Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: lunadelpassato    30/05/2014    1 recensioni
"Le urla disperate provenivano da sotto di loro, così abbassarono la testa nello stesso momento verso la dura terra che si estendeva oltre il cancello. Davanti, un piccolo fagotto informe si muoveva energicamente, mentre urlava a più non posso.
Elsa era paralizzata dal terrore. Anna, invece, si chinò lentamente a terra, inginocchiata proprio accanto al fagotto, e scostò un lembo di quello che sembrava un vecchio straccio scuro.
Intanto il cielo brillava più che mai."
"- Oggi fa più freddo dell’ultima volta delle luci- notò sussurrando tristemente al cielo.
- È quello che penso anch’io- le rispose una voce ignota.
Aprì gli occhi di scatto e si girò indietro, sorpresa. Dietro di lei, solo la stanza ghiacciata illuminata dalle luci mistiche.
-Anna?- chiese tremante frugando con lo sguardo ogni angolo della stanza in penombra.
-Mi senti?- riprese la voce meravigliata.
Elsa fece qualche passo indietro e si rigirò di scatto verso la finestra, le mani pronte a sferrare un’ attacco.
- E mi vedi?- sussurrò il ragazzo."
Jelsa con un bambino abbandonato e il suo fratellastro. presenza di Kristanna e accenni di altre opere.
Nata da una frase di Let it Go: I'm one with the wind and sky
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Jack correva a perdifiato. A chiunque incontrasse, chiedeva di Elsa: doveva dirglielo immediatamente.

Trovò la regina nel parco del castello, intenta a parlare con il pupazzo di neve di cui non si ricordava mai il nome.

-Elsa!

La regina si girò di scatto.

-Oggi è il giorno degli incontri in giardino?

Jack si fermò davanti a lei, le mani nelle ginocchia per riprendere fiato prima.

Appena il battito del cuore si calmò appena, esplose in un’esclamazione

-DAMIO HA POTERI MAGICI!-

che fece crollare il mondo addosso ad Elsa.

Per un attimo si sentì solo il cinguettio degli uccelli del giardino.

Olaf fu il primo a parlare dopo quell’attimo.

-Poteri… magici? – fu tutto quello che riuscì a dire.

-Davanti a me. L’ho visto trasformare. Un cubo. In una libellula.- continuò Jack ansimando.

-In una libellula?- sussurrò Elsa. Se non fosse già stata chiara di carnagione, si poteva dire che in quel momento fosse diventata pallida come un cencio lavato.

-Ne sei sicuro?

Jack prese le mani della regina tra le sue e la guardò dritta negli occhi.

-Come per la sensazione che provo quando sono con te.

Elsa non reagì minimamente a quella frase. Invece, puntò lo sguardo oltre Jack, verso l’entrata del castello. Due secondi dopo stava già correndo.

-Elsa! Lo spaventerai e basta adesso!- urlò Jack, ma la regina sembrava diventata sorda.

 

Damio era triste. Aveva fatto vedere il suo segreto a Jack, e lui in tutta risposta era indietreggiato verso la porta e si era messo a correre.

Probabilmente l’aveva detto anche alla mamma.

-Tanto l’ho visto che ha incrociato le dita mentre faceva la promessa.

Stanco dei cubi, ora giocava con una marionetta. Non era capace di manovrarne i fili, ma la usava a mo’ di bambola, muovendone direttamente gli arti con le mani.

Era seduto sotto la finestra con la marionetta-bambola tra le gambe incrociate.

I capelli gialli gli ricadevano sopra la fronde corrugata, intenta a fissare l’oggetto che due minuscole manine facevano ballare scoordinatamente.

-Sento già i passi di mamma. La porta si aprirà tra tre, due, uno…

Più che aprirsi, la porta sbatté contro il muro così violentemente che più d’uno dei servitori successivamente accusò un lieve terremoto inspiegabile che si propagava per tutto il castello.

Sulla soglia, gli occhi sgranati, stava Elsa. Numerosi fiocchi di neve le vorticavano intorno; questi erano anche molto più grandi del normale.

Damio, che ancora non sapeva del dono della madre, decise di non trovare nessuna spiegazione logica per quell’evento.

-è una maledizione?- fu la domanda di Elsa, che non osava avvicinarsi. Aveva notato i fiocchi di neve che le ruotavano attorno, e non voleva fare del male al bambino.

Damio scosse la testa.

-Da quando succede?

il bambino sbatté gli occhi innocentemente.

-Da quanto ricordo, da sempre.

Elsa abbassò lo sguardo fino a terra. Si ritrovò a studiare il complicato disegno delle mattonelle nel pavimento.

Damio la guardava con un misto tra il curioso e l'offeso, deciso a tenere il broncio per la promessa infranta.

La regina era immobile, gli occhi assenti e con mille fiocchi di neve che vorticavano intorno a lei. Pensava a come aiutare il bambino.

Se non avrebbe avuto eredi (cosa improbabile) il trono sarebbe stato suo, ed Elsa non voleva costringere Damio a vivere la stessa infanzia che aveva vissuto lei.

Al solo pensiero del piccolo trovatello con i guanti

i guanti! Lui me lo voleva dire...

lo stomaco le si richiudeva in una morsa glaciale.

No, Damio non meritava quello. Aveva già sofferto molto per l'essere stato abbandonato dalla sua madre di sangue, non doveva essere abbandonato anche da lei.

C'era solo una piccola speranza. Doveva esserci un modo per farlo diventare un bambino normale, e una sola persona che poteva saperne la cura.

Le ginocchia di Elsa cedettero all'improvviso. Si ritrovò accovacciata per terra, gli occhi del bambino posati su di lei. Era l'unico modo. Una lacrima solitaria le solcò il viso e si congelò a metà strada, per poi cadere nel pavimento. Nel silenzio totale, un tintinnio leggero echeggiò per tutta la stanza.

-Damio... tu vuoi essere... così?

Il bambino sgranò gli occhi. Davvero mamma gli stava chiedendo questo?

-Mamma, io sono così. Non voglio cambiare.

Elsa trattenne il fiato per non scoppiare a piangere. Ingoiò il groppo che le si era formato in gola.

-Allora incomincia a fare i bagagli. Dobbiamo fare un viaggio.

 

Anna aspettava impaziente il suo promesso sposo. Dovevano ancora discutere dei dettagli per la festa di matrimonio! Ci sarebbero state un sacco di persone da ogni regno, e Kristoff doveva imparare un po' di educazione regale. Non avrebbe fatto una bella figura al banchetto con i suoi soliti modi “da montanaro” e Anna questo non poteva soffrirlo.

Mentre era assorta in questi pensieri, l'oggetto delle sue riflessioni arrivò correndo, un po' impacciato nei vestiti da principe (eredità del re) e con i capelli chiari sconvolti.

-Visto? Sono arrivato in orario!

Anna si risvegliò dai pensieri e si ritrovò a fissare la brutta copia di un ubriacone che si credeva re. L'uomo davanti a sé era talmente buffo che...

-Dai, smettila adesso! Ho capito di essere ridicolo, puoi anche evitare.

La principessa si teneva la pancia dal gran ridere: ci vollero dieci minuti buoni per farla calmare. A quel punto, con gli occhi traboccanti di lacrime per il gran riso, Anna esclamò:

-Ok, ok. Sono calma, adesso sono calma. Pff! No, tranquillo, ti prometto che non riderò più. Forza, adesso entriamo nella stanza del trono, così incominciamo la lezione!

Kristoff fece per incamminarsi, ma fu fermato da Anna.

-Aspetta, prima togliti quei vestiti! Non stai assolutamente bene.

Il montanaro sorrise pacificamente. Aveva il sorriso di un vero re.

E sarebbe diventato re, se Elsa non avesse avuto eredi; Kristoff era un uomo modesto e tranquillo, terrorizzato dall'idea di avere un regno sulla coscienza, e non si sarebbe mai sognato di aspirare al trono o di prenderlo con la forza. Al contrario di Hans, fatto di tutt'altra pasta. Al solo pensiero che quel vile verme era ancora vivo gli prudevano le mani. Hans (il solo nome lo faceva imbestialire) non solo aveva osato tramare contro Anna, ma anche contro il Arendelle, un semplice e pacifico regno che si affacciava nel fiordo. Per fortuna aveva avuto la punizione che meritava: ricondotto nel suo regno, era stato trasformato in un'orribile bestia e costretto a rinchiudersi in un castello al confine del mondo. Il suo unico motivo di vita ora era coltivare rose rosse, e si diceva che fossero le rose più belle di tutta la terra, coltivate grazie alle amare lacrime di rimpianto del principe rinnegato.

Ma Kristoff era di tutt'altra idea; conoscendolo, infatti pensava che la causa del colore di quei fiori fosse il sangue di omicidi che quel vile compiva, scambiato per un lupo, nei villaggi vicini.

Ad un tratto nei pensieri del montanaro esplose un dolore accecante: la causa era un lampione nel posto sbagliato al momento sbagliato, in cui era andato a sbattere preso com'era dalla sua testa. Anna ridacchiò divertita.

-Stai attento! Devi restare integro almeno fino al giorno del matrimonio!

Lo aiutò a rialzarsi ed insieme oltrepassarono la soglia della sala reale.

 

-Forza, questo è facile!

-Facile per te, forse! Sei abituata a fare queste stramberie!

Kristoff era intento a camminare cercando di no far cadere il libro in equilibrio precario nella sua testa. Era la ventesima volta che ci riprovava senza raggiungere i risultati sperati.

Anna non riusciva a smettere di ridere: era talmente impacciato!

-Che diranno le dame quando ti vedranno camminare tutto storto e gobbo?

-Le dame impareranno a farsi i fattacci loro.

La risata di Anna echeggiò limpida per la stanza.

-Prima o poi ce la farai. Siamo tutti con te!

Kristoff si rimise il libro in testa sbuffando e ricominciò il percorso. Concentrato, un passo dopo l'altro, riuscì ad arrivare alla fine. Anna ne era contentissima:

-Hai visto che non era così difficile?- applaudì eccitata.

Kristoff, in tutta risposta, posò il libro, accorse nella sua direzione e la sollevò da terra, causando una serie di gridolini divertiti da Anna.

-Guarda che non sono Damio! Mettimi giù!

Kristoff obbedì, e questa volta la prese tra le braccia.

-E quando lo potrò fare con un bambino che non è Damio?

Anna lo spinse via scherzosamente.

-Aspetta almeno che ci sposiamo; lo sai com'è fatta mia sorella.

-Tua sorella si dovrebbe lasciare un po' andare.

Anna lo guardò fisso negli occhi, seria.

-Ti sfido a lasciarti andare dopo anni di reclusione in una stanza, costretto ad avere paura di te stesso.

Kristoff prese aria per ribattere, ma Anna si divincolò via dalle braccia e uscì dalla stanza.

-Vado a vedere a che punto sono i preparativi.- fu la sua spiegazione.

Il montanaro sospirò e parlò alla stanza.

-Ci sono alcuni argomenti che non vanno ancora toccati.

  
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