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Autore: Lory1107    31/05/2014    3 recensioni
Avete presente le solite FF sugli one direction dove c'è la solita storiella del ragazzo cattivo che trova la ragazza buona? bene...dimenticate ogni cosa. La mia storia è diversa da tutte le altre, la mia storia non ha tradimenti o litigi e le solite cose che capitano fra le coppie...è nata per un motivo: spiegare il senso della vita. magari verrà considerata noiosa ma spero che questo racconto porti tutti noi a ragionare, sia grandi che piccoli, e ad apprezzare la nostra vita. La storia è puramente inventata...parte tutto dal dolore di una figlia, da una malattia e dal coma. Sconsigliato alle persone dalle 'lacrime facili'.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The meaning of life

Capitolo one


Sembrava volasse, il mio piccolo angelo, i capelli biondi al vento, le mani strette alla catena fredda dell’altalena. La risata cristallina, gli occhi accesi di una gioia pienamente infantile. Aveva due anni. Era bellissima con quel suo vestitino bianco che le scopriva le gambe magre e agili, un lieve rossore le imporporava le guance, un dolce sorriso innocente. Aveva tre anni. La prima foto con i nonni che erano scesi dalla Liguria proprio per vedere mia figlia, dopo cinque anni, pensavano di guadagnarsi l’affetto di mia figlia con mille regali, la piccola non li volle, era già felice di avere i nonni con sé. Le foto si fanno più rade tra i sei e gli otto anni, colpita dalla leucemia, costretta a stare a casa, a letto, tra atroci dolori e momenti di delirio. A nove anni la malattia lascia finalmente in pace il corpo di mia figlia e le permette di rialzarsi e correre per giocare con i suoi amici. A dieci anni prende il suo primo dieci in inglese, la sua voce mentre lo annunciava era più matura, da adulta…era contenta. A dodici anni la madre muore e le rimango solo io, a dodici anni la luce abbandona i suoi occhi azzurri, il mare viene sostituito dal grigio, il mare era l’infinito, il grigio era la realtà. A tredici anni non mi parla quasi più, non la biasimo…ha affrontato tutto da sola mentre io soffocavo il mio dolore lavorando giorno e notte, talvolta le regalavo qualcosa che veniva costantemente rifiutato seguito dalla frase: “Non voglio un regalo, voglio il tuo amore”. Un amore che non ero mai stato in grado di donarle, troppo occupato a pensare al mio di dolore invece che aiutare mia figlia. A quindici anni cominciò a riuscire, a riprendere contatti con dei suoi compagni di scuola…ma non erano gli amici giusti per lei. Picchiavano i più deboli, fumavano, la droga era sempre presente così come il sesso… i suoi voti calarono drasticamente, il suo look cambiò. L’oro venne sostituito con il nero, l’azzurro venne soffocato da chili di mascara e matita, a quindici anni perse sé stessa. A sedici mi accusò di non capire nulla di lei o della vita, dopo un anno le avevo vietato di vedersi con i suoi amici…di togliersi quel dannato nero dai capelli e dagli occhi, di vestirsi con colori allegri e non scuri…speravo che tornasse come un tempo ma qualcosa le si era infranto dentro e quella cosa non poteva più tornare. A diciassette anni non volle più venire a fare visita alla tomba di sua madre, diceva di odiarla per averla abbandonata, diceva che quella tomba era vuota e che credere che lei, da lassù, ci stesse osservando era da stupidi…non esisteva Dio, non esisteva nulla, la vita non aveva nessun senso.
Sto guardando le fotografie di mia figlia ricordando ogni passaggio della sua vita, la gioia, la tristezza, il dolore e poi il nulla. Sto riguardando ogni errore commesso con lei a partire dai dieci anni, sto guardando quelle foto mentre la aspetto seduto sul divano di pelle di casa. E’ uscita, non mi ha detto dove andava, è l’una di notte…non è ancora tornata. Altre volta ha fatto più tardi senza mai avvertirmi, anche perché se mi avesse detto qualunque cosa io non l’avrei ascoltato concentrato com’ero su me stesso. E’ l’una di notte, ma qualcosa stanotte è accaduto a mia figlia…lo sento. Il dolore è come un mostro freddo e viscido mentre si posa sul mio cuore, le gambe mi tremano mentre le costringo a reggere il mio peso, l’album cade a terra assieme alla coperta con un sordo tonfo. Cammino goffamente fino alla finestra, le orecchie ronzano non permettendomi di udire qualunque suono. Gli occhi cercano mia figlia da ogni parte, squadrando la casa vuota e fredda da quando mia moglie se ne è andata. Dalla finestra vedo arrivare delle macchine di polizia, non sento la sirena…le orecchie ronzano sempre più forte. Mi avvicino alla porta dell’ingresso per aprirla ai poliziotti…so già che cercano me. Noto l’espressione spaventata di uno di loro, devo avere un aspetto orribile. Volto magro e scavato, occhi spenti e fuori dalle orbite, occhiaie profonde.
“Lei è il signor Albert Wilson?” mi chiede senza mai incontrare il mio sguardo, posso capire dalla sua faccia stanca e tirata che non ha buone notizie e che è stato costretto a venire da me per riferirmelo.
“Si” la mia voce è debole e roca, come se avessi urlato per ore…e forse è come se lo avessi fatto, dentro di me.
“Sua figlia…” comincia ma imbarazzato si ferma, cercando le parole più adatte per dirmelo.
“E’ in coma” sussuro…lo so, non so come ma so che mia figlia è in coma…lo sento.
“Lei…mi dispiace” abbassa lo sguardo tenendosi per sé la domanda, riconoscendo che non è il momento adatto per porla.
“Com’è successo?” chiedo, sono ancora sull’uscio, vestito con un’orrenda vestaglia marrone e pantofole rovinate, ma sembro calmo e freddo… vorrei correre da lei ma non lo faccio, ho paura eppure non provo nulla…è come se la mia anima si fosse staccata dal mio corpo, lacerata e bruciata dal troppo dolore.
“Incidente automobilistico, era buio e vostra figlia non ha visto la macchina arrivare, ha superato lo stop e lo scontro è stato terribile” risponde sincero, omettendo i dettagli per il mio bene.
“Dov’è adesso?” improvvisamente torno a vivere, sono ansioso, arrabbiato, preoccupato e soprattutto spezzato in due… sono tornata ad essere padre.
“All’ospedale Deliver life” risponde, mi saluta velocemente per poi andarsene una volta compiuto il suo compito.
Rimango sull’uscio rabbrividendo mentre un gelido vento porta con sé odore di morte.

Okay, come ho già detto questa è una storia drammatica. Quello che parla nel primo capitolo è un padre che è stato assente durante la crescita tormentata della figlia, prima malata di leucemia (tumore al sangue) e adesso dal coma. Mi piacerebbe moltissimo ottenere la stessa "fama" di After o Dark, storie scritte veramente in modo eccellenta ma tutto sommato raccontano, a mio parere, la stessa cosa...un ragazzo oppresso dai demoni del passato, una ragazza che sarà la sua ancora di salvezza, il sesso, gli inganni e così via. La mia storia è completamente diversa, niente sesso, amore si...ma non sesso, spiegherò in seguito la differenza fra questa parole che sembrano simili. Qualche piccolo litigio ci sarà, alcuni avranno valore importante altri no, per dare una sfumatura più reale alla storia. Nel prossimo capitolo vi presenterò la figlia di Albert, in un modo particolare...avrete già capito che è una ragazza ribelle che nasconde dentro di sè un grande dolore. La morte della madre l'ha segnata profondamente...il mio obiettivo è quello di insegnare qualcosa...quante volte ci lamentiamo dei continui problemi che ci affligono? Quante volte diciamo che la vita fa schifo? Scoprirete che in realtà non è così e lo scoprirà, assieme a voi, anche la protagonista.
Le recensioni sia positive che negative sono ben accette, mi farebbe moltissimo piacere sapere cosa pensiate di questo primo capitolo.
Un bacio
-LTommo
  
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