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Autore: kaboom_a    01/06/2014    0 recensioni
" La morte arriva inspiegabilmente, ciò che porta amore la detiene nascosta con sé, e quando ci si accorge dell'inganno è ormai troppo tardi."
La storia è destinata a ripetersi, ma gli eventi non si susseguono allo stesso modo; Hels lo sa, sa che come una fenice qualsiasi cosa, torna più forte di prima, perfino l'inferno sulla terra.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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 You think you are dreaming. || 1x01 -  Pilot.


Bum, bum, bum, quasi a ritmo di musica sento le tempie pulsarmi, il cuore battere all'impazzata e il respiro farsi sempre più fitto. 
Sono appena uscita dal Cafè Falai sulla Lafayette Street con il mio solito bicchiere di caffè fumante fra le mani e ora mi ritrovo a percorrere la Mapple street, strada che mi avrebbe condotta in cima alla collina. Il cielo non è più azzurro e limpido come quando sono uscita di casa; un alone opaco riveste l'intera città, grandi nembi cumuli neri sovrastano la piazza principale e l'aria sembra tremendamente soffocante. E’ perfino peggio dell'atmosfera invernale che ti si insidia nelle ossa, aggrappandosi ad ogni sorta di cartilagine pur di restare dentro di te. 
Le case scorrono sulla destra attaccate le une alle altre ed è come se occhi invisibili nascosti da quelle mura mi stanno osservando. La sensazione di essere pedinata ce l’ho da un paio di giorni; mentre  vado a scuola, mentre vado a lavorare da Dooesy e perfino mentre accompagno la bambina dell’attuale compagno di mia mamma al corso di danza. E’ impossibile da descrivere ma l'idea che qualcuno o qualcosa osserva e studia ogni mia mossa cresce ogni giorno di più, e oggi sembra aver raggiunto l'apice. Più mi muovo, più sono seguita e più il terrore comincia a scorrermi nelle vene. Com'è possibile che da quelle abitazioni così vuote e tristi, occhi invisibili percepiscono ogni mio passo?
Cerco con tutte le mie forze di non voltare lo sguardo e di non assecondare queste stupide fantasie nella mia mente, ma è decisamente più potente di me; fingere non è il mio forte e mentire in quest'occasione è davvero troppo. Ogni cosa sembra così reale, tutte le dita delle mani tremano, tremano veramente e piccoli groppi di saliva si formano uno dopo l'altro nella mia gola, impedendo all'aria di entrare ed uscire.
La strada si sta stringendo, andando a diventare un piccolo e sterrato sentiero di montagna, che sono costretta a percorrere per arrivare alla mia destinazione. Non ho idea della direzione che sto seguendo, ma sento di dover raggiungere la piccola cappella costruita da alcuni missionari nel 1822; ne abbiamo studiato la storia con il signor Morrison e abbiamo anche dovuto affrontare un compito in classe sull'argomento. La scelta delle lezioni mi è sempre sembrata un po' ambigua, ma lui molte volte dice che è impossibile conosce la storia americana se non si conosce nemmeno la storia della propria cittadina e a mia avviso ha assoluta ragione; per essere un piccolo paesino sperduto fra le montagne, questo ha una storia che perfino New York invidierebbe.
Il piccolo monumento davanti alla chiesetta si innalza davanti ai miei occhi, ma non e c'è nessun'indizio che mi fa intuire il motivo della mia visita, così proseguo al buio lungo la breve carreggiata fino a fermarmi davanti ai tre scalini in pietra che mi separano dai resti di quella che doveva essere un tempo la porta. Il luogo non è esattamente come lo conosco; l'erba verde sulla quale mi stendevo l'estate con la mia piccola comitiva di amici è solo un ricordo, così come lo è il piccolo cespuglio di rose che la signora O'Malley pota con cura. Rimango alcuni istanti ad osservare il "panorama" e solo dopo qualche momento noto il particolare. Al posto delle rose ci sono i resti di una mela, una mela di un rosso scuro, simile al rosso del sangue e sembra che da quest'ultima provenga il suono del sibilo di un serpente. La voglia di tornare indietro è alta ma non riesco a fare un solo passo; i muscoli delle mie gambe sono bloccati e anche se quel suono si fa sempre più vicino, non c'è ombra del rettile. Mi piego sulle gambe, sposto qualche ramoscello che c'è lì intorno e nell'istante in cui tocco il terreno umido, il piccolo capo dell'animale si rizza dal nulla venend-


-Helen svegliati! E' ora di andare, la macchina ci aspetta!

 
Per la quarta volta in quella settimana il sogno viene interrotto in questo punto dalla voce di mia madre che per un motivo o per l'altro mi chiama con tono stridulo e severo. Non riesco ad andare oltre, non riesco a vedere in "faccia" quel serpente che tormenta i miei sogni e se da una parte, ogni volta che poggio la testa sul cuscino desidero vivere lo stesso incubo, dall'altra sono terrorizzata dall'ipotesi di poterlo rivivere, ancora ed ancora.

   
 
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