Verso le sei, la dottoressa Thurman si svegliò di soprassalto.
Era stato solo un incubo, si disse: aveva sognato un suo paziente, Donnie. Ed anche qualcosa che il ragazzo chiamava il suo “amico immaginario”; un coniglio di nome… Frank, forse?
Ma le ombre accanto alla porta avevano sempre avuto quella forma?
La donna tremò. C’era qualcosa, qualcosa di incomprensibile e spaventoso, nell’alba che andava nascendo fuori dalla finestra.
Come se quella fosse l’ultima mattina del mondo.
“Ho paura”, mormorò all’estranea forma d’ombra, prima di poggiare nuovamente la testa sul cuscino.
“Anch’io”, rispose il coniglio. Ma lei si era già riaddormentata.