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Autore: Tico_Sarah    30/05/2014    1 recensioni
Fino a tre anni prima, la gente magica non aveva avuto problemi a girare per la città. Quasi tutti avevano un lavoro, una famiglia. Tanti maghi avevano addirittura sposato creature non magiche, e non c’erano mai stati problemi di sorta. Almeno finchè non erano impovvisamente avvenuti alcuni delitti che avevano scosso tutto il mondo. Fortunatamente, la gente comune non sapeva dell’esistenza delle altre creature, e si era potuti correre ai ripari prima che la scoperta potesse turbare gli animi e dare vita una caccia ai mostri. Frequenti assassinii, rapimenti e furti erano stati perpetrati con una precisione incredibile e un’abiltà fuori dal comune, troppo fuori dal comune, tanto che il presidente dell’ordine delle creature magiche aveva dato lo stop a qualsiasi relazione tra magici e uomini comuni. (Critiche ben accette; note e commenti sono alla fine dei capitoli)
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4

 

  Si era sempre impegnata a fondo negli allenamenti e nello studio, eppure per quanto provasse sembrava impossibile riuscire a superare Vent. Deida non riusciva a perdonarsi per essere così seria e fredda con gli altri, tuttavia non riusciva a spiccicare un sorriso sincero neanche sotto tortura. Forse era a causa del blocco della memoria... No. Era inutile scaricare la colpa su altri fattori.

Vent era amata e benvoluta da tutti, era considerata la più forte dell’Antimateria, aveva un sacco di amici e tanti spasimanti.  Il tutto senza sforzo. Forse per il fatto che aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi?

Deida storse il naso e si portò la coperta fino alla radice del naso. No. Non era neanche per quello: Vent era gentile e dolce con tutti, ecco perché. Dopotutto, qualcuno non si sognerebbe neanche di trattare bene una persona che è sempre sgorbutica e solitaria.

Il fatto era che stare da sola era molto più facile che stare in compagnia. Gli amici portano tante rogne; bignogna chiamarli e cercarli sempre, altrimenti si perdono, bisogna ascoltare i loro problemi... E Deida non era portata per dare consigli o sentire i guai degli altri. Ne aveva già abbastanza senza che qualcuno ci mettesse sopra il peso dei propri.

Inoltre c’era la questione di Yuudai. Lei sembrava l’unica ad aver notato il suo sguardo perfido e pieno di rancore.

“Io sono l’unica che può percepire la sua essenza...”, pensò afflitta. Non sapeva il motivo di tanta rabbia, di tanta solitudine, ma percepiva negli occhi di Yuudai quello che lei vedeva nei suoi quando si specchiava. E forse per questo detestava tanto specchiarsi. Aveva sempre paura di scoprirsi diversa da ciò che voleva essere... Aveva sempre paura di pensare cose malvage, si vergognava quando sognava di uccidere Vent. Allora rinchiudeva quei pensieri nel cassetto più recondito della propria mente e li dimenticava, anche se loro rimanevano sempre lì a martellare la loro gabbia nel tentativo di uscirne.

“Possiamo ancora essere umani... non credi? D'altronde abbiamo anche noi un cuore...”

Chi aveva detto quella frase...?

Una violenta fitta al cuore le strappò un gemito, e lei afferrò con le mani la proria pelle nel punto dove batteva l’organo vitale, affondandovi le unghie. Le aveva fatto così male che avrebbe voluto strapparselo dal petto. Respirò affannosamente, scossa.

-Ei, stai bene?- domandò Rita, rovesciando la testa indietro. Stava ancora studiando anche se la voglia era calata ai minimi storici.

Deida abbassò la coperta e disse:-Sì.-

-Ho sentito che ti lamentavi.- Ribattè Rita.

-Non ho niente- ripetè Deida, riprendendo il controllo del suo corpo e della sua mente.-Qualche ferita mi fa ancora male.-

-Credevo che Syon le avesse chiuse tutte-

-Magari ne ha tralasciata qualcuna.- Disse Deida, poi tornò a rilassarsi e si distese supina sul materasso a fissare il soffitto bianco.

Rita giocherellò con la matita, imbarazzata, poi domandò:-Quali ricordi mancano?-

Deida non la guardò. Per un attimo pensò se fosse una buona idea rispondere, poi si ricordò che Rita, come lei, soffraiva di amnesia e rispose:-Quelli riguardanti i miei genitori. Ricordo gli studi, gli incantesimi, come si usa la daga... ma niente che riguardo... i miei genitori.-

-Non ricordi i tuoi amici?- chiese Rita, con cautela.

-Mai avuto amici.- Fu la risposta.

-Scusa.-

-Questa è stata una mia scelta, credo. Purtroppo avendo dei grossi buchi di memoria non posso ricordare se ciò dipendesse da me o dal volere dei miei genitori. Vedo solo me stessa avvolta dall’oscurita. Una figurina nel buio.-

Rita la fissò impietosita, posò la matita, si alzò e, presa la sedia, si trascinò fino al bordo del letto di Deida. Voleva farle qualche domanda per sapere di più su di lei e sui suoi sentimenti. Improvvisamente sentiva che tra di loro era sorto un punto di contatto, una lieve scintilla che si sarebbe potuta tramutare in fiamma, se ben alimentata.

-All’ospedale mi hanno detto che c’era stato un incidente, ma nessuno fu in grado di spiegarmi cosa accadde. Mi dissero soltanto che mio padre aveva assassinato mia madre e che presto qualche assistente sociale sarebbe venuto a prendermi.-

-Più o meno è la stessa cosa che hanno detto a me.- Mormorò Rita.

Deida chiuse gli occhi e rievocò quei ricordi. L’odore sterile dell’ospedale, il materasso morbido, la confusione nella sua testa e il viso di Syon che le parlava e la tranquillizzava. Le era sembrato di essere catapultata in un altro mondo.-Non ci capivo più niente...-

-Eri sola?- domandò Rita.

-Sì.- Rispose Deida con amarezza.-Questo fece supporre ai medici che i miei non vivessero a contatto con la gente, che fossero piuttosto schivi.-

-Deida...- mormorò Rita, abbassando lo sguardo.-So che ti senti sola. Anche io mi sento sola. E mi dispiace per tutte quelle cose che ti ho detto... Ti ho giudicato male.-

-Ti ho detto che non devi preoccuparti. È naturale. Non ho un carattere facile.-

Rita sorrise e le posò una mano sul viso.-Lo so che ti chiedo tanto, ma vorrei essere tua amica.-

-Non ho mai avuto amici.-

La ragazzina rimase delusa dalla risposta di Deida, ma poi quest’ultima si esibì un un sorriso sghembo e le disse:-Sarebbe ora di iniziare ad averne una.-

Gli occhi di Rita brillarono.-Allora... Forse potresti recuperare la memoria se solo lo volessi!-

-Non credo proprio.- Deida si morse il labbro. Aveva paura della verità.

-Ascoltami!- esclamò Rita, sporgendosi verso di lei con aria cospiratoria.-Io vorrei davvero ricordare qualcosa... Certo, adesso non soffro per il fatto che la mia famiglia non ci sia più, visto che non la ricordo nemmeno... Però scoprire qualcosa su di me, su chi sono realmente, quali erano i miei amici, i miei hobby, la mia casa... Questo è il mio desiderio più grande.-

Deida strinse convulsamente la coperta tra le dita e il suo viso si fece ancora più imbronciato.-Lo so. Anche io vorrei sapere qualcosa sui miei genitori... Anche io vorrei capire chi sono. Ma...-

-Quindi dov’è il problema?-

Rita sorrise e le prese le mani tra le proprie per farle forza. Si rispecchiava in quella ragazza... Era come guardarsi dentro. La malinconia, la solitudine, l’amarezza che Deida esprimeva così chiaramente, Rita le aveva soffocate da una parte mascherandole di falsa spensieratezza. Tutte le volte che aveva voglia di combinare un guaio era perché quella malinconia la spingeva a fare qualcosa che la facesse sentire ancora vera e unica, non uno spirito sperduto nel mondo. La sua attuale famiglia era così cara, dolce e gentile che si sentiva sempre in colpa quando pensava certe cose, ma non poteva neanche ignorarle. C’era una parte di lei che nessuno ancora aveva visto: la parte fragile e piena di rancore verso qualcosa che non poteva ricordare.

“Dodici anni di vita”, si ripeteva una vocina, nascosta nel buio della mente, “mi hanno rubato dodici anni di vita.”

Deida si perse negli occhi di Rita e ritrasse le mani.-Ti prego, lasciami riposare.-

-Ma...-

-Lasciami riposare.- Ripetè Deida scandendo bene le parole.-Adesso lasciami dormire, poi ne riparleremo. Sono stanca.-

Rita la fissò, indecisa sul da farsi. Infine si alzò, prese la sedia e tornò a sedersi alla scrivania, mentre con la mente tracciava il proprio piano per far recuperare a Deida la propria memoria.

 

***

 

Il capo della fazione innovatrice che si era distaccata dall’ordine delle creature magiche era un vecchietto con la pelle scura e rugosa, alto un metro e un pugno. Non stava mai fermo e si vantava sempre per il fatto che alla sua veneranda età fosse molto più energico di alcuni giovanotti del suo seguito. Aveva pochi capelli in testa e la barba di un grigio chiaro che si sposava con il colore della tunica, in tutto e per tutto identica a quella che indossava anche Syon. Questo perché il vecchio Roh, come Syon, era un mago bianco, oltre che un tecnico molto stimato. In gioventù era stato membro del consiglio presidenziale ma poi, in disaccordo con il presidente, aveva lasciato la politica e aveva costruito, in mezzo ad un bosco tra le montagne, un castello bianco che si arrampicava verso il cielo con guglie affilate.

La struttura, in stile gotico, la cui costruzione aveva coinvolto tutti gli elementi dell’organizzazione, era stata eretta in un anno e mezzo grazie all’uso della magia, ed era stata resa invisibile dalla potente magia di Roh. Solo le persone che portavano il tatuaggio dell’organizzione sulla pelle, una piccola colomba bianca, potevano vederla.  Era così alta che sembrava toccare il cielo, e nel vederla dal basso si provava un certo timore, soprattutto perché le statue Gargouille che la decoravano sembravano guardare tutte nella direzione dell’osservatore, intimandogli un certo rispetto. Sulla facciata principale si affacciava un rosone raffinato e, sotto di esso, incorniciata archi rampanti, si ergeva un grosso portone di legno massello.

Il palazzo era di una bellezza mozzafiato, tanto che, guardandolo, si rimaneva storditi da tanta grandezza. Era per questo che Roh amava quel posto, lo rendeva a sua volta grande e importante.

A una cert’ora del tramonto, il sole si nascondeva dietro le montagne e illuminava il castello di una luce arancione, e dal terrazzo della pinnacolo più alto si poteva godere di un’ottima vista del panorama. 

Proprio in cima alla torre più alta del castello, cui si accedeva attraverso un’interminabile scala a chicciola, c’era una stanzetta privata che il vecchio Roh frequentava tutti i giorni all’ora del tramonto. Lì, in piedi su una sedia di legno, si affacciava dalla finestra e guardava il panorama, ricordando a se stesso quanto si fosse spinto lontano con la sua lotta rivoluzionaria. Guardando da quell’altezza, tutto appariva piccolo e insignificante.

Quel giorno di marzo, con la primavera alle porte e l’aria fresca che lo accarezzava, se ne stava in piedi sulla sua sedia, con le spalle rivolte alla finestra.

Syon era pallido. Soffriva di vertigini.

Vent aveva eseguito un inchino aggraziato e si era apprestata a parlare delle ultime vicende accadute in città, senza tralasciare stavolta la comparsa di Yuudai.

Roh sembrò preoccupato:-Per tutte le cerbottane del mondo- sbottò.-Magia oscura hai detto?-

-Sì- fece Syon, con un sorriso che lasciava intendere tutta la sua agitazione.

Vent gli fece segno di non preoccuparsi e gli fece capire che avrebbe parlato lei, poi disse:-Mi spiace non averlo detto subito. Con la mia imprudenza ho messo in pericolo la vita di Deida... Mi spiace.-

Roh la fissò con i pugni sui fianchi e un’aria severa in volto.-Non è con me che devi scusarti, Vent.-

-Lo so- mormorò la giovane.

-Comunque quello che mi avete riferito è preoccupante. Lasciatemi dire che è solo colpa di qualcuno che tre anni fa ha deciso di fare lo spiritoso, se oggi ci troviamo a dover vivere da esiliati. Per fortuna possiamo stare in pace grazie alla segretezza del nostro nascondiglio, e da qui possiamo vigilare sugli uomini non magici... Tuttavia... Non ho idea di cosa stia facendo la fazione di Frost.-

-Frost... Possibile che stia macchinando qualcosa con la magia oscura?- Mormorò Syon.

Roh emise un borbottio confuso, poi brontolò:-Conoscevo Frost. Era un uomo integerrimo.-

-Però ha ucciso la moglie.- Replicò Vent, tentando di non essere glaciale.

-Non voglio giudicare le sue azioni- fece Roh, in tono deciso.-Ci siamo persi di vista dopo l’emanazione del decreto di tre anni fa e le voci che circolano su di lui potrebbero essere infondate. Ragazzi miei, prendete sempre sul serio le parole degli altri? Imparate a ragionare con la vostra testa!-

Vent arrossì e abbassò lo sguardo, ma Syon non si dimostrò così remissivo:-Non parlate così, a qualcosa si dovrà pur credere!-

-Frost si è reso invisibile per tre anni.- Spiegò Roh, fissando Syon come se avesse voluto penetrargli l’anima.-Finchè non l’avrò saputo con certezza, non gli addebiterò alcuna accusa.-

-E Yuudai?- domandò Vent, con voce tremante.

-A questo punto abbiamo bisogno di prove.- Disse Roh, balzando giù dalla sedia.

I due giovani dovettero abbassare lo sguardo per  poterlo guardare negli occhi.

-Fatevi dire dal vostro informatore dove abita e andate ad indagare. Voglio scoprire se davvero è stato Frost a insegnargli la magia oscura, o se l’ha imparata da solo. D’altronde, sua madre era un Tecnico molto abile e suo padre un vampiro.-

Vent si scambiò uno sguardo con Syon, il quale si voltò e uscì dalla stanza. Lei lo seguì, ma quando fece per varvare la soglia della piccola porta, Roh la chiamò e le disse:-Yuudai. Sei sicura di non sapere niente su di lui? Sono tre anni che è scomparso. E tutto dopo quell’incidente.-

Vent impallidì. Era in difficoltà ogni volta che l’uomo che amava veniva tirato in ballo, così rispose:-Lo stesso vale per Frost.-

-Capisco.- Mormorò Roh, socchiudendo gli occhi.-Spero per te allora che Yuudai sfugga dall’oscurità di cui è stato fatto preda.-

Vent annuì e se ne andò, pensando che avrebbe fatto di tutto pur di aiutare Yuudai. Lo amava troppo per lasciarlo andare così, senza una ragione. Il suo cambiamento era stato così radicale che forse si poteva sperare nel processo inverso. Se si sentiva solo, Vent l’avrebbe reso di nuovo felice, perché lo amava dal profondo del cuore.

Scese per la scaletta a chiocciola silenziosamente, ignorando i borbottii di Syon sui suoi capogiri. Di tanto in tanto faceva esclamazioni del tipo:-Forza, arriveremo presto alla fine...- o -Un po’ di coraggio...- sorrise in modo confortante, tuttavia pensava ai fatti suoi. Pensava al viso di Yuudai e a come era cambiato da quando erano bambini. Era diventato bello, i suoi lineamenti sembravano essere stati scolpiti da un artista, e quell’aria di malinconia gli donava un fascino che non aveva mai avuto.

Chissà... Chissà se pensava ancora a lei qualche volta... Chissà se ricordava i momenti felici passati a studiare o anche solo a bere qualcosa insieme. Lei era tanto contenta quando si trattava di andare a trovarlo, e anche lui sembrava felice. Non poteva aver dimenticato, erano passati soltanto tre anni. Possibile che il suo affetto per lei fosse cambiato?

Dopo lungo tempo arrivarono alla fine della scala a chiocciola e si ritrovarono in un pianerottolo circolare, completamente vuoto.

Syon tirò un sospiro:-Finalmente!-

-Però...- disse Vent, guardando in alto.-Ne abbiamo fatta di strada.-

-Mi chiedo come faccia quel vecchiaccio a venir quassù tutti i giorni- borbottò l’uomo, appoggiando le mani sulle ginocchia.

-Ci avrà fatto l’abitudine in questi tre anni!- rise Vent.

Syon cambiò argomento: -Allora, visto che dobbiamo indagare su Yuudai, da dove cominciamo?-

-Non ne ho idea...- fece Vent, arrossendo lievemente.-Compare sempre dal nulla...-

-Forse Vespasiano ne sa qualcosa...-

-Non ci dirà nulla, è troppo fifone- commentò Vent, sconsolata.

Syon ripensò alle parole di Vespasiano. Vent poteva vedere il suo cervello lavorare freneticamente sotto quella massa argentata di capelli, poi lui incrociò le braccia sul petto e disse:-Vespasiano ha detto che ci sono strane sparizioni di umani e di vampiri in questi ultimi giorni. Guarda caso Yuudai è sempre in mezzo ai piedi da un po’ di tempo a questa parte, e non dimentichiamoci che ha tentato di rapire Rita...-

Vent si agitò.-Credi che sia lui il responsabile?!-

-Non lo escludo.- Rispose Syon scuotendo la testa.

-Non lo farebbe mai!- esclamò Vent, con voce stridula.

-Forse il vecchio Yuudai non l’avrebbe fatto, ma l’uomo che ha quasi ucciso sia te sia Deida non esiterebbe a...- non completò la frase perché Vent gli aveva tirato uno schiaffo.

-Tu non lo conosci! Niente ti da il diritto di parlare così di un mio amico!-

-Lo consideri ancora tuo amico dopo tutto quello che ti ha fatto?!- urlò Syon, arrabbiato e ferito per il colpo ricevuto. Non se lo aspettava da una come Vent.

Lei abbassò la testa, poi si spazientì e raggiuse la porticina metallica che le avrebbe permesso di andarsene da quella stanza così angusta. Le pareti la soffocavano: aveva bisogno di stare all’aria aperta e calmarsi.

Aprì la porta, la quale scricchiolò e oppose una discreta resistenza a causa della scarsa presenza di olio sui cardini.

Syon seguì la giovane con lo sguardo pieno d’astio perché si sentiva messo da parte. E lui? Lui non era suo amico? E se non era suo amico, che cos’era precisamente?

 

 

 

 

 

 

  
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