Nora raramente aveva visto il collega in quello stato.
Pochi minuti prima, mentre lei era sdraiata sul divano della
sala relax a guardare una replica di Sogni d’Amore, Andrè era entrato nella
stanza strillando che una cavia era fuggita. C’erano voluti alcuni minuti
perché questo smettesse di gridare ed ingozzarsi di ciambelle.
Aveva tentato di rassicurarlo, di dirgli che lo avrebbero
trovato, e per tranquillizzarlo aveva cominciato a cercare il fuggitivo. Lo
sapeva benissimo che non potevano esserci molte speranze di trovare la cavia,
senza contare che, seriamente, come potevano anche solo pensare di sopravvivere
contro una persona a cui erano state piantate delle nanomacchine?
Tuttavia doveva fargli fare qualcosa. Andrè tendeva ad
andare nel panico quando era in compagnia di qualcuno e non poteva fare nulla:
un comportamento incomprensibile, visto che, in simili situazioni, quando era
da solo riusciva sempre a ragionare a mente lucida.
Così lo aveva spinto in un ascensore e gli aveva detto che
avrebbero cominciato a guardare dal piano in cui la cavia era stata rinchiusa.
Il pensiero aveva contribuito a calmare il povero scienziato, tanto che aveva
cominciato a lamentarsi dando un minimo di senso logico alle proprie parole.
“Sarò licenziato.” Andrè proruppe in una breve risata nervosa,
abbandonandosi ad una delle pareti dell’ascensore. “Sono… così licenziato.”
Nora scosse la testa, sospirando. “No non lo sei. Sei un eccellente scienziato. La nostra ricerca ha fatto passi da gigante grazie anche a te.” Sorrise, arruffando i capelli neri del collega. “L’azienda sa che sei un ottimo ingegnere genetico.”
Andrè fece un sorriso, ma si rabbuio subito dopo. “Sick mi
ucciderà. Mi… mi asporterà qualcosa.” Alzò lo sguardo verso la ragazza,
disperato. “Sick mi ucciderà!”
“Non… non lo farà, Andrè.”
“Si che lo farà!” gridò Andrè, disperato. “Lui lo farà,”
ripeté poi, portando una mano alla fronte e chiudendo gli occhi, colto da
nausea improvvisa. “Ti ricordi cosa ha fatto a… al chimico.”
Le faceva male vedere l’amico in quelle
condizioni, eppure non
poteva fare a finta che quell’ipotesi fosse ridicola. Isaac era
conosciuto
quasi più per i suoi ‘scatti d’ira’ nei giorni
in cui era colpito da insonnia che per l’essere un genio.
Nora trattenne un sospiro. Aveva già visto Andrè piagnucolare
in quel modo, anche se per cose molto meno importanti – o almeno, meno
importanti per delle persone normali - , e sapeva che quello era il segnale che
ci mancava davvero poco perché sopraggiungesse un attacco di panico.
“Andrè,” cominciò lei, fermandosi quando le porte dell’ascensore si aprirono. Spinse l’amico fuori dall’abitacolo, assicurandosi che non vi fossero orecchie indiscrete, quindi riprese a parlare, abbassando la voce. “Non lo farà. Lo sai che in quel periodo non riusciva a dormire.”
“Io… si. Lo so. Ma forse-”
“No, Andrè.” Nora continuò a guardarsi attorno, stringendo con una mano il braccio dell’amico e tirandolo in avanti, camminando il più velocemente possibile. Non sarebbe stata un’ottima cosa incappare in un altro scienziato, senza contare che Isaac, da quello che le risultava, stava lavorando. Nulla di più facile quindi incontrarlo e Nora non era granché brava ad inventare scuse: la mente creativa era Andrè, e sfortunatamente in quel momento stava meditando il suicidio. “Forse Sick non è il massimo, in quanto rapporti umani, ma deve essere davvero nervoso, stanco ed esasperato per fare una cosa del genere.”
Andrè deglutì un groppo di saliva. La nausea lo stava ancora
assillando, e non era che l’ansia e il continuo tirare dell’amica lo stesse
aiutando particolarmente, in quel senso. “Ma allora cosa mi succederà?”
“Prego?”
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma per la seconda volta non
uscì altro che una risatina isterica. “Non… non è possibile che io la passi
liscia,” balbettò appena riuscì a riprendere il controllo delle proprie corde
vocali. “
La ragazza si morse il labbro inferiore, sentendosi leggermente in colpa. Effettivamente no, non ne aveva idea: lei aveva fatto parte del programma, non aveva dovuto fare degli anni di gavetta “Non lo faranno, Andrè. Non possono mettere un dipendente come te in una sezione inferiore.”
“Potrebbero licenziarmi,” continuò Andrè. Nora non osò
voltarsi verso di lui: il tono di voce dell’uomo ricordava tremendamente un
bambino che sta per scoppiare a piangere. “N-non voglio essere licenziato,
v-voglio rimanere con te e-e Isaac e… e il c-chimico strano e… e S-Sunny…”
“Stai tranquillo, Andrè.”
“E… e se verrò licenziato,” lo scienziato aveva ripreso a
tremare, “n-non c’è nessuna possibilità che Sick mi l-lasci andare. S-so troppe
cose, potrei p-parlare, e a-allora l-lui mi…”
Prima che Andrè si potesse rendere conto che l’amica si era
fermata, Nora aveva appoggiato le mani sulle sue spalle e lo teneva fermo,
costringendolo a guardarla negli occhi.
“Andrè, tu non verrai ne licenziato ne degradato.
D’accordo?”
In quel momento risuonò una sirena nell’aria.
-
-:.:-+-:.:-
-
Quando Isaac aprì la porta dello sgabuzzino rimase
ragionevolmente sorpreso nel constatare che dentro vi era nascosta una persona.
Per quanto fosse arrivato troppo tardi per sapere realmente
cosa stesse facendo, era convinto che avesse appena accennato ad accoltellare
qualcosa: cosa, visto che nello sgabuzzino c’erano solo loro due, allo
scienziato non era dato sapere.
Chiunque fosse il tizio, non aveva un bell’aspetto: i
capelli lunghi erano arruffati, i vestiti erano spiegazzati e emanavano un odore
strano- un misto fra sudore e stantio, se qualcosa del genere poteva esistere.
Era ovvio che fosse una cavia. Non aveva l’aria di essere un
dipendente, e la possibilità che un civile fosse riuscito a superare i piani
del secondo livello erano nulle.
L’uomo sembrò essersi reso conto della sua presenza: si
voltò, guardandolo con terrore, troppo sorpreso, probabilmente, per rendersi
conto di essere armato.
Isaac calcolò velocemente quanto vantaggio poteva avere. La
sorpresa avrebbe reso il tizio innocuo ancora per qualche secondo. Fare un
gesto inconsulto quale tentare di disarmarlo era una pazzia: Isaac sapeva di
essere troppo debole, ed era ovvio che una simile azione avrebbe messo in moto
l’istinto di sopravvivenza del tizio… o l’avrebbe risvegliato completamente
dall’estatica contemplazione- qualcosa da evitare, viste le povere capacità
fisiche dello scienziato. Per lo stesso motivo non era una buonissima idea
fuggire: oltre al fatto che non era molto veloce, se quello era un paziente a
cui erano state piantate nanomacchine allora era semplicemente impossibile che
riuscisse a scappare.
C’era un’unica cosa che rimaneva da fare.
“Bisturi.” Disse Isaac, quasi fosse la cosa più naturale del mondo. Poi, resosi conto della propria maleducazione, si corresse: “per favore.”
Il tizio lo guardò con rinnovata sorpresa prima di passargli
il bisturi con gesto meccanico.
Isaac chinò leggermente la testa per ringraziarlo, poi fece
un passo indietro e chiuse la porta dello sgabuzzino.
Si girò a sinistra, percorrendo con calma parte del
corridoio.
Dapprima il sollievo: lo soppresse subito. Non c’era nulla
per cui essere sollevato.
Poi l’agitazione: e se il tizio stesse per accoltellarlo
alle spalle?
Infine la rabbia. Di chi era la colpa? Chi aveva lasciato
che una delle cavie fuggisse? Chi aveva messo in potenziale pericolo l’azienda?
Alzò il pugno destro e lo sbatté contro il pulsante per dare
l’allarme, scaricando la propria furia in quell’unico gesto.
Nora ed Andrè furono i primi ad accorrere sul posto. Isaac
li accolse facendo un lieve cenno con la testa, cercando di ignorare il fatto
che Andrè era letteralmente sbiancato quando lo aveva visto.
I due sembravano essere più sorpresi dal fatto che fosse
stato Isaac a dare l’allarme che dall’allarme in se: non c’era altro modo di
spiegare l’espressione atterrita di Andrè, o lo sguardo vagamente idiota che
Nora gli stava rivolgendo.
Alla fine fu però quest’ultima a ritornare per prima alla
vita. “Qual è il problema?”
Isaac scrollò le spalle, accennando allo sgabuzzino in fondo
al corridoio. “Cavia in fuga.”
Nora sgranò gli occhi, stupita, stringendo istintivamente il
braccio di Andrè che stava, se possibile, diventando persino più cinereo.
Isaac socchiuse gli occhi, incuriosito dal comportamento dei
due sottoposti: aprì la bocca per dire qualcosa ma Nora lo batté sul tempo.
“Siamo in tre, no? Prendiamolo.”
“No,” sussurrò Andrè. Isaac spostò lo sguardo verso di lui, sorpreso, quasi lo sentisse parlare per la prima volta in cinque anni. Lo scienziato abbassò lo sguardo prima di continuare. “Gli sono state installate delle nanomacchine particolari. Riuscirebbe a batterci senza sforzo.”
Subito dopo Andrè si rese conto di quale incredibile errore
avesse appena fatto.
Isaac socchiuse gli occhi, assumendo un’espressione che già
da sola bastava a far venire voglia al poveruomo di gridare aiuto, e Nora fu
certa di aver visto un cupo scintillio nel bisturi che lo scienziato stava
stringendo con così tanta forza.
Le guardie arrivarono in quel momento, tranquillizzando in parte Andrè, ormai sull’orlo dell’infarto.
“Sgabuzzino,” biascicò Isaac, indicando la porta in fondo al
corridoio. Le guardie annuirono, prima di imbracciare le pistole e scattare
verso la direzione indicata.
“Quindi, Andrè,” continuò lo scienziato con fredda cortesia, “potresti farci il favore di rivelarci chi è il fuggitivo?”
Andrè arrossì, abbassando lo sguardo. “Occhietti d’ambra,”
sussurrò poi, stringendosi le spalle.
Si poté vedere, negli occhi di Isaac, un guizzo di puro e
feroce odio.
“Oh, è il 143-
Un minimo di consapevolezza sembrò farsi strada nel cervello di Isaac, che infatti annuì fra se e se, pensoso. “Ah. Mutante.”
Nora sgranò gli occhi. “M-mutante?” balbettò lei, portandosi
una mano alla bocca.
Isaac si sentì morire dentro. Quando la ragazza balbettava e
tentava di nascondersi in un qualche modo non era perché stupita, o impaurita:
no, era perché sapeva di aver fatto qualcosa di estremamente stupido.
“Si, Nora. Era scritto nella cartella.” Isaac scandì ogni
lettera, facendo risuonare le sue parole nella mente della sempre più impaurita
ragazza. “Su quelle nanomacchine abbiamo lavorato io e il tuo caro amico. Ne
dovreste aver parlato, fra una soap opera e l’ennesima pausa dolci.”
“E… è che, uh, per un qualche… curioso scherzo del destino,” Nora ridacchiò, fermandosi appena vide lo sguardo di Isaac assottigliarsi, “ero convinta che fossero solo le… sai, le nanomacchine base. Q-quindi…”
Si voltò verso Andrè, che la guardava senza capire. Lei
sospirò. “Gli ho… uh… installato dei giocattolini e delle… specie di, uhm, ali.”
Lo sguardo di Isaac si ridusse ad una fessura. “Hai installato delle ali su una cavia.”
“Ali… ovviamente, ehm, retrattili,” aggiunse lei, tentando
di sorridere.
La tattica non funziono. “Tu,” esclamò Isaac, riprendendo subito parte del proprio autocontrollo. Porto una mano alla tempia, cominciando a massaggiarsi la testa, fece un respiro profondo, e poi tornò a parlare, con tono più calmo. “Perché hai fatto una cosa del genere?”
Nora arrossì, facendo un istintivo passo indietro. “Perché…
mi sembrava… ca… rino…”
“Ungh!!” Il pugno, chiuso attorno al bisturi, prese a tremare violentemente. “Sono anche completamente inutili! Cosa diavolo pensi possa fare, volare?!”
“Uh…” lei si voltò verso Andrè, alla disperata ricerca di
una risposta. Questo scosse la testa, veementemente. “…si?”
“No!” sbottò Isaac. Andrè, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati, rimase a fissare la ragazza, incredulo.
“Non lo sapevo!” esclamò Nora in risposta, tentando di disperatamente
di difendersi.
“Potevi chiederlo ad un biologo,” e Isaac si indicò con la mano libera, “che ti avrebbe risposto che la sola idea è ridicola perché gli esseri umani non sono aerodinamici e non hanno una coda!”
Lei alzò una mano, timidamente. “Ecco, approposito di code…”
La scienziata fu interrotta da uno schianto in fondo al corridoio, dove la cavia aveva appena lanciato la porta dello sgabuzzino contro tre delle cinque guardie.
Il fuggitivo si voltò verso di loro, prima
di colpire gli agenti
rimanenti con delle mosse che, Nora ed Andrè ne erano quasi
sicuri, sembravano
essere prese da un film di lotta: persino il modo di correre verso di
loro, piegandosi in avanti per prendere velocità, con le braccia
leggermente sporte
ai lati e gli artigli pronti ad attaccare, assomigliava ad una scena
presa da
un film di samurai.
I due aggrottarono la fronte, perplessi- artigli?
Mimando un arco che partiva da
sinistra, questo colpì Isaac con il braccio destro facendolo
sbattere contro il muro: lo scienziato emise a malapena
un gemito, prima di accasciarsi a terra.
Peggio andò ad Andrè: la cavia gli fece volare via gli
occhiali e gli graffiò l’occhio sinistro, con un movimento che doveva sembrare
uno schiaffo. Cadde a terra, gridando, mentre con la mano destra tentava di
fermare il sangue.
Nora scivolò al suolo e il fuggitivo la sorpassò con un
salto, atterrando a quattro zampe a pochi metri dietro di lei.
Questo si alzò, squadrando i tre scienziati: Nora era troppo scioccata per fare qualcosa, Andrè continuava a tenersi l’occhio, tremando, ed Isaac era a terra che tossiva, probabilmente per il colpo preso al petto. La cavia si concentrò su Andrè saltandogli subito addosso, con una delle due mani artigliate in aria pronta a colpirlo una seconda volta.
Uno strano dolore alla gamba lo bloccò, facendolo gridare.
Abbassò lo sguardo: Isaac gli aveva piantato una siringa in
un polpaccio, iniettandogli qualcosa. Infuriato, il fuggitivo gli diede un calcio, facendogli sbattere
la nuca contro il muro.
Approffittando di quel momento gli agenti, ripresosi, cominciarono a sparargli contro, distraendolo dai suoi propositi di vendetta: ringhiò, ricordando un animale inferocito, per poi scattare verso una delle porte in fondo al corridoio inseguito a ruota da tre guardie.
“A-Andrè?” balbettò Nora, non osando sporgersi in avanti. “Isaac?”
Quest’ultimo tentò di tirarsi su usando le proprie braccia, riuscendo soltanto a farle tremare come gelatine. Ringhiò fra se e se, appoggiandosi contro il muro, prima di tossire un’ennesima volta.
Due guardie corsero accanto ai feriti, aiutandoli ad alzarsi:
Nora, passato il momento di terrore, riuscì finalmente a rilassarsi, sentendo
in risposta ogni muscolo del suo corpo gridare di dolore- riuscì ad alzarsi da sola,
comunque, al contrario dei due colleghi.
Isaac non sapeva cosa fare: se mettersi una mano sulla
bocca per beneducazione, tentare di calmare il male alla nuca, massaggiarsi le tempie per sedare
il terrificante mal di testa che aveva preso a tormentarlo più che mai o se
battersi il petto nel tentativo di placare la tosse. Così decise di non fare
nulla, rimanendo con un braccio bloccato dalla stretta della guardia, che
tentava di aiutarlo a tenersi in piedi, e l’altra mano che frugava nel proprio
camice.
“I miei occhiali. Dove sono?” mormorò Andrè, lasciando la
guardia e appoggiandosi al muro. Non che non riuscisse a stare in piedi con le
proprie forze, ma non sapeva se potersi fidare di quel poco che riusciva a
vedere in quel momento.
Alzò lo sguardo, cercando Isaac: non gli fu difficile capire
chi era, contando che era l’unico biondo.
“Grazie,” balbettò Andrè, facendo un sorriso.
Isaac prese una siringa dal camice e lo colpì con quella, iniettandogli
il sedativo: Andrè ebbe a malapena il tempo di gridare per lo spavento prima di
accasciarsi al suolo.
Nora si lanciò verso l’amico ma si bloccò appena vide lo sguardo che Isaac le stava rivolgendo.
“Appena il tuo amico si risveglia, Nora,” mormorò questo con
tono così freddo da farla rabbrividire, “digli che se la cavia riuscirà a
fuggire, lui prenderà il suo posto. Chiaro?”
Lei annuì, deglutendo a fatica.
--
------------------------------------------------------
--
-
X inuziku_rukiaXP: Grazie per il tuo commento ^O^ Quanto ai Rammstein, non ti preoccupare: è da quattro ore che sto ascoltando Keine Lust a ripetizione ._. Forse posso cantare a memoria *_*
X Vitani: Stai tentando di farmi morire? No, sul serio. Stai tentando di farmi morire PER L'IMMENSA GIOIA CHE MI STAI PROCURANDO? *__*
Cioè, già una recensione all'ultimo capitolo mi fa morire di gioia ma... Una recensione ogni tre? Per farmi capire come vado? Io ho talento? Questo è... questo è... YAY!
E... e vogliamo parlare del fatto che HAI RECENSITO ANCHE ALTRE MIE STORIE? Cioè, io sono O_O e *__* e OçO e =ç=
Mi stai facendo sentire come una Mary Sue... con un espressione timida ma entusiasta ma imbarazzata però prostrata. Com'è una espressione prostrata? Non lo so. Però... =ç="
Mi dispiace per questo capitolo. Ditemi errori o quant'altro. By the way, scusa, Vitani, ma non so se riesco a rendere i precedenti capitoli meno impersonali ç_ç cioè... momentaneamente, non so se ci riuscirei ç_ç un giorno li migliorerò, ma non questo mese. Scusa ç_ç