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Autore: faith84    28/05/2014    10 recensioni
(ATTENZIONE: Prequel di Just a cup of coffee)
Nei momenti cruciali, nelle piccole decisioni o semplicemente quando si incappa in una giornata decisamente storta un amico può fare la differenza. Poco importa se non lo conosciamo da molto. Certe persone hanno il dono di farci sentire meglio.
Che ci facciano ridere, o sfogare mentre urliamo, che ci ascoltino in silenzio o addirittura piangano con noi e per noi, possono arrivare a farci provare una sorta di liberazione dal fardello che ci portiamo addosso. In questa shottina ho voluto parlare di amicizia, un sentimento al pari dell'amore, in grado di far accadere miracoli. Buona lettura.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Good riddance.

 

 

 

 

La prima volta che lo vidi, ebbi subito l'impressione di uno abituato ad avere il mondo ai suoi piedi... un mondo tutto femminile.

Aveva praticamente ogni cosa che una donna potesse trovare interessante e sexy in un uomo: un aspetto esotico, due occhi da capogiro, una voce terribilmente calda e un fisico da far impallidire un dio greco e forse una storia da raccontare.

Bello come il peccato che non si aveva il coraggio di commettere, avrebbe detto mia nonna.

Già... e a proposito di peccato... “Peccato” che io non fossi minimamente interessata, dato che, da quando avevo memoria, mi erano sempre piaciute solo le ragazze.

 

 

 

Entrò in un uggioso pomeriggio d'autunno nel chiosco dove lavoravo per pagarmi gli studi alla facoltà di Lingue. Rispetto ai locali del centro, quel piccolo bar immerso nella tranquillità del Parco del Valentino, era un angolo di paradiso.

Il bellissimo ragazzo straniero mi fissò subito ammirato. Sapevo di fare un certo effetto sugli uomini, ma non me ne fregava nulla, tolto il vantaggio che talvolta, con la speranza di estorcermi il numero, mi lasciavano una mancia sostanziosa. Idioti!

Mi chiese il menù in un inglese pressoché perfetto e lo studiò da cima a fondo.

Quando vidi che era pronto per l'ordinazione, mi avvicinai sfoderando il mio più bel sorriso di cortesia, quello riservato ai clienti che reputavo generosi con la mancia.

“Potresti portarmi un caffè per favore?” disse semplicemente.

Almeno era educato.

“Ci vorrà un po' signore. Purtroppo la macchina del caffè è rotta e devo farglielo con la moka. Le assicuro però che il risultato è molto migliore rispetto al caffè fatto con queste diavolerie tecnologiche.” continuai a sorridere, invitante ma sempre professionale.

“Moka? Intendi quell'aggeggio di metallo che si mette sul fornello?” chiese lui incuriosito.

“Esatto, signore. È la prima volta che viene in Italia?” strano da parte mia prestare così tanta attenzione ad un cliente maschio.

“E' la mia prima visita a Torino e sarà la prima volta che mi fermo così a lungo nel vostro Stato. Vada per il caffè con la moka... e ti sembro davvero così vecchio da chiamarmi signore? In fondo probabilmente ho solo qualche anno più di te...” mi strizzò l'occhio blu, tra il galante e lo scherzoso.

Per la prima volta le attenzioni di un uomo non mi infastidirono al punto di farmi desiderare di ribaltargli qualcosa di bollente in testa.

Aveva quel fare un po' sbruffone è vero, ma era come se fosse tutto uno scherzo, come se ci provasse ma... senza provarci realmente. Anche perché era il tipo di uomo che non aveva bisogno di correre dietro alle ragazze. Dava più l'idea di qualcuno che preferisse sfuggire a qualsiasi tipo di impegno sentimentale.

Inoltre se avesse passato il segno gli avrei detto che con me non c'era gioco.

Quindi un po' di chiacchiere innocenti con uno sconosciuto che male potevano fare, dato che a quell'ora e con quel tempo infausto il bar era vuoto.

Fu per questo che sorrisi ancora e dandogli più corda di quanto mi aspettassi io stessa, segnai l'ordinazione e mentre sparivo in cucina dissi “Ok, ragazzo dagli occhi blu. Tra cinque minuti il tuo caffè sarà pronto... e a proposito... Io sono Chiara!”

 

Non fu quello il giorno in cui scoprii il suo nome. Mi disse solo che era giapponese e che si era preso una lunga vacanza in vista delle Olimpiadi Invernali.

 

 

 

Iniziò a venire tutti i pomeriggi, negli orari meno frequentati e ordinava sempre lo stesso: caffè fatto con la moka.

Anche se la macchina era stata aggiustata, lui aveva preferito da quella volta in poi, godersi quella scoperta tutta italiana.

Gli piaceva nero, forte e bollente. Diceva che era una bevanda “con del carattere”.

Scambiavamo giusto quattro chiacchiere: non che gli stessi facendo intendere chissà cosa ovviamente. Però era piacevole parlare con lui. Scoprì così che era di Tokyo, ma che non ci tornava troppo spesso. Viaggiava in continuazione e quando gli chiesi che lavoro facesse, fece un sorriso arrogante, ma non mi rispose e disse semplicemente “Segreto!”

Solitamente si presentava al bar con il cappuccio alzato, ma spiccava troppo. E tutte le donne presenti iniziavano a fare la ruota come i pavoni in sua presenza.

Uno spettacolo rivoltate e al tempo stesso esilarante, a cui lui prestava attenzione più per cortesia che per reale interesse.

Quelle stesse donne e ragazze mi rivolgevano sguardi pervasi di malcelata invidia, non appena si accorgevano che il meraviglioso sconosciuto rideva e scherzava con me.

Era paradossale! Non immaginavano che avrei preferito, se fossi stata single, uscire con qualcuna di loro, piuttosto che farmi corteggiare da quel bel ragazzo!

Ridicolo e paradossale per la precisione.

 

 

 

Un pomeriggio, prima della chiusura, ero davvero a pezzi e quasi senza pensarci mi abbandonai sulla sedia proprio davanti a lui.

Mi fissò intensamente con quei suoi occhi di tempesta. Ci siamo... pensai. Il balletto era finito.

Prima che facesse qualsiasi cosa iniziai a parlare con la massima calma.

“Guarda amico, buono sei buono. Però ecco... non sei proprio il mio tipo!”

“Non ti piacciono gli stranieri?” chiese lui, più incuriosito che risentito. Anzi sembrava... sollevato!

“No. Non mi piacciono gli uomini, in quanto creature dotate di pene! Capito l'antifona?” sottolineai. Era abbastanza intelligente da avere afferrato.

Non disse nulla e continuò a fissarmi.

Poi spezzò quel silenzio “Una decina di anni fa allora sarei decisamente stato nelle tue grazie!” concluse portandosi la tazzina alle labbra e sorridendo con fare enigmatico.

Io decisamente rimasi basita da questa affermazione... che fosse una donna diventata uomo? Non sembrava...era altissimo, con una robusta struttura ossea e decisamente non vi era proprio nulla che potesse far pensare ad una simile eventualità.

“Sai, conoscevo una ragazza un tempo che diceva di odiare gli uomini...” riprese lui.

Quel pensiero sembrò scuoterlo molto profondamente.

Iniziavo a capire il perché di alcune cose. Ad esempio quel suo sguardo che vagava distrattamente da una ragazza all'altra, mentre quelle si sarebbero date fuoco per un secondo della sua attenzione, anche solo per farsi spegnere con un estintore.

Quel suo sguardo alla perenne ricerca di qualcosa... o meglio... di qualcuno.

 

 

Esaurita quella che sembrava una pura formalità (ovvero appurare che un interesse fisico era fuori questione) iniziammo a diventare veramente amici.

Fu allora che scoprii il suo nome e la cosa mi lasciò a bocca aperta perché lo avevo visto centinaia di volte, in TV, sulle riviste della mia ragazza Lia... una specie di leggenda vivente.

Sì, perché quella faccia da schiaffi di colui che stava diventando mio grande amico, era quella del mito indiscusso delle arti marziali, Ranma Saotome, idolo delle folle e sogno segreto di molte donne...almeno di quelle che non si era già fatto... il bello dell'amicizia con una ragazza gay, mi diceva, era che poteva scendere nei particolari senza vergogna, contando contemporaneamente su di una sensibilità e una discrezione che un amico maschio non avrebbe sicuramente avuto, oltre alla consapevolezza che non avrebbe mai fatto pazzie per infilarsi a letto con lui, ovviamente.

Sembrava un controsenso, dato che aveva fatto una sorta di danza del corteggiamento anche con me, ma questo ragionamento che mi aveva confidato, mi fece pensare che il suo atteggiamento verso le donne fosse dovuto al fatto che, in fondo loro si aspettavano questo da lui; e lui vi si prestava, come se da qualche parte ci fosse un copione.

Mano a mano che mi lasciava insinuare nel suo mondo, maturai la convinzione che ciò di cui aveva veramente bisogno l'idolo delle folle fosse solo qualcuno con cui parlare schiettamente, senza che la persona in questione si aspettasse nessun coinvolgimento sentimentale da lui. E aveva trovato una cameriera da bar, aspirante traduttrice, con lo spirito da crocerossina, gay e fidanzata.

 

 

In circa un mesetto avevamo raggiunto un certo livello di confidenza e io mi sentii pronta per fargli una “fatidica” domanda che mi vorticava in testa dal momento in cui aveva detto l'altrettanto fatidica frase sulla misteriosa ragazza che odiava gli uomini.

Stavo pulendo i bicchieri appena lavati con un panno pulito e buttai lì quasi con noncuranza

“E la ragazza che odiava gli uomini? Che fine ha fatto?”

I suoi occhi passarono una gamma di sfumature così rapidamente e diverse che per un attimo avevo temuto di aver osato troppo.

Ranma aveva appoggiato la tazza e chiuso gli occhi con un mezzo sorriso amaro sulle labbra.

In sottofondo sentivo solo il ronzio del frigo, il ticchettio dell'orologio da parete e Samuele Bersani che si sgolava alla radio cantando Lo spaccacuore... Io non sapevo dirti che solo a pensarti mi dai i brividi... anche a uno stronzo come me... come me...

Non seppi bene il perché, ma trattenni il respiro fino a quando Bersani fu sostituito da Venditti che rimpiangeva un grande amore perduto... ma che era? Il pomeriggio dei cuori infranti e delle canzoni da flebo? Deglutii e sentii una stretta al petto.

Lo guardai di nuovo. Sembrava immobile, lontano mille chilometri, immerso in chissà quali pensieri. Credevo che da un momento all'altro si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato senza salutare, oppure mi avrebbe come minimo detto di farmi i fatti miei.

E invece non accadde nulla di tutto questo.

“Di cosa parla questa canzone?” mi chiese con la solita voce.

Balbettando gli sciorinai il contenuto della canzone di Venditti e senza sapere perché già che c'ero, pure di quella di Bersani.

“L'Universo ha uno strano senso dell'umorismo, a quanto pare!”

Ora il tono era evidentemente triste, mentre Venditti si chiedeva in quale parte del mondo fosse la donna che amava.

Smisi di fare ciò che stavo facendo e mi sedetti di fronte a lui.

Mi immersi nei suoi occhi. E lui parlò.

E io persi la concezione del tempo.

 

 

“Sai Ranma ora credo di aver capito...” lo avevo ascoltato senza fiatare, mentre mi parlava di psicopatiche cinesi, di uno che voleva fargli la pelle e che pur perdendosi in continuazione, lo trovava sempre per urlargli “Preparati a morire, maledetto!” e che doveva essere il suo migliore amico, di una stramba famiglia, di mille avventure, di altri personaggi bizzarri... ma la cosa che sovrastava tutto il resto era una misteriosa ragazza violenta, poco femminile, un maschiaccio mancato... la ragazza con il sorriso più bello del mondo, con profondi occhi color cioccolato. L'unica ragazza al mondo, dedussi io.

“Cosa hai capito, Chiara?” fece lui. Sembrava sfinito da quel racconto.

“Cosa c'è in fondo ai tuoi occhi, cosa cerca sempre il tuo sguardo... i tuoi occhi sono pieni... di... lei... ovunque tu vada...”

Riprese la sua tazza vuota, ci giocherellò facendo qualche spettacolare evoluzione di destrezza e di nuovo rimase in silenzio.

“Sai qual è la cosa più incredibile?”

Io scossi la testa e rimasi in attesa. Avevo un grosso nodo alla gola.

“Non ha mai capito quello che provavo per lei, quella stupida...” fece un'altra pausa.

“E io non gliel'ho mai detto in maniera esplicita... Mai...” finì quel pensiero con una nota nostalgica e piena di rimpianto che percepii i miei occhi riempirsi di lacrime; una di esse scese solitaria sulla mia guancia, prima che io la detergessi con la mano.

“Ranma... Sei davvero un idiota....!” gli dissi in un sospiro che assomigliava vagamente ad un singhiozzo.

Non chiesi perché non tornasse da lei. Temevo che quel meraviglioso spaccone si sarebbe spezzato sotto i miei occhi se gli avessi fatto quella domanda.

Ora sapevo cosa c'era dietro il sorriso triste e gli occhi di tempesta del mio nuovo amico: una donna meravigliosa che sarebbe stata sempre al centro del suo cuore e dei suoi pensieri, un amore così grande da schiacciare con il suo fantasma qualsiasi altra relazione. Un amore che lui rimpiangeva fino nell'ultima fibra del suo essere.

In quel momento capii che Ranma Saotome non avrebbe mai più amato nessun'altra.

Le lacrime erano diventate un fiume in piena sul mio viso, mentre continuavo a guardare quel volto così bello e pensai in quell'istante, così fragile.

“ Ehi, ehi...Che ti prende?” mi chiese come se fosse lui a consolare me.

Mi schiarii la voce “E' solo che ho come avuto l'impressione che stessi per piangere... e orgoglioso come sei non lo avresti mai fatto... quindi sto piangendo per te.”

E lo abbracciai perché nessuno più di lui in quel momento, aveva bisogno di un'amica. Sapevo che per un giapponese potesse essere un gesto fin troppo intimo e addirittura sfacciato, ma lui accolse l'abbraccio con gratitudine, mascherata da rassegnazione, quasi stesse sopportando lo sfogo di una ragazzina isterica.

“Pensavo studiassi lingue, non psicologia!” abbozzò una battuta.

Ma non mi ingannava.

Fu in quell'abbraccio che lo compresi.

Fu in quell'abbraccio che conobbi davvero Ranma Saotome... Lui e tutto il dolore e la solitudine che si portava dentro. Un dolore chiamato Akane Tendo.

 

 

 

Note di Faith

 

Ciao a tutti, branco di folli!

 

È un periodo che forse sono un peletto nostalgica e mi è venuta in mente questa shottina ispirata a Just a cup of coffee (ma che montata sono? Addirittura mi autocito!)

Siccome era piaciuto davvero tanto il personaggio di Chiara, ho voluto rievocare il suo incontro con Ranma e la nascita della loro amicizia.

Il titolo è quello di una canzone dei Green Day abbastanza vecchia conosciuta anche come Time of your life. Good riddance è una sorta di esclamazione (Elle o Violet correggetemi se erro!) che significa Che liberazione!

E in effetti è questa l'idea...

Il tema della liberazione che si prova quando troviamo qualcuno a cui affidare i nostri pensieri più profondi, i nostri ricordi, il nostro dolore è il punto focale della narrazione.

Ranma non piange... il suo è un dolore tutto interiore, straziante, per cui esiste un'unica cura (che poi arriva in Just a cup of coffee).... eppure trova una sorta di piccola catarsi nel momento in cui Chiara ascolta la sua storia e piange per lui.

E tutto in maniera disinteressata, solo per amicizia.

Ho volutamente evitato di inserire il testo della canzone. Andrebbe solo ascoltata perché è un pezzo meraviglioso...

Le altre canzoni presenti le conoscete... ho anche riportato il momento in cui Ranma chiede chiarimenti sulla testo di Venditti (qui è un evidente espediente il suo, per cambiare discorso, ma poi stupendosi del significato delle due canzoni ha la spinta per raccontare tutto a Chiara... ah è ovvio che qui non ha ancora imparato l'italiano).

So che forse qualcuno di voi penserà che sia strano che Ranma decida di raccontare tutta la storia a una quasi perfetta estranea... però pensateci bene... vi è mai capitato di incontrare qualcuno che vi mettesse così a vostro agio a tal punto che, dopo poco, sentivate di poter raccontare qualsiasi cosa?

Forse Ranma è un po' OOC, però come ho già detto, quando si narra di storie avvenute anni dopo, è normale secondo me imbattersi in personaggi che hanno subito alcune trasformazioni. Il processo di crescita è anche questo.

Ringrazio Spirit99 (magica Anto!) perché è stata lei a darmi l'idea (dicendomi che avrebbe voluto uno spazio maggiore per Chiara) di descrivere l'incontro tra Ranma e la bella barista.

Vi chiedo ancora un pochino di pazienza per Tragicommedia episodio 9... tra un poco sarà pronto (e intanto temporeggio con shottine... so che mi odiate un poì' per l'attesa... chiedo perdono!!)

Un ulteriore ringraziamento alla mia Beta che, nonostante gli immani et immensi stress universitari, c'è sempre per darmi una mano e un parere, e ovviamente a tutti quelli che hanno la pazienza di leggermi!

Vi adoro!

 

  
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