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Autore: Mave    02/06/2014    2 recensioni
"Se non si ha uno scopo non si ha nemmeno la forza di lottare, la voglia di farcela!" Può questo imperativo diventare il motto di ragazzi ai quali la vita volta le spalle all'improvviso? Può diventare l'input per spingerli a credere ancora, perché possano realizzare i propri sogni nonostante tutto?
(La storia presenta diversi what if)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Davide, Leo, Toni, Vale
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il viaggio in auto era stato tremendo. Nessuno aveva parlato all'interno dell'abitacolo e sincronizzarsi su qualsiasi stazione radio era un azzardo nemmeno da prendere in considerazione.

Erano state le ore più lunghe per Vale. Quelle fatte di dubbi, di speranze e di vane preghiere, quelle in cui la mente è focalizzata solo su quel pensiero fisso e fa mille congetture su come andrà, quelle in cui, quasi sempre, ci si aspetta il peggio e ci si tormenta rischiando quasi di impazzire. Erano state lunghissime quelle ore di attesa.

Attesa per cosa, poi? Per finire in ospedale.

Il ragazzo sorrise beffardo per la sua sorte mentre la madre, al posto di guida, svoltava l'angolo e già si intravedeva l'insegna luminosa, intimidatoria, del nosocomio.

Gioventù e malattia sono due parole che non dovrebbero mai stare nella stessa frase. E per lui, per lui che non aveva mai preso nemmeno un raffreddore, coniugare all'improvviso il verbo ammalarsi era stato spiazzante.

Lo aveva scoperto quasi per caso, per un dolore banale che si era rivelato qualcosa di più serio. Di molto più serio.

Da allora aveva messo tutto in stand by, si era ritrovato in un limbo indefinito, aveva smesso di ridere e di sognare.

Si era isolato da tutti e da tutto: la scuola, per lui che era sempre stato uno dei più bravi, era diventata una quisquilia, aveva fatto terra bruciata attorno a lui allontanando tutti gli amici, aveva chiuso il suo cuore ai genitori.

Aveva trascorso ore, pomeriggi interi in riva al mare. A contemplare quelle acque infinite che lo avevano fatto divertire, appassionare, sfidare con coraggio.

E lì, lì dove fino al giorno prima aveva legato i ricordi più belli e le prospettive più ambiziose per il futuro aveva, finalmente, trovato una sorta di sollievo.

Perché c'è una sorta di sollievo nel vuoto del mare. Né passato, né futuro.

E l'intravedere una distesa di acque azzurrognole lì a un tiro di schioppo da quel luogo d'inferno fu una sorpresa per Vale.

Continuò a fissare, dal finestrino, quello spettacolo inaspettato mentre sua madre parcheggiava.

Slacciò la cintura e scese dal posto passeggero come un automa, come ipnotizzato da qualcosa. Nora non ci fece caso mentre raggiungeva il cofano per recuperare il borsone: era abituata ormai ai silenzi di suo figlio.

Camminarono financo a fianco per qualche metro poi, quando avevano quasi raggiunto l'ingresso, Vale cambiò improvvisamente direzione.

Dapprima con andatura lenta, quasi vacillando, poi prendendo sempre più sicurezza fino a trasformare il passo esitante in uno veloce e, infine, in una corsa sfrenata.

Non sentiva i richiami di sua madre che gli correva dietro, l'obbligo impellente di rispettare le regole. Sentiva solo il vento sulla faccia e quel consueto sapore salmastro, di salsedine, che caratterizza tutte le città che si affacciano sul mare.

Si fermò, rosso in viso, solo quando i suoi piedi toccarono la sabbia. Non perse tempo a riprendere fiato ma, svelto, tolse le scarpe e riprese a correre sulla rena, fino a raggiungere la battigia.

Quello era il suo momento. Il regalo che il destino aveva voluto concedergli per incoraggiarlo.

L'acqua era ancora fredda ma non importava: bagnarsi, essere un tutt'uno con il mare che era stato suo amico e suo nemico, ricreare, un'ultima volta, quella simbiosi era l'unica cosa che contava.

Provava le stesse sensazioni di quando, sulla sua tavola da surf, aveva provato quella difficile manovra. Aerial la chiamavano gli intenditori.

Aveva cavalcato la cresta dell'onda fino a librarsi in aria, a uscire letteralmente dal mare, per pochi secondi, per poi rientrarci.

Stava succedendo la stessa cosa ora: quelli erano gli ultimi minuti di evasione, un fuori onda di breve durata. Si era librato in quella libertà che presto gli avrebbero strappato.

"Vale! Vale ma cosa ti è preso?"

Sua madre l'aveva raggiunto e ora aveva il fiatone. Lui non rispose, uscì dall'acqua e sedette sulla spiaggia giocando con i granelli di sabbia.

"Sei tutto bagnato!"

Notò con disappunto Nora.

"Lo odio!"

Era la prima lamentela, la prima accusa che sentiva uscire dalla bocca di Vale. Forse era uno sfogo che aspettava da tanto e fu quasi sollevata di sentirlo.

"Odio papà!"

Fu la successiva recriminazione che la spiazzò. Pensava che suo figlio si riferisse soltanto alla sua malattia.

"Ma perché dici queste cose? Papà ti vuole bene..."

"Non difenderlo, almeno. Se mi volesse bene ora sarebbe qui..."

La donna non seppe cosa replicare all'evidente verità.

"Lo odio. E mi odio. Odio questo fottuto tumore!"

Esplose all'improvviso come una bottiglietta con una bevanda gassata shakerata troppo a lungo. Si mise le mani sugli occhi e prese a singhiozzare come un bambino.

Dopo avergli dato qualche minuto per calmarsi, sua madre cercò di incoraggiarlo.

"Non voglio mai più sentirti parlare così. Nessuno può disprezzare mio figlio, nemmeno tu, intesi?"

Nora parlava dolcemente ma con determinazione.

Recuperò dalla borsa un foglietto di carta e una penna e li porse a Vale che la guardò interrogativo non sapendo cosa dovesse farsene.

"Scriverai un messaggio da mettere in bottiglia!"

Mostrò la bottiglietta che aveva a portata di mano.

"Un tuo sogno, un obiettivo da raggiunge, quello che vuoi e lo affiderai al mare. Il mare lo custodirà finché tu non avrai vinto la sfida più difficile. Perché tu vuoi farcela, vero tesoro?"

Solo ora Vale pensava che, in realtà, non si era mai posto quella domanda.

Annuì.

"Si mamma, voglio farcela. Voglio guarire!"

Disse determinato prima di scrivere il suo messaggio e lanciarlo nel vuoto del suo amato mare.

   
 
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