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Autore: lupacchiotta blu    27/05/2014    1 recensioni
Valentina è una ragazza come ce ne sono tante: i suoi genitori la amano, ha un cane fedelissimo, un migliore amico-fratello, è determinata, intelligente,pratica uno sport che ama... ma che cosa succederebbe se il suo mondo cambiasse, se venisse invaso dagli zombie? E se la sua famiglia non volesse seguirla? Cosa farebbe lei? Scapperebbe impaurita o farebbe l'eroina della situazione? Questo è un mistero, ma ha dalla sua parte un'arma formidabile: è un po' paranoica, e non si può prenderla alla sprovvista.
Genere: Avventura, Azione, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11 marzo 2014, sera
 

Nessuno risponde al mio saluto. Per forza, saranno un po’ incazzati.
La casa è al buio e solo dal salotto proviene la luce del camino.
< Hey, sono venuta a chie- >.
Ma che diavolo… in salotto non c’è nessuno!
Il fuoco è basso, quasi spento e l’atmosfera è un po’ tetra. Chiamo ancora qualche volta ma nessuno risponde. Salgo al primo piano ma anche le camere sono vuote, non c’è nemmeno il cane.
Potrebbero essere andati da Mosè o da qualche altra parte, ma lasciare il fuoco acceso… no, è pericoloso e non l’avrebbero mai fatto.
Cominciano a venirmi dei dubbi, ho un bruttissimo presentimento.
 Corro a casa di Mosè ma anche quella è deserta, tuttavia un particolare attrae la mia attenzione. Dalla finestra che si affaccia sulla strada, posso vedere che, nel salotto buio, è tutto a soqquadro: tavolo rovesciato, mensole staccate e televisore rotto.
L’adrenalina è a mille, ho le mani sudate e il cuore batte come un matto.
Un pensiero spiacevole si fa strada nella mia testa ed esplode prima che io possa fermarlo, prima che mi terrorizzi: sono stati presi dai militari.
Per accertarmene corro sul retro della casa di Mosè e vedo che la porta di servizio è sfondata. La neve è tutta calpestata e qua e là ci sono delle macchie di sangue.
Cazzo, cazzo, cazzo! Come faccio ora?! Non posso chiedere agli altri che sono stati avvertiti da Mosè, rischierebbero anche loro.
E sono stai rapiti senza che io potessi scusarmi! Non sanno nemmeno che mi dispiace! E se li uccideranno? Non potrò mai fare pace con Davide!
Sto per piangere, sento che le lacrime stanno per uscire, ma presto la rabbia e l’odio prendono il posto della disperazione.
Stringo i pugni e corro verso casa, rischiando anche di scivolare su una lastra di ghiaccio.
Quando sono dentro so già cosa fare, non devo nemmeno pensarci: se casa mia è ancora ben ordinata, significa che tutti sono stati portati via in fretta o che sono stati attirati fuori con l’inganno, e che forse stanno bene.
Sicuramente Mosè è ferito, ma qui non ci sono tracce di colluttazione e ho qualche speranza che stiano bene. Se voglio che continuino a stare bene, però, devo riportarli a casa.
Corro in camera e prendo il mio fidato piede di porco: se funziona con gli zombie, andrà benone anche per i militari.
Porto con me anche la pistola di Giuseppe e due caricatori di riserva,mi copro per bene ed esco sul retro. Come pensavo, ci sono delle tracce che portano verso il bosco.
 
Il buio del bosco sembra ancora più oscuro di quello in città, e in fondo è così: la luce lunare quasi non passa tra le fitte fronde degli alberi spogli, dei pini e degli abeti, costringendomi a camminare alla debole luce di una torcia elettrica.
Fa un freddo cane e le dita, nonostante i guanti, si stanno congelando.
Le tracce sono ben evidenti: alcune impronte di piedi ben definite e delle scie di neve smossa, segno che i miei compagni hanno fatto resistenza.
Purtroppo, mi accorgo che ad un certo punto si allargano sulla neve delle macchie che sembrano proprio sangue. Mi avvicino sempre di più alla base dei soldati e mi accingo ad abbassare ulteriormente la luminosità della torcia.
Quei maledetti bastardi, mi rapiscono la squadra e mi fanno anche avanzare al buio! Se li tro-
<  Smettila, stupido cane! > sento in lontananza. Deve essere Asso!
Ringhia e abbaia, ma dopo qualche attimo lo sento guaire. Cosa stanno facendo al mio cane?
< Ben ti sta, bestiaccia! Provaci ancora e ti faccio saltare le cervella! > urla un uomo.
Quel figlio di puttana! Se ha picchiato Asso o i miei compagni gli taglio le mani! Vorrei correre da loro ma devo resistere. Digrigno i denti e mi impongo di non intervenire subito.
< E voi state fermi! Provate a fare un altro passo falso e vi ammazzo di botte > sbraita un altro. Ormai sono vicina al campo base e riesco a vedere le sagome dei suoi occupanti grazie alle luci da campo.
Mi nascondo dietro a un cespuglio e vedo che gli zombie sono nella loro gabbia, tenuti d’occhio da due militari. La gabbia è semicoperta da dei teli e vicino è stato acceso un fuoco per non farli congelare.
Mi guardo intorno e finalmente scorgo i miei compagni: sono seduti a terra e hanno le mani legate dietro la schiena. Ognuno di loro è poi legato a un palo orizzontale tramite delle catene o delle corde.
Tremano parecchio e da qui posso vedere che Giuseppe ha una rozza fasciatura sul polpaccio destro.
Quei maledetti lo hanno ferito! E adesso cosa faranno?! Li uccideranno o li useranno per qualcosa?
Francesca trema più di tutti e si trova tra Giuseppe e Davide.
L’ultimo della fila è Mosè, che ha delle bende sulla faccia e sulle braccia. Devono averlo pestato per bene. Accanto a lui, sdraiato nella neve, c’è Asso. Non riesco a vedere come è messo e questo mi angoscia ancora di più.
Per non correre da loro devo mordermi le mani. Non ce la faccio a vederli in quelle condizioni, devo fare qualcosa! Devo liberarli!
I miei compagni sono proprio con le spalle al bosco e dietro di loro non c’è niente. La maggior parte delle guardie starà dormendo, ma due tengono d’occhio loro e due gli zombie.
Non so come fare ad avvicinarmi senza che mi vedano.
Se arrivo da dietro Davide e gli altri, le guardie mi vedranno, quindi devo attaccarle alle spalle. Per non farmi sentire da quelle che sorvegliano gli zombie dovrò agire in fretta.
Aggiro l’accampamento, ritrovandomi dietro i soldati.  Se passo da qui, quelli che tengono d’occhio gli zombie non mi vedranno.
Esco lentamente dal bosco, avvicinandomi allo spiazzo occupato da tende, casse e mucchi di roba.
Cammino con una lentezza estenuante, non posso farmi sentire. I miei piedi non sprofondano più nella neve soffice, ma scricchiolano impercettibilmente su quella compatta dell’accampamento.
Faccio una pausa dietro due enormi cassoni sovrapposti: le guardie parlano tra loro e insultano i miei compagni.
< Poveri imbecilli, pensavate che non vi avessimo scoperti, eh? Stupidi! Le vostre tracce le abbiamo notate subito! > li schernisce un uomo piuttosto alto. Dal tono della voce sembra abbia bevuto un po’.
L’altro lo segue a ruota e impreca in continuazione.
Questi porci schifosi…
Ecco, Davide mi ha vista! Sembra preoccupato, si è irrigidito subito. Si accorgono di me anche gli altri, tranne i militari che continuano coi loro discorsi.
Sembrano terrorizzati, soprattutto Francesca. Cosa avranno fatto mentre io non c’ero? Che li abbiano picchiati molto? Da qui non riesco a vedere.
Approfittando della disattenzione delle guardie, procedo quatta quatta, finché non  sono proprio a qualche passo da loro. Stringo il piede di porco e, mentre uno dei due si gira verso di me, glielo do in testa.
Cade a terra svenuto; quello alto sta per dare l’allarme ma io lo colpisco allo stomaco con un calcio, costringendolo a inginocchiarsi a terra. Con un pezzo di stoffa gli tappo la bocca e lo imbavaglio per bene, riempiendolo di pugni in faccia. Poi, gli punto la pistola alla testa, sussurrandogli:
< Solo una parola e sei morto, intesi? >.
Con gli occhi sbarrati dal terrore e il naso sanguinante, annuisce e cessa ogni resistenza. Gli lego le braccia e le gambe come se fosse un salame. Gli allenamenti di kick-boxing sono stati decisamente utili.
I miei compagni sono silenziosi, ma i loro occhi mostrano paura e fretta di scappare.
Con il coltellaccio che porto sempre nella tasca cosciale taglio le corde, poi sciolgo i nodi delle catene di Mosè.
Asso alza il muso dalla neve, mostrando il naso sporco di sangue. Ha dei tagli sul fianco destro e barcolla un po’,ma si regge in piedi.
Tutti gli altri sono messi più o meno come lui: visi ricoperti di lividi, labbra spaccate e piccole ferite qua e là.
< Adesso dobbiamo scappare > dico sottovoce < potrebbero accorgersi di noi in qualunque momento >.
< E gli zombie? > domanda Mosè, debole a causa del freddo e dell’emorragia < li dobbiamo uccidere >.
< No, è pericoloso > rispondo < Dobbiamo andare via >.
< No e ancora no. Dobbiamo farli fuori adesso. Se scappiamo senza agire, loro avranno il tempo di preparare il contrattacco >.
< Valentina, forse Mosè ha ragione > fa Giuseppe < dobbiamo farlo ora >.
< Cosa? Ma siete tutti pazzi? >. Non so se riuscirò a non urlare ancora a lungo, mi fanno diventare matta.
< Vale, adesso che siamo tutti insieme sarà meno pericoloso > dice Francesca.
< Voi siete pazzi, vi hanno dato troppe botte in testa >.
< No > mi rassicura lei < fidati, siamo relativamente al sicuro >.
La fisso esterrefatta. Al sicuro?! Ma è scema?!
Poi guardo gli altri e mi accorgo che sembrano tutti troppo tranquilli.
< C’è qualcosa che non so? >.
< Sì > risponde Giuseppe < Devi sapere che oggi, dopo che te ne sei andata, abbiamo messo del sonnifero in polvere dentro alcuni sacchi di cibo. Li abbiamo sistemati subito dentro il magazzino, cosicché fossero i primi a essere visti e ad essere rubati >.
Si interrompe e Francesca continua il racconto:
< Avrebbero dovuto portarli via domani sera,ma per qualche ragione sono venuti prima. Volevamo avvertirti al tuo ritorno, ma ci hanno rapiti prima. Hanno trovato la chiave della porta di servizio, sono entrati e puntandoci le armi addosso ci hanno minacciati >.
< Non potevamo fare resistenza > comincia Davide < Erano in troppi per noi. Fortunatamente, anche se hanno rintracciato Mosè, non sanno che anche tu hai visto il campo base, così hanno portato via solo noi. Questa sera hanno mangiato e si sono ritirati quasi tutti pensando di avere solo un po’ di sonno, ma è già da un pezzo che dormono >.
< Volevate farli addormentare per colpirli nel sonno con l’aiuto di altri paesani, giusto? >.
Annuiscono tutti.
Chiedo come mai le guardie sono sveglie e mi dicono che loro avevano già mangiato prima o che non hanno mangiato le stesse cose.
< Allora possiamo far fuori gli zombie? > chiedo più rilassata.
< Sì > risponde Giuseppe.
Gli ridò la sua pistola, gli altri prendono dei bastoni e andiamo nel bosco. Camminiamo fino ad essere alle spalle delle guardie e poi le attacchiamo. Una finisce a terra svenuta dopo una mazzata di Davide e l’altra la colpisco io.
Gli zombie, marci come non ne avevo mai visti prima, camminano per la piccola gabbia. Schioccano le mascelle e muovono le braccia che perdono brandelli di carne.
Gli occhi non ci sono quasi più, in più punti si vedono i crani bianchi e hanno i ventri gonfi.
Puzzano come dei… degli… sì, come degli zombie.
< Pronti? > chiede Mosè con una strana luce negli occhi.
< Pronti > affermiamo in coro.
Prendiamo la mira e dalle sbarre uccidiamo i non morti con delle stoccate dritte in testa. I loro corpi si afflosciano a terra perdendo liquidi brunastri dalle teste.
 
12 marzo 2014, mezzanotte
 

Controllo l’orologio: la mezzanotte è passata da qualche minuto.
< Ascoltate > dico a tutti < e se rapissimo Lucio Barbi? >.
< Beh, adesso dormono tutti > dice Francesca < non dovrebbe essere difficile portare via il capo >.
< Però lui è nelle tende. Se uno di loro si svegliasse saremmo fregati > dice Davide.
< Ce la possiamo fare > afferma Mosè < Siamo stanche e feriti, ma possiamo riuscirci >.
Ci dividiamo e guardiamo in ogni tenda . Infiliamo solo la testa, facendo molta attenzione a non farci sentire e finalmente, Francesca ci avverte che l’ha trovato.
Lo stronzo dorme profondamente, ha pure la bava alla bocca.
In tenda con lui ci sono quattro uomini addormentati come lui, quindi non facciamo fatica a portarlo fuori. Il suo sonno è così pesante che non si sveglia e dobbiamo allontanarci portandolo a peso morto.
< Hey, Davide > gli dico < non è giusto che porti in spalle quel coglione. Fallo portare a lui >.
Così dicendo, indico la guardia che ho imbavagliato e legato. Lo prendo per il bavero della giacca e lo fisso con uno sguardo carico di rabbia:
< Vero che non ti dispiace portarlo in spalla fino in città? In caso contrario sarò costretta a mandarti a nanna come il tuo amico >.
 
 
Camminiamo nel buio del bosco, barcollanti e stanchi.
Ci portiamo dietro il militare e Lucio. Talvolta, il soldato oppone resistenza, così ogni tanto gli mollo un pugno e riesco a farlo camminare.
Non ha neanche idea di quanto vorrei spaccargli quel brutto muso che si ritrova, lui e quel sacco di merda di Lucio.
Ogni colpo per me è uno sfogo che vorrei prolungare, si meritano di peggio per quello che hanno fatto. Dovrebbero essere massacrati dai paesani, dovrebbero patire le pene dell’inferno per averci derubati e ridotti alla fame.
Per la testa mi passano i pensieri peggiori, non riesco a farne a meno, ma ad un tratto Davide mi dice:
< Non volevo farti arrabbiare. Grazie per essere venuta a salvarci, se non lo avessi fatto saremmo ancora là e non potremmo scappare in alcun modo >.
La rabbia scema fino a scomparire, lasciando posto al pentimento.
< Fratellone, scusa se mi sono incazzata. Non è stata colpa tua. E comunque, tu avresti fatto lo stesso per me, ne sono certa >.
Il militare si ferma ancora. Non so perchè, ma non lo odio più come prima.
 


Angolo dell'autrice della ritardataria:
Eccomi con un altro capitolo! 
Il ritardo è notevole, ma da giugno gli aggiornamenti dovrebbero essere puntuali se il lavoro mi lascierà tempo e se il caldo non mi ucciderà.
E' leggermente più lungo dei precedenti, e spero vi sia piaciuto:)
Alla prossima!

Lupacchiotta blu
  
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