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Autore: suinogiallo    05/08/2008    1 recensioni
Una raccolta di miei racconti brevi, tristi, allegri, senza senso, scritti in poche ore o in molti giorni ma tutti con una cosa in comune, nati di Notte quando la mente inizia a vagare per conto suo e vengono le idee più strane.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il turno inizia alle ventidue...
Il turno inizia alle ventidue...
by: suinogiallo


Dedicato a  tutti quelli che la notte lavorano per salvare delle vite, sia che ci riescano sia che no...

    Il turno inizia alle ventidue. E finisce alle sette.
Nove ore di guardia.
La notte è un turno strano, specie in terapia intensiva. C'è la routine del reparto, più dilatata rispetto agli altri due turni, e c'è l'attesa.
Esattamente come di giorno. Ma di notte è tutto cosi diverso.
Si ha più tempo per pensare, per parlare, per scontrarsi e discutere. politica, turni e contratti, ferie. Si discute di tutto.
Come di giorno certo, ma di notte sembra sempre tutto cosi diverso. Il telefono squilla di meno, persino le pompe di infusione sembra che suonino di meno. Anche il medico di guardia sembra diverso.
Sta seduto con noi, chiacchiera con noi e si incazza come noi. E' anche un po' divertente vedere il compassato medico che di giorno parla con i parenti mettersi a sbraitare perché non gli hanno pagato lo straordinario o perché gli hanno rimosso l'auto parcheggiata in zona vietata.
Ma soprattutto la notte è fatta di attese.
Le peggiori urgenze sono quelle che si fanno di notte.
Per carità, non è che le urgenze che si fanno di giorno ti regalano niente, ma la notte sembra quasi che i malati con le patologie più strane e indecifrabili si diano appuntamento per aggravarsi.
Ed ogni volta che squilla il telefono ci si prepara mentalmente.
Non abbiamo posti liberi, ma questo non è che faccia molta differenza.
Se serve uno strapuntino dove mettere l'urgenza della sala operatoria lo si riesce sempre a tirare fuori, un respiratore da portare al pronto soccorso lo si rimedia. Ne serve un altro? Vediamo cosa riusciamo a tirare fuori e se proprio non c'è nient'altro da fare ci si arma di pazienza e si ventila il paziente con un va e vieni1 fin quando non si trova una soluzione.
Il trovare un posto dove trasferire il malato è la cosa difficile.
E mentre le ore passano si chiacchiera di tutto e di più.
Diavolo, le migliori chiacchierate sugli argomenti più disparati me le sono fatte di notte. Davanti alla macchinetta del caffè, stravaccati su sedie più o meno comode, con la televisione a volume talmente basso che sembra trasmettano sempre film muti - ma cosi si sentono meglio gli allarmi - e con l'orecchio sempre teso.
Questa sera si discute di giardinaggio. Se il lauroceraso è velenoso oppure no.
Wikipedia dice di si, il botanico dove lo ha comprato il collega dice di no. Ci manca solo che gli dica che lui lo usa per farsi degli impacchi e allora siamo a posto. Meglio riguardarsi i sintomi e le terapie del caso. Non mi stupirei se un giorno arrivasse al pronto soccorso uno che si è avvelenato facendosi una insalata mista di lauroceraso e belladonna.
Terminata la routine della notte, parametri a posto, terapie somministrate, quel tracciato mi piace poco e al paziente sei è meglio aumentare un po' le amine2
Questa volta di politica.
C'è chi di è di uno schieramento, chi è di un altro, io ascolto e dico ogni tanto la mia. La politica mi interessa poco, lo sport ancora di meno.
Suona un monitor. Il suono è diverso dagli altri. Non è un allarme generico, di quelli che si possono prendere alla leggera, di avviso tanto per dirla come il manuale, ma è un suono da allarme vero. E' un po' come se il monitor si mettesse ad urlare cazzoguardate che ce lo stiamo perdendo!
Sono il più veloce a rientrare in sala e vedo subito sul monitor della centralina che il ritmo di uno dei sei pazienti è cambiato. In peggio ovviamente.
Il tracciato è tutto un susseguirsi di onde desincronizzate. Rapidamente butto un occhio alla traccia della cruenta ma niente da fare. Mi conferma la fibrillazione ventricolare3.
Un tracciato simile potrebbe anche essere frutto di un artefatto, una traccia della cruenta piatta può essere anche legata ad un problema con il catetere arterioso4
- Codice rosso, fibrillazione ventricolare! - non ci sarebbe bisogno di urlarlo, il medico ed i miei due colleghi sono li a due passi e anche loro hanno guardato il monitor, ma è abitudine - Carico a duecento5! -
Non è la prima volta che ci fa questo scherzo per cui già da giorni ha i patch del defibrillatore posizionati addosso.
Passano pochi secondi da quando ho premuto il tasto di carica a quando un suono lungo e acuto mi informa che il defibrillatore ha terminato di caricare, altri due secondi passano mentre controllo che nessuno tocchi il paziente o il letto o qualunque altra cosa possa condurre la corrente. Controllare sempre è una regola d'oro. Una scarica ricevuta per errore non è proprio piacevole, cioè, non che sia piacevole riceverla comunque ma un conto è beccarsela perché serve ed un conto è riceverla perché chi ha il dito sul pulsante rosso non ha verificato prima di premere.
Due secondi non sono nulla per cui controllo sempre per bene.
- Libera! - urlo infine dando un'ultima occhiata per verificare che sia davvero tutto libero e finalmente premo il tasto di scarica.
Duecento Watt al secondo si liberano nel giro di un istante dal defibrillatore al torace del paziente e da li al cuore e poi tutti a guardare il monitor.
- Riparte? - domanda un collega riferendosi più alla fibrillazione che al ritmo.
- Vediamo - mormoro mentre il medico di guardia stacca il paziente dal respiratore per collegarlo al va e vieni per ventilarlo al cento per cento di ossigeno. Nel frattempo approfitto di questi secondi di pausa per infilarmi un paio di guanti e gli occhiali di protezione.
Compare un battito. Slargato, lento, brutto, ma proprio brutto.
Poi riparte la fibrillazione ventricolare.
- Vado a trecento! - decido. Ormai sono cose automatiche. Il tempo di ricevere un cenno d'assenso dal rianimatore e carico di nuovo, solita attesa, solito fischio stridulo, solito controllo che nessuno rischi di prendersi parte della scarica.
Questa volta la scossa è più forte ed il paziente si inarca leggermente di più. Per carità non come si vede nei film, con i paziente che fanno dei salti neanche li avessero defibrillati con un fulmine.
Torniamo a guardare il monitor e questa volta la fibrillazione non ricompare. Ma neanche il ritmo.
Piatto come il mare in quelle belle giornate estive, quando non soffia un alito di vento e quasi neanche si sente il rumore della risacca.
Non è bello! Non la scena del mare ma il tracciato, ovvio.
- Inizio il massaggio! - annuncio portando il letto all'altezza ideale. Un collega intanto attiva la modalità MCE6 del materasso antidecubito mentre l'altra collega si posiziona accanto al CVC7 per i farmaci dell'urgenza. Schierate da una parte ci sono le siringhe già caricate, adrenalina, atropina, calcio, tutte con la loro bella etichetta.
Intanto i minuti passano. Non teniamo conto del tempo esatto, quello che ci basta sapere al momento è quando tutto è incominciato per il resto del timing ci affideremo poi alla memoria della centralina alla quale è collegato il monitor.
Quello di cui teniamo il conto però solo le fiale di adrenalina che gli stiamo facendo. Siamo già a sei e il ritmo non ne vuole sapere di ricomparire.
Ma non è una sorpresa. Conosciamo la storia di questo paziente. BPCO8 riacuttizzata, un IMA9, condizioni abbastanza disastrate. L'ultima creatinina ci dice anche che i reni stanno iniziando a perdere colpi, si stava già discutendo se iniziare la CVVHDF10 o meno, pressione permettendo ovviamente.
Uscire in dialisi partendo da settanta di sistolica con le amine sopra non è proprio una passeggiata.
Ma questi sono discorsi che lasciano il tempo che trovano. Se non riparte sono seghe mentali e basta.
Altra adrenalina, un po' in vena un po' nel tubo11, si continua con il massaggio. Al monitor sempre calma piatta.
Proviamo ad un certo punto con il pacing esterno. I patch ce li ha già, passo il defibrillatore dalla modalità defibrillatore a quella pacing e imposto la frequenza a sessanta e l'output prima a quaranta e poi a salire fino a settanta. I muscoli pettorali vengono stimolati, il cuore riceve lo spike ma non risponde.
D'accordo, un tentativo lo dovevamo pur fare. Riprendo il massaggio mentre il rianimatore continua a ventilare.
Dalla frenesia dei primi minuti siamo via via passati ad una, definiamola, tranquillità rassegnata.
Il nonnetto non ripartirà. Gli abbiamo dato tutte le chance che la moderna medicina poteva dargli e non le ha sfruttate. Ormai è entrato nella luce e non ne vuole sapere di tornare indietro.
Con la mente ormai siamo già a tutti i passi successivi. Informare i familiari, compilare tutte le carte, scrivere il rapporto e riordinare.
Il rianimatore controlla un ultima volta i riflessi, pupille in midriasi fissa non reagenti alla luce, riflesso ciliare assente, respiro spontaneo assente, ritmo cardiaco assente.
Quello che fino a quarantadue minuti prima era un uomo adesso è un corpo e per quante volte mi sia capitato di trovarmi in una situazione del genere ancora non riesco a rassegnarmi.
Ma la scienza e la coscienza mi dicono che bisogna fermarsi.
Guardo il rianimatore che con un gesto sconsolato stacca il va e vieni dal tubo endotracheale e anche io sospendo le manovre rianimatorie.
- Che ora mettiamo? - domando togliendomi i guanti con una nuvoletta di talco. Ho le mani bianche che sembro un panettiere.
- Le due e cinque! - sentenzia sfilandosi i guanti anche lui - Stampa due o tre tracciati per metterli in cartella, la fibrillazione, la prima scarica e l'asistolia, io cerco il numero per avvertire i parenti! -
- Ok! - mormorò dando un ultimo sguardo al corpo che ormai ha già una colorazione cadaverica.
Gli altri due colleghi hanno già iniziato a risistemare il materiale che abbiamo usato e a buttare tutto il monouso.
- Gli altri tutti bene? - domanda il rianimatore guardandosi intorno - Per questa notte abbiamo dato, niente bis! -
- Speriamo! - risponde un collega con un sorriso. La verità è che fino alla fine del turno, fin quando non usciamo da li, non si può dire. In terapia intensiva non si può dare mai nulla per scontato.
Lo squillo del telefono ci coglie tutti di sorpresa. A quell'ora non sono mai buone notizie.
E' il medico il più veloce a prendere il cordless e a rispondere e dalla sua faccia non sembra che abbiano sbagliato numero o che gli stiano proponendo un abbonamento alla televisione via cavo.
- Tra quando arriva? - lo sento domandare mentre con una mano mi fa cenno di prendere la borsa dell'urgenza, poi, abbassando per un attimo il telefono mi dice di controllare che ci sia tutto.
- E' a posto! - gli dico subito. L'ho controllata quando sono arrivato in quanto i colleghi del turno precedente mi avevano detto che era stata usata ma che non avevano avuto tempo di reintegrarla.
- Scendo! - dice prima di chiudere la conversazione, poi, guardandoci - Codice Rosso in arrivo, incidente sulla via del mare, un politrauma! Io scendo, avverti la sala operatoria e digli che si tenessero pronti se ce ne fosse bisogno! -
- Se le serve una mano faccia un fischio! - lo saluto prendendo il telefono.
Come dicevo prima, in terapia intensiva non sai mai cosa ti aspetta. Anche un codice rosso che in realtà è un taglietto da due punti.
 
    Le prime luci dell'alba ci accolgono mentre sul terrazzo guardiamo il sole sorgere da dietro le montagne indugiando nel sapore di un caffè caldo. Io e il rianimatore siamo risaliti dal pronto soccorso da meno di cinque minuti. Siamo tutti e due stanchi ma almeno non abbiamo concesso il bis. Il politrauma si farà un bel po' di ospedale ma alla fine, salvo complicazioni, uscirà con le sue gambe. Senza la milza ma con le sue gambe.
Guardiamo il sole sorgere e la città sotto di noi iniziare a prendere vita. Il furgoncino che consegna i giornali che si ferma davanti all'edicola, la gente che esce dal bar, umanità varia che si avvia verso il lavoro, un camion della nettezza urbana ritardatario che termina di svuotare un cassonetto e noi da li sopra che li osserviamo con una tazzina di caffè in mano.
- Che fai oggi? Dormi? - mi domanda il medico.
- Letargo! - rispondo ammiccando - Tu? -
- Magari! Sono di sala! - sorride finendo il caffè. Dura la vita dei rianimatori ma anche quella di noi infermieri non è che scherza.
Finisco anche io il caffè. L'aria fresca dell'alba ha scacciato un po' il sonno ma alla lunga un po' da fastidio, specie se non ci si è messo niente di più pesante della divisa addosso.
Mentre rientro dentro invidio un po' il collega che è venuto a dirmi che il cambio è arrivato. Ha indossato un bel camice di quelli pesanti ed è tutto intabarrato che sembra un bruco gigantesco.
Il turno inizia alle ventidue e termina alle sette, il tempo di dare le consegne, scambiare quattro chiacchiere e finalmente si esce.
Un'altra notte è passata...

copyright © 2008 suinogiallo

Note:
1
: Il va e vieni è uno strumento di  uso comune in rianimazione. Si tratta di un pallone collassabile di volume intorno ai due litri (quello per adulti) collegato ad una valvola regolabile dalla parte del paziente e ad una fonte di ossigeno.
2: si tratta di farmaci usati comunemente in terapia intensiva per sostenere il circolo (dopamina, dobutamina, noradrenalina ed altri).
3: la fibrillazione ventricolare è una aritmia cardiaca contraddistinta da contrazioni desincronizzate e inefficaci del muscolo cardiaco. Si tratta di una emergenza medica in quanto il circolo durante la FV è fermo e quindi se non si interviene in poco tempo sopraggiunge l'exitus.
4: Si tratta di un cateterino in teflon o vialon  o altro materiale che viene posizionato all'interno di una arteria per permettere sia il prelievo di sangue arterioso per determinati esami o, collegato ad un trasduttore di pressione, per la rilevazione (cruenta) della pressione arteriosa.
5: Si intende 200 Joule, ovvero Watt per secondo. I defibrillatori permettono di regolare l'intensità della scarica in base alle decisioni del team di rianimazione e alla variabile paziente (di solito si parte con 200J per poi salire).
6: MCE (Massaggio Cardiaco Esterno). Manovra rianimatoria che consiste nel comprimere il torace del soggetto in arresto cardiocircolatorio in modo da mantenere un circolo compatibile con la sopravvivenza. I materassi che si utilizzano in terapia intensiva in genere hanno un comando che li rende maggiormente rigidi in modo da ottimizzare il massaggio cardiaco.
7: CVC (Catetere Venoso Centrale) si tratta di un cateterino che viene posizionato in una grande vena centrale (succlavia, giugulare interna) tramite una tecnica percutanea e che permette la somministrazione di grossi volumi di liquidi oltre che farmaci.
8: BPCO (BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva)
9: IMA (Infarto Miocardico Acuto)
10: CVVHDF (continuous Venovenous HemoDiafiltration) si tratta di  una tecnica di dialisi continua nella 24h che si attua solitamente in terapia intensiva quando è necessario dializzare un soggetto che per le sue condizioni non può sottoporsi ad una dialisi tradizionale.
11: si intende il tubo endotracheale.






        
    Nuova storia scritta di notte.
Uno spaccato della vita quotidiana (anzi, notturna) mia e di molti altri miei colleghi (ai quali questa storia è dedicata).
L'unica citazione presente è tratta dal film Poltergeist.
Un grazie a tutti quelli che la leggeranno e a tutti quelli che lasceranno un commento e, come sempre, spero che questa storia vi piacerà almeno quanto a me è piaciuto scriverla.

Hasta Luego
   
 
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