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Autore: finnicksahero    24/05/2014    2 recensioni
Mi sono sempre chiesta come si sono conosciuti Finnick e Annie, e durante l'ora di Chimica è nata questa storia. Dal testo:
-Piacere Finnick- dico porgendogli una mano, lei si volta verso di me ancora con il broncio sulle labbra e tende una mano -Annie Cresta-
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I'm in love with you ...'
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Capitolo quarantasei.

Annie Cresta.

 

Mi svegliai annaspando.

Libertà. Avevo sognato di essere a casa, con Finnick tutto era finito, tutto quanto.

Sentii dei lamenti e delle urla -L'ammazzo- urlò una voce maschile, la riconobbi dopo altri due urli. Peeta. Mi tirai su, da quel pavimento sporco e polveroso mi girai verso di lui -No, tu l'ami- disse la voce gentile di Johanna, era lacrimosa, come se le stesse trattenendo, sperai che non lo facesse, era peggio per lei.

-No, lei mi vuole uccidere- urlò lui, iniziò a gridare e a sbattere qualcosa contro le sbarre di ferro, le guardie entrarono e lo trascinarono via, alla luce vidi che Peeta aveva la schiuma alla bocca i capelli biondi, sporchi e unti gli ricadevano sul volto, gli occhi azzurri erano orrendamente cattivi, rabbrividii, Johanna singhiozzò, mi avvinai alla sua cella e la chiamai, lei mi raggiunse e si raggomitolò il più possibile vicino a me.

Cercai di abbracciarla, alla meno peggio, lei si appoggiò come possibile al mio petto e respirò a pieni polmoni -Johanna- sussurrai, lei si strinse più forte a me -Dimmi che verrà, dimmi che ci tirerà fuori di qui- sussurrò, stava ancora piangendo, feci uno 'Shh' e l'abbracciai e la cullai un poco -Lui verrà- le dissi, all'orecchio, si strinse più forte al mio vestito -Non ci abbandonerà, lui ci vuole bene, ti vuole bene- dissi, lei pianse a lungo e io mugolai una ninna nanna per calmarla -Annie?- sussurrò lei con voce impastata, la cullai, gli baciai la testa e notai che era stata rasata a zero, oddio, povera ragazza, -Dimmi- le risposi dolcemente, sorridendo appena, -Canta ancora- mi supplicò, la strinsi forte così da poterla abbracciare meglio, e rimasi li, a cantargli una ninna nanna del mio distretto, per farla sentire a casa, sulla sua casa non sapevo nulla, nessuna canzone stupida, nessuna ninna nanna, o neanche l'inno, non potevo ricordargli nulla di famigliare, ma potevo presentargli la mia casa, cercando di rassicurarla, quando capii che si era addormentata l'accarezzai e sospirai, mi sistemai così da poter dormire un poco -Finnick, ti prego- sussurrai al nulla.

Mi vegliai la mattina dopo, con una strana emozione dentro di me, Johanna era ancora stretta a me e si agitava nel sonno, la vedevo star male, li in quel mondo che doveva essere ospitale -Johanna- dissi gentilmente, lei mugolò, la strinsi e la baciai sulla testa, per fortuna non era malata -Joh' svegliati dai- sussurrai, lei strinse forte il mio corpo con le sue manine tutte rovinate e aprii gli occhi, mi guardò con gli occhioni color cioccolata, pieni di lacrime. Era così vulnerabile.

Era così triste, sembrava una bambina, troppo spaventata, come lo ero io, ma ora dovevo rimboccarmi le maniche, lei aveva bisogno di me, dovevo starle accanto, farla parlare, distrarla da tutte le cose brutte, le sorrisi, era un sorriso contorto, era devastata, stanca e l'ansia era la mia padrona, ma dovevo reprimere tutte quelle emozioni per il suo bene. Mi ritrovai a consolare Johanna Mason, la ragazza che aveva finto di essere vulnerabile, la ragazza forte, che non aveva bisogno di nessuno.

Ora era spezzata, caduta anche lei da un dirupo, e io la ragazza pazza del distretto quattro dovevo far si che non rimanesse sul fondo, portandola con me in quella lunga scalata fino alla luce.

-Ciao- la salutai, lei si strinse a me e si guardò intorno, il buio non permetteva una grande visuale, la porta si aprii e lei conficcò le sue ossute dita nella mia esile figura, -Shh- le dissi cullandola, lei gemette era sull'orlo di scoppiare a piangere -Va tutto bene, ci verranno a prendere- le dissi, lei affondò il suo viso nel mio petto e pianse, ma proprio a dirotto, con i singhiozzi e tutto, una vera crisi isterica, la cullai facendola sfogare, accarezzandole la schiena, sentii la sua spina dorsale, era troppo infuori, non andava bene, era denutrita.

Come tutti noi.

Quando smise, mi guardò negli occhi, riuscivo a scorgere quel nocciola caldo e accogliente -Mi prometti che verranno? Eh? Ce ne andremo vero? Via da qui, sani e salvi- disse, era come una bambina, non potevi non mentirgli, io ci credevo ancora, ma ormai stavo smettendo, sarei morta li, senza avere figli, senza sposarmi, senza più poter baciare Finnick, lo sapevo, ma lei ancora ci credeva. Ci sperava, le sorrisi tristemente -Certo, e vivremo felici- dissi, lei sorrise e annui -Siamo cambiate Annie- disse, la strinsi e sospirai -Tutti qui dentro siamo cambiati- le risposi dolcemente, mi vennero a prendere e lei si aggrappò a me, quando mi trascinarono via lei urlò -Tornerò, lo prometto, aspettami Johanna- urlai, lei gridò un -Annie- disperato e non riuscii più a vederla.

Mi fecero sedere su una poltrona comoda comoda, dei medici con gli sguardi assassini mi vennero incontro, iniziai ad agitarmi -No, vi prego no- dissi guardandomi attorno, la gola mi si chiuse e iniziai a piangere, Johanna! Cosa avrebbero detto a Johanna? Le avevo promesso che sarei tornata, lei contava su di me e non potevo lasciarla sola. Non adesso almeno. -Ho lei- urlai, loro sembravano non capire, avevano ragione, chi era lei poi? Non era mia figlia, ma in quel momento lo era, o almeno dovevo fargli da madre in quell'occasione, lei c'era sempre per me, io dovevo esserci per lei, e ci sarei sempre stata, per qualsiasi cosa.

-Non fatemi del male, lei ha bisogno di me- li supplicai, una donna, i capelli biondi e gli occhi azzurri gentili, era familiare, senza trucco però non riuscivo a capire chi era, quando sorrise mi balenò in mente una donna, vestita sgargiante ma prima che potessi chiedergli qualcosa lei scosse la testa -Non ti farò del male, Annie, ma devo farlo- disse, la voce carica di tristezza era troppo simile alla sua!

Sgranai gli occhi e boccheggiai -Effie!- esclamai, i medici si voltarono verso di noi e lei mi pregò con lo sguardo di stare zitta -No- dissi poi fingendo -Mi sono sbagliata- sussurrai, lei chiuse un attimo gli occhi, vidi le sua palpebre chiare tramare, riaprii gli occhi e mimò con le labbra un 'Scusa' e io annui, mi distese il braccio e un liquido venne iniettato nel mio braccio, chiusi gli occhi e delle immagini terrificanti mi entrarono nella mente.

Vedevo solo morte, devastazione e io non potevo fare nulla, un bambino, con gli occhi verdi come quelli del mio amore che sputava sangue dalla bocca e poi si fermò, lo scossi e urlai, era morto, avevo un bambino morto in braccio, il mare era rosso sangue, tutti erano morti. Tutti.

-NO- urlai svegliandomi di colpo, mi tennero ferma e io mi guardai attorno. Bianco, tutto era bianco, gridai ancora.

No, non poteva succedere, mio figlio! Volevano uccidere anche mio figlio, io non li avevo, ma li volevo, cosa significava? Che avrebbero ucciso tutti quanti? No, non potevano, non avrebbero usato, li odiavo, mi dimenai e alla fine mi legarono rovesciai la testa all'indietro, urlando e guardai il soffitto bianco candido e piansi.

-Finnick, fai presto- gridai prima che qualcosa mi pungesse il collo e che mi facesse smettere di esistere.

  
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