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Autore: _lotus    27/05/2014    0 recensioni
-Scommettiamo?- dice con il suo solito ghigno riservato alle occasioni speciali. Sono un'occasione speciale, quale onore.
-Non lo sai che chi gioca con il fuoco prima o poi si brucia- gli rispondo a tono.
-Penso che tu lo sappia meglio di me, o sbaglio Piromane?- mi irrigidisco. Come può alludere così ai miei trascorsi? Ennesimo colpo basso, gli rivolgo un occhiata di fuoco degna di una piromane.
-Spara-
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-Questo non è vivere, questo è sopravvivere- mi guarda con uno sguardo vacueo, li sto facendo del male.
-Ti farò vivere io- dice con una luce nei suoi occhi turchesi. Speranza, ah quanto tempo è che non sento quell'emozione? Non sarò io a spegnerla, perciò non dico niente.
-Fai una lista, sul serio, scrivici i tuoi desideri, renderò i tuoi ultimi giorni più belli di quanto possa essere una vita intera-
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Non voglio anticiparvi troppe cose perciò vi dico solo che questa storia sarà ricca di emozioni e avventura, quindi se volete passare a dare una sbirciatna fate pure. Accetto ogni genere di consiglio o critica. Gazie per l'attenzione :)
ciaociao :)
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAP 6
 
'Non è che ho paura che nessuno abbia la chiave del mio cuore,
ho paura, che il mio cuore non abbia una serratura'


Mi sveglio con i raggi del sole che mi accarezzano il viso, mi sembra di essere in una di quelle mattinate estive estremamente calme, in cui il tempo sembra espandersi e tu ti senti come dentro una bolla di vetro in cui lo stress, le preoccupazioni e i vari problemi non possono entrare. Ti senti bene, al sicuro tra le coperte, ma in realtà è solo una questione psicologica perché i problemi arrivano, prima o poi, trovano il modo per raggiungerti.
La voce di mia madre mi riscuote dalle mie riflessioni senza senso –Tesoro svegliati, c’è una sorpresa per te- la sua voce è anche troppo euforica per poterla sopportare la mattina presto. Apro un occhio, poi l’altro, senza fretta. –Dai su, muoviti, non vorrai farlo aspettare-. Vabbè che è mattina, ma non credo di essere così stupida da capire male una frase intera, perché dovrei muovermi? – Cosa?- riesco a dire con la voce ancora impastata. –Vestiti e vedrai- ed esce dalla stanza senza aggiungere altro.
 
Appena apro la porta di casa mi ritrovo un Alexander in giubbotto di pelle che sta appoggiato su una macchina in strada, intento a guardarsi intorno. Appena mi nota si raddrizza e mi sorride. Io mi  chiedo ancora come ho fatto a cacciarmi in questa situazione. Uno dei ragazzi più belli che siano mai esistiti è venuto a prendermi a casa, a me. Credo di essere diventata improvvisamente molto religiosa. Se non è opera divina questa non so che altro pensare. – Sarah la borsa la puoi lasciare anche a casa, oggi non andiamo a scuola- mi dice per poi aggiungere – comunque ciao-. Lo guardo, cercando il segno che possa convincermi che sta scherzando. – Si certo come no- non posso continuare a perdere ore scolastiche e mi sono svegliata presto e non permetto a quell’essere di decidere per me. Mi dispiace ma io la mattina presto devo essere lasciata in pace. Così decido di dirglielo, nel modo più gentile possibile ovviamente. – No, apprezzo il pensiero ma no. Non posso saltare troppe ore.-
-La mia non era una domanda. Tu vieni con me e basta- dice, per poi strapparmi letteralmente la borsa dalle mani e portarla a mia madre che è sull’uscio della porta. –E’ stato un piacere rivederla signora Roberts-
-Anche per me Alex, buona fortuna-. E mentre mia madre rientra in casa con la mia borsa, il ragazzo sale in macchina. Salgo anche io, se anche mia madre sa dove vuole portarmi allora non può essere un piano del tutto malvagio. Salgo e chiedo – dove stiamo andando?-
- Quando saremo li lo scoprirai- non sopporto le situazioni enigmatiche e quel ‘buona fortuna’ di mia madre mi inquieta parecchio.
 
Anche se guida sposta cinque secondi lo sguardo su di me, poi torna a guardare la strada, poi di nuovo me. Come se stesse cercando qualcosa nei miei occhi. In effetti il suo comportamento è strano, sembra all’erta, sempre sull’attenti, quasi dovesse caderci un meteorite in testa. Lo fisso a mia volta mentre mi spremo le meningi per trovare delle risposte alle domande che mi ronzano in testa. Quando sto per partire all’attacco con i miei quesiti il ragazzo mi stronca subito dicendo –No, niente domande.- e con queste parole si sporge un po’ per accendere la radio.
Decido di rinchiudermi nel silenzio, forse sembro un po’ una bambina ma non mi importa. Sono ancora un po’ addormentata quindi appoggio la testa al finestrino, chiudo gli occhi e mi concentro sulla musica. Lascio che le note mi entrino in testa e creino vari disegni e figure nella mente, i così detti film mentali.
Dopo un tempo che non so definire le mie orecchie captano delle note conosciute, la radio trasmette una delle mie canzoni preferite. Senza pensarci, tenendo ancora gli occhi chiusi, le labbra si muovono da sole, prima a vuoto e poi piano piano le corde vocali entrano in funzione e inizio a cantare
- When I look into your eyes 
It's like watching the night sky 
Or a beautiful sunrise 
Well there's so much they hold 
And just like them old stars 
I see that you've come so far 
To be right where you are 
How old is your soul? 

I won't give up on us 
Even if the skies get rough 
I'm giving you all my love 
I'm still looking up -



Un fischio di approvazione mi riscuote dal mio stato di trance. –Perché non mi hai mai detto che sapevi cantare?-
-Non me lo hai mai chiesto-, -Giusto- mi da ragione il ragazzo e aggiunge – ti piace questa canzone vero?- io annuisco e lui sussurra qualcosa tipo ‘si vede’ – ha un bel significato- annuisco di nuovo.
Evidentemente Alex ha capito che sono infastidita perché ha un comportamento piuttosto strano, è troppo attento, non c’è traccia della sua spontaneità e io mi sto continuando ad agitare.
 
Il ragazzo fa una battuta, probabilmente per cercare di alleggerire la situazione e io rido, un po’ perché apprezzo lo sforzo e un po’ perché fa effettivamente ridere, ma appena vedo dove stiamo per parcheggiare il sorriso mi si spegne sulle labbra. La bocca socchiusa, lo sguardo perso, in cerca di una spiegazione.
Siamo in una stradina vicino a dei parcheggi per auto, a 100 metri dal parcheggio c’è un edificio bianco sporco che dovrebbe ispirare salvezza, speranza ma il mio cervello lo identifica come un luogo di morte e dolore.
Siamo nel parcheggio dell’ospedale, quel posto che mi ha riempita di sofferenza.
Mi giro verso Alex, sperando in uno scherzo o in una spiegazione. E’ rigido, le mani stringono il volante anche se siamo fermi e di conseguenza ha tutte le braccia e le spalle in tensione, lo sguardo fisso sulla macchina parcheggiata davanti a noi. Nonostante in questo momento sia fantastico non mi soffermo più del dovuto sulla sua immagine. Non riesco a spiccicare una mezza frase, non credevo che potesse farmi questo.
- Mi dispiace, ma non mi sto per niente pentendo di quello che sto facendo- dice stringendo i denti.
Non riesco a parlare, giuro. Credevo che ormai avessimo chiarito. Non avrebbe dovuto portarmi qui contro il mio volere.
-Sarah, non fare così, sai anche tu che è la cosa giusta da fare- il suo tono di voce è freddo, ciò mi irrita ancora di più, è come se mi stesse ordinando di entrare in quella merda di edificio e rovinarmi quel poco di vita che mi resta.
No.
- Come puoi anche solo pensare di poter decidere al posto mio, per la mia vita. Non ne hai alcun diritto.- finalmente sputo fuori alcune delle mille parole che vorrei rovesciargli addosso in questo momento, gli parlo con una calma glaciale, cercando di mantenere il controllo. Qua non si parla solo di salute, ma anche di fiducia perché aveva promesso che non mi avrebbe costretto a curarmi, si tratta di lealtà perché avevamo scommesso e io ho vinto, si tratta di me. Non di lui.
-Non sono solo io, tua madre e tuo padre mi hanno chiesto di portarti qui …. in qualsiasi modo- quasi mi sembra di essere stata presa a schiaffi. Anche i miei genitori non mi considerano abbastanza grande per scegliere per me.
Credono di fare la cosa giusta. Ma è la cosa giusta per loro, non per me. Perché io soffrirò e morirò o morirò e basta, mentre loro assisteranno alla mia sofferenza, ne proveranno solo un po’ mescolata a della pietà per le mie condizioni, ma non sarà mai abbastanza per eguagliare la mia sofferenza.
Non sono forte, non ci riesco.
- Avevi promesso, avevamo scommesso, ho vinto io non tu!- non credo di riuscire a controllarmi ancora. Non voglio piangere, non voglio mostrare il mio lato debole. Voglio essere forte.
 
Alexander si gira e fissa i suoi occhi irati nei miei, che sono pieni di terrore.
Mi guarda come se fossi uno sgorbio sputato per strada e capisco dai suoi occhi che la tempesta sta arrivando, sta per gridarmi addosso. Il bello è che questa cosa non ha senso. Apre la bocca per parlare, o meglio urlare, tutto quello che probabilmente si teneva dentro da molto: -Mi dici qual è il tuo problema?! Qua ci stiamo facendo tutti in quattro per salvarti la vita e tu continui a darci contro! Sembra quasi che tu non veda l’ora di morire. Smettila di fare l’egoista! Pensa un po’ anche agli altri, come pensi che potrebbero sentirsi i tuoi genitori dopo che la loro unica figlia è morta? E Sem? la tua migliore amica, vi conoscete da sempre, rovineresti la vita a tutti, per non parlare di tutti i tuoi altri amici! E io? Non ho intenzione di vedere altre persone morire intorno a me, prima mia sorella e adesso non posso sopportare di vedere anche te morta.- il suo torace si alza e si abbassa velocemente, per riprendere fiato, la vena del collo è gonfia e il viso è arrossato. Non l’ho mai visto così, nessuno mi ha mai urlato in questo modo. E dopo tutti i suoi discorsi filosofici io sono solo in grado di dire poche parole – Non so esattamente cosa tu provi per me ma sappi che devi starci attento-. Il ragazzo avvicina di poco il suo viso verso di me e sussurra – Ma io non provo niente-.
 
Questa non era la risposta che mi aspettavo. Si, sono ancora più confusa di prima. Credevo che provasse qualcosa, insomma prima la scommessa e poi insiste con le cure, mi tiene sempre più compagnia e poi tutto il discorso di prima. Una persona che dice che non potrebbe sopportare la tua morte deve provare almeno quolcosina per te no? Forse le mie sono solo scuse, perché infondo speravo di piacergli.
E’ così che mi sento, ferita, umiliata, ma soprattutto
incazzata.
- Io non ci entro la dentro- dico con più forza di prima, anche se la voce mi trema.
- Tu ci entri e basta- mi dice risolutivo. Scende dalla macchina e dopo aver chiuso la sua portiera si dirige alla mia, la spalanca e cerca di slacciarmi la cintura di sicurezza, che io tengo stretta a me con una mano mentre con l’altra lo schiaffeggio sulle braccia.
Ovviamente la mia debole forza non è nulla in confronto ai suoi muscoli, ma riesco a resistere. – Sei pazza! Ma di che hai paura?!- mi sputa a pochi centimetri di distanza dal viso, mentre continua ad assaltare la mia cintura.
A questo punto con un grido di frustrazione mi prende la mano schiaffeggiatrice e poi afferra con qualche difficoltà quella che tiene salda la cintura, le tiene strette in una mano mentre con l’altra mi slaccia la cintura di sicurezza, capendo che non ho possibilità di tenermi la cintura inizio a mordere la sua mano che tiene strette le mie mani.
Il ragazzo tira un urlo più di sorpresa che di dolore e sgrana gli occhi, in compenso però, mi ha lasciato le mani. Sgattaiolo nel sedile affianco al mio e mi schiaccio più che posso contro la portiera opposta ad Alex.
- Io non ho paura! Sono terrorizzata! Non c’è niente di peggio che combattere e vedere i propri tentativi buttati nel cesso, sono stanca! Ho bisogno di una pausa.
Tu non sai cosa mi hanno fatto la dentro! Non mi hanno migliorato la vita, me l’hanno peggiorata! Quando ero malata mi facevano stare ancora più male! Tu non sai cosa significa avere gli incubi ogni notte, non riuscire a mangiare senza vomitare, vivere ogni respiro come se fosse l’ultimo, vivere con solo la morte affianco, non avere nessuno che ti aiuti o che sia abbastanza forte per starti accanto. Io non ce la faccio. Preferisco essere pazza che malata di cancro!- ovviamente è stato impossibile dire solo alcune delle ragioni che mi spingono a non curarmi senza piangere, le lacrime scendono copiose sulle mie guance.
Lacrime di rabbia, frustrazione, delusione, dolore, tanto dolore.
Ma non ho finito.
-E tu, tu di che cosa avevi paura eh?- sto per dire delle cose di cui sono certa che mi pentirò in futuro, ma quando si è arrabbiati non si ragiona. Quindi continuo, nonostante lo sguardo di Alex stia diventando ancora più scuro. Mi schiaccio di più contro la portiera cercando di sfuggire alle sue mani e gli sputo in faccia tutto quello che ho, tutto quello che non gli ho mai detto, tutto quello che ho ignorato e ho cercato di reprimere in un angolo della mente. Per anni.
- Era per paura che mi hai abbandonato? Eh?! Avevi paura che morissi davanti a te? No perché eravamo amici, ma tu mi hai abbandonato senza spiegazioni subito dopo aver scoperto che ero malata. Quindi dimmi, se tu non sei stato abbastanza forte per aiutarmi, perché credi che io sia abbastanza forte per sopportare tutte quelle torture? Perché non mi abbandoni di nuovo? Così almeno mi lasci in pace. Sù, lasciami da sola a vedermela con i miei problemi. Lasciami scoperta. Lasciami indifesa. Vattene. Perché è questa l’unica cosa che sai fare veramente bene.-
 
Non credo di aver mai detto così tante cose cattive ad una persona. Forse ho esagerato, ma erano anni che mi tenevo dentro queste cose e se non le lasci andare, prima o poi finisce che scoppi ed esplodi con il doppio della forza, travolgendo tutto quello che ti sta attorno.
 
Non so con quale coraggio continuo a fissarlo negli occhi, anche se non ci vedo bene per colpa delle lacrime, vedo che si è calato la maschera di marmo sul volto, non lascia trapelare nessun genere di emozione. Questo è molto peggio di un odio dichiarato.
Inizio a piangere ancora più disperatamente, ho lasciato aperta la porta che nascondeva tutti i problemi e adesso loro l’hanno spalancata. Non ce la faccio.
Non ho più la forza per sottrarmi alla presa di Alex, quindi sono una facile preda delle sue mani. Mi prende le gambe e le tira verso di se lasciandomi distesa sotto di lui. I capelli disposti ad aureola, le gambe piegate all’altezza dei suoi fianchi, la schiena scossa dai singhiozzi. Se io non fossi così impegnata a cercare di resistere alle lacrime e alla presa di Alex, probabilmente sarei rossa come un estintore per l’imbarazzo. Spero che non ci siano altre persone che arrivano, perché la nostra posizione è piuttosto ambigua e potrebbe essere scambiata per qualcos’altro.
Ma ciò non dura molto, il ragazzo fa passare le sue mani prima sulla mia pancia, poi sulle spalle, forse cercando di calmarmi, e poi sulla schiena. Dalla mia posizione posso vedere i bicipiti contrarsi nello sforzo di tirarmi su. Mi tiene stretta a se mentre chiude la portiera con un calcio. mi sento molto una bambina che abbraccia il suo papà, oppure un koala spaventato, ho le gambe stretta sui suoi fianchi, le braccia sono allacciate intorno al suo collo e lui mi tiene per le cosce, mentre io li piango sulla spalla.
-Andrà bene- mi sussurra all’orecchio.
In quel momento realizzo che non dovrei stargli in braccio mentre lui mi porta dentro l’ospedale, dovrei ribellarmi. –No!- urlo liberandomi dalla sua stretta, anche se cado per terra non mi importa perché mi rialzo subito e sfreccio via. Ma non sono una campionessa di corsa e sono anche abbastanza sconvolta per capire quello che sto facendo. Sento delle braccia che mi stringono i fianchi da dietro arrestando la mia corsa. Il ragazzo mi carica in spalle come se fossi un sacco di patate e si dirige all’entrata dell’ospedale, a passo più spedito di prima. Mentre gli riempio la schiena di pugni urlo qualche ‘No’ e altri insulti tra un singhiozzo e l’altro, noto che ci sono già dei medici o delle infermiere all’entrata, probabilmente sono stata attirati dalla confusione che abbiamo fatto. Capisco che sto perdendo.
Appena Alex mi scarica davanti ai medici un’infermiera mi prende il braccio e mi fa una puntura, non so cosa mi abbia ignettato ma mi sento le forze mancare.
Sedativo. Sono scesa proprio ad un basso livello.
Percepisco la mia faccia completamente bagnata dalle lacrime. So che quelle lacrime non sono dovute solo all’ospedale e alla malattia, ma anche alle parole che mi sono state rivolte prima: ‘ma io non provo niente’.
l’ultimo singhiozzo dovuto a questo ennesimo fallimeno, prima di sprofondare in un sonno senza sogni.

 
Spazio Autrice:

Ciaoooo <3
lo so, lo so, sono sempre in ritardo. vi chiedo immensamente scusa :(
allora, capitolo un po' disperato, ho cercato di farli litigare un po' perchè la vita rose e fiori 
non mi piaceva tanto. Il punto è che non mi piace come li ho fatti litigare
non sono riuscita a scrivere bene quello che avevo in mente, mi dispiace
comunque la storia è ancora precaria, sempre per il fatto delle recensioni,
io vi ringrazio tantissimo se seguite la mia storia ma essendo, appunto, la mia prima storia ho bisogno di
un'incitamento, di consigli, di tutto quello che volete ma non indifferenza, scusatemi,
non vorrei dare l'impressione della scrittrice che scrive solo per le recensioni, ma la situazione è questa.
Altra notizia: stavo pensando di scrivere anche un altra storia sul genere romantico e anche fantasy
posterò il primo capitolo tra breve e spero che abbia più successo di questo

Grazie comunque <3 
Ciaaao :)

isa <3

 
  
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