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Autore: startariot    30/05/2014    3 recensioni
“Non mi è mai piaciuta l’alba…”, sussurrò Louis puntando lo sguardo all’orizzonte.
“A me piace, invece”, disse. “E come mai?”, rispose il più grande imitando la frase che il riccio aveva detto poco prima. “Perchè…segna l’inizio di un giorno nuovo, di qualcosa di nuovo. E, forse sbagliando, spero sempre in un giorno migliore…”, sussurrò Harry.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ciao!
Eccomi qui con un'altra delle mie OS, un'altro dei miei momenti di noia...sarebbe meglio chiamarli così forse. Ho comprato il libro 'Tre volte all'alba' di Alessandro Baricco, ed inutile dire che il titolo viene proprio da lì. Non so perchè, ma quel titolo, insieme alle prime pagine mi hanno ispirato questa strana storia. Mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate, mi basta anche solo una parolina, anche un 'fa schifo' ahah :) 
Detto ciò, torno nel mio angolino e vi lascio alla OS. 

C. 

 





-Tre volte all’alba-

 

 

Aprile 1990

 

 

Esisteva un edificio a Primrose Hill, piccolo nel complesso a schiera color rame, tipico di Londra. Era un palazzo piccolo, tre piani e un enorme terrazzo, che ricordava una serra. Un terrazzo pieno di fiori, e piante che in primavera fiorivano, creando dei contrasti di colore vividi e delicati allo stesso tempo. Ricordava quasi un arcobaleno, quel gioco di colori. Fu in quel terrazzino che due bambini, dell’età di otto e dieci anni, si incontrarono per la prima volta. Due bambini tranquilli, ma bramosi di scoprire il mondo e i suoi colori. Si trovarono quasi per caso, quella mattina, su quel terrazzo….in mezzo a quel mare di colori. Ci salivano tutti i giorni, quando i loro genitori non erano in casa, o erano troppo impegnati per accorgersi di loro, ma non si erano mai incontrati prima d’ora. Si scontrarono l’uno con l’altro, finendo a terra, e scoppiando a ridere entrambi. Perché erano bambini, e i bambini ridono. Uno leggermente più basso dell’altro, perché più piccolo, aveva gli occhi verdi, due fossette sulle guance e una cascata di ricci castano chiaro ad incorniciargli il viso. “Ciao”, disse quest’ultimo rivolgendosi all’altro; occhi azzurri, due rughette d’espressione ai lati degli occhi, e un caschetto di capelli lisci color caramello. “Ciao”, gli rispose. Il tempo di rimettersi in piedi, e iniziarono a conoscersi. Perché erano maschietti, ed erano bambini. E i bambini vogliono conoscere. 

 

“Come ti chiami?”, disse il più grande sistemandosi la piccola maglia che si era sgualcita a causa della cadute. “Harry”, rispose il ricciolino, “tu?”, aggiunse poi accennando un sorriso. “Louis”, fu la risposta che ottiene. 

“Vuoi giocare con me, Louis?”, chiese il più piccolo e il più grande non poté che dire di si. Perché erano bambini, e i bambini vogliono giocare.

 

Passarono tutta la giornata su quel terrazzo, insieme. A giocare, a rincorrersi,a scontrarsi e cadere a terra tante e tante volte, ad ammirare e analizzare i colori che li circondano e le piccole gocce di pioggia che tempestano la vetrata che ricopre il tetto dell’edificio. Passarono metà del pomeriggio a parlare della loro scuola, dei giochi preferiti e della loro famiglia, con la spensieratezza e la leggerezza di due ragazzini. E fu come se stessero insieme da quando erano nati, come se giocassero insieme da sempre. Come se entrambi avessero trovato il fratellino che mancava nella loro vita, per essere perfetta. Al calare della sera però entrambi sapevano che dovevano tornare a casa, dalle loro famiglie. 

 

“Siamo amici, Harry?”, gli sussurrò Louis mentre si salutavano. “Si!”, gli rispose l’altro entusiasta. “giochiamo sempre insieme, allora?”, gli chiese il più grande sorridendo. “mh mh”, sussurrò il riccio sorridendo, e Louis sorrise a sua volta, felice coinvolto dall’allegria dell’altro. “amici sempre?”, aggiunse poi il riccio. “sempre”, rispose l’altro stringendo la manina di Harry, sigillando la loro piccola promessa. In una favola, sarebbe andato tutto bene. Ma nella vita vera, molto spesso, le promesse sono fatte per essere infrante. Louis era troppo piccolo per saperlo. Non poteva sapere che il giorno dopo avrebbe infranto la promessa fatta al suo piccolo amico, al suo ‘amico di un giorno’. 

 

Perché il giorno dopo Louis fu costretto a partire con la sua famiglia. 

Partì all’alba, lasciando Londra, il suo amico Harry e il loro piccolo angolo di paradiso. 

 

 

*****

 

 

 

Giugno 2000

 

 

Clevendon, a nord Somerset, è sempre stata una cittadina fredda e umida. C’erano però particolari giorni, d’estate, in cui il clima permetteva ai più giovani di organizzare piccoli falò sulla spiaggia. C’era musica, allegria, artisti improvvisati che si esibivano con strane e a volte anche stonate esibizioni musicali. C’erano coppie che si nascondevano dove nessuno poteva vederli, per scambiarsi un bacio o due, c’erano gli impavidi che si gettavano nel mare gelido di fine Giugno. Poi c’erano due ragazzi, in gruppi separati, che si limitavano a godere del calore del fuoco, ed ammirare le stelle sopra di loro. Un ragazzo  diciottenne riccio, dagli occhi verdi, smilzo e molto alto; e l’altro bassino di vent’anni, magro, con due occhi azzurri vispi e un piccolo sorriso sul suo volto. Poteva sembrare strano forse, erano gli unici seduti attorno al fuoco, ma non si erano notati. Non ancora almeno. 

All’improvviso furono entrambi distratti da una minuscola scia luminosa che riempì il cielo per qualche secondo, il tempo necessario perché entrambi…e forse..qualcun’altro, la vedessero. Abbassarono lo sguardo per stupore e si guardarono intorno, cercando qualcuno che come loro aveva assistito alla stessa scena, e i loro occhi si scontrarono. In pochi secondi, gli stessi che quella stella cometa aveva impiegato per squarciare il cielo, i loro occhi si incatenarono. Verde nell’azzurro. Nessuno dei due riconobbe l’altro. Apparentemente. Forse erano stati i loro cuori, o la memoria a ricordare per loro. E forse fu proprio quello a farli scontrare un paio di ore dopo. “Ops, scus-“, disse uno “no scusami tu”, rispose l’altro. “Dammi una mano, ti aiuto ad alzarti”, disse il riccio porgendo una mano all’altro ragazzo, finito sulla sabbia per lo scontro. “grazie”, si limitò a rispondere l’altro facendosi aiutare. “Piacere, sono Harry”, disse il primo. “Louis.” si limitò a rispondere l’altro. Quando si presentarono, entrambi ricordarono perfettamente un preciso giorno della loro vita. Erano passati dieci anni, ma Harry ricordava perfettamente il giorno in cui conobbe Louis, il suo amico Louis. Erano passati dieci anni, ma Louis ricordava perfettamente la giornata passata con Harry, il suo amico Harry. Il ragazzino che era stato costretto a lasciare il giorno dopo averlo conosciuto, al sorgere del solo. 

“Harry”, ripetè Louis. 

“Louis.” ripetè Harry. 

Sorrisero entrambi, riconoscendosi.

 

 “E’ l’alba”, sussurrò Harry. Avevano passato ore e ore intere a parlare, sulla spiaggia, attorno a quel falò, senza rendersi conto dello scorrere del tempo. Si erano raccontati tante e tante cose, e sembrava che il tempo fosse tornato in dietro, sembrava fossero tornati i bambini di quella terrazza, che scherzavano e parlavano di tutto. Ma non era così. Avevano diciotto e vent’anni adesso, e le cose erano diversi. Erano adulti, ora. “Non mi è mai piaciuta l’alba…”, sussurrò Louis puntando lo sguardo all’orizzonte. “Come mai?”, chiese Harry incuriosito. “Mi ricorda il giorno in cui ho dovuto lasciare Londra…”, si limitò a rispondere Louis, ed Harry capì. “A me piace, invece”, disse. “E come mai?”, rispose il più grande imitando la frase che il riccio aveva detto poco prima. “Perchè…segna l’inizio di un giorno nuovo, di qualcosa di nuovo. E, forse sbagliando, spero sempre in un giorno migliore…”, sussurrò Harry. “E’ un bel modo di vedere la cosa.., suppongo”. Rimasero in silenzio per qualche minuto. Harry ad ascoltare il rumore delle piccole onde che si infrangevano sul bagnasciuga, Louis con lo sguardo puntato all’orizzonte, fissava le sfumature giallicce che il gioco di colori dell’alba creava, con il passare dei minuti. Entrambi, però godevano della compagnia dell’altro. “Stai con qualcuno, Harry?”, chiese Louis rompendo il silenzio. “Uhm…decisamente no. Tu?”, rispose Harry, “uhm….stavo con qualcuno, ma evidentemente non era la persona giusta. Quindi, no. Non sto con nessuno ora.”, disse il più grande. “Perchè hai detto ‘decisamente no’?” aggiunse poi il moro. “Perchè…non ho mai avuto qualcuno…in realtà.”, “Mai?” rispose Louis sorpreso. “Mai.”, rispose Harry deciso. E poi calò di nuovo il silenzio tra i due. 

 

 

 

“Vuoi baciarmi?”, chiese Harry all’improvviso. “Pensavo che non avessi mai dato un bacio prima.”, rispose il più grande. “Infatti… è così”, ribatte immediatamente il riccio. “E allora…perchè?”; “Perchè vorrei che fosse con una persona che ci tiene a me, a cui io tengo…..una persona amica, ecco”, concluse il riccio con lo sguardo rivolto alla sabbia. “noi….non siamo amici Harry.”, rispose Louis ed Harry si aspettava quella risposta, perciò non rimase deluso di sentire quelle parole. “Si che lo siamo…ce lo siamo promesso, ricordi?”, sussurrò abbozzando un amaro sorriso al pensiero di quel giorno lontano. “Harry….” “E’ l’alba.”, lo interruppe Harry, spostandosi lentamente sulla sabbia umida per avvicinarsi all’altro ragazzo. “Lo hai già detto, e allora?”, rispose Louis. “Allora lascia perdere la promessa. Adesso, inizia un giorno nuovo. Dammi quel ‘migliore’, Louis. Quello per spero ogni giorno.  Un solo bacio…”, sussurrò Harry avvicinandosi a Louis ancora di più, i loro corpi quasi si sfioravano. “Uhm…Harry, non so se sia una buona idea..”, sussurrò Louis combattendo contro se stesso. Non ammettere che Harry fosse un bel ragazzo e ne fosse attratto, era fuori discussione. Non ammettere che avere quel ragazzo, quello che era il suo amico, anche se solo per un giorno, accanto a sé, era fuori discussione. Eppure c’era qualcosa che lo frenava, qualcosa che non gli permetteva di cedere alla richiesta di Harry. 

 

“Louis..”, sussurrò ancora Harry, il viso a pochi centimetri dal suo. Louis si voltò a guardarlo, e forse fu quello il suo errore. Fu quando incrociò il suo sguardo, e i loro occhi si fusero che cedette. Fu quando Harry si avvicinò ancora di più a lui, e il suo profumo lo travolse che si lasciò andare. Fu quando le labbra rosee e soffici di Harry si avvicinarono alle sue che capì di volere quel bacio. Emise un leggero sospiro, ricambiando a sua volta quel bacio. Passò le mani intorno al viso di Harry, accarezzandolo dolcemente; mentre il riccio passava una mano tra i suoi capelli. Sospirò anche Harry quando Louis passò le mani intorno al suo collo, tirando leggermente i suoi ricci per approfondire il bacio. Finirono stesi sulla sabbia, Harry a coprire Louis con il suo corpo quasi completamente. E continuarono a baciarsi per minuti infiniti, come due adolescenti alle prese con il primo amore. Incapaci di separarsi, incapaci di smettere di sfiorarsi e baciarsi. “Lou..”, sussurrò Harry quando si separarono in mancanza d’aria. Louis non rispose, sapeva che quello di Harry non era un richiamo vero e proprio, ma era un semplice sospiro. Dopo un silenzio che parve infinito e dopo essersi messi di nuovo a sedere sulla sabbia ancora umida ripresero a parlare “Domani andrai via”, disse Louis. “Si”, sussurrò Harry “ricomincia il semestre al college”, aggiunse poi. Louis annuì, senza dire altro. 

 

“Sembra che siamo destinati a stare lontani, noi due…”, disse Harry “già..” si limitò a dire Louis.  

 

Il giorno dopo Harry partì per Dublino, per tornare al college, portando con sé il ricordo del suo primo bacio, e del suo amico. Louis rimase a Clevendon le due settimane successive, e trascorse tutti i giorni a guardare l’alba sulla spiaggia, ricordando il sapore di quel bacio salato, ma estremamente dolce. 

 

 

 

****

 

 

 

Settembre 2008 

 

Nel Settembre del 2008, Harry e Louis smisero di credere alle casualità della vita. Perché nel Settembre di quell’anno, Harry e Louis si incontrarono di nuovo, ‘per puro caso’ direbbero gli altri, ma loro conoscevano la storia delle loro vite, e la casualità non faceva per loro. 

Si incontrarono al matrimonio di Dan, quello che per Harry era il suo migliore amico, e che per Louis era il suo datore di Lavoro, nonché amico. Louis lavorava a Manchester, in una multinazionale, la cui sede era a Dublino. Città in cui Harry aveva studiato e aveva conosciuto Dan, ma adesso viveva a Glasgow. Si ritrovarono sul piccolo balcone dell’enorme sala ricevimenti che Dan e sua moglie avevano fatto allestire per un rinfresco. “Harry”, disse il più grande sorpreso. “Lou”, sussurrò Harry incredulo. “Cosa ci fai qui?”, chiese Louis “Dan è il mio migliore amico, tu?” “Oh, lavoro per lui, ma siamo anche piuttosto amici” rispose il più grande. “Oh, vivi a Dublino?”, chiese Harry “No…vivo a Manchester, c’è una filiale delle multinazionali di Dan lì”,  rispose il più grande. Poi il silenzio. 

 

“Posso salutarti come si deve?”, chiese poi Harry abbozzando un sorriso, Louis si limitò ad annuire. Così Harry fece un passo verso di lui e si limitò a stringerlo a sé, affondando la testa nell’incavo del suo collo, per inspirare il suo profumo. Louis si perse nel calore che Harry emanava, lo aveva visto due sole volte, ma quella stretta gli sembrava fin troppo familiare. Chiuse gli occhi e sospirò, stringendo il corpo del più piccolo a sua volta. Poi “mi sei mancato”, soffiò Harry all’orecchio di Louis e il suo core vibrò, senza che nemmeno lui se ne rendesse conto. Era stata l’automatica reazione del suo cuore alla voce di Harry, e alla sua vicinanza. Louis si limitò a strofinare il naso sulla giacca di Harry, stringendolo un po' di più a sé. 

 

“Oh vi conoscete allora..”, li interruppe la voce profonda, ma giocosa, di Dan. 

“Uhm..si..diciamo di si..”, disse Harry. 

“Bene, mi fa piacere..vi state divertendo?”, chiese Dan. 

“Si, è tutto magnifico…e ancora complimenti per le nozze Dan”, rispose Louis. 

“Grazie, adesso vado lo sposo non può assentarsi troppo dai festeggiamenti”, disse Dan scherzando. 

 

“Allora, come vanno le cose?”, chiese Louis. Era passata un’ora da quando si erano incontrati e non si erano più separati. Erano rimasti su quel balcone, immersi nel loro piccolo mondo. “Uhm…regolarmente e noiosamente bene. Ho un lavoro, ho uno stipendio e vivo da solo, niente di più e niente di meno.”, rispose Harry. “Tu?”, poi aggiunse. “Uhm…direi…bene…ho un lavoro, ho una casa e ho la mia famiglia, che vado a trovare ogni tanto.”, rispose Louis. “La tua famiglia?”, “I miei hanno divorziato quando avevo dieci anni, mia sorella è andata a vivere in America e mia madre è voluta andare via con lei. Di mio padre non ho tracce. Quindi…diciamo che non vedo la mia famiglia tanto spesso quanto fai tu”, concluse Harry. “Mi dispiace Harry…io..non sapevo”, “Tranquillo…è tutto okay” disse Harry alzando lo sguardo verso Louis. “Perchè i tuoi occhi dicono il contrario?”, disse Louis. “non ti devi fidare di loro”, rispose Harry sarcastico. “Sono sempre stati bellissimi…i tuoi occhi…e sai perchè? Perché con quelli tu riesci a parlare, perciò si, io mi fido di quel che dicono”, rispose Louis. “Era un sorta di complimento quello?”, disse Harry deviando l’argomento. “Forse.”, fu l’unica risposta che Harry ottenne. “Bene, allora. Grazie”, sussurrò Harry. 

 

Due birre e qualche ora dopo, Harry e Louis erano ancora insieme, questa volta nella camera d’albergo di Harry. “Stai con qualcuno?”, chiese Harry dando un ultimo sorso alla sua birra e poggiandola sul comodino accanto al letto. “No” si limitò a rispondere Louis. “E da quando ci siamo visti l’ultima volta? Sei stato con qualcuno?”, “certo che si Harry, sono passati otto anni” sbottò Louis in risposta. “Tu?” “Uhm….si..” rispose Harry. “E adesso?”, “no, adesso non sto con nessuno.” “Quindi se….volessi baciarti..nessuno ti impedirebbe di farlo giusto?”, chiese Louis “nulla se non la mia volontà”, rispose Harry sogghignando. “Puoi farlo.”, disse Harry dopo qualche minuto di silenzio. “Cosa?” disse Louis cadendo dalle nuvole. “Baciarmi, stupido” disse Harry ridendo. Louis seguì la risata del riccio, e nel frattempo si avvicinava lentamente a lui. Lo raggiunse, nel punto in cui era seduto a gambe incrociate sul letto, e si mise in ginocchio per raggiungere l’altezza del suo viso. Si avvicinò lentamente a lui e fece scontrare le loro labbra; entrambi gemettero e sorrisero in quel bacio, e tornarono a prendere confidenza l’uno con le labbra dell’altro. Anche se, in fondo, sembrava non ci fosse cosa più naturale per loro che baciarsi, nonostante fosse successo una volta sola, otto anni prima. Si baciarono lentamente, tirando leggermente l’uno i capelli dell’altro, avvicinando sempre di più i loro corpi. “Non immagini quanto…”, iniziò il più grande “…ho desiderato baciarti, si anche io”, concluse Harry per Louis, come se sapesse esattamente come si sentisse. “non facevo che immaginare il nostro bacio”, diceva Harry tra un bacio e l’altro, tra una carezza e un sospiro, tra un piccolo morso lasciato da Louis sul suo collo e un gemito. “Il primo bacio non si scorda mai, così dice il motto”, concluse Louis riprendendo a baciarlo con ancora più passione.   

 

“fai l’amore con me”, soffiò Louis all’orecchio di Harry dopo altri infiniti baci. Harry non rispose, si limitò a ribaltare le posizioni e portare il corpo di Louis sotto il suo. Iniziò a sbottonargli la camicia bianca di cotone lentamente e una volta sfilata la lanciò alle sue spalle. Louis fece la stessa cosa con Harry, gli sfilò lentamente la camicia, facendola scivolare dalle sue spalle, facendola passare per le sue braccia definite, ma non troppo muscolose. Louis in quel momento pensò di non aver mai visto nessuno più bello di Harry. Percorse con una mano tutto il suo corpo, lasciando mille carezze e altrettanti piccoli baci. Harry sospirò e socchiuse gli occhi, pensando a quanto quelle sensazioni fossero nuove per lui. Pensando a tutte le volte in cui, tra le braccia di altri, non aveva mai provato nulla di lontanamente simile. Pensando a quanto provare tutto questo con Louis sembrava giusto. Finirono per fare l’amore, più e più volte, su quel letto con amore ed entrambi pensarono a quanto fosse giusto stare l’uno tra le braccia dell’altro, in quel modo così intimo. Liberarono l’intreccio dei loro corpi alle cinque del mattino successivo, all’alba, quasi controvoglia. Harry si accasciò su Louis, sudato e stanco dall’orgasmo che l’aveva appena scosso. Si stese accanto poi a Louis, poggiando la testa sul suo petto, e respirando seguendo il ritmo del suo cuore. Louis mise un braccio intorno ad Harry e prese ad accarezzargli lentamente i ricci, quasi fosse un massaggio. 

 

“Sembra che siamo destinati a passare un solo giorno della nostra vita insieme, noi”, concluse Louis. “Ricordi quando, sulla spiaggia ti ho parlato dell’alba?”, chiese Harry, cambiando apparentemente argomento agli occhi dell’altro.  “Harry cosa c’entra adesso?”, sbottò il più grande. “Rispondimi, Lou”, disse serio il più piccolo,“Si, me lo ricordo”, disse Louis accontentando la richiesta dell’altro “Beh…forse siamo destinati a vederci per un giorno, e il nostro giorno migliore è quello.”,disse Harry fissando i suoi occhi verdi in quelli azzurrini dell’altro. “e Lou, aspetterei tutta la vita per avere il mio giorno migliore con te.”

 

Parecchi affermano di non credere nel destino. Parecchi, invece, ci credono. La verità è che, inconsapevolmente o meno, anche chi non vuole, finisce per crederci. Perché quando le fatalità della vita sono improvvisamente troppe, diventa impossibile credere alle coincidenze e credere nel destino è inevitabile, quasi naturale. La verità, semplicemente, è che ci sono persone, anime, che sono destinate ad incontrarsi. Destinate a collidere l’una con l’altra. Si incroceranno, più e più volte forse, si allontaneranno e torneranno a gravitare l’una nell’orbita dell’altra. Un giorno, potrebbero trovare la via giusta separatamente, oppure potrebbero trovarla insieme. Forse, la loro via Harry e Louis non la troveranno insieme, forse la troveranno ma non vorranno percorrerla, o forse non la troveranno affatto, ma finché avranno il loro giorno migliore, a loro due sta bene così.

   
 
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