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Autore: Brika    29/05/2014    2 recensioni
Domani compio 21 anni e non ho mai vissuto. La vita ha vissuto me.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Posso vedere l’intera città da quassù. Un senso di pace si diffonde dentro di me. Il silenzio della città notturna sembra passare attraverso la vetrata, riempiendo la stanza. Appoggio le mani sulla grande finestra e la mia fronte entra in contatto col freddo vetro che mi separa dal resto del mondo.

La neve ricopre ogni cosa e, quando qualche nuovo fiocco comincia a cadere silenzioso e leggiadro, un brivido mi percorre la schiena. Mi stringo nella felpa mentre inizio a riflettere sulle stranezze del mondo. Io ho tutto, ma non ho niente. Sono bella, sono amata da tutti, sono ricca. Ma sono vuota. Non ho amici. Sì, vado a tante feste, ricevo un sacco di inviti, ma non ho veri amici. Non ho amici che ti chiamano per sapere se come stai o per chiederti di andare a prendere un gelato. Non sono mai andata ad un pigiama party, non ho mai fatto una festa di compleanno nel giardino di casa vestita da principessa. Il mio sedicesimo compleanno è stato un evento pubblico. Mio padre no mi ha mai insegnato a guidare, mia madre non mi ha mai accompagnata a fare shopping.

Domani compio 21 anni e non ho mai vissuto. La vita ha vissuto me.

Mi giro di scatto e guardo la stanza: una camera enorme con un grosso letto a due piazze, una grande scrivania in mogano, mai realmente usata. Il mio sguardo studia le due porte che vedo di fronte a me: quella più a sinistra porta al bagno, dal design moderno, mentre l’altra separa la cabina armadio dalla camera.

Entrare in mezzo a tutti quei vestiti mi fa stare male. La ricchezza e lo sfarzo di tutti quei capi in quella stanza mi danno la nausea. I miei occhi indugiano su un cappotto nero che non uso da molto. Lo afferro e nel mentre prendo anche un paio di stivaletti consunti: i miei preferiti.

Uscendo dalla stanza lancio il cellulare sul letto. Non voglio essere legata ad un oggetto. Mi avvolgo una sciarpa attorno al collo ed esco di casa.

Mentre entro nell’ascensore osservo il mio riflesso allo specchio. Quello che vedo mi sorprende: una normalissima ragazza che esce di casa in piena notte. Per la prima volta in quello specchio vedo me. Me e non la ragazza tutta in tiro, pronta per andare all’ennesima festa. L’ascensore finisce la sua discesa e, all’apertura delle porte, mi ritrovo nell’ampia hall del palazzo, illuminata dalla moltitudine di applique appese alle pareti. Il portiere, William, mi apre la porta e, togliendosi il cappello, mi augura una buona serata. Lo ringrazio ed esco, trovandomi esposta alla gelida aria invernale. Mentre muovo i primi passi sul marciapiede rabbrividisco e mi stringo nella pesante sciarpa di lana. Mi abituo al freddo che si infila attraverso i vestiti e inizio a camminare, senza una reale meta.

I palazzi mi sfilano uno di fianco all’altro. Li guardo, ma non li vedo. Tutto ciò che vedo sono macchie di colore che non riescono a prendere una forma precisa ai miei occhi. Mi fermo. Non so da quante ore stia camminando. Minuti? Ore? Non lo so. Il tempo ha perso il suo significato. Mi guardo intorno e, per la prima volta, capisco dove sono. Dietro di me i palazzi. Di fronte a me il fiume scorre silenzioso e tranquillo, trascinando via piccoli cumuli di neve, come se fossero tante piccole isole candide.

Il mio sguardo è attirato da una luce, anzi, da una moltitudine di luci che delineano il profilo del ponte. Non lo avevo mai visto così: vuoto, silenzioso, tranquillo. Quasi come attratta da una forza invisibile, inizio a muoversi verso di lui. Lo percorro e quando ne raggiungo la metà mi fermo. Mi sento piccola, indifesa, un nonnulla in confronto all’imponenza del ponte e alla forza distruttrice del fiume, nascosta nelle sue acque placide e tranquille.

Il parapetto non è molto alto e abbastanza largo per potermici sedere. Inizio a muovere le gambe, come fanno i bambini in piscina. Rido. È una risata liberatoria, che risuona nel silenzio della città addormentata.  Il mio sguardo cade verso il basso, giù, nelle acque scure e profonde. Nessuno le governa. Nessuno le doma. Loro sono libere e vive. A differenza di me.

Guardo l’acqua muoversi lentamente. Guardo le increspature che le piccole onde formano sulla superficie calma del fiume. D’istinto mi alzo in piedi. Una leggera brezza mi accarezza il viso. Una nuova risata mi increspa le labbra e mentre mi lascio andare a questa nuova ondata di felicità, una piccola nuvoletta di vapore caldo si forma davanti ai miei occhi. Sorrido al pensiero di mia madre che trova il cellulare sul letto, pensando a quanto sia distratta. Sorrido al pensiero di mio padre che fa finta di ascoltarla mentre si lamenta della mia disattenzione. Sorrido mentre faccio un passo nel vuoto. Sorrido sentendo il vento tra i capelli. Sorrido perché sento qualcosa di nuovo dentro di me. Sorrido perché mi sento felice.

Sorrido perché mi sento viva.

   
 
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