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Autore: Clary F    24/05/2014    7 recensioni
Clary è nata e cresciuta come una Cacciatrice di Idris e lei e suo fratello Jonathan, alla vigilia dei nuovi Accordi, sono costretti a vivere nell'appariscente tenuta dei Lightwood, dove si sta tenendo la più ridicola delle competizioni mai organizzate nella storia dei Nephilim, coordinata da Magnus Bane, maestro del bon ton. Cacciatrici e Nascoste affronteranno varie prove per accaparrarsi il cuore del giovane Jace Wayland. Tra incubi e bagni notturni, la ragazze inizieranno a scomparire misteriosamente ... Chi sarà il colpevole?
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Magnus Bane, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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CHAPTER 9
STAND BY ME
 
 
Questa volta era diverso. Non era come essere lo spettatore esterno di un film, era come se guardasse il tutto in prima persona, esattamente attraverso gli occhi di Valentine. Era conscio anche dei suoi pensieri, di ciò che era accaduto poche ore prima: la Rivolta nella Sala degli Accordi. Valentine era in piedi, nascosto da un gruppo di alberi frondosi e dalla notte senza luna. Stava fissando una casa, era la tenuta dei Fairchild. Jace la riconobbe subito, o forse era stato Valentine a riconoscerla, non importava. Le finestre della tenuta erano buie, ad eccezione di una al secondo piano, dove si intravedeva un baluginio rossastro diventare sempre più acceso e più luminoso. Inizialmente Jace pensò che si trattasse di una candela, o di una stregaluce … ma presto si rese conto che quelle che stava guardando erano fiamme. Come alimentate dalla sua consapevolezza, le fiamme divamparono in un attimo. L'aria era intrisa di fumo e dopo un istante, non c'era più nulla, solo il fuoco che avvolgeva la casa, bruciandone i mobili e intaccandone la struttura, che iniziò a cedere come una candela sciolta. Jace sentì delle urla provenire dall'interno di quel globo infuocato, le urla di una donna, di un uomo. Voleva muoversi, correre verso l'incendio e aiutare le persone che erano rimaste intrappolate lì dentro. Ma, proprio come loro, lui era intrappolato nel suo sogno e non poteva far altro che guardare. Subito Jace capì chi c'era dentro la casa dei Fairchild. I nonni di Clary, insieme ai, probabilmente già morti, corpi di Michael Wayland e di suo figlio … il figlio di cui portava il nome. Jace Wayland. Un nome sbagliato, un nome che non gli apparteneva, ma che continuava a portare. Ora, come non mai, gli sembrò che il suo nome fosse una mancanza di rispetto verso quel povero bambino che stava bruciando nella casa. Le urla cessarono, la casa crollò, Valentine rise …
E Jace si svegliò boccheggiando.
 
 
Clary non rivide Jace per tutto il giorno. Voleva sapere se aveva sognato ancora. Voleva sapere come stava. Voleva sapere perché l'aveva baciata. Verso le dieci di sera passate rimase l'unica in salotto, ad eccezione di una guardia del Conclave che la osservava da lontano. Sospirò e si ritirò nella sua stanza, cadendo in un sonno agitato. Fu svegliata da una voce e da qualcuno che la scuoteva leggermente. Era Alec. Le immagini del sogno che stava facendo vorticavano ancora nella sua mente, più che un sogno era stato un incubo, sentiva il sudore freddo appiccicarle il pigiama alla schiena e si aggrappò con le unghie al braccio del ragazzo, ancora scossa da quelle immagini. Avrebbe voluto urlare, ma dalla sua gola scaturì solo un suono strozzato.
«Ahi, mollami.» Si lamentò Alec.
«Dov'è Jace?» Ansimò lei. «Dov'è?»
«Qui.» Rispose la voce di Jace. Clary vide la sua figura nell'ombra della stanza, con il cuore che le batteva veloce nel petto. «Stiamo andando in missione. Pensavamo ti avrebbe fatto piacere unirti a noi.»
«Missione?»
«Vestiti.» Le ordinò Jace. Lui e Alec uscirono nel corridoio e Clary iniziò a vestirsi senza nemmeno guardare quello che le capitava sottomano. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era quell'orribile sogno. Aveva una terribile sensazione. Uscì in corridoio per raggiungere i ragazzi. Al sogno ci avrebbe pensato più tardi.
«Bella maglietta.» Disse Jace, osservando la t-shirt della ragazza infilata al contrario.
«Bella faccia.» Sibilò in risposta. «Cosa stiamo per fare esattamente?»
«Stiamo andando a fare razzia nello studio di Robert.» Disse Jace con calma. «Devo sapere cosa diavolo sta succedendo nella mia testa e lì ci sono un mucchio di libri e pergamene. Sicuramente ci sarà qualcosa che potrà aiutarmi.»
La tenuta era silenziosa come una tomba, mentre strisciavano per i corridoi bui. Fortunatamente non incontrarono nessuno lungo la strada fino alle porte dello studio di Robert, che Jace aprì in modo che non cigolassero o emettessero alcun suono. Entrarono dentro, mentre Alec sussurrava qualcosa a proposito di alcuni film di spionaggio che lui e Jace avevano visto insieme durante un viaggio a New York.
«Chiudi la porta, 007» Clary sorrise ed estrasse dalla tasca una stregaluce per illuminare la stanza.
«Tu puoi essere la segretaria di Bond, Clary.» Disse Alec.
«O la donna intelligente e bellissima ma assolutamente priva di fortuna che si caccia in una situazione pericolosa,» replicò Jace. «Così poi noi verremmo a salvarti. Hai anche il bikini per il ruolo.»
«Preferirei non pensare a questa scena.» Sussurrò Alec.
«Io sarò Bond, allora.» Aggiunse Jace.
«Perché non posso essere io Bond? In fondo è palese che sono quella che sta guidando questa operazione.» Sussurrò Clary mentre faceva scivolare un dito sopra alcuni volumi della libreria. Sentì Jace mormorare un 'io non la penso così' e sorrise. Prese uno sgabello e ci salì sopra per esaminare i volumi sull'ultimo ripiano dello scaffale.
«Dubito che troverai qualcosa lì. Sono i libri di Maryse.» Disse Jace facendola trasalire. Sentì lo sgabello oscillare pericolosamente e perse l'equilibrio. Si morse il labbro per non urlare, preparandosi allo schianto a terra. Quando riaprì gli occhi, pensò che in fondo il pavimento non era poi così duro. Le ci volle un attimo per capire che giaceva a faccia in giù sopra il corpo di Jace, che gemette sotto il suo peso.
«Mi dispiace,» sussurrò a bocca aperta, mentre cercava di mettersi a sedere. Le braccia di Jace l'avvolsero velocemente, immobilizzandola sopra di lui in un abbraccio.
«Questo è un terribile luogo comune, non credi? Se volevi stare sopra di me, tutto quello che dovevi fare era chiedere.» Disse con voce bassa e profonda. Poi alzò le sopracciglia attendendo una risposta e lei si dimenò a disagio.
«Perché tutto quello che esce dalla tua bocca deve avere un maledetto risvolto sessuale?»
«Non posso farci niente se hai una mente perversa.» Nella penombra, vide i suoi occhi oscurarsi e un piccolo sorriso increspargli le labbra.
«Jace, lasciami andare.» Clary si dimenò con maggior forza e lui le afferrò i fianchi così forte che era sicura che le avrebbe lasciato i segni.
«Questa cosa non mi dispiace affatto,» disse lui alzando leggermente la testa, così che i loro volti furono ancora più vicini. Clary chiuse gli occhi. «Sai, ho un letto che è molto più comodo del pavimento.»
Riaprì gli occhi di scatto. La sua bocca era ad un centimetro dalla sua e, mentre lo guardava leccarsi le labbra, sentì qualcosa rigirarsi nel profondo dello stomaco. Si liberò dalle sue braccia con forza, allontanandosi il più possibile da lui.
«Sei un idiota, Jace.» sussurrò, solo perché non sapeva che altro dire.
«Il corpo vuole quel che il corpo vuole.» Ribatté lui mettendosi a sedere e guardandola con occhi ardenti. «Non posso farci niente se il mio corpo ti vuole.»
«Questa è una cosa tipicamente maschile da dire.» Ringhiò Clary, rimettendosi in piedi. «Ne ho abbastanza. Io sono fuori.» Annunciò a voce alta dirigendosi verso la porta. Non le importava se Robert li avrebbe beccati.
Li maledisse mentalmente, mentre allungava il braccio per posare la mano sulla maniglia, ma Alec la afferrò prima che potesse aprire la porta. Cercò di liberarsi dalla sua presa, ma lui era nettamente più forte, la trascinò fino al centro della stanza, dove sbuffò incrociando le braccia.
«Lo dirò a Robert.» Minacciò ad alta voce. «E a Maryse.»
«Vuoi fare meno baccano?» Le sibilò Alec all'orecchio.
«Vuoi fare meno baccano?» Lo scimmiottò Jace, con voce ironica. «Ma come parli? Sembri un damerino dell'800.»
Alec lo fulminò con lo sguardo. «E tu, invece, che non riesci a fare un intero discorso senza inserire una citazione di chissà quale poema?»
Jace gli rivolse un sorriso accattivante e Clary li fissò esasperata.
«Io me ne vado.» Disse la ragazza, sbuffando.
«Clary, Clary, non farlo ... Abbiamo bisogno di te,» sussurrò Alec. «Jace, avanti, dille che abbiamo bisogno di lei.»
Jace era appoggiato alla scrivania di suo padre, catturò il suo sguardo attraverso la stanza, la sua espressione calda e intensa. La stregaluce che Clary aveva lasciato sopra la scrivania gettava bagliori intermittenti sul suo volto, rendendolo in qualche modo sinistro, ma anche intrigante e misterioso.
«Ho bisogno di te.» Disse piano. Le sue parole raggiunsero Clary con la stessa potenza di uno schiaffo in pieno viso. Rabbrividì. Si morse il labbro e distolse lo sguardo, stringendo i pugni.
Lo odio, si disse, lo odio, è così irritante, arrogante, ridicolo, stupendo ... Fece un respiro profondo e sospirò, sapendo che era troppo tardi per negare a sé stessa ciò che aveva appena pensato.
«Va bene ... Ma solo perché voi due insieme non avete neanche un briciolo di cervello.»
Cercò di rimanere il più lontana da lui, per quanto lo permettesse quella stanza buia.
Dopo circa venti minuti Alec la chiamò dalla scrivania, dove Jace era seduto e teneva un volume tra le mani. Lo passò a Clary che lesse in fretta, accigliandosi.
«L'interpretazione dei sogni di Sigmund Freud?» Lesse Clary con voce scettica.
«Beh, è proprio ciò che fa al caso nostro, no? Dobbiamo interpretare i sogni di Jace!»
«Alec, Freud era un mondano. Non credo troveremo niente che possa esserci utile in un libro scritto da un mondano.»
Alec si grattò la fronte. «Presumo che allora nemmeno Il libro degli incubi di Belanger, vada bene.»
«Esatto.» Clary fece schioccare la lingua, seccata.
«Tutto questo è una perdita di tempo.» Disse Jace, con voce amara. Accanto a lui c'era un tomo abbandonato, spesso e dalla copertina lisa e consunta. Il titolo recitava in caratteri corsivi: Comunicare attraverso i sogni di Jonathan Wrighthallow. Clary lo afferrò fra le mani, scorrendo l'indice con lo sguardo.
«Questo lo ha decisamente scritto un Cacciatore,» bofonchiò più a sé stessa che agli altri due.
«Con un nome del genere,» asserì Jace ironicamente.
Dopo un quarto d'ora, Clary sbatté il libro sulla scrivania, con occhi trionfanti. «Sentite qui, si ritiene che gli Angeli utilizzino i sogni per comunicare con noi Shadowhuntersinviandoci immagini simboliche del passato, e talvolta del futuro per metterci in guardia, consigliarci e aiutarci a fare la cosa giusta nel -»
«Che noia.» La interruppe Jace.
«Non è il momento per scherzare, Jace.» Clary gli rivolse un'occhiataccia.
«Non sto scherzando, è una vera noia.»
Lei lo ignorò continuando a leggere.
«Avanti, Clary. Non sappiamo nemmeno se esistono gli angeli.» Continuò Jace, laconico.
Alec lo fissò con un'espressione scioccata sul viso. «Jace, come puoi dire una cosa del genere? Noi discendiamo dagli angeli, se non fosse per loro non esisteremmo! E tu te ne esci dicendo che non credi che esistano?»
«Beh, nessuno ne ha mai visto uno.» Si giustificò il ragazzo, alzando le mani in segno di resa.
Alec scosse la testa e si rivolse a Clary. «Quindi i sogni di Jace potrebbero essere immagini del passato e del futuro?»
«Ssssh,» Jace si mise un dito sulle labbra, in ascolto. Clary trattenne il respiro, con le orecchie tese, sentì dei passi nel corridoio.
«Dannazione, potrebbe essere mio padre ...» sussurrò Alec. «Via da qui.»
I tre si affacciarono sul corridoio, come tre ladri in procinto di scappare. I passi si stavano allontanando e i ragazzi scoprirono che non erano altro che Mark Blackthorn e Isabelle.
«Che cosa ci fa mia sorella con Mark?» Chiese Alec, accigliandosi.
«Secondo te?» Rispose Jace con un'alzata di sopracciglia piuttosto eloquente.
Alec lo guardò male. «Ho bisogno di dormire.» Disse, sbadigliando. Si incamminò lungo il corridoio buio; aveva fatto pochi passi quando Jace aprì di nuovo la bocca per parlare.
«Ehi, Alec,» lo chiamò a bassa voce.
Il suo parabatai si girò a guardarli. «Che c'è?»
«Camera tua è dall'altra parte.» Gli disse Jace indicando il lato opposto del corridoio, con un sorriso malizioso stampato sulle labbra.
Anche nella penombra, i due videro Alec arrossire furiosamente. «Oh, già …» mormorò prima di scomparire.
«Anche io ho bisogno di dormire.» Aggiunse Clary rapidamente, spostandosi verso la porta. Jace la prese per un braccio, stringendola.
«Clary, aspetta. Ho bisogno di parlarti.»
«Più tardi, ho davvero bisogno di dormire. E anche tu.»
Jace sospirò tristemente e la lasciò andare.
Clary si svegliò nel buio, qualcuno bussava alla sua porta. Non ebbe neanche il tempo di dire avanti che la porta si aprì e una sagoma entrò. Era la domestica che giorni prima l'aveva accolta in casa Lightwood piuttosto rudemente.
«Che succede?» Chiese lei, saltando giù dal letto e osservando la vecchia signora, impassibile nel suo grembiule e cuffietta bianca anche in piena notte.
«Signorina, mi segua.»
«Ma … ma dove?»
«Il signorino Jace ha bisogno di lei.»
Clary aggrottò la fronte, il suo cuore incominciò a battere forte. «Jace ha bisogno ... va bene, fammi vestire.»
«No! È una cosa urgente!» La voce della domestica iniziava ad assumere una tonalità decisamente stridula e angosciata. Clary sentiva la preoccupazione crescere ogni istante di più.
«Ma che cosa ...»
«Ora!» La domestica le afferrò la mano e nel giro di un attimo, Clary si ritrovò, per la seconda volta, in pigiama in camera di Jace.
La stanza era buia, ma le tende erano aperte e lasciavano trapassare la luce della luna, così l'intera stanza risultava illuminata da un tenue bagliore argenteo. Jace era seduto sul bordo del letto. Clary lo vide fare un cenno di ringraziamento alla governante, prima che quest'ultima si dileguasse silenziosamente.
«Io ...» cominciò Clary a voce bassa. Ma Jace le fece segno di non parlare e di avvicinarsi. Lei obbedì, intravedendo il suo viso sempre più stanco e cerchiato da profonde occhiaie. Doveva essere rimasto sveglio fino ad allora. Si sedette accanto a lui, il suo letto era morbido ed invitante come quello in camera sua. Si sentiva estremamente a disagio, nuda, con addosso solamente il suo pigiama.
«È possibile fare una cosa e poi dimenticarsi di averla fatta?» Chiese lui, voltandosi a guardarla negli occhi.
«Che vuoi dire?»
Lui deglutì. «Voglio dire ... Le ragazze ferite. E … altre cose.»
«Come incendiare un casa?» Rispose Clary, senza pensarci.
Jace le afferrò il braccio, affondandole dolorosamente le dita nella carne. «Come fai a saperlo?»
«Mi fai male, Jace. Lasciami.»
Lui la lasciò in fretta, mormorando delle scuse.
«Prima che tu e Alec mi svegliaste, stavo facendo un sogno, un incubo in realtà.» Spiegò Clary, dolcemente. «Ti ho visto mentre osservavi una tenuta andare a fuoco. Sembravi felice e soddisfatto, come se fossi stato proprio tu ad appiccare l'incendio. È stato terribile e spaventoso.»
Jace imprecò. «Ma non ero io, era -» Valentine, concluse nella sua mente, ma evitò di dirlo ad alta voce per non turbare Clary.
«Era solo un sogno, non vuol dire che accadrà davvero.»
Lui non disse nulla per un lungo momento, poi la guardò con un'intensità così forte da farla rabbrividire. «Sei tu, lo sai.» Disse. «Voglio che tu lo sappia, prima che succeda qualcosa di veramente grave.»
La sua bocca diventò improvvisamente secca, mentre la sua mente formulava quella domanda. «Che vuol dire sono io?»
Jace le rivolse uno sguardo ardente che quasi la incenerì. Quello era decisamente troppo, troppo intimo. Le sue prese in giro, le sue continue allusioni sessuali, erano okay. Ma quello era tutt'altra cosa. Clary sentì i suoi sentimenti esplodere e la cosa la spaventò.
«Devo andare ...» sussurrò e chiuse per un attimo gli occhi. Quando li riaprì, il suo viso e le sue labbra erano vicinissime alle sue.
«Dal momento in cui questa stupida competizione è iniziata, dal momento in cui ti sei presentata alla mia porta, con la tua valigia, sapevo che eri tu.» Sussurrò lui. Clary sentì il suo respiro sulla pelle e deglutì a fatica.
«Sapevi cosa?» Rispose con un filo di voce. Abbassò gli occhi e si morse il labbro. Stare così vicino a lui non le permetteva di pensare razionalmente.
«Jace, rispondi alla domanda. Se è un'altra delle tue stupide prese in giro ...»
La baciò, dolcemente e senza trattenersi. Per un momento lei non ricambiò, poi fremette e il bacio divenne appassionato. Gli infilò le dita tra i capelli biondi e l'universo si restrinse intorno a loro. Non esisteva altro a parte Jace e la sensazione delle sue braccia intorno a lei e il fuoco delle sue labbra sulle sue.
«Sapevo che eri tu quella che volevo.» Disse infine, poggiando la fronte contro la sua. «Clary ...»
«Se stai per dirmi che ti sono sempre piaciuta fin da quando eravamo a scuola credo che me ne andrò, visto che sappiamo entrambi che non è vero.» Sussurrò lei, guardando i suoi occhi mentre si spalancavano per la sorpresa e poi si rilassavano, sorridendo appena.
«In realtà non ti sopportavo.»
«Lo so.» Rispose lei, allontanandolo. Il suo viso tornò ad essere teso e pallido, fino a che Clary non allungò una mano per sfiorargli una ciocca di capelli che gli ricadeva sulla fronte. «Perché lo hai fatto?» Gli chiese.
«Baciarti? Perché volevo.» Rispose semplicemente.
Lei non riuscì a trattenersi e fece una smorfia. «Così, quello che Jace vuole, Jace lo ottiene, giusto?»
«Non è così e tu lo sai.» Disse lui a voce bassa e piena di rabbia.
«No, non lo so. Ti ho sempre visto fare casini con le ragazze e ...»
Lui le mise un dito sulle labbra. «Non sto scherzando, Clary.»
Lei spinse via la mano. «Cosa mi dici di Victoria? E di Rebecca?»
«Non mi importa di loro, di nessuna di loro.» La sua voce era così solenne e sincera che Clary non ebbe altra scelta che credergli. Trattenne il respiro, cercando una qualsiasi traccia di presa in giro sul suo volto. Quando non ne vide alcuna, un senso di sollievo la attraversò e senza riflettere ulteriormente, premette le sue labbra contro le sue, baciandolo con una passione che non sapeva neanche di avere. Aveva bisogno di lui e in un istante, la sua camicia era sopra la sua testa e poi gettata sul pavimento. Jace gemette e la strinse forte contro di lui, sentì le sue mani muoversi sul suo corpo. Clary era stordita, ansimando, si lasciò spingere con la schiena sui cuscini, abbandonandosi tra le sue braccia. Era tutto ciò che voleva, in quel momento. Quando le sue mani scivolarono sotto i vestiti, le dita sopra la sua carne, il suo cervello però scattò e lentamente lo spinse via.
«Non possiamo,» disse con dolcezza, la voce ruvida e roca. «Ci sono cose più importanti a cui pensare. Dobbiamo trovare il modo di farti smettere di sognare. E capire chi è il responsabile di tutto, prima che qualcuno si faccia male sul serio.»
Jace sospirò forte. «Sei troppo razionale a volte, lo sai?»
«E tu non pensi con la testa.» Clary si mise a sedere e lui alzò le sopracciglia, sorridendo. «È una cosa seria, Jace.»
«Lo so.»
«Devo tornare nella mia stanza.» Disse Clary, anche se non voleva farlo.
«No, per favore.»
«Ho bisogno di dormire. E anche tu. Siamo entrambi esausti.»
«E se ti dicessi che non c'è niente di peggio di una donna che non finisce ciò che ha iniziato?» Sorrise, ma era un sorriso debole che non raggiunse il resto del viso.
«Io direi, la pazienza è una virtù,» ribatté Clary, facendolo sorridere. Scese dal letto. «Mi dispiace, Jace. Devo andare.»
«Non voglio rimanere solo,» ammise a bassa voce. «Una volta che inizio a sognare, non riesco a svegliarmi. Sono costretto a guardare tutto, fino alla fine. Non posso addormentarmi, non posso ...» fece una pausa, guardandola. «Ho bisogno di te, Clary.»
«Va bene,» sussurrò lei con il cuore in gola. Se Jace avesse fatto ancora una notte senza sonno, probabilmente sarebbe impazzito. «Ci proverò, proverò a svegliarti, anche se secondo Jonathan dormo come un sasso. Quindi non so quanto potrò esserti utile.»
Jace annuì. Clary era pronta a sedersi su una sedia e vegliare su di lui per tutta la notte, o almeno quel che ne restava. Lui la guardò, alzando gli occhi al cielo.
«Morgenstern, entra.» Disse, tenendo alzate le coperte.
«Che cosa? Niente da fare!»
«Clary, dai, non essere stupida. Sono stanco, voglio dormire. Non ti toccherò, te lo prometto.»
Clary sospirò, guardandolo attentamente mentre ancora teneva sollevate le coperte per lei. Aveva paura di ammettere che in realtà le piaceva l'idea di dormire accanto a lui. Deglutì, i suoi nervi tesi erano in fiamme. «Se tu osi ...»
Lo vide sorridere nel buio. «Il tuo adorato fratellino mi ucciderebbe se sapesse che faccio questo genere di cose con sua sorella.»
Prima ancora di pensare di schiaffeggiarlo, lui si era addormentato.
Quando Clary si svegliò qualche ora dopo, si mise a sedere così velocemente che la testa iniziò a girarle. La mano di Jace era chiusa attorno al suo polso, la guardò con aria colpevole.
«Devo andare.»
«Buongiorno anche a te,» disse sbadigliando e tirandola per un braccio fino a quando lei si sdraiò accanto a lui. Sembrava riposato, ancora stanco, ma non come lo era stato il giorno prima.
«Devo andare,» ripeté Clary, sedendosi di nuovo. «Sono contenta che tu abbia dormito, davvero, ma non posso restare qui.»
«Non sei per niente divertente.» Disse Jace mettendo il broncio ed incrociando le braccia dietro la testa. Clary lo guardò, veramente, e vide per la prima volta quello che tutte le altre ragazze avevano già visto: Jace era stupendo. Lei lo sapeva già, ovviamente, ma alla luce onesta del mattino, fresco di sonno, sembrava più reale e quasi non riusciva a riconoscerlo. C'era qualcosa di ipnotico in lui. Si arrampicò fuori dal letto, sentendo le sue guance traditrici arrossire.
«Uhm, ci vediamo a colazione?» Mormorò, studiando il tappeto.
«Forse,» rispose lui dal letto. Lo guardò un'ultima volta e uscì. Spalancò la porta e non appena la richiuse alle sue spalle se ne pentì amaramente, perché si trovò faccia a faccia con Robert Lightwood, nel corridoio. Si guardarono in silenzio, mentre Clary sentiva le guance prendere fuoco letteralmente. Aprì la bocca, cercando qualcosa di intelligente da dire, qualcosa per spiegare perché si trovasse lì alle prime luci del mattino, ma non ne uscì niente.
«Interessante,» mormorò Robert e se ne andò. Lasciando Clary a morire di vergogna.
   
 
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