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Autore: Fragolina84    29/05/2014    1 recensioni
Sequel di "I belong to you"
"Non posso smettere di essere Iron Man perché il mio compito è proteggervi"
Il palladio gli sta avvelenando il sangue e l'America è di nuovo sotto attacco terroristico. Iron Man dovrà cercare la Chiave del Domani per salvare se stesso e le persone che ama.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tony Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per Victoria è un momento importante: sta per dare una svolta alla sua carriera,
cercando di affermarsi come scrittrice.
Siamo alla presentazione del suo primo libro e Tony è ovviamente al suo fianco anche se...
ancora non le ha raccontato nulla dei suoi problemi.
Buona lettura!
E un grande grazie a chi mi ha seguito finora e mi ha regalato un pensiero.


Il pianto di Elizabeth arrivò attraverso il baby monitor. Era la terza volta, quella notte.
Victoria aprì lentamente gli occhi e guardò l’ora: erano le cinque di mattina.
«Tony?» chiamò. Non era possibile che avesse ancora fame, l’aveva allattata un’ora prima.
Lui rispose con un mugugno indistinto.
«Tua figlia chiama» borbottò.
«Pensavo avessimo stabilito che è mia figlia dalle otto del mattino alle otto di sera. Per le altre dodici ore è figlia tua».
«Dovevo essere ubriaca quando l’abbiamo stabilito» replicò. «Se poi consideri che tu ti rinchiudi nel seminterrato e finisce per essere mia per ventiquattr’ore».
«Non è colpa mia se sono un uomo molto impegnato».
Le luci di entrambi i comodini si accesero. Jarvis aveva preso molto sul serio il suo ruolo di babysitter e, oltre ai nuovi protocolli che Tony aveva caricato, ci metteva del suo per badare ad Elizabeth.
«Signora, Elizabeth sta piangendo».
«Sì, Jarvis. La sento. Ora vado» disse Victoria e fece per alzarsi, ma Tony la fermò.
«Resta a letto, vado io».
Entrò nella stanza di fianco alla loro. Le pareti erano dipinte di un tenue color panna con nuvolette rosa pesca appese al soffitto creando un gioco tridimensionale. Il letto ad una piazza e mezza era sistemato al centro della stanza, già corredato del suo trapuntino in tinta.
La stanza comprendeva anche una scrivania, già pronta per quando Elizabeth avesse iniziato a frequentare la scuola, e una montagna di peluche e giocattoli che era ancora troppo piccola per poter apprezzare.
In un angolo c’era un grande tappeto soffice su cui era posato il lettino in legno chiaro e, accanto, la sedia a dondolo che Victoria usava quando allattava la piccola.
«Cosa c’è, cucciola?» mormorò Tony prendendola in braccio. «Che cos’hai stanotte che non lasci dormire me e la mamma?»
Nell’altra stanza, Victoria ascoltava attraverso il baby monitor, meravigliandosi ancora una volta di come fosse cambiato Tony. Ripensava a cosa le era passato per la testa il giorno in cui aveva scoperto di essere incinta. Aveva creduto che, non appena l’avesse saputo, Tony sarebbe fuggito lasciando una sagoma con la sua forma sulla porta d’ingresso e invece ora lo sentiva fare la voce chioccia per cercare di calmare Elizabeth.
La bambina si acquietò quasi subito e, qualche minuto più tardi, Tony tornò in camera.
«Aveva solo voglia di un po’ di coccole dal suo straordinario papà» spiegò a Victoria tornando a coricarsi.
«Avrei voglia anche io di un po’ di coccole da quello straordinario papà» mormorò Victoria, facendosi più vicina.
Quello era un tasto dolente. Nonostante tutti gli sforzi di Tony, la percentuale di palladio nel suo sangue continuava a crescere e la bevanda a base di clorofilla di cui si imbottiva stentava ormai a tenere a bada i sintomi di quel progressivo avvelenamento, cosa che era abbastanza evidente negli orribili segni che gli coprivano ormai tutta la parte alta del petto.
I nuclei di palladio si esaurivano sempre più in fretta, creandogli non pochi problemi. Il giorno prima, mentre lavorava nel seminterrato per cercare una soluzione a quell’assillante problema, era stato colto da un malore e solo con l’aiuto di Ferrovecchio era riuscito a rialzarsi e a sostituire la piastrina da cui si alimentava il reattore Arc.
C’era un unico modo per tentare almeno di rallentare il processo ed era evitare di usare l’armatura. Purtroppo i suoi problemi coincidevano con una nuova impennata del terrorismo internazionale e non era il momento giusto per concedersi una vacanza.
Dall’altra parte c’era Victoria. La bambina aveva ormai un mese e mezzo ed era naturale che la donna desiderasse un po’ di intimità. Anche Tony la desiderava ardentemente e infatti, non appena lei gli sfiorò il petto con la mano liscia e calda, posando le labbra sulle sue, sentì il proprio corpo reagire.
Il problema era che Victoria ancora non sapeva nulla. Aveva cercato più volte di parlarle, spiegandole cosa gli stava succedendo e provando a prepararla al peggio che sarebbe probabilmente arrivato ma, quando non erano stati interrotti da Elizabeth o da una telefonata – per lei – di lavoro, a lui era mancato il coraggio.
E così taceva, rintanandosi ogni giorno nel suo laboratorio e cercando una soluzione che gli sfuggiva ormai da così tanto tempo da cominciare a convincerlo che forse, in realtà, soluzione non c’era.
In quei giorni frenetici prima dell’uscita del suo libro e con la bambina che richiedeva costanti cure, Victoria era distratta e spesso impegnata, cosa che a lui andava benissimo. Tuttavia, riconosceva in ogni istante che passava con le sue donne un momento rubato e cercava di esserci il più possibile. Ma in segreto, con il suo avvocato, stava predisponendo ogni cosa per il momento in cui il palladio avesse vinto.
«Forse sarebbe meglio che cercassi di dormire un po’» disse lui tra un bacio e l’altro. «La prossima sarà una giornata molto intensa e tu dovrai essere al massimo della forma».
Quel giorno, Victoria avrebbe presentato il suo primo libro. Durante le ultime fasi della gravidanza e quel primo mese, la Simon & Schuster aveva accelerato i tempi per poter uscire in fretta con Luna Blu, il primo lavoro a firma di Victoria Johnson.
Ovviamente, la casa editrice voleva cavalcare l’onda mediatica della nascita della piccola Elizabeth che era stata riportata da qualsiasi giornale. Victoria e Tony Stark erano due tra i personaggi più in vista del momento: quale lancio migliore per il libro?
«Non sono stanca» mormorò lei, prendendo fra i denti il lobo del suo orecchio.
«Sei una neomamma che sta allattando una creatura di un mese e mezzo e ti stai accingendo ad affermarti come scrittrice. Credimi, hai bisogno di molto riposo».
Victoria sbuffò e si coricò al suo fianco.
«Da quando in qua sei diventato così responsabile, Stark? Quasi noioso, direi» borbottò, soffocando uno sbadiglio.
Lui ridacchiò. «Lo sono sempre stato, milady. È che lo nascondevo bene».
 
«Come sto?» chiese Victoria, piroettando davanti a lui.
Indossava un paio di pantaloni neri molto aderenti e una maglia a tunica di colore verde che le copriva le forme ancora morbide della gravidanza e ben si intonava con la cascata di capelli ramati che aveva lasciato sciolti. Ai piedi calzava un paio di sandali bassi, neri anch’essi.
«Benissimo, come sempre» mormorò lui, afferrandola per i fianchi e attirandola a sé per baciarla. Gli dispiaceva averla respinta quella notte e non voleva che si sentisse meno desiderata. Certo, Victoria sembrava aver accettato la sua spiegazione sul bisogno di riposo, ma per quanto ancora avrebbe potuto resistere tacendole quella cosa senza farla insospettire?
La donna sorrise sulle sue labbra, scostandosi e guardandolo negli occhi.
«Sono emozionata, sai? Più di quanto lo sia mai stata per una prima in teatro» disse, sistemandogli il nodo della cravatta già impeccabile.
«Andrà tutto benissimo e Luna Blu sarà un grande successo, tradotto in tutte le lingue del mondo» asserì Tony, facendola ridere.
Zoey, la tata di Elizabeth, scese le scale reggendo il passeggino a guscio della bambina. Victoria si era in un primo tempo opposta all’idea di una tata, dichiarando che era perfettamente in grado di badare a sua figlia. Poi, quando Tony le aveva spiegato si sarebbe trattato solo di un aiuto in modo che lei potesse gestire il proprio lavoro con un po’ più di serenità e Zoey era stata da loro per un paio di giorni in prova, si era convinta.
Le due andavano d’amore e d’accordo. Zoey era una ragazza di origine hawaiana dai grandi occhi nerissimi che adorava Elizabeth e lasciava a Victoria tutto il suo spazio di madre, subentrando con discrezione quando la donna era troppo presa.
Nel suo guscio, Elizabeth dormiva beatamente. Se si eccettuava quella notte, in cui la piccola aveva fatto un po’ di capricci, in generale era sempre tranquilla.
«Credi sia stata una buona idea quella di non posticipare l’uscita del libro? Liz è così piccola, non vorrei che per lei fosse troppo traumatico» espresse Victoria.
«Smettila di preoccuparti. Io e Zoey baderemo a lei. Se avrà sonno e vorrà dormire in pace, comprerò un’intera ala della biblioteca e farò sloggiare chiunque. Va bene?»
Victoria tacque e rovesciò gli occhi delle orbite.
«Allora, signore» esclamò Tony rivolto a Victoria e Zoey, «vogliamo andare?»
La limousine era già pronta davanti all’ingresso e appena si furono accomodati, Brian partì. Ci misero poco meno di un’ora ad arrivare a Los Angeles.
La presentazione si teneva alla Central Library, che si stagliava tra i grattacieli di acciaio e vetro, contrastando la modernità con la sua facciata classica.
Davanti all’ingresso c’era una gran folla di persone e, quando scesero dalla Rolls, le guardie del corpo furono aiutate dalla sicurezza dell’edificio per creare un passaggio Tony e Victoria. Elizabeth, al sicuro nel suo nido di copertine rosa, non se ne accorse nemmeno, nonostante i flash dei fotografi appostati in giro che cercavano di carpire la prima immagine dell’erede Stark.
Ashley Collins, il contatto di Victoria presso la casa editrice, li stava aspettando. Salutò Tony e Victoria e accarezzò con la punta delle dita il viso addormentato della bambina.
«Si è fatta ancora più bella» commentò, facendo inorgoglire il cuore di Tony.
«C’è un sacco di confusione là fuori» commentò Victoria. «C’è qualcosa di particolare oggi?»
Ashley la guardò come se la donna la stesse prendendo in giro.
«Sei così rilassata da fare pure dello spirito?» domandò e Victoria aggrottò la fronte. «Quella gente è qui per te, Victoria» spiegò Ashley. «Vuole il tuo autografo sulla propria copia di Luna Blu».
«O mio Dio!» invocò Victoria, voltandosi verso l’ingresso e scrutando la marea di persone all’esterno.
Luna Blu era stato pubblicizzato per bene, su tv e giornali: la Simon & Schuster aveva voluto fare le cose in grande sfruttando al massimo il fatto che stavano per pubblicare un libro scritto dalla moglie di Ironman. Ma Victoria era comunque incredula.
«Non basteranno le copie che abbiamo fatto stampare per oggi, qualcuno rimarrà senza. Ma è giusto così: il tuo romanzo è una bomba e appena questi lo leggeranno, lo consiglieranno ad altri, fornendoci pubblicità gratuita. Diventerai un caso al pari di Stephanie Meyer».
Tony la guardò negli occhi e le fece un cenno con il capo, incoraggiandola. Lei fece un lungo sospiro e annuì.
«Pronta?» chiese Ashley e la guidò verso un lungo tavolo davanti al quale erano state ordinatamente sistemate una trentina di sedie. Alcune erano già occupate da giornalisti e altri stavano entrando in quel momento.
Su un lato della stanza c’era una sua sagoma a grandezza naturale. Victoria era appoggiata ad una copia di Luna Blu alta quasi quanto lei, con lo sguardo limpido e diretto.
«Ti aspetto dietro le quinte» disse Tony: quello doveva essere il suo momento. Ma Victoria si girò verso di lui, tesa e nervosa.
«Ti prego, resta con me. Non credo di poter gestire tutto questo da sola».
«Ce la farai, credimi» replicò lui, ma la donna scosse la testa.
«Ti prego» ripeté.
Tony non riuscì a trovare un valido motivo per rifiutare e la seguì. Victoria sedette al centro del tavolo su cui erano posate alcune copie del suo romanzo, con Tony alla sua destra e Ashley dall’altra parte.
Quando le sedie furono tutte occupate, Ashley si alzò in piedi. Salutò coloro che erano convenuti e diede il benvenuto a Victoria e Tony. Spiegò che la prima parte della giornata sarebbe stata una breve conferenza stampa dedicata al lancio di Luna Blu e che le domande dovevano essere pertinenti al romanzo – niente gossip, specificò – e dirette solo ed esclusivamente a Victoria, lasciando intendere che la presenza di Tony Stark doveva passare il più possibile inosservata.
«Come sapete» proseguì Ashley «Victoria è diventata mamma da poco perciò mi riservo di interrompere la conferenza in qualsiasi momento, se dovesse essere necessario».
Fu meno difficile di quanto si fosse aspettata. I giornalisti, come chiesto da Ashley, ignorarono quasi del tutto la presenza di Tony, anche se qualche domanda era palesemente rivolta a lui: «Cosa pensa suo marito di questo suo exploit letterario?»
Victoria sorrideva e lasciava che fosse lui a rispondere. Tony prendeva la parola, li faceva ridere con una battuta e poi cedeva di nuovo a lei la scena.
Un’ora e mezza trascorse in un lampo. Ashley comunicò che, dopo la pausa, Victoria si sarebbe dedicata a firmare autografi a quanti erano accorsi alla biblioteca e congedò tutti.
«Sei stata eccezionale» la complimentò Tony.
«Sì, perfetta direi» aggiunse Ashley.
Victoria sorrise felice e chiese di vedere la bambina. Elizabeth si era svegliata e quando sentì la voce della madre sputò il ciuccio e frignò.
«Mi sa che la cucciola ha fame» mormorò Tony. Ashley accompagnò Victoria in un piccolo ufficio che le era stato messo a disposizione proprio per quell’evenienza. La donna allattò la bambina mentre Ashley cercava di tenere buoni i fans accorsi lì.
Quando ebbe terminato la poppata, Elizabeth fu riaffidata alle cure di Zoey e Victoria si infilò in bagno. Ne era uscita e si stava lavando le mani quando la porta si aprì. Sul momento non ci fece caso, ma quando alzò gli occhi per osservarsi nello specchio, vide che era entrato un uomo.
Era un uomo di colore, alto e massiccio. Indossava un impermeabile di pelle nero, ma il dettaglio che la fece sobbalzare era la benda nera che gli copriva l’occhio sinistro.
«Credo che abbia sbagliato» disse Victoria, asciugandosi le mani. «Questo è il bagno delle signore».
«Non ho sbagliato. Cercavo proprio lei, signora Stark».
La situazione non le piaceva per nulla. Quell’uomo le sembrava particolarmente inquietante e lei era lontana dalla protezione delle sue guardie del corpo. Tuttavia, cercò di non sembrare impaurita.
«Può mettersi in fila come tutti gli altri. Sarò lieta di autografare la sua copia di Luna Blu quando sarà il suo turno» disse e fece per uscire. Doveva però passargli accanto e, quando gli fu vicino, lui sollevò una mano a bloccarla. Non la toccò, ma bastò quel gesto a farla indietreggiare.
«La prego, aspetti» disse, con un tono di voce stranamente sommesso, che contrastava con la sua figura massiccia. «Non abbia paura, signora. Non sono qui per farle del male». Vedendo che lei taceva, l’uomo proseguì: «Mi chiamo Nick Fury, direttore dello S.H.I.E.L.D.: Strategic Homeland Intervention Enforcement and Logistics Division».
«Cerca di far colpo con i paroloni?» chiese la donna.
«Come sta suo marito, signora Stark?» domandò, ignorando la sua battuta.
«Tony sta benissimo. È qui, se vuole salutarlo».
«Sicura che stia bene?» disse Fury, incrociando le braccia sul petto. «Non ha notato alcun cambiamento in lui?»
Le domande di Nick le suonavano strane e aliene. A dire il vero, tutta la situazione era paradossale. Era chiusa nel bagno delle donne a parlare con uno sconosciuto con una benda nera su un occhio.
«Senta» disse infine «io sinceramente non so chi lei sia, né perché si trovi qui. Quello che so è che devo tornare di là perché ci sono persone che mi stanno aspettando».
Stavolta non si lasciò fermare e gli passò accanto, raggiungendo la porta.
«Da quanto non fa l’amore con suo marito?»
La voce di Fury la bloccò prima che riuscisse a ruotare la maniglia e uscire. Si girò verso di lui che non si era voltato ma era rimasto immobile dove l’aveva lasciato.
«Ma come si permette?» sibilò Victoria.
«Sì, ammetto che la scelta dei termini è stata forse brutale. Posso esprimermi in altro modo: da quanto Tony non le permette di vederlo senza maglietta?»
Victoria stava per dirgli che non erano affari suoi e che avrebbe chiamato la sicurezza, quando un pensiero la colpì. Ricordò quella notte di qualche tempo prima, quando Tony aveva chiesto a Jarvis di spegnere la luce mentre facevano l’amore, cosa che lui non faceva mai, e alla notte prima, quando l’aveva convinta a dormire.
Poteva essere davvero sicura che la loro vita sessuale si fosse interrotta solo a causa della gravidanza o c’era qualcos’altro?
Non voleva credere che Tony le stesse nascondendo qualcosa, ma se guardava ai mesi precedenti c’erano stati dei comportamenti strani: la repentina rinuncia alla presidenza della Stark, le giornate passate rintanato nel suo laboratorio sotterraneo.
La voce di Fury, ora vicina al suo orecchio, la riscosse dai suoi pensieri. «Mi chiami, quando avrà bisogno di me» le sussurrò, spingendole in mano un biglietto da visita. Poi uscì, lasciandole la sensazione di non aver mai vissuto quei momenti. Eppure quel rettangolino di cartone era ancora nella sua mano e le bruciava le dita come un tizzone ardente.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato quando la porta del bagno si socchiuse e apparve il viso amato di Tony.
«Tesoro, tutto bene? Sei qui dentro da un po’ ormai».
Victoria nascose il biglietto nel palmo della mano e la propria perplessità dietro un sorriso.
«Scusami. Sta succedendo tutto così in fretta che avevo bisogno di ritrovare per un momento me stessa» disse, rendendosi conto che suonava esattamente per quello che era: una traballante scusa.
Tony inarcò un sopracciglio e lei notò in quel momento nuove rughe, che tre mesi prima di certo non c’erano. Era anche dimagrito e lei non se n’era accorta. E i suoi occhi erano diversi: possibile che non avesse notato prima quanto fossero infossati e cerchiati da leggere ombre violacee?
«Forza, andiamo. Tra poco credo che Ashley verrà sbranata da un’orda di fans che non sta aspettando altri che te».
E Victoria sedette al tavolo dell’autrice e autografò centinaia di libri. La fila di persone in attesa sembrava non finire mai e continuava inesorabile a farsi avanti. Lei sorrideva e lasciava dediche, ma la sua mente continuava a tornare alle parole di Nick Fury, il cui biglietto da visita aveva infilato frettolosamente nella borsetta.
Ci fu un’ulteriore sosta per allattare la piccola ma finalmente i libri da firmare finirono e Victoria si appoggiò allo schienale della sua poltrona, chiudendo gli occhi. Era stanca, ma felice del successo ottenuto.
Tony fu subito al suo fianco. Teneva Elizabeth in braccio, un dito racchiuso nel pugnetto della bambina.
«Io e Lizzy abbiamo già preso l’aperitivo perciò pensavamo di tornare alla villa. Tu che dici, mamma? Vieni con noi?»
«Assolutamente sì» esclamò la donna, alzandosi in piedi e tendendosi per baciarlo. «Grazie di essere stato con me oggi» sussurrò. «Ora voglio proprio tornare a casa».
Mentre Brian parcheggiava la limo davanti all’ingresso, Victoria prese gli ultimi accordi con Ashley e si congedò.
Elizabeth si addormentò dopo i primi cinque minuti di viaggio.
«È stata così brava, oggi» sussurrò.
«Che ti aspettavi?» replicò Tony. «È figlia di un’attrice di teatro e come tale è abituata ai riflettori. Ed è una Stark, quindi l’energia non le manca di certo».
Victoria si tolse i sandali e piegò le gambe sul sedile, rannicchiandosi addosso a lui. Cullata dalle morbide sospensioni della Rolls, si addormentò.
  
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