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Autore: alpha_blacky    01/06/2014    2 recensioni
Tutto è partito dall'idea della professoressa di italiano di intervistare i nonni riguardo la Seconda Guerra Mondiale. Storia vera, riguardante mia nonna che si trovava in Germania.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti coloro che si apprestano a leggere questo mio racconto, completamente vero. Spero di far riflettere chi leggerà. Grazie a tutti coloro che lo faranno.
Aspettando che la nonna mi aprisse il portone di casa sua, mi chiesi se chiedere una cosa del genere potesse sconvolgerla; dopotutto era anziana e ricordare certe cose non è mai facile.
La porta si aprì, interrompendo il flusso dei miei pensieri; la nonna spuntò sorridente sulla soia, salutandomi ed invitandomi ad entrare. Io lo feci; ho sempre odiato la casa della nonna, l’ho sempre trovata noiosa e triste, cupa, con una sola finestra che da su un vicolo. Una minuscola sala da pranzo collegata alla cucina; un corridoio a sinistra e delle scale a destra, che portano alla vecchia camera di mio padre, ora deserta. Mi sedetti su una sedia della sala da pranzo.
“ Vuoi un succo di frutta cara?” mi chiese la nonna, con un accento tedesco che, nonostante i tanti anni di permanenza in Italia, non aveva mai smesso di caratterizzarla.
“ Si, grazie nonna” risposi, solo per educazione; l’ultima cosa che mi andava di fare era mangiare, avevo lo stomaco chiuso.
“ Allora… mi devi fare un’intervista giusto?” mi domandò, tornando dalla cucina con un succo di frutta in mano e porgendomelo. Mela e banana. L’unico gusto che non mi piace.
“ Si, riguardo la Seconda Guerra Mondiale” mi affrettai a tirare fuori dalla borsa un quaderno su cui avevo segnato le domande da farle e una penna. “Quanti anni avevi allo scoppio della guerra?”
“ Una decina” mi segnai la risposta e, non notando il suo sguardo cupo, continuai.
“ Come è cambiata la tua vita?” le chiesi.
“ Mio padre è stato mandato in guerra, lasciando la mamma sola con me, mio fratello e la nonna, che aveva una novantina d’anni. L’hanno spedito in Francia. ” cominciò amaramente “ Poi la mamma è andata in un campo di concentramento, perché era polacca e i nazisti odiavano i polacchi.” A quel punto alzai gli occhi dal foglio, su cui avevo annotato velocemente ogni parola; io ero andata ad Auschwitz, avevo visto cosa subivano le persone in quei campi e non avevo mai saputo che in uno di quelli era finita la mia bisnonna.
“ Quando c’era la mamma ce la cavavamo; le provviste erano scarse e c’erano sempre bombardamenti, ma ce la facevamo.” Continuò la nonna senza rendersi conto del mio stupore “Poi l’hanno presa. Io, mio fratello e la nonna siamo scappati nella fattoria di una zia al confine con la Russia; la zia aveva anche lei dei figli, perciò preferiva dare a loro e alla madre, la nonna, il poco cibo che c’era. Io e mio fratello invece lavoravamo nei campi. Qualche volta la nonna con la scusa di farmi venire a pulire in camera mi dava qualcosa da mangiare. Quando i russi stavano arrivando, la nonna ha avuto il buonsenso di scappare e portarci con lei, ma la zia e i figli si sono rifiutati. Più tardi siamo venuti a sapere che mio cugino più piccolo, August, rimase smembrato da una mina. Si fermò per controllare che la stessi seguendo. Aveva tenuto lo sguardo fisso verso la finestra tutto il tempo, ma per guardarmi si voltò e mi parve di scorgere una lacrima sul suo viso, ma non ne fui sicura, perché appena si rese conto che pendevo dalle sue labbra, si girò e continuò il racconto.
“Per andare nella Germania centrale abbiamo cambiato 4-5 treni perché avevamo paura delle bombe. Il periodo prima della liberazione era di terrore costante. Negli anni successivi, abbiamo ritrovato nostra madre e nostro padre; la mamma era magrissima, faceva paura, e anche papà. Papà era stato spedito in Siberia nei campi di prigionia perché si era rifiutato di sparare a due bambini.”
“Nonna va bene così” le dissi. Si voltò un’altra volta verso di me e annuì.
“Si infatti, si è fatto tardi, la mamma ti starà aspettando, devi tornare a casa.” E così mi salutò, dopo avermi fatto conoscere parti della mia storia che mi hanno fatto riflettere su quanto non si smette mai di stupirsi della stupidità umana e delle sue conseguenze.
 
   
 
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