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Autore: quod    27/05/2014    1 recensioni
Questa è una mini serie sul mondo di Dark Soul. È ambientata nel fiammeggiante panorama di Lost Izalith, e parla della fine di un grande uomo...
Mi sono preso alcune licenze narrative sulla Lore, quindi siate clementi. Per il resto, buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Perchè dare onore al cadavere di un nemico? In quel momento, mentre stava finendo di cantare l'ultima quartina, non seppe darsi una risposta. «Quand'è stata l'ultima volta che ho visto un essere umano?» si chiese Valgt, e ripercorse mentalmente i giorni passati. «Se escludiamo la sorella di Queelag... l'ultimo vero essere umano che ho visto... è stato... 3, 4 mesi fa? Cazzo, nemmeno mi ricordo quanto tempo fa ho visto... qualcuno.» Si sedette sull'orlo del lago a fissare la lava che ormai stava per inghiottire le ossa della donna. Il viaggio di Valgt era cominciato quasi un anno prima. Ironicamente, Valgt, pur essendo il Prescelto, aveva incontrato altri Prescelti, con cui aveva condiviso piccoli pezzi del viaggio e combattuto per poco insieme. Ma finora, ben pochi erano rimasti in vita. Tarkas, il cavaliere dalla nera armatura di Berenike, era morto goffamente davanti ai suoi occhi per una caduta. Leeroy, dopo che lo aveva aiutato contro il negromante illusionista, era impazzito ed era toccato a Valgt fermarlo. Il cadavere di Beatrice era stato ritrovato nella Valle dei Draghi («Che poi, Seath non li aveva massacrati tutti? Come cazzo si spiegano allora i draghi non morti, i draghetti blu spara-fulmini e il drago deforme nelle profondità? Non solo traditore, ma pure incapace, quella fatina del cazzo.»). Lautrec, quel figlio di puttana... meglio non parlarne. A conti fatti, rimanevano solo altre due, tre persone su contare, sempre sperando che fossero ancora in vita. Fece il punto della situazione. Per dimostrare che era il Prescelto aveva dovuto suonare le due campane, e in questo modo la Fortezza di Sen si era aperta. Dopo la Fortezza era stato trasportato ad Anor Londo, la città degli dei. Là aveva dovuto lottare contro uno dei quattro cavalieri di Lord Gwyn, e se non fosse morto sarebbe arrivato al cospetto di un dio. Combattendo fianco a fianco con il suo prode amico Solaire, era riuscito ad avere, non senza difficoltà, la meglio, ed era stato ammesso al cospetto della Dea amata da tutti: Gwynevere. Lei gli aveva donato un potere divino e gli aveva ulteriormente spiegato la sua missione. Se Valgt voleva prevenire lo spegnimento della Fiamma, doveva sconfiggere Lord Gwyn in persona, ormai vuoto. Ma per arrivare a Gwyn, doveva sbloccare la Fornace della Prima Fiamma, e per farlo doveva recuperare l'anima di Gwyn. Piccolo problema: il Lord l'aveva frantumata in quattro parti e data ai suoi quattro compagni. Ergo Valgt, come se il pericolo di diventare vuoto da un momento all'altro non fosse già un pericolo imponente, doveva sconfiggere quattro mostri che da soli avevano distrutto orde di draghi. In qualche modo, era riuscito a sconfiggerne già tre, e ora ne mancava uno. Anzi, una: la Culla del Caos. Era per questo che era a Lost Izalith, la Città delle Fiamme. Quando Valgt si riscosse dai suoi cupi pensieri, della donna rimaneva ormai solo qualche pezzo della veste. Si fece forza, si alzò in piedi e lentamente ritornò a passi pesanti nel crocevia dove aveva incontrato la piromante. La solitudine e il silenzio che regnavano intorno a lui lo distruggevano psicologicamente, e mentre stava per giungere nel posto di prima si rese conto del perchè aveva dato gli onori alla donna: Valgt era, da mesi, solo contro un'orda variegata di creature ostili che lo volevano morto per motivi ignoti. Se la piromante non lo avesse attaccato a vista, chissà, magari avrebbero potuto perfino unire le loro spade, contro la solitudine prima che contro la Culla del Caos. Ma ormai era andata così. Arrivato al crocevia di strade di pietra, si accorse che il muro di nebbia era lì, e non se ne era accorto se non adesso. «Nelle Antiche Leggende la nebbia era un avvertimento degli dei ai viandanti affinchè facessero attenzione ai pericoli di un particolare luogo. Sarebbe veramente uno scherzo di cattivo gusto se queste nebbie avessero lo stesso scopo.» E tutto in effetti dava a pensare che fosse così: questa nebbia "solida" era bianca e leggera, in compenso non faceva passare nulla attraverso, che fossero colpi di spada, magia o frecce. L'unico modo di attraversarla, come aveva imparato, era toccarla con una mano e avere la ferma volontà di andare dall'altra parte. Questo talvolta lo portava ad incontri indesiderati, altre volte lo portava in luoghi "sicuri". O perlomeno, ciò che voleva fargli la pelle non era alto dieci metri. Quando stava per toccare la nebbia si fermò, le dita a mezzo centimetro di distanza. Sicuramente là dentro c'era la Culla, madre di tutti i demoni, e lui non aveva controllato lo stato del suo equipaggiamento. «Grave errore.» Memore della fine meschina in cui erano incappati alcuni suoi compagni, a causa dell'arma che nel momento del pericolo si era spezzata, trasse da una taschina al sicuro dentro l'armatura un piccolo contenitore di ferro grezzo. Sciolse i lacci che assicuravano la chiusura della preziosa scatolina, e aprì il coperchio. Della preziosa polvere riparante ne rimanevano tre, quattro pizzichi al massimo. Pregando il Sole che il suo equipaggiamento non avesse subito grossi danni, prima controllò lo stato dello scudo nero, ma era fortunatamente tutto a posto. Quindi, poggiato lo scudo a terra, ma vicino a sè («Non vorrei mai essere colto di nuovo impreparato nel caso ci fosse un'altra "sorpresina".»), sguainò il suo fido spadone dal fodero che teneva sulla schiena. Passando il pollice sull'intera lunghezza della lama, gli occhi attenti ad ogni minima incrinatura, Valgt con piacere notò che la precedente lotta con le statue sputafuoco aveva causato solo dei graffi superficiali e una leggera smussatura in alcuni punti del filo. Si poteva permettere, per questa volta, di risparmiare la polvere riparante (che tra le altre cose costava una spaventosa cifra di anime). Non poteva però sottrarsi alla riaffilatura della lama.
  
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