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Autore: telesette    26/05/2014    1 recensioni
Makoto Kino, diciassette anni, è la vergine prescelta per ospitare il corpo della Suprema Signora dei Demoni. Avvicinandola sotto mentite spoglie, il demone seduttore Fùlger dovrà dunque fare in modo che la giovane ed ignara fanciulla gli si conceda spontaneamente. Le cose si mettono male, per la Paladina Sailor, se non fosse che nelle vene dell'affascinante demone scorre anche il sangue di un essere umano...
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Makoto/Morea, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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Mentre ripercorreva la strada di casa, Fùlger non poté fare a meno di pensare molto attentamente.
La situazione non era affatto semplice: Kasùyress non intendeva semplicemente vendicarsi, del tradimento subìto, bensì aveva dato ordine ai suoi demoni di uccidere sia lui che Makoto...
Trovare ora un pretesto per allontanare la ragazza da sé non era una soluzione, considerato che gli ex-compagni di Fùlger l'avrebbero attaccata comunque, e anche continuare a frequentarla significava esporla costantemente al pericolo. Decine di mostri avrebbero fatto la loro comparsa, di lì a poco, ed erano ben più forti e potenti rispetto a quella misera nullità di Schelét.
Fùlger stava ancora pensando a come non farsi cogliere impreparato dai suoi futuri avversari che, salendo la rampa di scale che conduceva al suo appartamento, si ritrovò faccia a faccia con Makoto ferma ed immobile sulla soglia.

- Ciao William - lo salutò lei con una nota piuttosto fredda nella voce.
- Makoto - fece lui sorpreso. - Non ti aspettavo, entra...
- Grazie ma, preferisco parlare qui fuori, se non ti dispiace!
- Non capisco!

Makoto chinò il capo tristemente, traendo un profondo respiro, prima di proseguire il discorso.

- Che cosa sono io per te? - domandò senza mezzi termini.
- Credevo ci fossimo spiegati ieri notte - rispose l'altro, traendo fuori di tasca le chiavi dell'abitazione.
- Ascoltami bene - lo interruppe Makoto, sommessamente ma con energia, sbattendo la mano sull'uscio per impedirgli di entrare. - Quello che abbiamo fatto ieri non è una risposta, la mia è una domanda precisa: ti ho concesso la mia prima volta, una cosa molto importante, e ho voluto farlo con te perché ti amo... Puoi giurarmi che per te è stato lo stesso, rispondendomi sinceramente, o devo pensare tutto il peggio possibile di te?
- Non mi sembra una domanda molto corretta, da parte tua - osservò Fùlger, inarcando severo il sopracciglio. - Eravamo in due a farlo, mentre pensavamo alla stessa cosa, oppure ti senti in colpa e cerchi un pretesto per potermi rimproverare di qualcosa?
- Smettila - tagliò corto Makoto. - Non stai parlando con una povera isterica, ho il diritto di pretendere chiarezza da te; voglio solo che tu mi dica che è stato un momento importante per te, tanto quanto lo è stato per me... Non mi sembra una richiesta tanto assurda la mia!
- Lo è stato, Makoto - disse Fùlger sincero. - E più che importante, anche, ma se tu non vuoi credermi non ha senso che te lo dica!
- Lo avrebbe, se tu mi dicessi qualcosa in più su di te, magari - sottolineò lei. - Ho dormito con te, ho fatto l'amore con te, e non so nulla di più del tuo nome... Avrai pure una famiglia, no?
- Niente che mi piaccia ricordare - rifletté Fùlger sommessamente. - La mia vita non è granché a raccontarsi, è una storia come tante, e preferisco non parlarne!
- Perdonami - si scusò Makoto sottovoce. - Non ho considerato il tuo silenzio sotto questo aspetto, mi dispiace...
- Non scusarti, non ne hai motivo; non ti ho detto niente perché non volevo turbarti, tutto qui, non c'è nessun mistero!
- William, io... Non fraintendermi, non voglio paragonarmi con te in alcun modo, ma anche la mia vita non è stata facile!
- Ascolta, perché non entriamo e  ne parliamo con calma, magari bevendoci qualcosa?

Fùlger non aveva appena finito di proporlo che, messo in allarme dal suo sesto senso di demone, avvertì chiaramente la presenza di un nemico poco lontano.
Non poteva rischiare di coinvolgere Makoto, e pure doveva escogitare qualcosa e in fretta.

- Mi sono dimenticato di ricomprare le lattine al supermercato - borbottò in fretta, cercando di sembrare convincente. - Facciamo così: entra un momento e accenditi un po' di televisione, io scendo un attimo al negozio qui sotto, e poi ti prometto che risponderò a tutte le tue domande!

Makoto sospirò.

- D'accordo, William, voglio crederti - disse. - Ti avverto però che non me ne andrò, finché non ti mostrerai sincero con me!
- Okay, va bene - fece lui annuendo, buttando nervosamente lo sguardo sulla strada sottostante. - Dammi solo qualche minuto, vado e torno!

Ciò detto, non appena Makoto entrò in casa, Fùlger spiccò un agile balzo da circa otto metri di altezza e atterrò al pianoterra come se niente fosse. Qui si guardò attorno, cercando di localizzare con precisione la fonte del suo avversario nascosto, e decise di tirarselo dietro lontano da occhi indiscreti. I demoni potevano avvertire la presenza dei propri simili, semplicemente dall'odore di morte che ognuno di loro recava addosso fin dalla nascita, e Fùlger contava sul fatto che gli altri avrebbero puntato direttamente a lui per arrivare a Makoto.
Meno di quattro isolati più lontano, circondato da spesse recinzioni metalliche e lunghi piloni di cemento armato, vi era un vecchio cantiere abbandonato. Fùlger decise di attirare lì il nemico, augurandosi che a nessuno venisse in mente di passare di là in quel momento, ma non aveva neppure considerato l'eventualità di una trappola.
Quasi gli avesse letto nel pensiero, il nemico aveva fatto in modo di concentrare gran parte dei suoi poteri per tendergli un agguato.
Non appena Fùlger scavalcò la recinzione, entrando non visto nel luogo scelto come teatro dell'inevitabile scontro, si ritrovò ad affondare con i piedi in una massa incandescente di terriccio ad una temperatura di circa 2000° centigradi. Non fosse stato per la sua resistenza demoniaca ad ogni genere di ambiente, si sarebbe certamente consumato in quella specie di magma artificiale.

- Vieni fuori, Ogien - urlò furioso, spiegando le grosse ali di pipistrello sulla schiena per liberarsi dal trabocchetto. - Certi trucchi non funzionano con me!

Un improvviso tremolìo, accompagnato da una lunga risata gutturale, e Fùlger vide chiaramente il suo avversario prendere forma dal fuoco. Il rosso corpo muscoloso, a tratti ricoperto di nere scaglie baluginanti, costui si erse dinanzi a Fùlger in tutta la sua possenza. Dalla cìntola in giù, era come una lunga coda di serpente dalla quale gocciolava però una sostanza di pura lava; mentre dalla cintola in su, il volto crudele munito di lunghe corna appuntite e due sinistri occhi gialli, il corpo della creatura era un fascio umanòide interamente avvolto da una spaventosa aura infuocata.

- Credevo che lo avresti apprezzato - sogghignò il mostro con una smorfia. - Kasùyress ha detto che posso agire come mi pare!
- Ti illudi, Ogien, se pensi che me ne starò a guardare i tuoi fuochi d'artificio - rispose spavaldo Fùlger, assumendo ancora una volta le sue vere sembianze. - Piuttosto, avevo giusto bisogno di una lampada abbronzante!
- Molto divertente, Fùlger - soffiò l'altro, creando un globo di fiamme nella grossa mano adunca munita di artigli. - Vediamo se avrai ancora così tanta voglia di scherzare... dopo!

Così dicendo, Ogien scagliò il giallo globo fiammeggiante contro il petto dell'avversario. Fùlger intercettò la sfera con la propria mano e, concentrando al massimo il potere del fulmine su di essa, la fece esplodere in mille pezzi.

- Tutto qui - osservò sprezzante. - Speravo di divertirmi molto di più!

Gli occhi di Ogien avvamparono di rabbia, così che anche le sue fiamme aumentarono di intensità, e Fùlger si ritrovò costretto a sollevarsi in volo per evitare la pioggia mortale che il demone del fuoco prese a rovesciargli contro. Da lontano, i fulmini erano troppo deboli, per poter anche solo scalfìre quella massa incandescente del suo torace; il corpo di Ogien poteva assorbire quei colpi come niente e, se solo si fosse azzardato ad avvicinarglisi troppo, Fùlger rischiava di rimanere colpito alle ali e precipitare al suolo.

- Non puoi colpirmi da quella distanza, Fùlger - gridò Ogien trionfante. - Fai il bravo, così ti ammazzo subito, non sentirai niente... a parte un leggero "bruciorino", forse, che vuoi che sia!

Gli occhi di Fùlger brillarono di ispirazione, mentre il piano per attaccare prese forma nella sua mente.

- Hai ragione - rispose. - Senza volerlo, mi hai appena dato un'idea!
- Che cosa ?!?

Ogien sbarrò gli occhi.
All'improvviso, Fùlger calò in picchiata e prese a respingere le palle di fuoco di Ogien con il solo ausilio del suo braccio destro. Malgrado le gravi ustioni riportate sull'arto, semplicemente entrando in contatto con l'arma più potente del nemico, Fùlger riuscì a penetrare la guardia di Ogien e a riversargli un concentrato di fulmini all'altezza del petto.

- Non è... possibile... - esalò appena Ogien, una volta realizzato che neppure il suo corpo avrebbe resistito ai fulmini di Fùlger da una distanza così tanto ravvicinata. - Che tu sia maledetto!
- Non lo siamo forse tutti ? - osservò dunque Fùlger con ironìa. - Addio, Ogien... Tienimi il posto in caldo, mi raccomando!
- Noooooooooooooooooooooooooooooooooooo !!!

L'urlo di morte di Ogien si spense, nel momento che il suo corpo esplose in mille pezzi, e Fùlger poté accasciarsi in ginocchio ed estinguere le ultime fiamme ancora presenti sul suo povero braccio martoriato.

- Adesso andiamo a prendere da bere - mormorò. - Makoto mi sta aspettando!

***

- Accidenti a lui - sbuffò Makoto spazientita, premendo a caso nervosamente i tasti sul telecomando, passando così da un canale all'altro della televisione. - Aveva detto "cinque minuti"... Ne sono passati più di quindici, che cavolo sta combinando?

Come in risposta alla sua domanda, William rientrò in quel preciso momento.

- Eccomi, sono tornato - esclamò sorridente. - Purtroppo il negozio aveva il frigorifero guasto: spero non ti dispiaccia una bibita a temperatura ambiente...

Makoto fece per tranquillizzarlo ma, come ebbe preso in mano la lattina, non poté fare a meno di lamentarsi.

- Alla faccia della "temperatura ambiente" - osservò lei, soffiandosi sulla mano, data la lamiera decisamente un po' troppo calda della lattina. - Questa l'hanno tirata fuori direttamente dal forno!
- Beh, ecco... - provò a dire l'altro, passandosi una mano sul braccio. - Più o meno! 

 

( continua col prossimo capitolo )

   
 
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