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Autore: BecauseOfMusic_    24/05/2014    1 recensioni
Siamo nell'anno 1215.
L'assalto delle truppe francesi a Dunchester ha avuto successo e il barone Geoffrey Martewall ha ripreso possesso del suo feudo. Ian, alias Jean Marc de Ponthieu è finalmente riuscito a tornare a Chatel-Argént e ha potuto riabbracciare Isabeau, ormai prossima al momento del parto.
Dopo alcuni giorni viene convocato da Guillame de Ponthieu, che gli affida una delicata missione per conto del re.
Per portarla a termine avrà nuovamente bisogno dell'aiuto del barone inglese: ma cosa accadrà se la dama che deve proteggere e di cui Martewall è segretamente innamorato, si trova nelle mani di Giovanni Senza Terra?
p.s. questa storia è solamente frutto della mia fantasia e riferimenti a fatti realmente scritti o accaduti sono PURAMENTE casuali.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geoffrey Martewall, Ian Maayrkas aka Jean Marc de Ponthieu, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono un'autrice crudele? Lo so. Mi odierete per il resto della vita? So anche questo. ):
Mi dispiace moltissimo, ho abbandonato questa fanfiction e vi chiedo scusa, mi dispiace davvero di non essere riuscita ad andare avanti a causa dei continui contrattempi, la scuola e tutto il resto.
Per cercare di farmi personare ho scritto un capitolo che spero proprio vi risulti interessante u.u
Ringrazio, come al solito, tutte quelle buone anime che recensiscono ogni capitolo, e invito tutti quanti a scrivere il vostro parere, anche negativo: devo sapere se c'è qualcosa da migliorare nella storia. (:
Dopo il mio monologo per cercare di scusarmi vi lascio al capitolo e vi avviso che ci siamo quasi: Lilyth è sempre più vicina a Filippo II, cosa accadrà?
*zan zaaaaan*
Buona lettura!!

BecauseOfMusic_


Il barone inglese svegliò Ian un paio d’ore più tardi.
-Svegliati, Falco! Adesso è il tuo turno.-
L’americano si sollevò dal giaciglio e gettò uno sguardo assonnato intorno a loro: il fuoco ardeva ancora, ben alimentato dalla scorta di legna che si erano procurati prima di accamparsi, i cavalli erano tranquilli e la ragazza dormiva giusto un metro più in la.
-Si è addormentata anche lei adesso? – chiese a Martewall indicandola con un cenno della testa.
-No, l’ho convinta a riposare subito dopo averle medicato la ferita.-
Ora che Lilyth non poteva sentirli si decise a condividere i suoi dubbi con il barone.
-Non trovi anche tu che somigli a qualcuno che abbiamo già incontrato?-
Martewall rispose con un cenno di diniego.
-Eppure in questa storia c’è qualcosa che non torna…- mormorò tra sé e sé.
Nessun re avrebbe mai rischiato la vita di uno dei suoi cavalieri e di uno dei suoi migliori alleati mandandoli a recuperare una ragazza in una zona di guerra per una promessa fatta anni prima, si disse alzandosi e cedendo il posto all’inglese, inoltre la ragazza in questione, per quanto gli dolesse ammetterlo, era una pedina sacrificabile nella corsa al trono d’Inghilterra; per quanto continuasse a pensarci non riusciva a trovare una valida ragione che spiegasse l’ansia del re, di suo fratello e il comportamento così ostile di Lilyth nei confronti di Filippo II.
Appena giunta l’alba svegliò i suoi due compagni di viaggio e si rimisero in marcia, dopo aver pianificato il viaggio verso il porto più vicino.
-Wenning non è uno stupido, ha capito che vogliamo lasciare l’isola, avrà lasciato un paio di scagnozzi  in ogni borgo che abbia un porto- aveva detto la ragazza con voce atona – quando arriveremo in vista della città ci converrà nascondere le spade e cercare di inserirci in un gruppo di contadini, se ce ne sono. Le guardie ci noterebbero subito altrimenti.-
-Nella peggiore delle ipotesi- aveva aggiunto Martewall –ci apriremo la strada a colpi di lama.-
La marcia a cavallo nel folto della boscaglia era piuttosto faticosa, prendevano continui scossoni e spesso dovevano smontare e percorrere brevi tratti a piedi; la spalla di Ian cominciò a farsi sentire dopo quattro ore di viaggio circa: ogni tanto la vista gli si sdoppiava per il dolore e sentiva le gambe cedere.
<< la prossima volta che il re si presenta a Chatel-Argent senza la corte al seguito lo manderò al diavolo! >> pensò irritato e affaticato << Isabeau, amore, sto arrivando, sto tornando da te >> continuava a ripetere mentalmente.
Martewall, che guidava il trio, ad un tratto si fermò:
-Ci siamo- bisbigliò –da qui a poco saremo in vista del borgo.-
-Non possiamo proseguire con i cavalli- disse Lilyth –e se andassimo a piedi non arriveremmo mai in tempo.-
Mentre decidevano il da farsi, Ian vide in uno spiraglio tra i rami un carro di fieno che si avvicinava sulla strada in direzione del borgo ed ebbe un’idea.
-Se fingessimo di essere stati attaccati dai briganti? Siamo tutti feriti e con gli abiti laceri, basterà sporcarci il viso con la terra e caricarci addosso solo le monete e le armi.-
-Saremo perquisiti all’ingresso, Falco, te ne sei forse dimenticato?- obbiettò l’inglese.
-No, ma possiamo nascondere le spade sotto il fieno di questo carro…-
-Messieurs non vedo alternative, non abbiamo molto tempo, e per quanto il piano sia azzardato mi sembra davvero crudele bocciare in questo modo l’unica buona idea che il conte di Ponthieu abbia avuto da quando ci siamo incontrati; dobbiamo anche mettere in conto che si tratta dell’unico piano che abbiamo.- si inserì Lilyth.
-Ehi- protestò l’americano indignato –non immaginate neppure quante buone idee io possa avere!-
-Immagino, immagino- gli rispose lei agitando la mano con noncuranza –ora sbrigatevi a raccogliere tutto ciò che ci serve dai cavalli e poi legateli qui, potrebbero servirci se avessimo bisogno di fuggire, Dio non voglia. Monsieur – disse rivolta nuovamente a Ian – voi avete il segno più vistoso, perciò fingerete di essere quello maggiormente ferito, non nominate per alcun motivo la Francia, e cercate di nascondere il più possibile il vostro accento.
Fingeremo di essere i figli di un ricco mercante che in questo momento è a fare affari nelle Fiandre, stavamo andando al porto ad imbarcarci per raggiungerlo quando i briganti ci hanno attaccato, chiederemo solo un passaggio fino al mercato, diremo di conoscere qualcuno al porto che ci sta aspettando per salpare.
Tutto chiaro?-
-Voi avete un talento naturale per mentire.- le disse l’americano, cercando di stuzzicarla.
-Si chiama fantasia, mio caro, cosa di cui voi non siete provvisto- ribatté lei, piccata -io ora vado a fermare il carro.-
-Fate attenzione milady- l’avvertì Martewall.
-Tenetevi pronti.- fu la risposta. Poi lei uscì sulla strada e corse incontro al carro, agitando le braccia al cielo.
 
Il medico di fiducia e l’ostetrica del casato di Ponthieu erano stati chiamati d’urgenza a Chatel-Argent quando la padrona di casa aveva avvertito delle fitte sempre più pressanti al ventre, che l’avevano costretta a letto.
Isabeau riposava mentre il medico comunicava l’esito degli esami a Guillame:
-Mio signore la dama sta bene, non è niente di preoccupante: il bambino si sta preparando a nascere.- disse l’uomo strizzando gli occhi per vedere meglio il nobile. Da diversi anni la sua vista era peggiorata, e le sue gambe si erano fatte malferme, ma aveva ancora il pieno controllo delle mani, che gli permettevano di lavorare per i più grandi nobiluomini francesi.
Si strinse nel suo mantello da viaggio marrone mentre il conte rispondeva:
-Pensate che ci vorrà molto?-
-Mademoiselle de Montmayeur dice che le fitte si sono fermate, quindi presumo che ci vorrà qualche giorno. Ho comunque lasciato disposizione che la levatrice venga alloggiata nella stanza attigua a quella della contessa in caso ci sia bisogno immediato di lei.-
-Avete fatto bene, dottore, vi ringrazio per la vostra premura. Sarò lieto se vorrete essere mio ospite questa sera.- disse Guillame de Ponthieu concludendo il discorso.
Era preoccupato per suo fratello, che non era ancora tornato dall’Inghilterra: non aveva più idea di come rassicurare Isabeau; anche lui cominciava a dubitare che sarebbe mai tornato.
Il medico si ritirò in biblioteca per rispondere ad alcune lettere prima di mangiare, mentre il conte visitava la sua protetta.
La donna finse di dormire, non voleva compagnia in quel momento: era arrabbiata, si sentiva abbandonata da tutti, specialmente da Ian, che avrebbe dovuto esserle accanto e invece era nuovamente lontano; sentiva un enorme groppo in gola e non sapeva quanto sarebbe riuscita a resistere ancora alle lacrime.
-So che non dormite, vi prego, ditemi a cosa pensate.- le disse il conte sedendosi al suo capezzale.
Isabeau aprì gli occhi, qualche lacrima rimasta impigliata tra le ciglia, limitandosi a dire:
-Lasciatemi sola con i miei pensieri, vi prego.-
Guillame uscì senza dire una parola.
La ragazza finalmente si abbandonò al pianto, in silenzio.
 
 
 
Martewall osservava i due contadini che avevano raccolto lui e i suoi due compagni di viaggio, mentre il carro si dirigeva verso la porta del borgo.
Erano una coppia di anziani, entrambi avevano la pelle abbrustolita dal sole e il volto solcato dalle rughe profonde della vecchiaia e della fatica: l’uomo, probabilmente più ingenuo, aveva preso subito per vera la loro storia, mentre la contadina era più sospettosa e insisteva con le domande.
-Vorrete avvisare le guardie appena arriveremo al borgo immagino.- suppose, squadrando  Lilyth e i suoi abiti laceri con sommo disappunto.
-Forse lo faremo- le rispose la ragazza –ma cosa cambierebbe? Quei briganti sono fuggiti, nessuno li troverà più.- finse di singhiozzare.
-Oh, cara, voi dubitate così tanto della bravura del nostro capitano dell’esercito? Sono sicura che se andrete a parlare con lui troverà i vostri assalitori e farà giustizia.- le rispose la sua interlocutrice.
-Quel pallone gonfiato!- la interruppe il contadino, dando un brusco strattone alle briglie. Il carro si fermò e lui poté voltare il busto, per guardare in faccia la moglie:
-Ti fai abbindolare da due parole dette con il giusto tono, tu!-
-Brutto zoticone! Non parlare di cose che non sai, pensa piuttosto a condurre il carro fino al borgo, se arriviamo in ritardo perderemo il mercato!- ribatté lei stizzita.
Il contadino strappò un filo di fieno e lo mise tra i denti, poi diede un nuovo strattone alle biglie e fece ripartire il cavallo al piccolo trotto.
-Come potremmo andare a parlare con il capitano dell’esercito? Si trova a Londra e noi non possiamo permetterci una deviazione, signora.- si inserì il barone, mostrando compostezza anche dopo l’intervento inaspettato.
<< Allora c’è qualcuno nel popolo che ha smesso di credere alle bugie di re Giovanni e dei suoi scagnozzi >> si disse, mentre il cuore accelerava i battiti: la gente inglese era stanca dei soprusi, delle tasse, della povertà e della crudeltà di un re avido e meschino; un giorno non molto lontano si sarebbe sollevata tutta insieme, in un unico grido per difendere la propria dignità, lo sentiva.
-Milord ho saputo che si trova in uno dei borghi qui intorno, sta dando la caccia ad alcuni carcerati evasi.- gli rispose la contadina, osservando di sottecchi la loro reazione.
-Oh, ma siamo davvero fortunati allora- rispose Lilyth fingendo una grande gioia –hai sentito Francis?- disse accarezzando il volto di Ian, che era sdraiato sul pagliericcio.
Lui rispose con un sorriso debole, come si era raccomandata lei prima di salire a bordo.
Gli tornò in mente la sua precedente avventura in Inghilterra, quando doveva fuggire con Martewall e portare un messaggio alla corona francese, un piano ordito dai baroni che cercavano di rovesciare re Giovanni. Allora come in quel momento aveva finto di essere malato e aveva percorso la strada verso il borgo sdraiato nel retro di un carro.
Cercò di sistemarsi meglio, ma Lilyth lo costrinse a tornare alla posizione iniziale: estrasse un fazzoletto dalla manica e si chinò su di lui fingendo di asciugargli la fronte.
-Se vi spostate si vedrà il riverbero metallico delle spade, siamo quasi arrivati, abbiate pazienza.- gli bisbigliò.
Ian avrebbe voluto rispondere che era piuttosto scomodo viaggiare sdraiati su due spade, ma si convinse che fosse il caso di tacere.
Superarono l’ingresso del borgo senza tante difficoltà, poi il contadino condusse il carro verso il mercato, e fece sosta in un area coperta tra due edifici.
-Per arrivare al porto dovete proseguire per questa strada- li informò mentre scendeva dalla cassetta.
Lilyth finse di aiutare Ian a scendere dolcemente dal pagliericcio, ma lui non fu abbastanza rapido da nascondere le armi nel mantello: la contadina lo afferrò per un lembo della veste gridando al marito:
-Sono loro, lo sapevo! Corri a chiamare le guardie, avremo una bella ricompensa! Sono i briganti!- Il trio rimase spiazzato dall’improvvisa vitalità della donna.
Il contadino, invece di ascoltarla, afferrò il primo forcone che gli capitò in mano e colpì la moglie alla nuca con il manico, facendola svenire; Martewall fu il primo a riprendersi dalla sorpresa, afferrò una delle due spade sul fieno e si preparò a fronteggiare l’uomo.
-Non ho intenzione di ostacolare la vostra via, sir, se il SenzaTerra vi cerca è perché gli avete dato fastidio, e se gli avete dato fastidio sono molto contento. Mia moglie si lascia abbagliare dalle parole dei ricchi e dei potenti, non è una donna che usa la propria testa per pensare, vi chiedo scusa a suo nome.-
Il barone inglese si rilassò leggermente:
-Vi ringrazio per la vostra sincerità, ora è tempo di andare, altrimenti perderemo l’imbarco.-
Ian afferrò la spada che era rimasta e insieme a Lilyth si avviarono verso la zona del mercato, rinfoderando le armi.
Il porto del borgo non era tanto grande, ma molto affollato.
-Perfetto per imbarcarsi senza essere notati.-osservò la ragazza di buon umore.
Martewall si offerse di andare in avanscoperta, per individuare un mercantile che sarebbe dovuto salpare di li a poco o al massimo la mattina dopo.
Ian e Lilyth rimasero soli ad aspettarlo, seduti al tavolo di una locanda in una strada laterale.
Entrambi rimasero persi nei loro pensieri fino a quando lei non lo vide giocare distrattamente con l’anello che portava al collo e lo rimproverò:
-Fate attenzione, potrebbero scoprirvi!- sibilò.
-Scusate, avete ragione- le rispose riponendolo nuovamente sotto gli abiti –ma è un ricordo di casa, e in momenti come questo è difficile non sentirne la mancanza.-
Lo sguardo di lei si raddolcì impercettibilmente: -Pensate che vostra moglie abbia già partorito?-
-Spero di no, ci tengo molto ad essere presente quando il bambino verrà al mondo… sarò padre: se solo ci penso non riesco a trattenere la gioia.- le rispose con gli occhi che si illuminavano.
-Lo dite con la grande sicurezza che sarete lì per vederlo, anche in questo momento in cui stiamo rischiando la vita, vi fa onore.- sussurrò la sua interlocutrice fissando le venature del legno del tavolo.
Ian sospirò, un po’ amaro: sapeva con  certezza che, comunque sarebbero andate le cose, lui sarebbe sopravvissuto, perché doveva concepire un secondo figlio. Era frustrante conoscere il proprio futuro e non quello degli altri, soprattutto adesso che cominciava a conoscere e confidare maggiormente nei suoi compagni di viaggio.
Lilyth seguì per un po’ il filo dei suoi pensieri e poi gli chiese: -Lo accettereste anche se non fosse vostro?-
L’americano strabuzzò gli occhi: -Prego?-
-Accettereste questo bambino anche se non fosse vostro? Anche se fosse figlio di un altro uomo?- insisté lei.
Dovette pensarci, prima di rispondere.
Un figlio non suo, simbolo vivente del tradimento di Isabeau. Gli sembrò di poter sentire il suo cuore che andava in frantumi: no, non lo avrebbe accettato mai, non sarebbe riuscito ad amarlo come se fosse suo, lo avrebbe trattato in modo diverso, sbagliato, come si tratta un cane rognoso.
<< E’ questo che siete? >> avrebbe voluto chiederle << una figlia illegittima? >>
-No.- rispose –perché non riuscirei ad amarlo, e sarebbe ingiusto nei suoi confronti.-
Le labbra di Lilyth si dischiusero in un sorriso malinconico.
Il barone inglese fece il suo ingresso nella locanda e si andò a sedere al loro tavolo.
-Un mercantile parte tra un paio d’ore al molo più piccolo. Si tratta dell’ultimo in partenza da questo borgo: pare che re Giovanni abbia esplicitamente vietato i commerci con la Francia a causa della guerra. Dobbiamo sbrigarci.-
Ian fece l’atto di scattare in piedi, ma lei lo trattenne:
-Calmatevi, immediatamente! L’ultima volta che avete agito in questo modo ci siamo dovuti rifugiare nella foresta per un bel po’. Se vi attenete al piano riusciremo ad arrivare in tempo in Francia, e vedrete nascere il vostro bambino, ve lo prometto: dovessi obbligare il cielo a mandarci il vento favorevole.- gli disse osservandolo dritto in volto con i suoi occhi grigi.
Ancora una volta quello sguardo colpì l’americano e la sua memoria. << Dove vi ho già vista? Perché mi ricordate qualcuno? >> erano domande a cui non riusciva ancora a trovare una risposta.
Martewall li esortò –E’ tempo di andare.- 
  
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