Note dell’autore: Ecco il terzo e
ultimo capitolo di questo “episodio”. Scusate per l’enorme ritardo, ma
purtroppo fino a Pasqua sono stata senza connessione e solo ora mi sono
riuscita a concentrare per mettermi a scrivere la continuazione.
Spero di aggiornare prestissimo con “Midnight”.
Beta: Paolettazza e Feyilin
Capitolo
3
Dirsi
Addio
Donna varcò la
soglia della camera, ancora incredula su quello che il Dottore le aveva appena
detto o per lo meno quello che lei era riuscita a tirargli fuori. Vedeva Rose
fare avanti e indietro, mettere le sue cose in valigia. Non credeva che sarebbe
mai successa una cosa simile. Li considerava inseparabili, testardi e a volte
molto stupidi si, ma mai, mai avrebbe pensato di vederli separarsi.
"Allora è
proprio vero" disse facendo sobbalzare Rose che si voltò verso la rossa,
il viso arrossato, gli occhi lucidi. Aveva pianto fino a poco prima.
"Te ne stai
andando" continuò Donna avvicinandosi.
Rose distolse lo
sguardo e continuò a sistemare le sue cose in valigia.
"Perché
adesso?" chiese la rossa non riuscendo a capire il comportamento di Rose e
rendendosi conto che le stava tenendo nascosto qualcosa.
"Perché ne
ho bisogno”, rispose senza mai alzare lo sguardo.
Donna la prese
gentilmente per un braccio costringendola a voltarsi.
"Di tutti,
credevo che tu non lo avessi mai lasciato solo, se non costretta" le disse
con dolcezza.
"Le cose
cambiano" rispose lei liberandosi dalla sua presa e riprendendo a
sistemare.
"Rose, lui
ora ha bisogno di te" continuò la rossa.
"Lo so,
dannazione" disse irritata Rose guardandola negli occhi per la prima
volta.
"Credi che
non lo sappia, credi davvero che voglia lasciarlo, lasciare questa vita?"
disse stringendo i pugni.
"Allora non
farlo, rimani" la rimproverò lei.
"Non posso
più farlo, non lo capisci?!" scattò lei improvvisamente.
"Lui ha
bisogno di me, lo so, perché anche io ne ho bisogno, ma non posso aiutarlo se
sono a pezzi. Mi sento tirare da tutte le parti e non riesco più a trovare la
mia tranquillità" lo disse con le lacrime che scendevano copiose sul viso.
Donna si avvicinò e la lasciò continuare, perché sapeva che quella era solo la
punta dell'iceberg.
"Dopo tutto
quello che è successo, il Maestro, Astrid, Pompei, Luke, Jenny, River, il
collegamento che avevo con lui era l'unica cosa a mantenermi in forze, a
consentirmi di andare avanti, ma adesso che lui non riesce più a tenermi
neanche per mano non riesco più a fingere che tutto vada bene" disse con
disperazione piegandosi sulle sue ginocchia. A Donna strinse il cuore, sapeva
che Rose stava male, ma non avrebbe mai immaginato che fosse a pezzi. Si
avvicinò e si piegò anche lei sulle ginocchia abbracciandola.
"Perdonami,
sono un'egoista, perdonami, non posso aiutarlo" continuò disperata
stringendosi a lei.
"Shhh
calma, non sei un'egoista" la cullava tra le sue braccia accarezzandole la
schiena e cercando di darle un minimo di conforto.
Una piccola
scossa la costrinse a reggersi alla ringhiera, il Tardis si fermò, la colonna
centrale cessò di fare su e giù. Rose aveva gli occhi fissi sulla porta, non
aveva il coraggio di guardarlo, se lo avesse fatto la sua certezza di fare la
cosa giusta sarebbe crollata inevitabilmente e alla fine sarebbe rimasta.
Chiuse gli occhi ripentendosi il perché di quella decisione, doveva potersi
proteggere e andare avanti con la sua vita.
Sentì i passi
alle sue spalle e fece un respiro profondo. Donna stava per salutarla e quindi
doveva voltarsi. Lo fece lentamente cercando di concentrarsi sulla sua amica
che le sorrideva tristemente.
“Sei proprio
sicura?” chiese accarezzandole il braccio. Rose annuì con la testa, pur sapendo
di mentire.
“Quando avrai
bisogno di parlare, hai il mio numero, chiamami subito” si assicurò la donna
con dolcezza, Donna sapeva che lei non l'avrebbe chiamato, sapeva anche che lo
avrebbe evitato per non cadere nella tentazione di lui.
“Prenditi cura
di lui, mi raccomando” disse semplicemente per poi abbracciarla dolcemente.
“Stammi bene,
Rose Tyler” la salutò infine sciogliendosi da quell’abbraccio. Donna si
allontanò e Rose ne approfittò per prendere la borsa a tracolla, doveva dirgli
addio, gli doveva almeno questo. Quando la rossa lasciò la stanza, il Dottore
si avvicinò a Rose.
“Hai preso
tutto?” chiese freddamente senza guardarla negli occhi. Le faceva dannatamente
male quel tono, ma era stata lei a volerlo e doveva andare fino in fondo.
“Credo di sì”
rispose guardando a terra. Rimase per alcuni minuti così in silenzio,
aspettando un qualche segno dell’altro.
“Sarà meglio che
vada, mia madre avrà sentito il Tardis e sicuramente ti costringerà a rimanere”
disse spezzando quel silenzio e forzandosi di guardarlo negli occhi.
“Abbi cura di te
Dottore” si raccomandò con le lacrime agli occhi, lui annuì lentamente
continuando a evitare i suoi occhi.
“Porta Donna in
qualche posto bello e rilassante, dimostrale che l’Universo non è solo dolore e
paura” continuò con la voce tremante. Prese in mano il suo borsone e si diresse
verso la porta, prima però si fermò nuovamente, sentiva il Tardis contrariato
per quella decisione, posò il borsone e si avvicinò a una delle colonne
accarezzandola.
“Addio mia
vecchia amica” disse sottovoce, la nave rispose un po’ indispettita.
Per un'ultima
volta Rose guardò il suo Dottore fermo con le mani in tasca nel suo completo
marrone, la consapevolezza della sua scelta la investì, dovette deglutire un
paio di volte per evitare di scoppiare a piangere, si aggrappò alla sua forza
di volontà per soffocare la voce che le urlava di non andare, di correre da
lui, lottare anche per loro.
“Addio Dottore”
disse con la voce rotta dalle lacrime, sospirò ancora una volta, prese il suo
borsone e uscì da quella cabina, camminò senza voltarsi indietro, quando sentì
il Tardis, si voltò per vedere un'ultima volta quella buffa cabina che per
quasi quattro anni aveva considerato casa. Il borsone le cadde dalle mani,
tentava di aggrapparsi alla consapevolezza di aver fatto bene, di aver agito
per il bene di entrambi, ma non riuscì più a trattenere le lacrime che
scivolavano copiose sulle sue guance.
“Rose” la voce
di sua madre le arrivò alla spalle, si voltò nella sua direzione, vedendo la
confusione sul suo viso, lasciò andare il borsone e le corse incontro e, quando
le braccia della madre la circondarono, si lasciò andare ad un pianto disperato
e liberatorio. La madre non disse nulla, la strinse solo a sé e tentò di
consolarla con parole di conforto. Sapeva che la donna non le avrebbe fatto
pressione, le avrebbe lasciato il tempo necessario e poi le avrebbe spiegato
cosa era successo. Forse, con il passare dei giorni, la voce che continuava a
urlare di tornare da lui avrebbe capito che questa era la cosa migliore. Forse,
finalmente poteva riprendere in mano la sua vita, o almeno aveva bisogno di
credere questo, perché la scelta era dannarsi per aver mandato via l’uomo della
sua vita, l’unica persona che avrebbe mai amato.
Fine