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Autore: Layla    01/08/2008    3 recensioni
Hinata non riesce ad elaborare il lutto per la morte di Hanabi, Naruto aiutandola si accorgerà di provare qualcosa per lei.QUESTA FICTION HA PARTECIPATO AL CONCORSO NARU-HINA INDETTO DA AYUMI YOSHIDA E FERULA. "Non riusciva a crederci, nemmeno dopo averla vista quell’ultima volta, quando ormai era fredda, rigida, con un la vaga ombra di un sorriso che le aleggiava su quei lineamenti severi, poco adatti ad una bambina. Hanabi era morta."
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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“E il quadro venne giù, il vetro andò in frantumi sul pavimento e io cominciai a urlare perché…perché sapevo che era morta e pensavo…si pensavo che fosse il suo fantasma, si , il suo fantasma che mi odiava, quanto mi odiava lei, solo che il fantasma non

“E il quadro venne giù, il vetro andò in frantumi sul pavimento e io cominciai a urlare perché…perché sapevo che era morta e pensavo…si pensavo che fosse il suo fantasma, si , il suo fantasma che mi odiava, quanto mi odiava lei, solo che il fantasma non era inchiodato in quel letto,perciò urlavo….e urlando corsi fuori, gridando: Zelda è morta!”

(Stephen King ”Pet Sematary”)

 

1)FAREWELL, BELOVED LITTLE SISTER

 

Non riusciva a crederci, nemmeno dopo averla vista quell’ultima volta, quando ormai era fredda, rigida, con un la vaga ombra di un sorriso che le aleggiava su quei lineamenti severi, poco adatti ad una bambina.

Hanabi era morta.

Se avesse avuto ancora delle lacrime le avrebbe versate per quella sorella, che amava nonostante il carattere scontroso e la freddezza.

L’aveva tenuta in braccio da piccola, l’aveva curata dopo la morte della madre, l’aveva consolata le rare volte che aveva pianto e ora lei….non c’era più.

Non riusciva ad accettarlo,era dannatamente ingiusto.

Camminava, simile a un fantasma, per le strade del villaggio, era quasi sera , avrebbe dovuto essere a casa a quell’ora, ma lei,in quella villa enorme, non aveva più nessuno da cui tornare, non più…

[“Hinata-chan, è successo qualcosa….”

La voce spezzata di Kiba, quella sera maledetta.

“Devi venire all’ospedale.”

C-chi è s-stato f-ferito?”

Hanabi-chan

Il suo cuore si era fermato, perché lei?

Perché?

Era corsa fuori casa, il cuore in gola, le lacrime che scendevano.]

Hinata!”

Una voce dal presente la richiamò alla realtà, Kurenai-sensei la guardava preoccupata, le mani appoggiate ai fianchi, impotente, per la prima volta vedeva la sua maestra in quello stato.

“Come mai sei ancora qui?

Non dovresti essere a casa?”

Abbassò gli occhi, cercando una risposta che la salvasse da quella conversazione, sapeva come sarebbe andata a finire, la sensei l’avrebbe spronata a reagire, cosa che sarebbe stata attualmente impossibile per lei.

“Ci stavo andando…”

Kurenai fece per aprire bocca, forse per dirle di non mentire, ma poi rinunciò e la lasciò andare, ma i suoi occhi rossi le bruciavano sulla schiena.

Non l’avrebbe lasciata andare davvero.

Si trascinò a casa, suo padre non le disse nulla, era morto anche lui insieme ad Hanabi, era morta quella piccola parte di umanità che c’era ancora in lui.

Andò a lavarsi, si mise un kimono, raccolse i lunghi capelli neri in una coda, gesti meccanici a cui si aggrappava per andare avanti, ma che ogni giorno le sembravano sempre più insensati, non c’era nulla  per cui valesse la pena farlo.

Nulla.

Persino lui, era troppo distante per essere raggiunto e forse lo era sempre stato, solo che lei non l’aveva mai capito…

Scese.

Suo padre era già a tavola senza averla aspettata, quando si sedette non alzò nemmeno lo sguardo, lei era diventata trasparente ai suoi occhi.

Cenarono in silenzio, l’unico rumore era quello delle bacchette, in un silenzio innaturale, la calma prima della tempesta, si scoprì a pensare.

Hanabi amava questo piatto.”

Hinata non rispose.

“Lei non potrà mangiarlo mai più.”

Ma io sono qui davanti a te! Mi vedi?La sua mente urlava disperatamente quelle parole, ma lei rimase ancora una volta in silenzio, lui la paralizzava.

“Perché non sei morta tu? Tu non meriti di vivere.

Una come te non avrebbe nemmeno dovuto nascere.”

Le caddero le bacchette di mano, le si bloccò il respirò, quella freddezza la uccise, quante volte sarebbe morta ancora?

Quante volte l’avrebbe uccisa?

Non era stato lo scoppio improvviso di rabbia, la frase detta in un momento in cui era fuori di sé, quella frase era stata meditata a lungo, ponderata, soppesata e poi emessa con la stessa ineluttabilità di una sentenza e con la stessa sicurezza glaciale che usava per comunicare le decisioni del clan.

Si alzò, sentiva freddo dentro di sé, lasciò quella stanza come una sonnambula, per dirigersi alla porta, esitò un’ attimo, ma poi si mise i sandali e uscì.

La notte era fredda, tirava un vento gelido, ma lei non lo sentiva, non sentiva più nulla, solo le mille immagini che le si affollavano dentro la testa.

Lei bambina, la mamma, Hanabi, i tempi dell’accademia, il diploma, la formazione delle squadre,il torneo di selezione dei chunin, lo scontro con Neji-nii-san, quella breve conversazione con Naruto, tutti quei frammenti di vita le vorticavano in testa.

[“Hinata è forte, si allena con impegno, più degli altri, ma poi in missione commette degli errori stupidi che la demoralizzano e non riesce a essere utile.”

Kurenai sensei.

“Gli Hyuga non hanno più bisogno di lei.”

Suo  padre.

“Voi maledite il vostro destino, voi non siete adatta a fare il ninja

Neji-nii-san.]

Un tempo sarebbe uscito sangue da ognuna di quelle ferite e ne era uscito, ma ora non più, perché tutti loro avevano avuto ragione, lei era assolutamente inutile, sarebbe dovuta morire lei al posto della sorella.

Si sedette accanto al lago, dal cielo coperto cominciarono  a scendere fiocchi di neve.

La neve…

“Quando sei triste chiedi aiuto alla neve, chiedile di cadere e accumularsi sulle tue ferite, sempre più , fino a quando non rinchiuderà i tuoi pensieri dolorosi in un mondo candido, un mondo che non ti potrà più ferire.”

La voce di sua madre le parlava dolcemente da un ricordo lontano, prima che morisse, da allora aveva invocato innumerevoli volte la neve, ma non era mai scesa.

I pensieri dolorosi l’avevano ferita sempre di più, sempre più in profondità, ma ora il cielo l’aveva ascoltata, le stava mandando tutta la neve che aveva desiderato, ricoprendola lentamente.

Hinata…”

La voce debole della sorella, quella dell’ultima sera, la venne di nuovo a trovare.

Hinata….

Ascoltami, perché credo che poi non riuscirò a dirti più nulla, dopo che io sarò morta…

Zitta  e sii realista, io non arriverò a domani mattina Hinata, quindi ascoltami.

Ti diranno tante cose, che sei inutile, che avresti dovuto morire al mio posto, che tu non meriti di vivere, ma tu non dargli retta.

Hinata!”

Le aveva preso le mani.

“Se devo abbinare un colore a te, io penso al bianco, perché è perfetto, come te, lui racchiude dentro di se tutti i colori del mondo.

Mi capisci?

Proveranno ad abbatterti, ma tu non credergli , perché io sono sicura che un giorno tu splenderai più di loro.

Me lo prometti?”

Aveva annuito, incapace di dire altro.

“Perdonami Hanabi, non ce l’ho fatta…

I rifiuti non  possono diventare stelle.”

Tutto si fece nero, tutto spariva lentamente..

Qualcuno la scosse, una voce la chiamava.

Hinata!!!

Aprì piano gli occhi, un volto dal passato la osservava, preoccupato, i grandi occhi  sgranati.

Naruto Uzumaki.

Un tempo sarebbe svenuta, ma quel tempo le sembrava lontano mille secoli, inerte si lasciò caricare in spalle, poi ricadde nel buio.

 

Al risveglio percepì per prima cosa il calore, il peso dolce delle coperte su di sé, poi aprì gli occhi piano, e trasalì.

Dov’era?

Vide una foto sul comodino accanto a lei, il team sette, era a casa di Naruto!

Arrossì, si alzò di scatto, qualcuno l’aveva cambiata!

Stava per correre fuori da quella stanza, improvvisamente troppo stretta, quando la porta si aprì e lei rischiò di cadere addosso al ragazzo che reggeva una tazza di minestra in una mano.

Hinata-chan!

Sei sveglia!”

Farfugliò una risposta, rossa.

“La mia vicina ti ha preparato una minestra, ti farà bene…

Prima è venuta e ti ha visitata.”

Allora era stata lei a cambiarla, ma non importava, doveva andarsene.

“Io…io devo a-andare N-Naruto-kun!”

“Perché?”

Perché una come me non può stare al mondo, perché sarei dovuta morire io al posto di mia sorella, quelle parole premevano per uscire, ma lei non voleva che lui le sentisse.

Hinata-chan cosa ci facevi sotto la neve?”

“Hai mai perso qualcuno che amavi?”

Lo sorprese con quella domanda a bruciapelo.

“Perso in modo irrimediabile, senza possibilità di r-recupero.

Sai…è t-terribile.

Ti a-accorgi che il mondo a-all’improvviso ha perso i suoi colori, che n-nulla ha più senso, ma tu sei v-vivo comunque e questo ti sembra i-ingiusto.

Vorresti morire.”

“Io non credo che Hanabi-chan avrebbe voluto vederti morire, credo che avrebbe voluto vederti continuare a vivere.”

“Ma io e-ero già morta prima, Naruto-kun.

Nessuno mi avrebbe rimpianta e io ora vorrei solo rivederla.”

Aveva abbassato gli occhi, aveva parlato troppo, all’improvviso lui le alzò il mento e lei si perse per un attimo in quegli occhi azzurri.

IO  ti avrei rimpianta.”

“Tu hai sempre avuto S-Sakura-chan….

N-non hai b-bisogno d-di m-me.”

“Io non ho Sakura-chan.”

Il suo sguardo si fece triste, per un’ attimo vi si riflesse l’ombra di Sasuke, il grande assente, ma poi sparì e lui si avvicinò piano e l’abbracciò.

“Tu non dovresti desiderare di morire, perché non è vero che non mancheresti a nessuno e che sei già morta, mancheresti a tutti.

Ti stimano tutti per la tua dolcezza, per i piccoli gesti che riservi a ognuno, persino Neji-kun ora ti apprezza e continuando così faresti un torto a tua sorella.

Hinata singhiozzò tra le sue braccia, pianse a lungo, lui le accarezzava piano i capelli, perché era così gentile con lei?

N-Naruto-kun…perché s-sei così g-gentile con me?”        

Lui sussultò, la staccò da sé e lei di nuovo si perse in quegli occhi di cielo.

“Perché per me conti molto.”

Arrossi, mentre lei rimaneva stupefatta, non riusciva a trovare una risposta, lei l’aveva sempre amato, ma non riusciva ancora a diglielo.

Lui annullò la distanza baciandola, piano, con dolcezza, lei in quel momento toccò il cielo con un dito,  dimenticandosi per un’ attimo il suo dolore, mentre la voce della sorellina le sussurrava in un orecchio:” Proveranno ad abbatterti, ma tu non dargli retta, perché io sono sicura che un giorno tu splenderai più di loro.

E lui se ne accorgerà.”

 

LAYLA’ S SPACE

 

Salve! Forse qualcuno si ricorderà che ho già pubblicato l’inizio di questa storia, che poi ho tolto visto che sembrava non essere particolarmente apprezzata.

Questa storia è stata scritta per un concorso Naru-Hina indetto da Ayumi Yoshida e Ferula, è arrivata nona, ma a me non importa molto adesso, allora ammetto di esserci rimasta un po’ male visto che mi ci ero  impegnata a fondo.

In questa storia non c’è la Layla briosa che qualcuno conosce se ha letto Art School, non c’è semplicemente perché la maggior parte del tempo io non sono affatto allegra, in questa c’è la me più cupa e riflessiva.

In questa storia ci sono le mie serate a scrivere a computer, in questa storia di sottofondo ci sono Bob Marley, i Modena City Ramblers e la Banda Bardò ma se devo pensare a una canzone per riassumere questa fiction è “ So far away” degli Staind.

Vorrei dedicarla a Beckill, che mi fa sempre sorridere e mi dà senza nemmeno saperlo buona parte delle idee per Art School e a Jaheira, che mi ha aiutata tanto nei miei periodi neri (Siano lodati manganet, promesse, l’orsacchiotto, Sasuke, le sigarette e i commenti scritti per scaricare la tensione degli esami).

Di solito non sproloquio molto, ma questo andava scritto.

Per finire, spero vi piaccia e commentate!

 

   
 
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