I'm about to give in, I got nowhere to go.
Afraid of the sins, I'm holding on.
There's no other way, no doubt in the end,
But I ain't got a thing to lose, nothing to defend. [...]
I don't know where I'm going
In search for answers.
I don't know who I'm fighting,
I stand with empty eyes.
Le mie orecchie non sentivano nulla, seppur la gente gridava. Era così strano, tutto intorno a me pareva muoversi a rallentatore per un'infinità di tempo.
Il terrore dilagava, la gente scappava senza meta, inciampava, calpestava chi cadeva a terra, non si curava di nessuno eccetto che della propria vita.
La bestia urlò una seconda volta.
Più forte.
Poi scaraventò una delle sue enormi zampe su un palazzo. Altra polvere, altri detriti, altre morti.
“Cazzo!” urlai, misi in salvo alcune persone e mi avvicinai ancor di più alla bestia: era una creatura simile ad un dinosauro, alta all'incirca 20 metri, con denti affilati che sporgevano fuori dalla bocca e una lingua disgustosamente lunga che si muoveva freneticamente nell'aria. La cosa strana che notai, era che la bestia era tutta di un color così familiare, simile alla creta.
Non ebbi il tempo di pensare e scartai di lato per evitare dei detriti che cadevano. Mi lanciai in aria e cercai di colpire il mostro per distrarlo, mentre un pullman si svuotava di gente proprio di fianco a lui. Sferzò l'aria con una sua zampata che riuscii ad evitare appena in tempo, ma non vidi l'altra e fui scaraventata violentemente per terra.
Il fiato mi si mozzò per la violenza con cui atterrai, non ero riuscita ad attutire il colpo in nessun modo. Inoltre il mostro ormai puntava me, feci in tempo ad alzarmi che sentii un altro colpo battere a terra. Spiccai il volo, barcollando e cercando di non far muovere troppo il mostro per provocare altri danni.
Ma qualcosa di appiccicoso mi strinse in vita e mi tirò brutalmente indietro. La lingua del mostro mi stringeva con forza, riuscivo quasi a sentire le mie costole incrinarsi.
“Lasciami!” urlai impetuosamente, lanciando schegge di ghiaccio.
La testa mi doleva da morire, come la schiena e l'addome, tutto d'un tratto la stanchezza prevalse e sentii le forze abbandonarmi. Non riuscivo ad uscire da quella morsa appiccicosa e che si avvicinava sempre più ai denti aguzzi.
Quasi svenni, poi sentii un calore innaturale passarmi affianco e tagliare la lingua del mostro in due.
Poi caddi, qualcosa mi prese ma urlai per il dolore, il fuoco bruciava il mio ghiaccio ed io persi i sensi.
Mi ripresi poco dopo, ma non avrei voluto farlo. Il dolore mi sopraffaceva ed anche se la mia auto-rigenerazione stava già facendo effetto sulle bruciature, non riuscivo quasi a sopportarlo.
Ero sdraiata su una poltroncina di un bar con la vetrina distrutta da cui provenivano le urla del mostro. Mi alzai con fatica, arrancando fino ai vetri rotti e uscendo dal negozio con circospezione. C'erano Johnny e la Cosa che distraevano la bestia, mentre Sue e Reed mettevano in sicurezza la strada, nel frattempo alcune jeep dello SHIELD arrivarono. In una di queste scese correndo Barton ed analizzò la situazione, per poi mettersi subito all'opera.
Io seguivo l'azione arrancando a fatica verso di loro, cercando di raccogliere le forze per riuscire almeno a ritrasformarmi. Le ferite guarivano ma continuavano a dolere. Ogni passo era una fitta allo stomaco, fiato mozzato, il sudore che imperlava la mia fronte, la vista annebbiata.
Poi finalmente riuscii ad alzarmi in volo, una brezza fresca mi risanò e i miei polmoni ne furono grati. Le bruciature cominciavano a sparire e il mio spirito a rinvigorirsi.
Osai.
Alzai le mani in aria e da essa stessa creai un vortice.
Grande, sempre più grande, finché l'acqua presente nell'aria si trasformò in ghiaccio e diventarono piccole schegge nel vortice stesso.
Osai ancora di più.
Spinsi il mio corpo al limite delle forze e scaraventai il vortice sulla bestia. Nel frattempo ruppi due idranti sulla strada e modellai l'acqua a mio piacimento, creando lastre di ghiaccio che trafiggevano la bestia da parte a parte.
Le sue grida stridule risuonarono in tutta la città.
I miei movimenti diventarono una danza aggraziata ma letale, una ballerina con un animo da guerriero, bella ma distruttiva.
L'immagine di mia nonna a terra priva di vita mi spronò ad essere più veloce, a schivare colpi e a rimandarne di più potenti.
Le jeep dello SHIELD furono costrette ad allontanarsi compresi Johnny e gli altri, che erano a terra ad aiutarmi. Il loro aiuto era futile, ormai ero una macchina da guerra con l'obiettivo di abbattere il nemico a colpi di mitra e non mi sarei fermata finché non l'avrei visto esalare l'ultimo grido.
Ma l'immagine di mia nonna a terra esanime fu affiancata a quelle dei miei amici, alle parole e alle promesse non mantenute che cominciarono a ronzarmi in testa.
Le grida di dolore, la paura, la rabbia, morte ovunque.
Persi il controllo ed io stessa diventai il vortice.
Ad ogni ricordo, esso diventava più grande.
“Non mi pare che tu ti sia presa cura dei tuoi amici!” risuonò nelle mia mente.
Ed il vortice esplose sotto un mio grido.
Distesa a terra, guardavo pezzetti di creta cadere come pioggia sopra di me: con una lenta litania toccavano l'asfalto sciogliendosi al contatto.
Non avevo più un briciolo di forza. Ero sdraiata a terra a ricordare la mia vita, a quanto fosse più vicino alla morte. Ero su un filo cercando un equilibrio per non cadere... ma il filo sembrava assottigliarsi sempre di più.
Una lacrima rigò il mio viso. Non riuscii a trattenerla.
Ero a pezzi, ma non volevo ammetterlo.
Ero forte con addosso le mie debolezze, con uno scudo che cercava di respingere ogni malessere, ogni ricordo, ogni dolore provato.
Le cose che nascondevo a me stessa adesso erano più vivide che mai. Le bugie che mi ero costruita per rimanere in piedi erano le prime che mi avevano fatto cadere.
La realtà mi aveva colpito forte allo stomaco, lo aveva trapassato come se fosse riuscita a toccare la mia anima, a disintegrarla con un tocco.
E quello che più avevo temuto, era accaduto: non riuscivo a provare più nulla.
“Evelynn!” sentii un grido lontano.
Non mi voltai, non lo cercai.
Fissavo la neve scura che scendeva lentamente, come una litania.
Un volto offuscò la mia visuale, preoccupato ed esausto. Le labbra si muovevano ma non riuscivo a percepire nessun suono. O forse non volevo. Ero chiusa in una bolla.
L'oscurità mi circondava. Mi immaginai volteggiarci dentro, completamente abbandonata in quella lenta discesa.
“Sono 3 giorni che è chiusa in quella stanza e non si sveglia. Il dottore dice che non ha niente, almeno fisicamente, è soltanto un po' spossata. Ma non ha niente! Nulla!” disse Johnny a Reed.
“Non possiamo far nulla Johnny, dobbiamo soltanto aspettare.” gli disse, posando una mano sulla sua spalla.
“Quel vortice... Barton si è accorto che non riusciva più a controllarlo. Dite che avrà fatto rapporto a Fury?” chiese Sue agli altri due.
“Anche se non l'avesse fatto, c'erano altri agenti. Se ne sono accorti tutti Sue, non riusciva più a gestire il suo potere.” le rispose Reed “Sono le sue emozioni a prendere il sopravvento. Come quando successe a Johnny i primi tempi.”
“Si ma i miei primi tempi sono durati qualche settimana. Inoltre non ho avuto le sue stesse esperienze nel giro di un mese e mezzo. E' diverso.” rispose Johnny.
Guardò attraverso il vetro dell'infermeria, lì dove Evelyn giaceva su un letto bianco, attaccata a varie macchine che la monitoravano.
“Ce la puoi fare Eve, dai!” sussurrò.
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Buon pomeriggio!
Ecco un piccolo aggiornamento, vi prometto che durante l'estate sarò più "celere" ad aggiornare.
La canzone citata è Empty Eyes dei Within Temptation :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciate una recensione se volete e fatemi sapere le vostre impressioni!
A presto,
Artemis Black