Bianca
– Di persone ospitali e Sogni inquietanti
Ero
spaventata, non c’era che dire. Ero una non morta,
un fantasma uscito dagli inferi. Mi chiesi cosa ci facessi
lì e come avevo
fatto a tornare in vita. Cos’ero? Uno zombie? Mi sarei
decomposta e avrei
iniziato a mangiare cervelli? Mi guardai con orrore le braccia, quasi
temessi
di vederle iniziare a decomporre. No, non si stavano decomponendo.
Sospirai di sollievo.
Almeno non ero ancora uno zombie, ma per quanto avrei resistito?
Sulla
soglia si era stagliata una ragazza bionda. Era
molto particolare, infatti aveva i capelli biondi che si intonavano in
modo
strano ma affascinante con la pelle abbronzata e gli occhi grigi come
il cielo
in tempesta. Indossava una maglietta verde ed un paio di jeans chiari.
Aveva un
aria sorpresa e anche un po’… spaventata. Non
potevo darle torto, praticamente
aveva visto uno zombie nel salotto del suo ragazzo.
Percy le stava spiegando come ci eravamo incontrati e
cosa gli avevo detto.
“Testa
d’Alghe!” Urlò la ragazza, alla fine del
racconto. “Mi dici come hai fatto a farti fregare da un
minotauro!?”
In effetti, mi ero chiesta anche io come facesse un
veterano a farsi battere da un mostro che, nonostante tutto, non
sembrava
terribile come Campe, Tifone, i Dragoni e i Giganti.
“Dai,
Annabeth, non te la prendere! Lo sai che quando
esco da scuola, sono sempre distrutto. Non riuscirei a tenere testa
nemmeno ad una
dracena ubriaca.” Rispose lui, con un sorriso nervoso.
Annabeth,
però, non sembrava molto soddisfatta, della
risposta: “Per gli Dei, testa d’alghe! Hai idea di
quanti ictus ho dovuto
sopportare, ogni volta che rischiavi la vita!? Ora devo preoccuparmi
anche di
quando tu esci da scuola!?”
Non potevo darle torto, in effetti, anche se non avevo
idea se avessi avuto un ragazzo in passato, anche io mi sarei presa un
infarto,
se gli fosse successo qualcosa. E poi non pensavo che la Scuola fosse
così
letale, per la gente.
“Non
esagerare, Sapientona… sono vivo, no?” Fece notare
lui,abbassando il capo, contrito. Be’, almeno era bravo a
farsi venire
espressioni docili e indifese nei momenti estremi.
“Ok,
d’accordo.” Concesse la bionda, massaggiandosi la
fronte. “Ora la cosa più importante è
capire cosa sta succedendo. Come se non
ne avessimo già passate tante.”
“Non
metterle pressione. Non si ricorda nulla, è
agitata… io dico di stare calmi.” Propose Percy,
giocherellando con un bordo
della maglietta. Lo ringraziai mentalmente per la sua comprensione. Non
ero
psicologicamente pronta ad un terzo grado.
“D’accordo…
però dobbiamo capire come mai è sparita,
l’anno scorso, dagli inferi, ed è riapparsa
qui.” Fece notare la bionda.
“Smettetela
di parlare come se non esistessi!” Sbottai,
un po’ infastidita. Va bene che non me la sentivo di
affrontare il terzo grado,
ma non era un buon motivo per ignorarmi.
“Oh,
giusto… scusami. Solo che… siamo un po’
sorpresi.”
Rispose Annabeth, riscuotendosi dal suo vortice di pensieri intricati
che mi
faceva già venire il mal di testa solo a immaginarli.
“Ascoltate,
non mi ricordo nulla, ma davvero, non so
che fare. Vorrei poter incontrare qualcuno di familiare, come Percy.
Quando lui
mi ha chiamata, mi sono ricordato il mio nome.” Spiegai,
cercando di rendermi
utile. Volevo ricordare. Se solo avessi avuto qualche indizio in
più.
“Mmmmh…
quindi se vedi cose familiari ti ritorna parte
della memoria?” Indagò la figlia di Atena,
fissandomi intensamente. Mi chiesi
quali pensieri si nascondessero nel suo cervello.
“Non
proprio.” Mi corressi subito. “Ho come delle
sensazioni. Sono certa di aver incontrato entrambi voi, ma non me lo
ricordo
l’incontro e non ne ho la certezza, fino a che non me
l’ha detto Percy. Anche
il mio nome… non ero sicurissima di chiamarmi Bianca nemmeno
quando mi ha
chiamata così, solo che mi sentivo stranamente in sintonia,
con quel nome in
particolare.”
Annabeth
cadde in un silenzio di riflessione. Non disse
nulla per diversi minuti e, anche quando arrivò la madre di
Percy, disse solo
due parole per salutarla. Era affascinante, a modo suo. Quando
rifletteva si
estraniava completamente dal mondo, come se nel suo cervello ci fosse
un’intera
biblioteca e lei potesse consultarla ogni volta che voleva. Nel
frattempo, Percy
mi presentò sua madre ed il suo patrigno. Erano due persone
fantastiche. Paul
era molto simpatico e alla mano e Sally Jackson era una vera forza
della
natura: nonostante ci fossero tre mezzosangue a casa sua, si comportava
con
naturalezza.
“Così…
sei la sorella di Nico di Angelo?” Chiese,
mentre mi offriva un panino, seduti al tavolo della cucina, mentre la
ragazza
del figlio era ancora in salotto a rimuginare su di me. Almeno non
aveva
iniziato con la classica frase: “Ma
non
ricordi proprio nulla?” che mi stava davvero
stancando.
“Non
ne sono sicura. Spero di incontrarlo presto, anche
se, a quel che ho capito, lui non sarà molto felice di
rivedere me.” Risposi,
mentre addentavo il cibo. Dopo il
cornetto non mi ero più concessa altro cibo e, in effetti,
il mio corpo non era
molto felice.
“Be’,
domani mio figlio va al Campo Mezzosangue. Sono
certo che là, Chirone, chiarirà la situazione.
È un esperto in situazioni del
genere.” Mi rassicurò la donna, con un sorriso
incredibilmente dolce e
comprensivo.
Non
potei fare a meno di ricambiare. Mi stava andando
di lusso. Era una donna incredibilmente energica e gentile al tempo
stesso. Una
vera mamma, ciò che, a quel che avevo capito, mi era sempre
mancata.
“Lo
spero.”
Ammisi, finalmente un po’ più leggera, grazie agli
Dei. “Sono molto confusa e
mi servirebbero davvero delle spiegazioni… ed un
passato.”
“Sono
certa che troverai entrambe le cose… intanto,
pensando al presente, immagino che tu non abbia un posto dove
stare.” Mi fece
notare Sally, accarezzandomi la schiena come se fossi sua figlia.
“Ehm…
no…”
Che stupida, è vero! Non avevo nemmeno una casa. Non
sapevo dove passare la notte, ed io, in strada, non avevo una gran
voglia di
tornarci. Era alla pari di un senzatetto. Anzi, peggio, almeno un
senzatetto
ricorda qualcosa.
“Allora
puoi rimanere con noi. Per una notte non ci
saranno problemi.” Mi fermò subito lei, senza
perdere quel suo sorriso
comprensivo che mi faceva stare bene.
“Potrebbe
prendersi la mia camera. Io posso benissimo
dormire sul divano… o andare a dormire da
Annabeth.” Propose Percy, allegro.
“Siete
molto gentili, davvero… vi ringrazio.” Risposi,
sentendomi in imbarazzo davanti alla loro gentilezza. Qualsiasi
divinità mi
avesse condotto lì mi doveva aver preso in simpatia.
“Bene,
allora è deciso. Percy, divano o Annabeth?”
Chiese Sally, rivolgendosi al figlio.
“Non
vi disturbate, il divano andrà benissimo!” Dissi,
subito, sentendomi stranamente a disagio. Non volevo invadere,
più di tanto, lo
spazio privato del mio ospite.
“Non
scherzare, Bianca. Hai bisogno di un letto vero. Io
mi sistemo sul divano.” Disse il figlio di Poseidone, con un
gran sorriso,
ignorando le mie proteste.
Il
resto della giornata non fu particolarmente denso di
avvenimenti. Percy e i suoi fecero di tutto per farmi sentire a mio
agio e mi
coinvolsero nelle faccende di casa. Un buon modo per ignorare i miei
problemi
quali la mancanza di memoria e le domande su chi ero. Non volevo
sembrare una
tipa che si lamenta di nulla, ma non è da tutti svegliarsi
da soli, venire a
sapere che sei una semidea e, per di più, una semidea morta
molto tempo prima
dopo aver abbandonato il proprio fratello. Mi sarebbe piaciuto capire perché mi ero unita alle
cacciatrici.
Cenammo
tutti insieme, venne anche Annabeth. Si
respirava un’atmosfera incredibilmente tranquilla, nonostante
Percy mi avesse
avvisata di stare attenta ai mostri che erano in grado di fiutarci.
Sally
preparò un piatto di lasagne fumanti il cui odore mi fece
venire l’acquolina in
bocca. Erano fantastiche e il sapore delizioso. Mentre mangiavo,
Annabeth mi
raccontò di Percy del Campo Mezzosangue e di come svolgevano
le attività lì. Mi
parlò, anche, delle loro precedenti avventure, del Campo
Giove e dei loro
amici. Sembrava davvero, un posto fantastico e non vedevo
l’ora di vederlo. Un
po’ perché era un posto sicuro. Un altro era per
interrogare Chirone che, a
quanto pareva, poteva darmi le risposte che cercavo.
Notai, però, subito, che mentre parlava, la ragazza
aveva sorvolato sull’argomento Nico
di
Angelo. Evidentemente c’era qualcosa sul mio
presunto fratello che non
volevano dirmi. Forse qualcosa che avrebbe potuto turbarmi.
“Davvero?
Ma non è pericoloso usare la lava in una
parete da arrampicata?” Chiesi, mentre addentavo una
forchettata di lasagna,
curiosa di saperne di più.
“Non più di
quanto possa essere mettere piede fuori di casa, per un
mezzosangue.” Minimizzò
Percy, alzando le spalle.
“E
il Campo Giove? È simile, immagino.” Dissi, sempre
più interessata.
“Non
proprio… Campo Giove è più
militarizzato, molto
più simile ad un campo Romano. Inoltre è diviso
in legioni, non in Case, come
Campo Mezzosangue.” Spiegò, di nuovo, il figlio di
Poseidone, mentre mangiava.
Non capivo perché, ma ogni cosa che mandava giù
era blu. E mangiava anche
tanto.
Avrei
voluto avere un po’ di tranquillità, ma io stessa
ero così curiosa riguardo a quel che mi dicevano che
continuavo a fare domande
a raffica, senza curarmi di ciò che loro avrebbero pensato
di me. Insomma, mi
sembrava ovvio essere interessati, anche se, in verità, ero
più preoccupata per
quello che doveva essere mio fratello. Cercavo sempre di spingere la
conversazione verso di lui, ma riuscii a ricavare ben poco.
Dopo cena, mentre erano tutti riuniti a guardare un
programma televisivo, Sally mi invitò a farmi un bagno e mi
prestò un suo
pigiama, molto leggero, ma pratico, in caso ne avessi avuto bisogno.
“Ma…
non posso accettare, davvero. Posso dormire anche
vestita.” Protestai, debolmente, sentendomi di nuovo in
imbarazzante
gratitudine. Avrei voluto restituire il favore, ma non sapevo come.
“Non
dirlo nemmeno, fai pure con comodo e, di certo,
non mi stai disturbando.” Disse la donna, liquidando
qualsiasi
mio tentativo di restituirgli le sue cose, chiudendo la porta.
Sospirai
e mi spogliai velocemente. Appoggiai i miei
vestiti su uno sgabello, dopo averli piegati velocemente. Misi
l’accappatoio
sul lavandino e entrai nella doccia, chiudendomela alle spalle.
Sospirai,
rendendomi conto che, in tutto il giorno, avevo sudato parecchio e
avevo
ancora, addosso, un po’ di cenere di mostro. Non ci tenevo ad
avere addosso
certe schifezze.
Aprii l’acqua e, con mia profondo sollievo, mi sentii
meglio. La sporcizia si dissolse, trasportata via dalla corrente,
dandomi una
sensazione di freschezza. Mi insaponai da capo a piedi, lasciando che i
miei
capelli si liberassero della cenere e di qualsiasi altra cosa ci fosse
finita. Dopo
essermi lavata mi sentii davvero a nuovo, come una rosa dopo una
pioggia
torrenziale.
Sally
mi fece addirittura trovare il letto sfatto e
preparato per ospitarmi. Dei, era imbarazzante. Non che fossi
arrabbiata, ma
tutta questa premura mi stava davvero mettendo a disagio. Avrei voluto
offrire
qualcosa in cambio, visto che non mi avevano nemmeno fatto troppa
pressione. Ma
che potevo dargli? Non avevo nulla, con me.
Scossi
la testa, ormai pesante, per l’ora tarda e i
pensieri che la affollavano e mi cambiai. Il pigiama che mi aveva dato
Sally mi
stava un po’ grande, ma non mi dispiaceva. Potevo muovermi
liberamente, senza
sentirmi intralciata. Prima di andare a letto mi affacciai alla
finestra e
fissai il cielo stellato. Era una nottata serena e molto bella. Se non
ci fosse
stato così tanto inquinamento luminoso avrei potuto
sicuramente vedere un
maggior numero di astri, ma, ovviamente, la maggior parte di essi mi fu
preclusa.
Tuttavia i miei occhi furono attirati da una costellazione strana che
ricordava, in qualche modo, una giovane ragazza che correva impugnando
un arco.
Mi sentii stranamente malinconica e, quando distolsi lo
sguardo sentii gli occhi pizzicarmi a causa delle lacrime che
minacciavano di
uscire. Le asciugai con il dorso della manica e scostai le coperte per
mettermi
a letto. Non ci volle molto perché il sonno arrivasse. La
giornata mi aveva
spossata e le palpebre si fecero subito pesanti. Non opposi resistenza
e mi
accoccolai sotto le coperte, assaporando la sensazione di calore e
sicurezza
che mi trasmettevano.
Mi
trovavo in un luogo stranissimo. Non indossavo più
il pigiama di Sally, ma di nuovo i Jeans, maglietta e giacca argentata.
Intorno
a me vedevo le rovine di quello che sembrava un palazzo greco. Alcune
delle
macerie avevano ancora dei bassorilievi che mostravano scene terribile:
palazzi
distrutti, Dei in catene e eroi divorati dai mostri.
C’era un aura strana, in quel luogo, come se ci fosse una
specie di altro corpo
celeste che mi staccava da terra spingendomi verso l’alto.
Era inquietante e la
cosa non mi piaceva per nulla.
Avanzai tra le colonne crollate fino a quella che
sembrava una pedana. Un uomo gigantesco era inginocchiato davanti a me.
Aveva
le braccia tese verso l’alto e notai che sembrava veramente
sorreggere una
sorta di colonna fatta di nubi solide che premeva verso il basso come
per
schiacciarlo a terra. In qualche modo, però,
l’uomo riusciva a sorreggere il
terribile peso.
“Benvenuta,
mia piccola, ignara, pedina.” Disse una
voce profonda e tonante, che riverberò tra le rovine,
facendomi accapponare la
pelle.
Avrei
voluto rispondere, ma, per qualche ragione, dalla
mia bocca uscì solo un rantolo terrorizzato, mentre, intorno
a me, la tempesta
si faceva sempre più violenta.
“Quattro
mi tennero fermo. Il sangue di altri quattro
saranno la mia rinascita. Tu sarai la mia ultima pedina e verrai da me,
quando
gli altri tre saranno in mano mia.” Continuò la
voce che suonava maligna e
crudele, fredda come la pioggia invernale.
Mi
avvicinai alla figura inginocchiata, pensando che la
voce fosse sua, ma mi resi conto che non era lui a parlare. Era
qualcosa di più
antico e potente. Così forte che a confronto, colui che
sorreggeva quella
colonna di nubi, era poco più che un nanerottolo.
All’improvviso una grande ombre mi passò sopra la
testa. Le nubi crollarono su di me e i tuoni riverberarono sulla valle,
abbattendosi al suolo, distruggendo case, alberi e montagne. Una risata
maligna.
Urlai
con quanto fiato avevo in gola.
Mi
sollevai.
Ero
di nuovo a casa Jackson, distesa sul letto di Percy
spaventata, con il fiatone e sudata. Mi guardai intorno, mentre
stringevo
convulsamente le coperte, nel timore di essere trascinata di nuovo in
quell’incubo. Era tutto come prima che io mi addormentassi,
tutto a posto,
eppure il mio cuore non la smetteva di battere. Provai a coricarmi di
nuovo,
nel tentativo di riprendere sonno ma, per quanto mi sforzassi, non
riuscii a
chiudere occhio.
Alzai
lo sguardo e scrutai l’esterno dalla finestra.
Era ancora molto presto, nemmeno l’alba. Tutto era sereno ma
sapevo che, da
qualche parte, molto lontano, quella voce che avevo sentito nel sogno,
era
reale e stava davvero ridendo di me.
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[Angolo autore]
Ciao!
:D bentornati, vi sono mancato?
Sono
felice che la storia piaccia, almeno ad una
parte di voi. E sì, lo so, sono moooolto cattivo. Immagino
che voi, fan di
Percy Jackson, sappiate chi sia il cattivone in questione, no?
Ma chi sono i quattro? A cosa gli serve Bianca?
Sì, sono cattivo e non ve lo dico :3
Per scoprirlo dovrete leggere e, possibilmente,
recensire. Perché questa storia mi piace e vorrei che
continuaste a seguirla.
Per questo io ringrazio BSHallows che, come al solito, è
fantastica e mi ha
dato il permesso di prendere ispirazione dalla sua storia, che spero
aggiorni
presto.
Infine ringrazio Biancadiangelo, che continua a preferirmi,
Silvia_fangirl,
saluto tantissimo e mando un bacio, e _Littles_ GRAAAZIE per la bella
recensione *^* Spero di rivederti :D
Al prossimo capitolo.
AxXx