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Autore: Ilarya Kiki    31/05/2014    1 recensioni
"Bentornata nel mondo, ragazza mia.
Le gambe mi fanno rientrare nel sarcofago, ed il buio si rifà subito assoluto con un tonfo legnoso, facendomi ricadere nel mio confuso limbo di memorie, terrorizzata.
E poi, più nulla."

Questa storia è la diretta continuazione di "In The Sake Of Art", quindi probabilmente sembrerà iniziare un po' a strappo, anche se ovviamente farò del mio meglio per renderla più piacevole possibile!
Buona lettura!
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Altri, Deidara, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Jiyū Kunoichi No Monogatary - Story of a Free Kunoichi'
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Awakening


Attorno a me vedo solo azzurro.
Solo un’immensa luce, che brilla a partire dal centro del mio petto, come se mi fossi trasformata in un sole, o in una bellissima stella. Sono…perfetta.
L’aria non si muove, e scorgo sotto i miei piedi, molto vagamente, il verde manto di un bosco ed un circolo di polvere innalzata dall’emanazione potentissima che mi sublima.
Vedo nubi, infiammate di bianco.
Ma che luogo è questo?
È qualcosa di bellissimo, che continua a ripetersi ancora ed ancora: la luce esplode, in me e fuori di me, spegnendosi e riaccendendosi come se fosse dipinta sulle pagine di un libro illustrato, le quali sono continuamente voltate avanti e indietro da un paio di mani ammirate dalla bellezza della scena dipinta.
Dove mi trovo?
Ah, ma questo, è quello che ho fatto quando sono morta.
Il momento in cui mi sono fatta esplodere rivive in un circolo infinito attorno a me, allietato da qualche vaga consapevolezza, ma neanche troppo. Non sono nemmeno sicura se sia normale che io stia vivendo questo, ma fatico persino a pormi questo genere di domande. Poi credo di capire, deve essere così. Questi sono i miei ricordi.
Non appena acquisisco questa certezza, cominciano subito a confondersi, ed il mio orizzonte si riempie di altre immagini mischiate: accanto a me ora svetta quel ciliegio che tanto amavo da bambina, così grande visto da me così piccina.
Poi c’è l’Accademia, al villaggio. E poi il volto di Kiyome, la mia maestra all’orfanotrofio. Il suo viso di rimprovero, le mie mani macchiate di inchiostro ed i miei capelli neri lunghi fino alle ginocchia. La mia solitudine, il mio kimono preferito.
Poi dietro di me sento un respiro, e mi scorgo voltarmi velocemente contro il nemico che mi ha colta alle spalle nella foresta. Il suo sangue, la mia divisa da jonin tutta imbrattata, e poi le urla dei miei vecchi compagni di squadra, mentre litigavamo. I miei capelli lunghi sugli occhi, che mi impedivano di vedere chiaramente e si incollavano alle ciglia, e poi, il mio coprifronte che bruciava e fondeva il suo metallo al suolo. Oh, sì, e poi quella splendida sensazione della lama che mi ha tranciato via tutti quei capelli, insieme col mio passato da kunoichi, per portarmi al mio futuro da geisha, libera, finalmente.
Sono un po’ confusa, e l’esplosione di prima torna a darmi fuoco, come a bruciare tutti quei momenti inutili, così patetici, così arrugginiti di passato e di turbe adolescenziali.
C’è un momento di confusione, e fatico persino ad identificarmi nella turba di corpi evanescenti che la mia memoria mi proietta attorno, fino poi a focalizzarsi in un sorriso. Per un momento mi pare di vedere me stessa, ma poi mi accorgo che ciò vedendo non sono io. È Dei-senpai.
Deidara…
Spero che tu stia bene, e che ti stia godendo la vita che sono riuscita a preservarti facendomi esplodere. Spero davvero che tu sia felice. Mi accorgo che tutto il resto è sparito, e lui occupa tutto lo spazio. Non so se ho ancora una bocca –non mi sembra-, ma se l’avessi starei sicuramente sorridendo tra me e me, arrossita. Mi scorrono davanti in fretta, con la sua immagine che non mi abbandona nemmeno per un momento, tutti i momenti che ho passato come membra dell’organizzazione Akatsuki, i giorni più immensi e stravolgenti della mia vita. Con lui, con Deidara, ho finalmente trovato le ali, e ho raggiunto la bellezza perfetta.
È strano, è come se stessi rivivendo, nei miei ricordi, tutta la mia breve vita di diciottenne.
Non capisco nulla, è come se fluttuassi. Non ricordo nemmeno quando questa luce è iniziata, quando ho ricominciato a chiamarmi “io”, quando il mio spazio mentale si è ricomposto per riaccogliere frammenti di una vecchia vita, che dovrebbe già essere perduta, in polvere. È come un lento e sonnolento risveglio, in cui i miei pezzi si stanno man mano ricongiungendo, per farmi tornare ad essere quella che ero una volta, quella giovane donna che voleva essere chiamata Tsukaiko. Ma Tsukaiko è morta. Lo so, perché sono assolutamente certa di essere morta.
Ma, allora, perché?
Perché ricordo, perché penso?

Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando sono entrata in questo stato, né ho la possibilità di percepirlo, quando qualcosa di molesto ferisce i miei occhi.
Occhi? Da quando ho ancora gli occhi?
È luce, luce vera, solare, di quelle che accecano gli occhi dei morti. Ad un palmo dal mio volto si crea una fessura di doloroso bianco, poi si espande subito, odo uno schianto di qualcosa che cade al terreno e la luce mi circonda completamente, spazzando via tutti i pensieri e tutti i ricordi.

La vista ritorna con una strana sensazione nella zona dove in vita si trova la nuca, ed un paio di gambe non mie mi fanno avanzare di un passo. Odo voci, e percepisco la brezza che muove la mia veste, la terra sotto i miei piedi nudi. E poi, sento la puzza.
Due uomini, uno incappucciato e l’altro mascherato, parlano, indicando più o meno il luogo dove mi trovo. La mia bara di legno.
Non sono sola, altre presenze sono accanto a me, con i loro sarcofagi profanati, con il loro fetore di morte, i loro passi blasfemi sulla terra dei vivi. Mi pare di aver già sentito da qualche parte le voci di quei due davanti a me, soprattutto una, che mi irrita al solo suono.
“…sono tutti fortissimi, e non sono nemmeno tutte le mie pedine a disposizione.”
Pedine?
“Alleati con me, e ti metterò a disposizione le mie risorse militari. Hai bisogno di me per vincere questa guerra.”
Pausa. Il sole mi acceca, la puzza, anche se non la respiro, la sento penetrarmi nelle ossa come una malattia infettiva. I miei polmoni non respirano, il cuore non batte nel mio petto, le gambe non riesco a sentirle, ma mi tengono comunque in piedi. Io sono qui. Circondata da mosche.
“Ma questa…” mormora l’altra voce, sconcertata “…questa, è l’Edo Tensei.”

Bentornata nel mondo, ragazza mia.
Le gambe mi fanno rientrare nel sarcofago, ed il buio si rifà subito assoluto con un tonfo legnoso, facendomi ricadere nel mio confuso limbo di memorie, terrorizzata.
E poi, più nulla.
  
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