarvi, quindi davvero, esprimete liberamente che cosa ne pensate, che non mi offendo, anzi, le vostre opinioni, le vostre critiche e i vostri consigli sono preziosi per me.
 
Vi ringrazio ancora tantissimo per avermi letto fin qui e, se vi va, vi do appuntamento al prossimo capitolo.
   
 
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