Percy
– Una visita dall’Aldilà
Dei
dell’Olimpo! Pure questa no!
Non
poteva essere lei! Doveva essere un fantasma
mandato a torturarmi, o qualcosa del genere. La vera Bianca era morta
anni
prima, uccisa da un gigantesco automa. Invece era proprio lei, davanti
a me, in
quello squallido vicoletto dietro la mia scuola, che mi fissava con un
aria a
metà tra il confuso e lo spaventato, con un pugnale di
bronzo celeste nella
mano che le tremava leggermente.
Aprii un paio di volte la bocca come un pesce fuor
d’acqua. Dovevo sembrare incredibilmente stupido, ma cercai
di trattenermi.
“Ok,
Percy, stai calmo. Dopo tutto quello che hai passato, non puoi
spaventarti per
questo, no? Ragiona e cerca una soluzione al problema.”
Mi dissi, passandomi una mano sulla fronte, parecchio sudata, non solo
per lo
scontro, ma anche per l’agitazione.
Il
guaio era che Bianca era una sorta di… fantasma, nel
nostro gruppo. La sorella di Nico era morta a dodici anni sotto i miei
occhi.
Nico si dava la colpa per non averla salvata e io stesso non riuscivo a
togliermi dalla testa il fatto che, in parte, ero stato io a provocarne
la
morte.
Deglutii scacciando quel pensiero dalla testa, e mi
avvicinai alla ragazza.
“Ehi…
ehm… tu sei?” Chiesi, mostrando le mie grandi
doti oratorie. Mi resi conto di sembrare incredibilmente stupido dato
che prima
l’avevo chiamata per nome e l’attimo dopo le
chiedevo chi fosse.
Infatti
lei si accigliò.
“Quindi… non sono Bianca?” Chiese, in
parte sorpresa,
in parte dispiaciuta.
“Ecco
io…” Balbettai confuso. Se non lo sapeva lei, io
che ne sapevo. Poi, improvvisamente, mi venne una specie di idea folle
e, allo
stesso tempo, fin troppo plausibile.
“Ti…
ricordi qualcosa?” Chiesi, un istante dopo,
poggiandole una mano sulla spalla. Quasi volessi rassicurarla.
Fu
quando scosse la testa che capii perché si
comportava in quel modo.
“Mi dispiace.” Si giustificò lei,
sconsolata. “Non
ricordo nulla, a parte che mi sono svegliata sta’ mattina a
Central Park.”
Sospirai,
anche se non sapevo se di sollievo o di
esasperazione. Sapevo bene cosa significasse risvegliarsi in un luogo
sconosciuto
senza ricordare assolutamente nulla. Era mi aveva già usato
in modo simile,
facendomi andare al Campo Giove per dare inizio ad
un’alleanza tra greci e
romani. Doveva essere spaventata e confusa. Probabilmente la mia vista
gli
aveva fatto tornare in mente parte del suo passato, ecco
perché mi aveva
seguito. Il problema principale era: cosa ci faceva lì. Nico
aveva detto che
Bianca aveva scelto la rinascita, invece eccola lì, davanti
a lui, per di più
in versione quindicenne, un anno n più di Nico.
Nico…
Per
gli Dei, non osavo pensare a come avrebbe reagito.
Inoltre, nonostante l’incredibile somiglianza, avevo ancora i
miei dubbi che
fosse veramente Bianca di Angelo. Senza ricordi che potessero
confermarlo, lei
poteva anche essere una semidei molto somigliante. Ade, che situazione
del
cavolo.
“Mi
chiamo davvero Bianca?” Chiese, all’improvviso,
facendomi precipitare fuori dal gorgo dei miei pensieri.
“Cosa…?”
Aveva
gli occhi pieni di dubbi, paure ed incertezze.
Dovevo aiutarla. Non mi andava di lasciarla lì da sola. Se
fosse stata davvero
Bianca avrei potuto rimediare ad uno de più grandi errori
che avessi mai fatto
e Nico sarebbe stato felice. Altrimenti… be’, era
senza dubbio una semidea e
non potevo lasciarla lì, in attesa che i mostri la
fiutassero per farne un buon
pasto.
“Ascolta…
io… è difficile da spiegare, ma sì,
credo che
tu sia Bianca. Una… mia amica.” Risposi, cercando
di non spaventarla troppo e,
allo stesso tempo, sembrare convincente. Non potevo dirle su due piedi:
Ciao, sei quella tizia che è morta
sotto i
miei occhi uccisa da un gigantesco automa di Efesto per salvarci tutti.
Sarebbe
stato parecchio imbarazzante, nonché traumatico, per
lei.
“Solo che non ti vedo
da… molto tempo. Quindi, non sono nemmeno sicuro che sia
davvero tu.”
Lei
sembrò un po’ più sollevata, ma era
ancora in
dubbio.
“E… allora? Senti, io non so chi sei…
so solo che una
specie di… sensazione mi ha portata qui davanti. Sto solo
cercando un luogo
familiare. Non ho idea del perché mi sono ritrovata con in
mano un arma e
nemmeno come ho fatto ad affrontare quel… coso.”
Rispose, esasperata,
passandosi una mano tra i lunghi capelli neri.
“Minotauro.”
Precisai.
“Ascolta, è lunga da spiegare,
ma posso dirti che non è la sola creature orribile che
incontrerai. Per
esperienza, ti dico che non siamo al sicuro. Per ora potrei portarti a
casa
mia. Lì potresti mangiare qualcosa. Intanto ti spiego cosa
sta succedendo.”
Subito
dopo mi morsi la lingua. Ma quanto ero
stupido!?Le avevo chiesto di venire a casa mia. Per lei ero un perfetto
sconosciuto. Potevo essere un serial killer, un maniaco, un criminale o
un
altro mostro camuffato. Non mi sorpresi, infatti, quando lei
iniziò a spostare
il peso del suo corpo da un piede all’altro, guardandomi
indecisa.
“Casa
tua…?”
“Sì,
scusa… lo so che sembra strano, ma sono tuo amico.
Non voglio farti del male. Se vieni, sarai al sicuro da altri mostri e
ti
porterò in un posto dove potrai essere al sicuro e, forse,
ti saranno date
spiegazioni.” Risposi, più cauto, per non
allarmarla.
Iniziò
a rilassarsi. A quanto pareva l’idea di un posto
sicuro e di spiegazioni la attirava parecchio e non potevo darle torto.
“Vengo con te.”
Annuii,
sempre ansioso non solo di allontanarmi da quel
posto dove avevo combattuto di nuovo il caro Testa di Manzo, ma anche
perché
dovevo contattare qualcuno. Casa mia e di mia madre non era lontana,
quindi non
ebbi difficoltà a portarla lì. Usammo la
metropolitana, dato che era più
veloce. Di solito odiavo andare in zone sotterranee, dato che erano il
tipico
territorio dei mostri, ma volevo essere velocemente a casa. Non ci
rimasi
molto: infatti, appena arrivammo alla fermata vicina a casa mia, mi
alzai,
facendo cenno a Bianca di fare lo stesso. Lei era rimasta in silenzio
per tutto
il viaggio, anche se capivo che mi voleva fare una valanga di domande.
Seguimmo
il marciapiede fino a casa mia, mentre
chiamavo Annabeth. Dato che era diventato architetto ufficiale
dell’Olimpo, gli
Dei le avevano concesso un appartamento a New York per poter
sovrintendere alla
ricostruzione personalmente. Dopo due guerre la Città Sacra
era davvero messa
male, ma mi fidavo della mia Sapientona. Ed era proprio per quello che
la
chiamavo. Avevo bisogno di un consiglio saggio.
Sentire
la sua voce mi calmò, non appena lei rispose
dall’altra parte.
“Ehi, Percy!” Mi salutò allegra.
“Com’è andato l’ultimo
giorno di scuola? Domani si va’ al Campo.”
“Già…”
Borbottai, mentre osservavo Bianca che mi stava
dietro, guardandosi intorno spaesata. “Senti,
Annabeth… ho un problema,
potresti venire a casa mia, subito?”
“Cos’è
successo? Hai fatto saltare in aria qualcosa?”
“Magari.”
Risposi, osservando la ragazza che mi
seguiva. Ancora non capivo se essere spaventato o felice.
“Non posso dirti
tutto, sarebbe troppo lunga, ma ti chiedo di venire da me.”
La
sentii esitare un attimo. La conoscevo bene,
probabilmente stava riflettendo su cosa potesse essere successo:
“D’accordo,
Testa D’alghe. Vengo subito.”
Riattaccò
e rimisi il cellulare in tasca. Mi guardai
intorno sospettoso, in cerca di qualsiasi segno di mostro. Eravamo due
mezzosangue relativamente potenti, e io avevo anche usato il cellulare.
Probabilmente ogni mostro ci aveva fiutati e ci stava vedendo come un
bello
spuntino.
“Chi
è Annabeth?” Chiese, all’improvviso,
Bianca, alle
mie spalle.
“Oh,
lei è la mia ragazza. È la tipa migliore del
mondo, quando deve ragionare. È intelligente e molto astuta.
Di lei ci si può
fidare.” La rassicurai, mentre continuavo a camminare verso
l’appartamento di
mamma.
Mi
sorpresi quando riuscii ad arrivare a casa senza
essere attaccato da una dracena o un lestrigone. Di solito erano sempre
lì ad
aspettarmi dietro l’angolo.
“Allora… ora mi dici che succede?”
Chiese Bianca,
esasperata, lasciandosi cadere sul divano. Doveva essere in piedi da un
bel
po’, visto che si era praticamente gettata su di esso per
istinto.
“Ecco…
d’accordo.” Mi sedetti su una sedia vicina. Mia
mamma non era ancora tornata, il che era meglio, a mio parere.
“Quello che ti
dirò ti potrebbe sembrare una follia, ma io e te ci siamo
conosciuti tempo fa.”
Presi
un respiro profondo ed iniziai a raccontare dei
Semidei, del Campo Mezzosangue e di come, sospettavo che lei fosse come
me,
anche se non avevo idea di chi fosse suo padre.
“Questo… è strano… ma
spiegherebbe molte cose.”
Sussurrò lei, dopo alcuni attimi di imbarazzante silenzio.
Si era accigliata
parecchio, ma non era impazzita e non mi aveva dato del pazzo.
“Ma… allora come
mai io non ricordo nulla?”
Ecco
la parte più delicata. Non volevo arrivarci e
stavo cercando un modo abbastanza buono di spiegarle quello che
sospettavo. Insomma,
non potevo dirle che era colpa mia se era morta. O sì?
Dovevo dire che avevo un certo timore della sua reazione, ma non potevo
certo
tenerglielo nascosto. Se fossi stato Annabeth avrei potuto anche
trovare una
soluzione, ma a me non venne in mente nulla.
Guardai
l’orologio.
Lei
sarebbe arrivata solo tra un quarto d’ora e non
credevo che avrei potuto perdere tempo per così tanto.
“Senti, Bianca… posso chiamarti
così?” Iniziai,
cercando di dare inizio ad una conversazione civile.
“Certo…
quando mi hai chiamata così ho avuto una
sensazione familiare, sono abbastanza certa che sia il mio
nome.” Rispose,
stiracchiandosi. Sembrava si stesse rilassando.
“D’accordo…
Bianca, io credo di conoscerti… o meglio,
credo di averti
conosciuta.” Iniziai,
cautamente, tornando a sedermi.
Così
iniziai a raccontarle della mia impresa insieme
alle cacciatrici di Artemide. Di come avevo preso parte
all’impresa, di come
era morta Zoe e della liberazione della Dea. Le raccontai di Nico e
della
sorella che era morta durante l’attacco di un automa e del
fatto che io
credessi che fosse lei la stessa persona.
La
vidi sbiancare all’improvviso e la bocca le si
spalancò per la sorpresa. Sul suo volto le si dipinsero in
rapida successione paura,
terrore, stupore, sollievo e sospetto. Probabilmente temeva che io le
stessi
mentendo e aveva paura di essere una sorta di zombie, o fantasma.
Eppure era
una persona viva. Quando l’avevo toccata l’avevo
sentita calda come qualsiasi
persona. Avevo già incontrato persone tornate dalla morte,
ma quella sorta di
Bianca rediviva somigliava di più ad Hazel. Ultimamente i
figli di Ade avevano
il brutto vizio di tornare in vita.
“So
che può sembrare assurdo. Credevamo che tu dovessi
rinascere… reincarnarti in un altro corpo. Non pensavamo
minimamente che
saresti tornata. Insomma, non avevamo mai capito perché te
ne fossi andata…
sempre che tu sia davvero Bianca.” Conclusi, osservandola.
Aveva gli occhi
lucidi, probabilmente non era quello che si era aspettata. Non potevo
biasimarla.
“Quindi…
sono davvero uguale a questa… Bianca morta?
Credi che io sia lei?” Chiese, stringendosi le spalle, come
se avesse freddo,
anche se sapevo che nulla di quello che le stava accadendo aveva a che
vedere
con il freddo.
“Io…
non lo so davvero, Bianca.” Dissi, cercando di
rassicurarla.
“Dimmi… vuoi una cioccolata calda?”
Lei
si limitò ad annuire, mentre si stringeva le gambe
al petto, continuando ad avere un espressione terribilmente confusa. Mi
sentii
in colpa, era colpa mia se era in quello stato. Avrei dovuto essere
più
delicato, aspettare Annabeth e girarci un po’ più
intorno.
Tornai
in salotto con due tazze di cioccolata. Fa
sempre bene e, per di più, quell’estate non
sembrava voler fare caldo. Non
avevo voglia di indagare su Borea o su cose gli fosse saltato in mente,
dovevo
occuparmi di Bianca. Lei era ancora seduta sul divano, nella stessa
posizione
in cui l’avevo lasciata, anche se, fortunatamente, sembrava
più rilassata.
“Mi
spiace, non dovevo essere così brusco.” Dissi,
cercando di calmarla, porgendole la tazza di cioccolata calda.
“Mh?
No, grazie… non potevi mica dirmi altro. Almeno
sei stato sincero… solo che adesso non so proprio che fare.
Insomma… sono morta
o no? Che devo fare? Tornare negli inferi? Hai parlato di un mio
fratello,
Nico, forse lui sa cosa mi è successo. Non dovrei
cercarlo?” Chiese, in fretta,
quasi avesse paura di dimenticare qualcosa. Non potevo biasimarla.
“Lui
era già sceso negli inferi per riportarti
indietro. Ma ci disse anche di non aver trovato la tua anima. Aveva
detto che
avevi scelto la reincarnazione. Non ho idea del perché ti
trovi qui.” Risposi,
mestamente, mentre lei sorseggiava la sua cioccolata.
“Forse un Dio minore
vuole fare uno scherzo a Nico.”
“Capisco…”
Rispose piano, con lo sguardo perso nel
vuoto, immersa in chissà quali pensieri.
Poco
dopo suonò il campanello e corsi ad aprire. Era
proprio Annabeth, grazie al cielo.
“Ciao,
Testa D’Alghe. Come mai quella faccia?” Chiese,
con un sorriso, dandomi un leggero bacio sulle labbra. Era una sorta di
tradizione, tra noi, salutarci con un bacio.
“Vieni,
te lo faccio vedere.” Risposi, semplicemente,
trascinandola, letteralmente, in salotto, dove Bianca aveva posato la
sua tazza
sul tavolino. Sembrava essersi rilassata.
Appena
la vide, Annabeth emise un verso strozzato, come
se le fosse andato qualcosa di traverso. Non potevo darle torto. Per
quanto
avesse visto per poco tempo Bianca, avevamo tutti in mente la sua
immagine e
non potei darle torto quando la fissò sorpresa.
“Ma
quella è…” Bisbigliò, senza
distogliere lo sguardo
dalla ragazza.
“Non
lo so, ma sì… credo sia proprio
Bianca.” Risposi,
sottovoce, scuotendo il capo sconsolato.
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[Angolo dell’autore]
Secondo
capitolo, incredibilmente veloce, per i miei
standard di aggiornamento di mille anni o anche ad ogni morte di papa.
Come
avete potuto vedere, questo capitolo è dal POV di Percy, il
prossimo sarà
ancora dal POV di Bianca e potrebbe già esserci Nico. :3
Ad
ogni modo, mi fa piacere vedere tante visite al
primo capitolo, anche se ho visto poche recensioni. Ringrazio,
comunque, lo
stesso, Biancadiangelo e Silvia_Fangirl che sono state moooolto gentili
a
venire a vedermi e recensire, in questa storia.
Mi
piacerebbe che mi diciate cosa ne pensate e che
mi deste consigli e critiche alla storia.
AxXx