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Autore: Tina77    26/05/2014    4 recensioni
"Forse lo sto fissando da un po', perché lui mi guarda per qualche secondo con aria interrogativa, finché io non scuoto lievemente la testa, le guance imporporate. Lui mi sorride dolcemente, e questo sorriso mi riporta a quello che sembra un secolo fa, dopo la parata dei nostri primi giochi. E come quella volta, mi alzo leggermente sulle punte dei piedi e gli do un piccolo bacio sulla guancia, sussurrando -Grazie per i fiori, Peeta.-, con gli occhi lucidi."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 12

Attraverso il Prato velocemente. Cerco sempre di evitare questa strada perché mi fa inevitabilmente pensare a tutte le persone che non possono più farlo ormai, e che vi riposano al di sotto. Ma dato che il tempo non è dei migliori devo inevitabilmente scegliere il cammino più veloce per raggiungere il bosco. Non appena arrivo nel bosco lascio giù alcune trappole, sperando di riuscire a prendere almeno un tacchino o un coniglio. Poi mi siedo ad aspettare, senza nemmeno provare a cacciare con l'arco. Mi continuo a ripetere che va tutto bene, ma sento sempre di più la tristezza che mi opprime. Dopo circa due ore passate seduta su un masso mi alzo e ripercorro a ritroso il percorso. Riesco a procurarmi ben due tacchini. Dato che a casa non avrei comunque niente da fare e che indicativamente sono solo le quattro del pomeriggio, trovo un'altra roccia sulla quale accomodarmi. Mi siedo a spennare i tacchini e, una volta finita l'operazione, mi limito a restare con la schiena appoggiata al tronco di un albero, a guardare il cielo scuro e carico di grosse nuvole. Di sicuro pioverà, penso. Ma non mi importa realmente, un po' di pioggia non mi farà niente. E poi, ne ho passate di peggio. Il fatto è che solo qui mi sembra di riuscire davvero ad essere me stessa. Sola, senza nessuno da deludere o da rassicurare. Non posso dire di andarne fiera, certo. Distrattamente mi domando se Peeta sarà in pensiero per me. Poi ricordo il suo tono assente e decido che non è importante. Ma siccome sento dentro una strana inquietudine, decido di alzarmi e incamminarmi verso il Villaggio. Sono a metà strada quando comincia a piovere. Dopo nemmeno due minuti la pioggia diventa tanto intensa che faccio fatica a vedermi attorno. La giacca è senza cappuccio quindi mi inzuppo completamente, con l'acqua fredda che sembra arrivarmi fin dentro le ossa. Lascio a terra i tacchini, perché con le mani impegnate mi è impossibile riuscire ad avanzare. Mi tolgo la giacca e la uso come se fosse un ombrello. Così riesco a muovermi molto meglio. Mancano meno di duecento metri alla recinzione quando lo sento che mi chiama. E così, al semplice suono della sua voce preoccupata, mi dimentico di tutto, ancora una volta. -Peeta, sono qui!-. Grido di rimando. -Resta ferma, vengo a prenderti.-. Non mi sembra abbia senso, ma lo accontento. Un fulmine colpisce un albero, più o meno verso il centro del bosco. Sento le emozioni sfuggirmi di mano e senza rendermene conto mi ritrovo a chiamare di nuovo il suo nome. Inizio a correre, sperando di incrociarlo il più presto possibile, perché non vederlo, non toccarlo, mi sta facendo impazzire. Quando ci troviamo ci buttiamo una nelle braccia dell'altro. La mia giacca cade a terra, ma io non la raccolgo. Non ho bisogno di altro per coprirmi, perché c'è il suo di calore a scaldarmi. Lui muove freneticamente le mani sulle mie braccia bagnate e poi sulla mia schiena, tenendomi stretta. Io mi limito ad affondare il viso nel suo collo, tenendomi salda a lui circondandolo con le braccia. Siamo in questa posizione da diverso tempo, ma nessuno dei due dice niente o si sposta. Io mi rendo conto di essere scoppiata in lacrime, ma non capisco nemmeno io bene il perché. Né se il pianto sia di sollievo o di angoscia, in realtà. Mi ritrovo a sussurrare il suo nome, ancora singhiozzando. Lui si stacca da me e cerca di guardarmi in faccia, tenendo le mani attorno al mio viso, che è arrossato nonostante il freddo. Non aveva capito che stavo piangendo, ma adesso che vede i miei occhi sembra come risvegliarsi dallo strano torpore in in cui era caduto oggi pomeriggio. Invece che coprirmi e correre verso casa perché io non mi ammali, lui mi trascina sotto un albero, così da essere leggermente più riparati dalle grandi foglie dei suoi rami. Io mi limito a farmi condurre, perché non capisco cosa voglia fare. Il vecchio Peeta mi avrebbe di sicuro portata a casa alla velocità della luce. Tutto acquista un senso quando lui fa scontrare le nostre labbra. E adesso lo sento davvero il sollievo di averlo qui. Tutta la tristezza viene allontanata dal mio petto come una nuvola spostata dai venti. E mi stringo a lui come se ne andasse della mia stessa vita, come se lontano da lui nulla avesse senso. Lui mi solleva, così io mi ritrovo a stare in braccio a lui come l'altro giorno, con le gambe attorno alla sua vita. Sento la fame crescere dentro di me, le nostre mani stringono il corpo dell'altro come non hanno mai fatto, con foga. Lui si allontana un poco dalla mia bocca per parlare, ma io mio aggrappo a lui ancora con più forza, costringendolo a baciarmi ancora. La pioggia continua a scorrere su di noi, incessante. Ma ormai non sento più il freddo. È qui ed ora che davvero mi sento il fuoco dentro, che pian piano mi consuma dolcemente. Il mio cuore batte all'impazzata e credo che anche lui possa sentirlo. Che anche gli animali del bosco riescano a percepire come ormai io sia fuori di me e abbia perso ogni controllo. Le nostre mani diventano sempre più insistenti e sì, adesso credo di essere davvero sul punto di scoppiare. Sto per bruciare, senza fiato, quando un tuono ci riscuote e mi fa sussultare. Lui sembra ricordare improvvisamente dove ci troviamo e, senza lasciarmi andare, prende a camminare verso la recinzione. Io mi nascondo sul suo collo per tutto il tragitto, rossa di vergogna. Non ho mai provato queste sensazioni in modo così chiaro, così forte. Anche la notte del treno ho sentito la fame, è vero. Ma questa era dieci volte più intensa. Non so a quanti livelli del mio io io desideri Peeta. Ormai è evidente che non mi basta più la sua semplice compagnia. È il mio corpo a dirmelo, sono le mie labbra sul suo collo, che non vorrebbero far altro che prolungare il bacio di poco fa. E poi chiaramente c'è lui con il suo carattere e il suo animo meraviglioso, che lotta contro se stesso per tornare da me ogni volta. Ad un certo punto lui mi fa scendere e io prendo a seguirlo, tenendoci per mano. Siamo appena arrivati alla recinzione quando mi lascio sfuggire dalle labbra, in un sussurro, la spiegazione di quello che provo per Peeta, il riepilogo di tutti i miei pensieri – Credo di amarti.-. Lui mi fissa. La pioggia che accarezza la sua pelle in mille piccole dita mi distrae per qualche istante. Abbasso lo sguardo sospirando, incapace di sostenere il peso delle mie stesse parole confessate a mezza voce. Dopo alcuni secondi mi costringo a guardarlo, perché mi sembra assurdo che lui non dica niente. E lo vedo. Lo stesso sguardo di questa mattina. Quell'amore incondizionato, quella tenerezza che mi spezza il cuore da quanto è intensa. -Grazie.- lo dice accarezzandomi piano una guancia con il dorso della mano e poi facendola scivolare fino a portare le dita sulla mia nuca. Questa è l'ultima parola che avrei creduto di poter sentire da lui. Non so cosa mi aspettassi, forse un “Anche io ti amo, Katniss”, ripetuto per la millesima volta ma pur sempre meraviglioso, oppure un bacio appassionato come quelli di prima. Invece lui mi sta ringraziando, come se fosse lui quello fortunato ad avermi. Vorrei fargli vedere quello che io riesco ad apprezzare di lui, ma le parole non mi escono. Così ancora una volta agisco e io in ogni bacio cerco di trasmettergli una parte dei miei sentimenti. O forse lo faccio semplicemente perché ho bisogno di sentirlo vicino, non lo so. L'unica cosa che capisco è che doveva andare così. Forse questo non era il momento migliore per una dichiarazione. Forse non la si può nemmeno considerare tale, dato che non gli ho detto “Peeta, ti amo”, perché forse non lo so bene nemmeno io. Forse avrei dovuto cercare di preparare un discorso, non saprei. Ma non sono mai stata brava in queste cose. È come quando cercavo qualcosa da dire su Rue e Tresh, e le parole restavano bloccate tra la penna e il foglio bianco, incapaci di prendere forma. E così mi ritrovo a tenermi stretta a lui, come in un sogno, la mente offuscata dalla chiara percezione del suo corpo. Potrebbero essere anche passati giorni da quando abbiamo iniziato e io non me ne sarei comunque accorta. E tutto sembra così strano...io non ho mai avuto bisogno di stare con qualcuno in questo modo. Ero io a dovermi prendere cura della mia famiglia e non o a dover essere protetta. Ma qui, tra le sue braccia, mi sento una bambola di pezza completamente dipendente dalle sue mani, dalle sue labbra. E sì, sono felice.

Quando rientriamo a casa, i volti arrossati e i vestiti completamente bagnati, la prima cosa da fare è evitare di prendersi una polmonite. Lascio che sia Peeta a usare il bagno al piano di sopra, quello della mia stanza, nonostante lui abbia insistito a voler tornare a casa sua così da lasciarmi tranquilla.

Faccio una doccia bollente, perché adesso comincio davvero a sentirmi poco bene. Passato l'entusiasmo di mezz'ora fa, ora che non sono più in compagnia di Peeta e posso riflettere, non posso fare a meno di sentirmi un'idiota. Ti ha chiesto tempo, Katniss. E adesso, dopo la tua splendida confessione, non si può tornare indietro. Ovviamente lui aveva già capito che qualcosa era cambiato. Non mi sono fatta molti problemi a stargli vicina fisicamente in queste settimane. Eppure...questa è un'altra cosa. Dopo il bagno il mio viso è ancora più arrossato. Asciugo con cura i capelli e indosso dei semplici jeans e una maglia morbida in cotone verde. Mi guardo allo specchio e noto subito qualcosa di diverso in me. Gli occhi grandi e luminosi, uno strano sorriso imbarazzato stampato in volto. Calmati, Katniss. Faccio un respiro profondo e esco. L'aria più fresca del corridoio mi colpisce immediatamente e mi fa rimpiangere di non aver indossato una felpa. Ma ormai è ora di preparare la cena e quindi non ho tempo di salire a cambiami. E poi al piano di sopra c'è Peeta. Il mio cuore inizia involontariamente a battere più velocemente. Scuoto la testa per scacciare i pensieri e il mio sguardo incontra quello di Johanna. -Devi dirmi qualcosa, Katniss?- il suo sguardo malizioso mi dice subito che aveva già capito tutto molto prima di me. 

 

 

 

  
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