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Autore: Himeko _    27/05/2014    4 recensioni
Quando un cuore viene ferito ci mette molto per risanare la ferita. Esso crea attorno a sé delle barriere per impedire che venga nuovamente fatto a pezzi.
Ma cosa succederebbe, se lì fuori, con più di sette miliardi di persone nel Mondo, trovasse proprio la sua metà?
Sarebbe capace di abbassare le barriere, per battere all’unisono insieme alla sua metà?
[Estratto]
«Avrò del tempo per me, con te?».
Shade non rispose, limitandosi ad osservarla.
Rein era bella, bellissima, anche con i capelli spettinati raccolti in un'altrettanto disordinata treccia, il suo maglione addosso e quelle ridicole pantofole a forma di panda ai piedi.
Mi ami?, sembravano domandare gli occhi verde-acqua, vigili, nonostante la notte in bianco.
Non puoi immaginare quanto, rispose, cingendole delicatamente la vita, facendo scontrare lievemente le loro fronti per poter catturare ogni singola sfumatura del suo sguardo.
«Avrai tutto il tempo del mondo, con me».
// SOSPESA per mancanza d'ispirazione.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Rein, Shade
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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The reasons of the heart


• Capitolo due •

Secret relationship.

 
Sono in ritardo.
Questa era l’unica frase che rimbombava come un’eco nella mente di Rein, mentre correva a velocità sostenuta per le trafficate vie della città.
Come al solito aveva perso parecchio tempo davanti allo specchio a provare, abbinare e togliere i vari capi d’abbigliamento presenti nel suo guardaroba.
Poi, inconsciamente, aveva spostato lo sguardo sull’orologio a forma di sole, appeso al candido muro, e il respiro le si era bloccato nei polmoni.
Le due e quarantacinque.
Quindici minuti.
Solo quindici minuti.
Aveva solo quindici minuti.
Per prepararsi.
Adeguatamente.
Nessun problema, aveva pensato guardandosi allo specchio per deformare, subito dopo, il viso in una smorfia di disapprovazione.
A cosa stava pensando quando aveva indossato quel vestitino estivo color rosa pallido? Ma soprattutto, perché ne possedeva uno di quell’orribile colore?
Più che a una ventenne, somigliava ad una bambina dell’asilo con il grembiule rosa o ad una di quelle ragazze terribilmente fissate con l’aspetto da Barbie: capelli lunghi, incredibilmente lisci, tinti di biondo, magari volumizzati con delle extension ed abiti rigorosamente rosa, o di tutte le sue tonalità esistenti sulla faccia della Terra.
Velocemente si era tolta l’abito, gettandolo da qualche parte nella stanza, poi, rimanendo in intimo, aveva studiato minuziosamente l’immagine rimandata dalla specchiera; tutto nel giro di qualche minuto.
Infine, con decisione si era avvicinata all’armadio, mezzo vuoto, e da un cassetto aveva tirato fuori dei jeans chiari ed una maglietta a righe orizzontali, bianche e verde pino, con le maniche a tre quarti e lo scollo a barca.
Dato che i suoi capelli erano insolitamente lisci, aveva deciso di legarseli in una comoda coda alta, lasciando però la frangetta, leggermente sbarazzina e più lunga del solito – forse era il caso di andare a tagliarsi i capelli, aveva pensato la ragazza mentre se la sistemava con le dita –, e due ciuffi liberi affinché le valorizzassero il viso ed il pallido collo.
Si era messa un velo di mascara, aveva allacciato l’orologio di pelle dal cinturino sottile al polso sinistro, aveva preso al volo la piccola borsa a tracolla color marrone, preparata in precedenza, ed era corsa di sotto, dove la madre le aveva lanciato un’occhiataccia intimandole di non correre come un bisonte in casa.
«Esco» aveva semplicemente detto Rein, correndo fino all’ingresso, facendo infuriare Elsa, dove aveva indossato delle ballerine color verde pino leggermente consumate ed era subito corsa fuori, sotto i raggi del sole che le irradiavano il volto, senza ascoltare le raccomandazioni che la madre si ostinava ad urlarle dal salotto.
Ed ora, correva come non aveva mai fatto per riuscire a raggiungere il luogo dell’appuntamento, senza pronunciare ulteriormente il suo ritardo.
Infatti, da casa sua fino al parco, camminando si impiegavano circa venti minuti, e di corsa sicuramente ci si metteva la metà del tempo, ma lei sarebbe arrivata in ritardo lo stesso dato che quando era uscita di casa erano le due e cinquantatré.
Quando vide il parco in lontananza, impose alle sue gambe di fare un ultimo sforzo.
Con uno sprint da vero corridore, o maratoneta pensionato nel suo caso, attraversò l’ingresso costituito da un ampio spazzo di terreno – adibito in parte a parcheggio per una ventina di macchine, mentre all’opposto era occupato da alcuni tavoli di un bar, lasciando nel mezzo un sentiero abbastanza largo per entrare nel verde – e, con sicurezza, si diresse verso la fontana, che si trovava nel centro esatto del posto, come aveva potuto constatare durante una delle sue tante passeggiate solitarie.
Una volta giunta a destinazione, si fermò appoggiando le mani sulle ginocchia leggermente piegate; il cuore pompava sangue a grande velocità in tutto il corpo, il naso e la bocca erano impegnati a fare entrare nell’organismo la maggiore quantità di aria possibile, in modo da poter usare l’ossigeno inducendo i polmoni a farlo entrare in circolo.
Dopo che il respiro si fu leggermente regolarizzato, la ragazza alzò la testa e appurò di essere arrivata prima dell’uomo.
Con un sospiro si sedette sul bordo di granito della fontana e, ruotando il busto di qualche grado, immerse una mano nell’acqua tiepida lasciando che venisse cullata dalle piccole onde, causate dallo sgorgare dell’acqua.
Una famigliare chioma argentea catturò la sua attenzione e le labbra, dischiuse alla ricerca di ossigeno, si stirarono in un ampio sorriso.
Il cuore si stinse in una piacevole morsa, ed invece di aumentare il ritmo, lo rallentò ulteriormente facendo tornare i battiti, ancora un po’ accelerati a causa della corsa, al loro ritmo abituale.
La cosa non la sorprese minimamente.
In qualche modo, anche solo vederlo camminare verso di lei, o sorriderle, o parlarle, la tranquillizzava ed un’ondata di serenità la invadeva.
Era sempre stato così.
Fin dalla prima volta che lo aveva visto nei corridoi dell’Università.
Come una qualsiasi matricola, forse nel suo caso più imbranata delle altre, si era persa nell’enorme edificio e se non fosse stato per lui, che era giunto in suo soccorso salvandola da un possibile linciaggio da parte del professore di corso e da una più che probabile figuraccia, si sarebbe fatta prendere dal panico e non si sarebbe presentata a lezione, dando così una pessima mostra di se stessa.
In quel momento si era sentita un po’ come una principessa in pericolo che veniva tratta in salvo da un prode cavaliere senza macchia. Paragone abbastanza strano dato che aveva smesso di credere nelle favole da parecchio tempo.
La prima cosa che aveva notato era stato il suo abbigliamento; totalmente diverso da quello degli altri studenti universitari. La camicia bianca, con il colletto sbottonato, era graziosamente infilata nei pantaloni grigi, tenuti con una cintura marrone, il che oltre a renderlo bellissimo, gli donava anche un’aria piacevolmente misteriosa.
Si era inevitabilmente sentita attratta da lui ed allo stesso tempo aveva notato quanto fosse diverso da Fango.
A cominciare dall’età, come aveva appreso nei giorni a seguire.
Fango era alto, muscoloso, aveva la pelle abbronzata, i capelli scuri e gli occhi di un singolare color viola scuro, che si confondeva facilmente con un marrone scurissimo. Per non parlare del loro taglio, che conferiva al volto un’espressione tenebrosa, che più volte le aveva fatto tremare le gambe.
Lui superava il primo di qualche centimetro, aveva un fisico asciutto, la pelle chiara, i capelli argentei e gli occhi chiari.
Azzurro ghiaccio, per la precisione.
A colpirla non era stato il loro particolare colore, bensì la malinconia e la tristezza che si potevano leggere osservandoli con attenzione.
Ed in lei era nata la voglia di eliminare quel velo d’infelicità dai suoi occhi.
Inizialmente, aveva pensato di esserne attratta solo fisicamente, poi lo aveva visto sorridere ed il suo cuore aveva mancato un battito, dopo tanto tempo.
Era letteralmente avvampata come una ragazza alla sua prima cotta ed aveva abbassato immediatamente il capo per celarlo agli occhi altrui, soprattutto quelli attenti di Lione.
A lezione passava le ore a fissarlo, senza ascoltare una sola parola.
Osservava quelle labbra muoversi e lei si domandava come sarebbe stato sentirle posare sulle sue labbra, sulle sue guance, sulla sua fronte, sul suo naso, sul suo collo… o semplicemente vederle schiudersi in un sorriso solo per lei.
Poi era successo, senza sapere come, erano usciti insieme.
Certo, la loro non poteva definirsi un’uscita organizzata, anzi…
Semplicemente era successo.
Si erano ritrovati nel medesimo reparto di una piccola libreria in centro ed avevano adocchiato lo stesso volume di un autore emergente, l’ultimo rimasto sullo scaffale; entrambi avevano proteso le mani per prenderlo e, come avrebbe potuto facilmente prevedere anche una falsa chiromante, si erano scontrate.
Rein si era voltata con l’intenzione di dirgliene quattro, d’altronde il libro l’aveva visto prima lei!, ma appena aveva compreso chi aveva davanti, le parole erano rimaste bloccate sulla punta della lingua, incapaci di fuoriuscire.
Alla fine, mentre continuavano a fissarsi dimenticandosi del resto, una quattordicenne aveva preso il libro e loro, dopo avere sgranato gli occhi, erano scoppiati a ridere, decidendo di comune accordo di andare a bere qualcosa nel bar accanto.
Si erano trovati così bene, che avevano cominciato ad uscire con maggiore assiduità, talvolta a pranzare insieme in qualche locale nelle vicinanze dell’Università, fino a quando non erano effettivamente diventati una coppia, sebbene ci fossero parecchie ragioni che andavano contro quel rapporto.
Prima fra tutte la differenza d’età: nove anni non erano pochi.
Se il padre avesse scoperto che frequentava un suo professore, per quanto giovane potesse sembrare, l’avrebbe sicuramente messa sotto chiave, gettando quest’ultima nelle profondità dell’oceano o nel cuore di una foresta pluviale.
Nemmeno le sue due migliori amiche erano a conoscenza di quella relazione, anzi la credevano immune al fascino maschile e tentavano di presentarle alcuni loro amici, sperando che qualcuno facesse breccia nel suo cuore.
Non era stato per cattiveria o per sfiducia nei loro confronti, solo… temeva le loro reazioni.
Sebbene entrambe non avrebbero visto il rapporto di buon occhio, Mirlo l’avrebbe sostenuta, mentre Lione…
Non sapeva cosa aspettarsi da quest’ultima.
Nonostante la conoscesse da più di diciotto anni, le sue reazioni erano sempre state imprevedibili e, questa volta, temeva di perdere la sua amicizia.
«È tanto che aspetti?» le domandò la sua voce, distogliendola dai suoi pensieri.
«No, sono appena arrivata» rispose Rein, afferrando la mano che le veniva tesa. «Dove andiamo?» domandò strofinando la mano bagnata sui jeans.
«Ti ricordi quel film di cui mi hai tanto parlato? Ebbene, ho i biglietti» disse l’uomo esibendoli.
Il sorriso si allargò, facendo comparire delle lievi e deliziose fossette sulle guance della ragazza, che con slancio si aggrappò al braccio del fidanzato. «Toma, ti adoro!»



Lione tamburellava nervosamente le dita, dalle corte unghie laccate di nero, sulla superficie piana e liscia del tavolo, tenendo lo sguardo fisso fuori dall’enorme vetrata – che fungeva da muro esterno della caffetteria –, sperando di intravedere una famigliare chioma turchese.
Quando la mattina aveva domandato a Rein se nel pomeriggio fosse impegnata, ella le aveva risposto, piuttosto vagamente, che doveva uscire, e questo l’aveva fatta insospettire.
Come lo strano comportamento degli ultimi tempi.
Non ne era ancora sicura, ma sentiva che la ragazza le stava nascondendo qualcosa.
Qualcosa di grosso.
Se fosse stata una cosa da niente, ne avrebbe sicuramente parlato sia con lei che con Mirlo.
Non poteva trattarsi degli esiti degli esami, dato che tutte e tre avevano conseguito dei punteggi più che soddisfacenti.
E non poteva trattarsi di Fango, dato che aveva loro riferito come l’avesse prima volontariamente provocato, e poi scaricato in mezzo alla pista da ballo, giusto per prendersi una piccola, e meritata, vendetta.
Non poteva nemmeno trattarsi di Bright, perché l’infatuazione nei suoi confronti era durata per un periodo relativamente breve, affinché Rein risentisse del sentimento al matrimonio della sorella.
Inoltre, che lei sapesse, l’amica non aveva litigato né con il padre, distinto avvocato, né con la madre, casalinga a tempo pieno.
E proprio da quest’ultima aveva saputo che Rein usciva spesso, quasi tutti i giorni, ma Elsa non aveva saputo dire con chi, anche perché pensava uscisse con loro.
Ma loro non vedevano Rein da una settimana e tre giorni, quindi doveva esserci qualcosa sotto.
Che la blu si fosse trovata un ragazzo e non le avesse informate? Si domandò Lione, salutando con un cenno del capo Mirlo, che aveva appena preso posto dinanzi a lei.
«Pensi a Rein?»
«Mh», mugolò l’arancione, «stavo pensando… se Rein non esce con noi, con chi sta uscendo così frequentemente?».
«Pensi che abbia un ragazzo?» chiese conferma Mirlo, distogliendo lo sguardo dal menù scritto su un elegante cartoncino color cioccolato fondente.
«Non ne sono sicura…» cominciò Lione, fermandosi per ordinare due frappè, uno al cioccolato ed uno alle fragole. «Insomma, ce lo avrebbe detto, no? A meno che non si tratti di qualcuno che non approveremmo» continuò, non appena il cameriere si fu allontanato.
«Quindi non è nessuno che conosciamo» osservò Mirlo, sospirando.
Quando Lione l’aveva chiamata dicendole che Rein non poteva venire, aveva cominciato a dare adito ai suoi dubbi e, fin da subito, aveva capito che quel pomeriggio l’argomento principale sarebbe stato lo strano comportamento dell’amica.
D’altronde, chi non si sarebbe preoccupato, vedendo la propria migliore amica così sfuggente e più silenziosa del solito?
«Forse lo conosciamo, ma non lo abbiamo preso in considerazione».
A questa affermazione di Lione, seguì un silenzio carico di pensieri, interrotto solamente dal cameriere, che porse loro le bevande ordinate, regalando ad entrambe un meraviglioso sorriso.
Poi, come spinte da una forza a loro sconosciuta, voltarono lo sguardo verso la vetrata, che dava sulla strada principale della città, e videro colei che era stata al centro dei loro pensieri.
La loro migliore amica stava passeggiando a braccetto con un ragazzo dall’aspetto terribilmente famigliare.
Lione era sicura di avere visto spesso quella chioma argentea, ma non riusciva a ricordare dove, mentre Mirlo cercava di ricollegare quel profilo con qualcuno che aveva visto di sfuggita all’Università.
Quando il ragazzo si voltò, permettendo loro di vederlo meglio in volto, entrambe vennero folgorate da una scarica elettrica.
Il professor Toma.
Rein usciva con il professore di un suo corso.
Un corso in comune con Lione, e lei non si era accorta di nulla.
Le due ragazze si guardarono negli occhi, incontrandovi lo stesso travaglio interiore, e senza dire niente, finirono la loro bevanda nel silenzio più totale, con un’unica certezza: Rein avrebbe dovuto dare loro molte spiegazioni.





 

Note dell’Autrice: 
Buonasera!
Eccomi qui a proporvi il secondo capitolo, che avrei dovuto pubblicare la scorsa settimana insieme agli altri due aggiornamenti, ma che a causa dei miei impegni non ero riuscita a concludere.
L’ho concluso giusto qualche minuto fa, l’ho riguardato, ho corretto gli errori, ma non sono soddisfatta del risultato. La prima parte, la più facile da scrivere, a mio parere, mi soddisfa abbastanza, invece la seconda parte non mi convince affatto, non so … ho come la sensazione che paia troppo noiosa e che vi siano troppe informazioni tutte insieme, che potrebbero confondere voi lettori.
A proposito di confondere: chi aveva indovinato l’identità del ragazzo di Rein? Voglio la verità!
Chi pensavate fosse? Su, su, fatemi sapere, sono curiosa! ;)
Immagino che nessuno si aspettasse di trovare Toma, forse ho illuso qualcuna di voi, facendo credere che fosse Shade, ma lui … be’, non è ancora entrato in scena e non lo farà nemmeno nel prossimo capitolo, penso. Ma potrei cambiare idea, dipende tutto da come esce fuori il capitolo.
Spero di essere riuscita a dare un ritmo cadenzato in alcuni punti e più lento in altri, nonostante questo sia un capitolo più che altro descrittivo, con qualche sporadico dialogo infilato qua e là.
Inoltre vi chiedo perdono, ma a causa dei miei impegni universitari, la sessione d’esami che si aprirà a breve, il tirocinio che impegnerà gran parte dell’estate, be’, non mi rimarrà molto tempo per scrivere, quindi gli aggiornamenti andranno molto a rilento. Se penso che forse avrò solo due settimane di relax totale, mi viene nostalgia delle superiori, anche se finivo col fare tutti i compiti nelle ultime settimane di vacanza :)
Ah, dimenticavo! Finalmente il sole splende anche qui e sono riuscita a scrivere un capitolo con i raggi del sole a riscaldarmi e l’azzurro del cielo a sorridermi, invece del solito cielo cupo. Non che sia una grande notizia, ma, ecco, vi informo del mio brillante stato d’animo xP
Penso di avervi detto tutto …
Ringrazio chi legge soltanto, chi ha inserito le storie tra preferite/ricordate/seguite e chi ha commentato facendomi sapere cosa ne pensava ♥
Alla prossima!
Himeko
  
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