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Autore: WhoLovesLife    01/06/2014    0 recensioni
E' appena finita la guerra, ma non sembra.
La paura può avere conseguenze disastrose sulla società.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Come non dovrebbe essere.

Da un paio di decenni è finita la guerra. Non ci sono stati veri e propri vincitori. C'è chi è sopravvissuto e chi no. Noi siamo fin troppo fortunati: la mia è una città fiorente, che ha ripreso vita molto velocemente al termine delle battaglie. D'altra parte si notano ancora conseguenze terribili, sopravvissute alla pace. Probabilmente ci vorrà davvero tanto tempo prima che scompaiano. La paura può essere una terribile compagna.
Fuori dalla finestra si può vedere la loro gente; i più fortunati arrancano nelle botteghe, i più coraggiosi mendicano per strada. Gli altri rimangono in casa, sempre che ne abbiano una. Preferiscono non farsi vedere, restare nell'ombra, sopravvivere senza sopportare lo scherno e il disgusto che gli abitanti di questa città, i forestieri, chiunque prova nei loro confronti.
Non sono tanti, a dire il vero, ma abbastanza da non poter evitare di notarli. Sono i pochi sopravvissuti di un'intera specie: si sono sparsi nelle città in cerca di aiuto, ed ecco come vengono ripagati.
Io osservo, e penso che bisogna essere davvero stupidi per arrivare a trattare così delle persone. Sono solo persone, infondo. Niente di più e niente di meno. Io lo so bene.
-Prym.-
Appoggio la fronte al vetro. Il mio sguardo viene catturato da una foglia gialla che si è appena staccata da un albero e adesso volteggia lenta tra le palazzine.
Karen si avvicina, sento che mi appoggia una mano sulla spalla.
-Prym, dovresti prepararti. Tra poco devi partire.-
Sopsiro e giro il volto quel tanto che basta per guardarla. Sta sorridendo pacamente, lei. Mia sorella.
Mio padre è stato abbastanza folle da innamorarsi della sua serva, tanto da dare alla luce Karen, una ragazza impura, metà elfa e metà umana.
-Non voglio andare.- mugugno contrariata.
A 17 anni noi elfi veniamo mandati all'Accademia per 5 anni, allo scopo di scoprire e approfondire ognuno la propria vocazione.
Si appoggia anche lei alla finestra.
-Mi sembrava ne avessimo già discusso.-
Sbuffo, tornando a guardare fuori.
-Non voglio lasciarti qui.-
Karen ha un anno in meno di me, ma non andrà mai all'Accademia: la sua parte umana non glielo permette.
Noi, la sua famiglia, quei pochi amici che ha la fortuna di avere, le vogliamo davvero tanto bene. Vederla costretta ad indossare mantelle con il cappuccio per coprire le orecchie troppo tonde e i capelli troppo opachi quelle poche volte che esce, saperla costretta a nascondersi in ogni occasione ci fa male.
Avere una sorella del genere mi ha sensibilizzata parecchio: non riesco a sopportare come gli altri elfi trattino gli umani. Ce ne sono davvero pochi di "intelligenti". Comprensivi. La massa si fa trascinare dalla paura: la paura dell'ignoto. La paura che una tale migrazione possa condurre ad un'altra guerra.
Ma allora, dico io: per evitare guerre si dovrebbe vivere in pace, no? Questa non è pace. Questo è un massacro sociale.
Solo perché non compaiono armi non significa che sia tutto a posto, tutto tranquillo, tutto come dovrebbe essere.
In un paese di pace chi chiede aiuto proprio a causa della guerra dovrebbe venire accolto. Non sottomesso.
Viene dietro di me: mi cinge la vita in un dolce abbraccio e appoggia il mento sulla mia spalla.
-Non sarò sola, Prym. Ricordatelo.-
La nostra è una famiglia benestante. Questa è una fortuna, perché così Karen ha la possibilità di lavorare.
Mio padre le ha sempre assicurato un'ottima educazione, la stessa impartita a me. Quando lei ha compiuto 15 anni, ha fatto di tutto per convincere alcuni amici fidati ad affidarle qualche compito dignitoso nella loro biblioteca. I pochi amici di cui parlavo prima sono loro.
I suoi colleghi. Non padroni. Loro rispettano la sua natura, e ormai non ci fanno neanche più caso. Si fanno bastare i suoi lineamenti evidentemente elfici e si dimenticano del resto.
Io sono probabilmente troppo apprensiva con lei. Mi preoccupo sempre, nonostante lei appaia tranquilla e sicura.
Ho paura di lasciarla sola così a lungo. Per mesi potrò avere sue notizie esclusivamente tramite lettere. La rivedrò solo l'estate prossima, e solo per pochi giorni.
Lo so che non sarà sola, lo so, lo so.
Ma non ci sarò io.
Mi sposto dalla finestra: il padrone di casa della palazzina di fronte la nostra ha iniziato a punire il proprio servo, probabilmente per l'ennesimo motivo futile o inesistente.
Non posso sopportarlo.
La abbraccio stretta.
-Mi mancherai così tanto.- singhiozzo appena nascosta nell'incavo tra spalla e collo.
-Mi mancherai anche tu.-
Restiamo così per un po', prima di costringerci ad uscire dalla stanza.



Dunque.
Questa storiella era nata per un concorso con tema l’incontro tra culture, il conflitto e l’integrazione. Alla fine, per una cosa o per un’altra, non sono riuscita a parteciparvi, ma ci tenevo comunque a pubblicarla, per cui eccomi qui. :3
Fantevi sentire, per favore. <3
P.S. Ringrazio come sempre la mia pazienterrima beta, HelquelladiF. :3

  
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