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Autore: Ioamolamiacalcolatrice    27/05/2014    0 recensioni
"Ma poi, più passava il tempo, più i miei compagni e il loro singolare comportamento entravano a far parte di me, mi si incastravano nella pelle e poi nelle vene, finendo poi per circolare in tutto il mio corpo con il sangue e, insieme a questo, a tenermi in vita."
Un racconto incentrato sul rapporto della protagonista con i suoi compagni, persone veramente speciali. Mi farebbe molto piacere se lasciaste una recensione!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oggi, 27 maggio, mancano esattamente undici giorni alla fine della scuola. L’atmosfera che si percepisce nell’aria ricorda molto quella che si crea prima dell’inizio dei mondiali di calcio: euforia, unione e, se vogliamo, anche un pizzico di ossessione, di quella che si presenta quando si attende qualcosa di bello, per il quale non si vorrebbe dover aspettare.
Per me questo è stato il primo anno da liceale. No, non è vero. E’ stato molto più di questo, altrimenti non credo che mi verrebbe da piangere ogni volta che penso alla fine. Credo veramente che passerà alla storia come uno degli anni più intensi di tutta la mia vita.
Le prime volte non sono mai facili e la regola non cambia quando si parla di scuola. D’altronde, non si può pretendere di sistemare in una stessa classe persone che hanno storie personali diverse e distinte senza che esse facciano fatica a trovare un punto di incontro. Dev’essere per questo che il primo giorno di scuola viene sempre vissuto con ansia da chiunque. Lo stesso è stato per me: cuore che batte forte, mani che sudano e tremano, denti che battono così velocemente da non riuscire a essere fermati. Quello che è venuto dopo è stato anche peggio. Mi rendevo conto di trovarmi in una classe fantastica, circondata da persone straordinarie sotto ogni punto di vista, eppure non riuscivo ad ambientarmi. Proprio non ce la facevo, e allora davo la colpa alle lezioni stressanti e all’eccesiva mole di lavoro che gravava sulle nostre spalle. Ripensandoci, credo di capire perchè mi sentissi così: certo il lavoro da fare era sicuramente tanto e io dovevo ancora abituarmi, ma il vero problema era un altro. Il problema era che io persone così non le avevo mai viste. Non si prendevano in giro tra loro, non cercavano di apparire quello che non erano, non si atteggiavano come se fossero al centro del mondo. Erano persone vere, autentiche, e come tali si comportavano. Si interessavano alla scuola e al mondo e alcuni di loro arrivavano addirittura a discutere di politica. Non si comportavano come se le loro azioni non avessero un effetto sulle persone. Avevano valori, pensieri e sogni molto simili ai miei. Consideravano importante quello che era importante anche per me. Ma la cosa più straordinaria di tutte era che non criticavano i pensieri degli altri membri della classe, ma anzi li accoglievano e li accettavano. Quella era la prima volta in tutta la mia vita che mi venivo a trovare nello stesso ambiente con persone che non erano solo simili a me, ma che sapevo mi avrebbero accettata anche se io non fossi stata simile a loro. E tutta questa meraviglia mi distruggeva, perchè non pensavo di esserne all’altezza. Ma poi, più passava il tempo, più i miei compagni e il loro singolare comportamento entravano a far parte di me, mi si incastravano nella pelle e poi nelle vene, finendo poi per circolare in tutto il mio corpo con il sangue e, insieme a questo, a tenermi in vita. In quella classe io mi sentivo a casa e loro erano la mia famiglia e, come in ogni famiglia che si rispetti, non mi ero mai sentita sola.
   
 
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